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Sono riportati tutti gli elementi citati nella circolare 4809/68 ma ad essi sono attribuiti sia caratteristiche

qualitative sia dimensionali (eliminando la discrezionalità che aveva portato all’inadempienza della norma).

Gli articoli erano 26 e trattano argomenti diversi: dai percorsi pedonali (di cui per esempio si stabiliscono le

dimensioni, i dislivelli, il posizionamento di rampe idonee ogniqualvolta il percorso pedonale si raccorda con

il livello stradale o è interrotto da un passo carrabile e, ancora, il materiale “atto ad assicurare l’immediata

percezione visiva ed acustica” con cui realizzare i cigli del percorso stesso) ai parcheggi, dagli accessi ai

fabbricati agli ascensori, dalle scale alle rampe, dai locali igienici agli impianti, dai trasporti in genere ai

luoghi di spettacolo.

Il D.P.R. è stato oggetto di critiche per l’eccessiva rigidità prescrizionale (nello specifico per i riferimenti

dimensionali troppo rigidi e difficili da applicare in caso di ristrutturazione di edifici pubblici esistenti), che

si è riflettuta in molte leggi regionali, ancora vigenti, che ad esso si riferiscono, non seguendo invece le

direttive di decreti successivi. Inoltre presenta molte lacune: per esempio non vengono predisposti organismi

di controllo e per gli inadempimenti non sono previste sanzioni, non si considerano le persone con problemi

di udito e di vista, si tralasciano gli interventi negli edifici privati e nei luoghi di lavoro.

Dopo il 1978, anche se l’attuale legislazione in materia resta largamente suscettibile di miglioramenti, gli

alibi consistenti nella mancanza di una normativa di dettaglio non trovano più spazio e la non attuazione

delle norme della legge diventa solo una questione di responsabilità politica e amministrativa. Infatti dopo

tale data non si vede alcun tipo di miglioramento: non vi è edilizia nuova che rispetti le indicazioni; i servizi

pubblici rimangono invariati (molte furono le proteste degli handicappati in occasione di inaugurazioni di

stazioni della metropolitana a Milano o della metropolitana a Roma, le quali ignoravano completamente il

problema).

Un salto qualitativo rispetto a quanto finora visto, lo si compie con la legge finanziaria del 28 febbraio

1986, n.41: in particolare il comma 20 dell’art 32 prescrive che “non possono essere approvati progetti di

costruzione o ristrutturazione di opere pubbliche che non siano conformi alle disposizioni del decreto del

Presidente della Repubblica 27 aprile 1978, n. 384, in materia di superamento delle barriere

architettoniche. Non possono altresì essere erogati dallo Stato o da altri enti pubblici contributi o

agevolazioni per la realizzazione di progetti in contrasto con le norme di cui al medesimo decreto”. Inoltre

nel successivo comma viene introdotto l’obbligo, per quanto riguarda “gli edifici pubblici già esistenti non

ancora adeguati alle prescrizioni del decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1978, numero 384”,

da parte di tutti gli enti pubblici competenti di adottare “piani di eliminazione delle barriere architettoniche

entro un anno dalla entrata in vigore della presente legge”.

Va rivelato che questa legge non ha come oggetto specifico le persone disabili o le barriere architettoniche

ma è una legge finanziaria dello Stato. L’osservazione è importante perché può far riflettere sul fatto che una

città piena di ostacoli deve essere, a ragione, considerata anche una città diseconomica.

Gli effetti di questa legge n.41 sono stati positivi, tuttavia per risolvere i numerosi e difficili problemi

dell’accessibilità non è certo sufficiente la sola produzione legislativa: la cosa importante è quella di

perseguire le finalità fissate, anche a piccoli passi, proseguendo sempre nella stessa direzione. Se ad esempio

un edifico comunale deve essere “messo a norma” per quando riguarda le prescrizioni antincendio, si deve

positivamente cogliere l’occasione per risolvere contestualmente anche i problemi di accessibilità. L’errore

in cui spesso si incorre, invece, è quello di emanare un gran numero di leggi, spesso in modo scoordinato tra

loro, con il risultato di provvedimenti contrastanti l’uno con l’altro. Ad esempio, alcuni provvedimenti che

obbligano ad applicare la normativa antincendio producono situazioni con ulteriori ostacoli: costruendo scale

antiincendio esterne si sono create altre barriere architettoniche che poi, forse in base ad altre leggi dello

Stato e quindi con altri finanziamenti, dovranno essere rimosse.

Nel 1992 viene emanata la Legge 5 febbraio n. 104 “Legge quadro per l’assistenza, l’integrazione sociale e

i diritti delle persone handicappate” che contiene una serie di richiami all’obbligo di eliminazione delle

barriere architettoniche e ad agevolare l’accessibilità urbana. In particolare le legge 104/92 prevede:

- Che il rilascio delle concessioni edilizie sia vincolato al rispetto della normativa in materia di

barriere;

- Siano dichiarate inagibili e inabitabili (e sanzionati i responsabili) le opere realizzate in edifici

pubblici o aperti al pubblico in modo tale da compromettere l’accessibilità ai disabili;

- Che siano adeguati i regolamenti edilizi comunali alle norme vigenti.

- Inoltre all’art 24, c. 9, prescrive direttamente che i Piani di cui alla legge 41/86, art 32, comma 21,

vengano modificati prevedendo di rendere accessibili, oltre agli edifici di proprietà pubblica, anche

gli spazi esterni urbani, in particolare provvedendo alla individuazione di percorsi pedonali

accessibili, all’installazione di semafori acustici ed alla rimozione della segnaletica installata in

maniera tale da costituire barriera architettonica.

esempio di segnaletica posizionata in modo da rendere inaccessibile il passaggio e di segnaletica ben

progettata e posizionata per non creare disagio.

Un importante momento per la normativa sull’eliminazione delle barriere architettoniche è quando vengono

emanati i decreti del 1989 e del 1996, i cui aspetti sono innovativi nei confronti delle normative precedenti in

materia e su cui poniamo particolare attenzioni qui di seguito.

2.1 Il decreto del 1989

La legge nazionale 9 gennaio 1989, n.13 – “Disposizioni per favorire il superamento e l’eliminazione delle

barriere architettoniche negli edifici privati” è fondamentale non solo per le nuove istruzioni tecniche ma

soprattutto per i principi che pone. Esso rappresenta una delle più innovative tecniche emanate in Italia a

riguardo: la novità si manifesta sia nell’uso di un linguaggio più moderno e più attento, soprattutto nel

definire le barriere architettoniche ed i destinatari della normativa, sia nell’impostazione di fondo divenuta

positiva e propositiva. Elementi fondamentali della legge, oltre la sua applicazione in ambito di strutture

private, sono l’introduzione dei già citati concetti di accessibilità, visitabilità e adattabilità che diventano

termini simbolo di un diverso interessamento per le problematiche dei disabili rispetto allo spazio costruito.

Nella legge 13/89 e nel Decreto Ministeriale n.236 del 1989, che ne consegue, si favorisce rispetto al DPR

389/78, la funzionalità dello spazio, le indicazioni date non sono più rigide ma libere di essere modificate dal

progettista. Infatti il decreto consente un’ampia libertà progettuale nell’individuare soluzioni, anche diverse

dalle proposte del decreto, ma conformi alle finalità dello stesso che individua i tre livelli di qualità nello

spazio costruito. È inoltre una normativa dinamica ed attenta all’evoluzione delle istanze sociali, produttive,

culturali, tecnologiche, perché offre la possibilità di un aggiornamento continuo delle sue prescrizioni,

accogliendo i suggerimenti provenienti da enti locali, professionisti e studiosi.

Tra i diversi aspetti positivi vi è anche il fatto che esse non sono normative speciali, rivolte solo a

determinate categorie di utenti, ma affronta il tema dell’accessibilità per tutti che è un requisito

fondamentale per gli ambienti costruiti. Infatti, da un lato, il DM 236/89 fa riferimento sia alle persone con

ridotta o impedita capacità motoria sia alle persone affette da limitazioni sensoriali, ampliando in tal modo la

fascia di utenti che nei precedenti disposti normativi erano in genere limitati agli invalidi civili e ai minorati,

dall’altro la l. 13/89 accenna in modo preciso ai problemi di orientamento dei ciechi e degli ipovedenti.

2.2 Il Decreto del Presidente della Repubblica del 1996.

Il DPR 24 luglio 1996 n. 503 “Regolamento recante norme per l’eliminazione delle barriere architettoniche

negli edifici, spazi e servizi pubblici” si applica per parte sua al settore pubblico e abroga il DPR 27 aprile

1978 n. 384. II campo di applicazione del DPR 503/1996 risulta notevolmente ampliato rispetto al DPR

384/1978 in quanto esso richiede che qualsiasi opera, fatta su edifici e spazi pubblici, debba tener conto del

requisito dell'accessibilità, almeno nella porzione di edificio o di spazio oggetto dell'intervento edilizio. Tale

disposizione rafforza quanto già stabilito dalla legge-quadro 104/1992 che, al primo comma dell'art. 24

richiedeva che tutte le opere edilizie, eseguite su edifici pubblici e su edifici privati aperti al pubblico

dovessero rispettare le prescrizioni tecniche emanate per l'accessibilità (DPR 384/ 1978 e DM 236/1989).

Leggendo il DPR 503/1996 congiuntamente con il DM 236/1989, al quale fa continuamente riferimento, si

può vedere che edifici e spazi pubblici normati dal DPR 503/1996 comprendono:

- L’edilizia per attività sociali (scolastiche, sanitarie, assistenziali, culturali, sportive);

- Gli ambienti lavorativi;

- Le strutture ricettive e quelle per riunioni e spettacoli;

- I luoghi di culto;

- Le altre strutture aperte al pubblico;

- Le aree edificabili, gli spazi pedonali, i marciapiedi, gli attraversamenti pedonali, le scale e le rampe,

i servizi igienici pubblici, l'arredo urbano, i parcheggi.

Quest'ultimo blocco di spazi, che sono essenzialmente luoghi pubblici all'aperto, sono trattati solo nel DPR

503/1996.

In particolare le disposizioni relative alla struttura edilizia dell'edificio pubblico riguardano:

- Le unità ambientali e le loro parti componenti (porte, pavimenti, infissi esterni, arredi fissi, ter-

minali degli impianti, servizi igienici, cucine, balconi e terrazze, percorsi orizzontali, scale, rampe,

ascensore, servoscala e piattaforma elevatrice, autorimesse);

- Gli spazi esterni (percorsi, pavimentazioni, parcheggi);

- La segnaletica.

Gli aspetti positivi del DPR 503/1996 sono i seguenti: per edifici e spazi pubblici, non sottoposti ad

interventi edilizi, si chiede che comunque vengano apportati accorgimenti utili a migl

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A.A. 2016-2017
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SSD Scienze giuridiche IUS/10 Diritto amministrativo

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Vect39 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Diritto urbanistico e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli studi di Genova o del prof Cofrancesco Giovanni.