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IPOTIROIDISMO ACQUISITO

L’ipotiroidismo acquisito è oggi la forma più frequente. Si divide in ipotiroidismo primitivo (dovuto a

un deficit della ghiandola tiroidea), secondario (dovuto a una alterazione ipofisaria) oppure terziario

(causato da un deficit ipotalamico).

La prevalenza nella popolazione generale è dell’1-3%. L’incidenza annuale

Ipotiroidismo primitivo.

dell’ipotiroidismo manifesto è di 1-2:1.000 femmine e 1:5.000 maschi. È caratterizzato da una carenza

assoluta o relativa di tessuto tiroideo, da carenza iodica, da assunzione di sostanze antitiroidee. Le

principali cause sono la tiroidite autoimmune di Hashimoto e quelle iatrogene, da somministrazione di

radioiodio o da exeresi chirurgica. Nella tiroidite autoimmune la ghiandola presenta un’infiltrazione

linfocitaria cronica che porta alla progressiva distruzione, più o meno completa, del parenchima

ghiandolare, con atrofia e conseguente ipotiroidismo. La terapia con radioiodio causa dal 15 al 70% di

ipofunzione tiroidea, in base alla dose radiante somministrata. La terapia radiante esterna per

patologie neoplastiche (linfoma, carcinoma della laringe) è un’altra causa di ipotiroidismo primitivo.

La carenza iodica causa ipotiroidismo quando l’apporto iodico è inferiore a 50 g/die. Anche l’eccesso

di iodio, contenuto in alimenti o in farmaci (amiodarone) può causare ipotiroidismo per blocco della

5-desiodasi. Il 15% di soggetti che assume carbonato di litio (stabilizzante dell’umore) presenta

ipotiroidismo nel corso del trattamento.

È sostanzialmente dovuto a un deficit delle cellule ipofisarie

Ipotiroidismo secondario (ipofisario).

TSH-secernenti. Tale alterazione può essere dovuta principalmente a cause neoplastiche (es. adenomi

ipofisari), linfoproliferative o granulomatose e iatrogene (trattamenti neurochirurgici o radioterapici).

È causato dal deficit delle cellule ipotalamiche TRH-secernenti

Ipotiroidismo terziario (ipotalamico).

che controllano le cellule tireotrope dell’ipofisi. Anche in questo caso le cause principali sono di

natura neoplastica, granulomatosa o iatrogena.

Quadri clinici. Il quadro clinico dato dall’ipotiroidismo è spesso aspecifico e insidioso. Infatti i segni e i

sintomi sono comuni a diverse condizioni morbose, e spesso nessuno dei segni solitamente è

patognomonico della disfunzione ormonale. I sintomi più frequenti sono: astenia, adinamia, aumento

ponderale, depressione, stipsi, voce rauca, parestesie, riduzione della libido, bradilalia. I segni più

tipici sono: intolleranza al freddo, secchezza degli annessi cutanei, rallentamento psico-motorio,

edema periorbitale, iporeflessia, miopatia. Sia i sintomi che i segni presenti sono tuttavia funzione

dell’età, delle differenze individuali e del grado di deficit di ormoni tiroidei raggiunto.

Diagnosi. La diagnosi è clinica, laboratoristica e strumentale. Il sospetto clinico sopraggiunge quando

il paziente lamenta uno dei sintomi o segni sopra descritti, ma spesso l’insorgenza è talmente lenta e

insidiosa che tali quadri devono essere esplorati direttamente dal clinico mediante un’accurata

anamnesi. 29

Indagini di laboratorio. Gli esami diagnostici principali sono: valutazione dei livelli di ormoni tiroidei

(fT3, fT4), che appaiono ridotti, con TSH aumentato (ipotiroidismo primitivo), oppure non-

aumentato/ridotto (ipotiroidismo secondario/terziario). Il test al TRH, oggi comunque poco utilizzato,

consente di distinguere le forme ipofisarie (laddove è assente una risposta dei livelli del TSH) dalle

forme ipotalamiche (presenza di una risposta delle cellule ipofisarie TSH-secernenti). Il dosaggio dei

livelli di TSH e di fT4 sono sufficienti a porre diagnosi biochimica di ipotiroidismo. Il dosaggio dei livelli

degli anticorpi antitireoperosidasi (TPOAb) consente la diagnosi di tiroidite autoimmune.

Indagini strumentali. Si avvalgono principalmente della ecografia tiroidea, che potrebbe confermare

un quadro di tireopatia cronica autoimmune o di alterazioni topografiche o morfologiche della

ghiandola stessa. Nel primo caso la tiroide può apparire o iperplasica, con diffuse aree pseudonodulari

più o meno confluenti, oppure ipoatrofica (variante atrofica della tiroidite autoimmune). Nel secondo

caso l’ecografia consentirebbe una diagnosi precisa. La Rm della regione ipotalamo-ipofisaria

andrebbe richiesta nei casi di sospetta patologia a eziologia centrale (con TSH ridotto o assente).

Prognosi. La prognosi, grazie all’introduzione della L-tiroxina, è buona sia quoad vitam che quoad

valetudinem.

Terapia. La terapia è medica e si basa sulla somministrazione di ormoni tiroidei. La L-tiroxina

costituisce il farmaco di prima scelta. Gli effetti si manifestano in genere già dopo 3-5 giorni dall’avvio

della terapia, mentre scompaiono dopo circa 2 settimane da un’eventuale sospensione. La posologia è

individualizzata in base al peso, ed è solitamente di 1-1,5 g/kg di peso corporeo, ma dipende anche

dal livello di ipotiroidismo. È importante iniziare il trattamento con basse dosi (soprattutto nei

soggetti cardiopatici e in età avanzata, anche 12,5 g/die), e poi aumentare la posologia. Dal

momento che l’assorbimento del farmaco avviene principalmente a livello gastrico, è necessario che

esso venga assunto a stomaco vuoto, solitamente al mattino, e almeno 30 minuti prima di colazione.

La triiodotironina rappresenta una terapia di seconda scelta, anche se è biologicamente più potente,

avendo una emivita di solo un giorno, ed è riservata a pochi casi e condizioni particolari, come nella

situazione di deficit di conversione T4→T3.

TIROIDITI

Per tiroidite s’intende un insieme di condizioni cliniche eterogenee, caratterizzate da una componente

flogistico-autoimmunitaria della ghiandola tiroidea. Possono essere acute o croniche.

TIROIDITE ACUTA SUPPURATIVA

È caratterizzata da una flogosi della ghiandola a eziologia batterica o micotica. È rara, con prevalenza

dello 0,001-0,002% nella popolazione generale. Età di insorgenza 20-40 anni. Gli agenti responsabili

sono solitamente i Gram positivi e talvolta i Gram negativi, batteri anaerobi e alcuni miceti. Fattori

favorenti sono il gozzo nodulare, la persistenza del dotto tireoglosso, la presenza di fistole o cisti

dell’istmo.

Sintomatologia. Si manifesta con dolore acuto e intenso nella regione anteriore del collo, che può

irradiarsi alla mandibola, con intumescenza del lobo coinvolto, febbre ed eritema. L’obiettività

documenta una tiroide dura, teso-elastica e fluttuante. Coesiste una linfadenopatia laterocervicale.

Diagnosi. La diagnosi è sospettata mediante esame obiettivo, e confermata con l’isolamento

30

dell’agente patogeno. L’esame emocromocitometrico e la VES sono alterati, e mostrano leucocitosi

neutrofila e VES aumentata. L’ecografia mostra la formazione dell’ascesso. L’esame citologico

mediante ago aspirato può mostrare residui cellulari, neutrofili, istiociti e linfociti.

Terapia. La terapia si basa su trattamento antibiotico mirato verso l’agente patogeno responsabile.

Un drenaggio esterno è necessario nel caso di ascesso. Come è necessario un controllo della funzione

tiroidea dopo 1-3 mesi dalla diagnosi e dalla cura antibiotica, determinando i livelli di TSH, fT4

circolanti.

TIROIDITE SUBACUTA

È una infiammazione della tiroide caratterizzata da esordio improvviso, malessere generale e dolore

intenso, con decorso ciclico. Rappresenta la causa più frequente di intumescenza dolente della

ghiandola tiroidea. È frequente tra i 30-50 anni, con rapporto femmina:maschio di 3-4:1. È più

frequente in primavera e in autunno.

Eziopatogenesi. L’eziologia è sconosciuta, anche se pare esservi una infezione virale in soggetti

geneticamente suscettibili. Infatti compare nel 50% dei casi dopo una infezione delle vie respiratorie

superiori, con positività degli anticorpi anti virus coxsackie, dell’influenza, del morbillo, della parotite,

di Epstein-Barr. L’esame istologico documenta la distruzione delle cellule follicolari tiroidee,

l’infiltrazione neutrofila e di polimorfonucleati, con cellule giganti multinucleate. La flogosi può

migrare dall’uno all’altro lobo.

Sintomatologia. Il decorso è tipicamente alternante, con una iniziale fase di e una

tireotossicosi,

secondaria di ripristino della dopo una fase di ipotiroidismo transitorio. L’esordio è

stato eutiroideo,

improvviso, con forte dolore tiroideo e febbre alta. È possibile osservare la formazione di noduli

“migranti” che regrediscono nell’arco di qualche settimana. Solitamente dura 3-6 mesi, con periodi di

remissioni e ricadute, sino a 12-18 mesi.

Diagnosi. La diagnosi è clinica e laboratoristica. L’ecografia documenta aree ipoecogene o a

ecostruttura mista, che possono variare durante l’evoluzione della patologia (carattere “migrante”).

La scintigrafia con tecnezio mostra una scarsa/assente concentrazione di radioisotopo. Nella seconda

fase della malattia si può osservare una positivizzazione degli autoanticorpi tiroidei. La terapia è

clinica, con utilizzo di tireostatici (nei rari casi di iperfunzione) o di L-tiroxina (nel

funzione della fase

caso di ipofunzione). Essendo una patologia autolimitante, spesso è necessario solo un trattamento

sintomatico, come antinfiammatori non steroidei. In caso di dolore intenso è utile avviare

trattamento con steroidi (prednisone, 50-75 mg/die, per 2-3 settimane, e poi a scalare).

TIROIDITE CRONICA AUTOIMMUNE (O DI HASHIMOTO)

La tiroidite cronica autoimmune è la tiroidite più frequente nella popolazione. È detta anche tiroidite

cronica linfocitaria o di Hashimoto. La tiroidite di Hashimoto mostra un rapporto F/M di 20:1, e

presenta quattro varianti (ipertrofica, atrofica, giovanile e dell’adulto). È una malattia autoimmune

con coinvolgimento sia dell’immunità anticorpale sia cellulomediata con presenza dei linfociti T e B.

Autoanticorpi anti-tireoperossidasi (anti-TPO) e anti-tireoglobulina (anti-Tg) sono presenti nel 70-80%

dei casi. 31

Clinica. La sintomatologia è molto variabile ed è dovuta allo stato funzionale della ghiandola tiroidea.

Nella maggior parte dei casi esita nell’ipotiroidismo ma non è raro osservare, soprattutto nelle fasi

iniziali, una condizione di incremento di ormoni tiroidei circolanti e TSH più o meno soppresso

(Hashitossicosi), solitamente di breve durata, che poi invece evolve verso un ipotiroidismo. La variante

ipertrofica è caratterizzata da gozzo, mentre nella variante atrofica la ghiandola è spesso poco

palpabile. La tiroidite autoimmune inoltre si può associare ad altre condizioni autoimmuni c

Dettagli
Publisher
A.A. 2013-2014
57 pagine
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SSD Scienze mediche MED/13 Endocrinologia

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher silviatoma di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Endocrinologia e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Piemonte Orientale Amedeo Avogadro - Unipmn o del prof Aimaretti Gianluca.