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La motivazione al potere
La motivazione al potere ha un'estrema molteplicità di componenti ed è quindi di difficile definizione. Per alcuni autori assume un'importanza motivazionale, come tendenza all'autoaffermazione (McDougall), per altri (Adler) è vista come compensazione di mancanze o come need for dominance (Murray). Nel 1957 Veroff fece un esperimento per dimostrare che la motivazione al potere può essere considerata un modo per controllare i mezzi con cui si possono influenzare gli altri individui: utilizzò la procedura TAT su 1 gruppo di studenti in attesa degli esiti delle elezioni per cariche universitarie e dimostrò la presenza di
Componenti difensive e ansiose dellamotivazione: gli studenti cercavano infatti di difendere il proprio pot, avevano paura di perderlo e di subire influenze esterne. AncheUleman utilizzò la procedura TAT per dimostrare però la presenza di componenti offensive attive che lui definisce need for influence:ad 1 gruppo di persone viene attivata la motivazione tramite 1 falso esperim. in cui i sogg. vengono portati ad infliggere frustraz. adaltre persone in modo da sperimentare 1 senso di potere. La procedura TAT fu usata anche da Winter per dimostrare come il poterepossa essere considerato come la capacità di produrre effetti prevedibili nelle condotte e nei sentim. Di altre pers: ad 1 gruppo dipersone viene attivata la motivazione al potere mediante l’ascolto del discorso inaugurale di JF Kennedy. Egli individuò variecomponenti della motivazione al potere tra cui: imposiz. della propria volontà tramite aggressione o coerciz, persuasione e controllo,az.
di soccorso e assistenza, partecipazione ad azioni legate al raggiungimento di uno status, paura e incertezza sugli esiti. Per questo motivo sono importanti il grado di inibizione e il controllo. McLelland e Davis distinguono l'orientamento al potere personalizzato da quello socializzato. Il primo è più diffuso negli uomini che nelle donne ed è di tipo egoistico ed aggressivo. Il secondo possiede una forte tendenza inibitoria e al servizio degli altri e si trova tra manager, educatori e terapeuti. Alcune volte l'intensità della motivazione al potere e i relativi comportamenti non hanno molte correlazioni perché non sempre l'individuo può realmente mettere in atto i comportamenti verso i quali sarebbe motivato a causa delle sue capacità e delle opportunità ambientali. Secondo McLelland è il sentimento positivo di forza che le persone provano che riunisce tutte le varie modalità comportamentali: questo sentimento fa sentire grandi e.potenti ed è proprio questo l'incentivo alla motivazione al pot. Secondo Weber il pot. è qualsiasi possibilità di far valere la propria volontà entro una relaz. soc, anche davanti ad un'opposiz. X Lewin il pot. è il prod. della forza massima che A può esercitare su B divisa x la resist. di B. Cartwrighte Kipnis hanno inteso l'az. di potere come evento di interrelaz. tra individui che possiede le seg componenti: motivaz. dell'agire di A x esercitare 1 pot su B; resistenza di B; fonti del pot. di A su B x vincere la sua resistenza; mezzi del pot. di A su B (ossia i realicomportam.); inibiz. del pot. di A che gli impedisce di appoggiarsi su alcune fonti o di usare alcuni mezzi (ad es: scarsa autost, paura diritors.), eff. del pot. su B (ad es. rivalsa) e su A (ad es. sentim. di potenza o paura di ritors.). McLelland ha usato le ipotesi sugli stadi disviluppo di Erikson (tratte da Freud) x costruire 1 mod. in grado di spiegare iEsistono diversi tipi di motivazione al potere, a seconda della localizzazione della fonte e dell'oggetto su cui questo potere viene esercitato: esistono quindi 4 stadi, la cui sequenza non è però legata all'età, e le persone si differenziano a seconda dello stadio in cui cercano di esercitare il loro potere. Infine, molte ricerche hanno dimostrato che nei manager la struttura motivazionale ideale è: alta motivazione al potere socializzante, buona motivazione alla riuscita e debole motivazione all'affiliazione.
2. LA PULSIONE PER FREUD E I COMPORTAMENTISTI
Freud la pulsione è un'istanza psichica che esprime un bisogno fisico. Si manifesta inconsciamente a livello dell'Es (interfaccia tra fisico e psichico), indipendentemente da un rapporto specifico con la situazione connessa all'azione. Il suo fine consiste nella soppressione dello stato di stimolazione (modello idraulico oggi screditato), ossia nell'essere scaricata comunque sia. Perché ciò avvenga, la pulsione deve trovare
all'est.dell'organismo un ogg. su cui scaricarsi. Ma per fare ciò l'Es (che non ha contatti con il mondo est.) deve affidarsi alla mediaz. dell'Io, che a sua volta deve relazionarsi col Super-Io. Per i Comportamentisti ed in particolare x Hull la tendenza comportamentale coinvolge la puls. come si evince dalla seguente formula: Tendenza Comportamentale = Puls. x Abitudine x Incentivo La puls. diviene quindi il drive, cioè una generica e aspecifica spinta all'az. Di tipo int. Questa puls. può generare una determinata tendenza comportamentale solo se si combina con l'abitudine (habit) che è specifica e frutto dell'apprendim. e con l'incentivo (ricompensa). In questo caso entra anche in campo una seconda prospettiva, relativa all'attraz. da fonte esterna, che coinvolge anche la variabile mentale aspettativa.
3. LA VALENZA DI LEWINL considera l'amb. 1 dato soggettivo, costituito da ciò che in quel mom.
è rilevante dal punto di vista psicologico per la persona, cioè ciò che viene percepito. L'ambiente è lo spazio di vita della persona ed è articolato in varie regioni meta. Ognuna di queste regioni rappresenta una possibilità di azione e viene valutata in termini positivi o negativi in funzione dei bisogni (cioè i sistemi di tensione) e delle qualità dell'oggetto meta. Ogni regione meta ha una valenza, una valore di incentivo per la persona, può essere positivo o negativo e può avere diversi gradi di intensità. Alcune forze agiscono sulla persona: la attirano o la respingono e queste campi di azione sono le vie attraverso le quali si può raggiungere una regione meta di valenza positiva o sfuggire ad una di valenza negativa. 4. L'AUTOEFFICACIA 5. EMOZIONE E MOTIVAZIONE 6. MOTIVAZIONE E VOLONTÀ 7. CONFLITTO DI LEWIN 8. LA PROSPETTIVA DEI FILOSOFI I filosofi hanno elaborato diverse teorie sulle emozioni e la filosofia ha contribuito a farcomprendere agli psicologi dei diversi ambiti di ricerca le comuni radici della loro disciplina e ha fornito varie opinioni su cosa sono le emozioni e sul valore e sul ruolo che svolgono nella vita quotidiana. Abbagnano nel 1956 ha raccolto una serie di sue lezioni universitarie cercando di ricostruire la storia della filosofia delle emozioni fino all'età contemporanea (anni '50) e cercando di comprendere le concezioni dei filosofi a proposito della psiche, dell'uomo e del suo rapporto col mondo. Nei suoi scritti Abbagnano adotta 2 principi: il primo è la non accettazione del pregiudizio gnoseologico-metafisico della superiorità della conoscenza e dei suoi oggetti (quindi la vita emozionale è un complesso di fenomeni o una forma di esperienza degna di essere indagata); il secondo indica che bisogna comprendere le filosofie del passato usando l'interpretazione usata a suo tempo. Abbagnano ha raccolto i pensieri dei seguenti filosofi: Platone la vita è un misto diPiacere/intelligenza che rendono rispettivamente l'uomo animale o imperturbabile come una divinità. Platone fa un'analisi del piacere (es. cibarsi) e del dolore: esistono piaceri e dolori principalmente corporei o piaceri e dolori dell'anima condizionati dalla memoria. Questi scattano qualora l'uomo si trovi in uno stato di deficit e quindi l'emozione è considerata come una reazione immediata ad uno stato o attese, anticipazioni o previsioni riferite al futuro. Aristotele sostiene che il piacere è connesso con l'attuazione di un desiderio naturale e le emozioni sono affezioni che cambiano gli uomini e ne influenzano i giudizi e sono accompagnate da piacere e dolore. Aristotele esamina molte emozioni (ira, calma, amicizia, timore, fiducia, pietà, invidia ecc.) e ne riconosce il loro significato oggettivo quale indice di stati favorevoli o sfavorevoli: in ogni stato esiste una diversità di fronte alla quale la reazione emotiva costituisce un avvertimento affinché
l'uomo possa disporre per la sua salvezza. Gli Stoici condannano le emozioni dal punto di vista morale e le considerano insignificanti perché fallaci opinioni. La filosofia cristiana ha riaffermato il significato e il valore umano delle emozioni. Sant'Agostino afferma che un animo non toccato da nessun sentimento porterebbe al peggiore dei vizi (apatia); Sant'Tommaso considera le emozioni come un aspetto dell'anima per cui essa diviene potenzialità e può ricevere o subire un'azione. Hobbes le emozioni sono tra le 4 principali fondamentali facoltà umane e sono principi visibili del movimento del corpo umano. Cartesio condivide lo stoicismo per la forza dell'anima che vince le emozioni e arresta i movimenti del corpo che le accompagna. La debolezza sta nel lasciarsi dominare da esse in quanto queste sono considerate modificazioni passive dell'anima causate dal movimento degli spiriti vitali che muovono il corpo e risiedono nella ghiandola pineale. La forza naturale delle emozioni èdi incitare l'anima a contribuire sulle az. che servono a mantenere il corpo perfetto. (L'emoz. quindi concerne solo i rapp. con il corpo). Spinosa l'emoz. è un modo di essere totale che coinvolge sia anima che corpo. Moralisti il sentim. è inteso come un principio autonomo e la passione è l'emoz. dominante che penetra e controlla l'intera personalità umana. Kant riconosce il significato e la forza biologica delle emoz. Seconda metà '800 le emoz. diventano ogg. di indagine scientifica e sono considerate in conness. con i movim. e gli stati corporei che le accompagnano. Darwin scrisse "L'espress. delle emozioni nell'uomo e negli animali". James formulò la Teo somatica delle emoz. Freud attraverso la psicanalisi mette in evidenza il significato dei fatti psichici rispetto alle situazioni che li hanno det. Lewin l'emozione è la rottura di una forma elaricostruzione di un’altra che vale come surrogato della prima. Filosofi contemporanei le Teo filosofiche non si allontanano da quellepsicologiche perché considerano i fenomeni emotivi nella loro totalità (non più teoria atomista) e nella forma complessiva ne