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SCRITTI DI WINNICOTT
Lo sviluppo dell’individuo dalla dipendenza all’indipendenza
SOCIALIZZAZIONE: è quasi sinonimo di maturità, nello stato di salute l’adulto è capace di
identificarsi con la società. L’indipendenza non è mai assoluta. L’individuo sano non diventa
isolato, ma si lega con l’ambiente in un modo per cui si può dire che l’individuo e l’ambiente sono
interdipendenti.
IL CAMMINO: non c’è nulla di nuovo nel concetto di un cammino dalla dipendenza
all’indipendenza. Ogni essere umano deve iniziare questo cammino, e molti giungono a un punto
non lontano di questa meta, acquisendo dipendenza e un senso sociale strutturato.
DIPENDENZA ASSOLUTA: il lattante è contemporaneamente dipendente e indipendente. Questo
è il paradosso. C’è tutto quello che è ereditato, compresi i processi maturativi e forse le tendenze
patologiche ereditate. Possiamo dire che l’ambiente favorevole rende possibile il progresso costante
dei processi maturativi. Ma l’ambiente non fa il bambino: al massimo gli permette di realizzare il
suo potenziale. L’adattamento dei processi maturativi dell’infante è un processo molto complesso,
che richiede moltissimo ai genitori, e che è anzitutto la madre stessa a costituire l’ambiente
favorevole. Essa ha bisogno in questo periodo di un sostegno, che le è dato nel modo migliore dal
padre del bambino, da sua madre, dalla famiglia e dall’ambiente sociale a lei più vicino. Questa
particolare situazione in cui si trova la madre si chiama apprensione materna primaria, la madre è
tutta presa dalla cura del neonato. In questo modo vengono date in natura le provvidenze naturale
adeguate ai bisogni dell’infante, ossia un alto livello di adattamento. L’adattamento sensibile ai
bisogni dell’Io di un infante dura solo poco tempo. Spesso la crescita del bambino corrisponde
puntualmente alla riassunzione della propria indipendenza da parte della madre.
LA DIPENDENZA RELATIVA: lo stadio successivo, quello della dipendenza relativa, si rivela
come uno stadio di adattamento ad un graduale venir meno dell’adattamento. Tutto il procedimento
dell’assistenza infantile ha come caratteristica principale una costante presentazione del mondo
all’infante. Quando la madre resta lontano per un tempo superiore a quello durante il quale il
bambino è capace di continuare a credere nella sua sopravvivenza, compare l’ansia, e questo è il
primo segno che il bambino sa. Lo stadio successivo a quello in cui il lattante sente in qualche
modo un bisogno della madre è quello in cui egli comincia a sapere che la madre è necessaria. A
poco a poco il bisogno della madre reale diventa forte e veramente terribile, così che le madri non
vogliono lasciare i figli, e si sacrificano molto piuttosto che causare disagio e produrre odio e
delusione in questa fase di particolare bisogno. Si può dire che questa fase dura dai sei mesi circa
fino ai due anni. Quando il bambino ha superato i due anni, hanno inizio nuovi sviluppi che gli
forniscono i mezzi per affrontare l’allontanamento della madre.
VERSO L’INDIPENDENZA: una volta avvenuto tutto questo il bambino è capace gradualmente di
affrontare il mondo e tutte le sue complessità. Si sviluppa una vera indipendenza, e il bambino è
capace di vivere un’esistenza personale soddisfacente pur essendo coinvolto nelle vicende della
società. Naturalmente ci sono grandi possibilità di riflussi in questi sviluppi della socializzazione,
fino agli ultimi stadi oltre la pubertà e l’adolescenza. L’espressione verso l’indipendenza descrive le
lotte della vita del bambino piccolo e del ragazzo pubere.
La distorsione dell’Io in rapporto al vero ed al falso Sé
BISOGNI DELL’IO E BISOGNI DELL’ID: l’Io dell’infante sta acquisendo forza ed avviandosi di
conseguenza verso una condizione in cui le richieste dell’Id verranno sentite come parti del Sé, e
non come ambientali. Quando questo passo sarà compiuto, la soddisfazione dell’Id costituirà un
rafforzamento molto importante dell’Io o del vero Sé; ma le eccitazioni dell’Id possono essere
traumatiche quando l’Io non è ancora capace di accogliere, né di controllare, i rischi impliciti e
l’eventuali esperienze di frustrazioni fino al momento dell’effettiva soddisfazione istintuale. La
funzione difensiva del falso Sé è quella di nascondere e proteggere il vero Sé, qualunque sia.
1. A un polo estremo, il falso Sé si costituisce come reale e chi osserva tende a prenderlo per la
persona reale. A questo estremo il vero Sé è nascosto.
2. Livello meno grave, il falso Sé difende il vero Sé, il vero Sé è però riconosciuto come
potenziale e gli è permessa una vita segreta.
3. Il falso Sé ha come preoccupazione principale la ricerca di condizioni intese a permettere al
vero sé di venire alla luce .
4. Livello più vicino alla salute, il falso Sé si forma sulla base di identificazioni.
5. Nello stato di salute, il falso Sé è rappresentato da tutta l’organizzazione dell’atteggiamento
sociale educato per ottenere il vantaggio di avere un posto nella società che il vero Sé da
solo non potrebbe mai conquistare o conservare.
L’INTELLETTO ED IL FALSO Sé: quando il falso Sé si organizza in un individuo che ha un alto
potenziale intellettuale, ci sono molte probabilità che l’intelletto diventi la sede del falso Sé, e in
questo caso si forma una dissociazione fra attività intellettuale ed esistenza psicosomatica. Quando
si è instaurata una doppia anomalia si ha un quadro clinico che è tipico, in quanto inganna molto
facilmente. La gente, vedendo uno che ha un grande successo accademico, può avere difficoltà a
credere al disagio molto reale di costui, che si sente tanto più strano quanto più ha successo.
ETIOLOGIA: nel ricercare l’eziologia del falso Sé esaminiamo lo stadio delle prime relazioni
oggettuali. In questo stadio l’infante è, per la maggior parte del tempo, in integrato e non è mai
completamente integrato; la coesione dei vari elementi sensoriali-motori dipende dal fatto che la
madre lo tenga in braccio, fisicamente talora e in modo simbolico sempre.
IL RUOLO DELLA MADRE: la madre sufficientemente buona va incontro all’onnipotenza del
figlio e, in una certa misura, le dà un senso; fa questo più e più volte. Il vero Sé sorge grazie alla
forza data dall’Io debole dell’infante dal supplemento offerto dalla madre alle sue espressioni
onnipotenti. La madre non sufficientemente buona non è capace di sostenere l’onnipotenza del
figlio, e così fallisce ripetutamente nel rispondere al suo gesto; essa vi sostituisce invece il proprio
gesto chiedendo al figlio di dare ad esso un senso tramite la propria condiscendenza. Questa
condiscendenza è lo stadio primario precoce del falso Sé, e dipende dall’incapacità della madre a
presentire i bisogni del figlio. Da qui due possibili linee di sviluppo. In un primo caso l’adattamento
della madre è sufficientemente buono e di conseguenza l’infante comincia a credere nella realtà
esterna che sembra magica. Pertanto l’infante può rinunciare a poco a poco alla sua onnipotenza. Il
bambino può ora cominciare a godere l’illusione della creazione e del controllo onnipotente per poi
giungere gradualmente a riconoscere l’elemento illusorio, il fatto di giocare ed immaginare. In un
secondo caso l’adattamento della madre alle allucinazioni ed alle pulsioni spontanee del bambino è
deficitario, non sufficientemente buono. Il processo che porta alla capacità di usare i simboli non ha
inizio. Quindi ci si potrebbe attendere che il neonato muoia fisicamente, perché in lui l’investimento
libidico degli oggetti esterni non è cominciato e perché quindi egli resta isolato. Ma in pratica egli
vive sia pure in modo falso. L’infante viene indotto ad essere compiacente ed un falso Sé
condiscendente reagisce alle richieste ambientali e l’infante sembra accettarle. Tramite questo falso
Sé, l’infante si costruisce un sistema di rapporti falso e, mediante introiezioni, giunge perfino a
sembrare reale, così che, crescendo e diventando bambino, diventa proprio come la madre, la balia,
la zia, il fratello o qualsiasi persona che in quel momento domini la scena.
IL VERO Sé: nel primissimo stadio il vero Sé è la posizione da cui vengono il gesto spontaneo e
l’idea personale. Il gesto spontaneo è il vero Sé in azione. Solo il vero Sé può essere creativo e può
sentirsi reale. Mentre il vero Sé si sente reale. L’esistenza di un falso Sé determina una sensazione
di irrealtà o di futilità. Il vero Sé deriva dalla vita dei tessuti corporei e dal lavoro delle funzioni
corporee, compresa l’attività del cuore e la respirazione. È strettamente legato al concetto di
processo primario e, all’inizio, è essenzialmente non reattivo agli stimoli esterni, ma primario. Ogni
nuovo periodo di vita in cui il vero Sé non sia stato gravemente interrotto determina un
rafforzamento del senso di realtà.
L’EQUIVALENTE NORMALE DEL FALSO Sé: Nella vita sana esiste un aspetto compiacente del
vero Sé, una capacità dell’infante di essere compiacente senza esporsi; questa capacità che poi è la
capacità del compromesso, rappresenta una conquista. L’equivalente del falso Sé nello sviluppo
normale è qualcosa che può tradursi nel bambino in un modo di fare sociale, in altri termini
qualcosa che è adattabile.
LIVELLI DEL FALSO Sé: gli individui in cui esiste un alto grado di scissione del vero Sé e il falso
Sé che lo nasconde, presentano una scarsa capacità a usare simboli ed una vita culturale carente.
Invece di interessi culturali, tale persone presentano gravi irrequietezza, incapacità a concentrarsi e
il bisogno di cercare aspetti urtanti nella realtà esterna in modo da poter riempire il proprio tempo di
vita reagendo ad essi.
CONSEGUENZE PER LO PSICOANALISTA: alcuni analisi vanno avanti all’infinito perché sono
condotte in base al lavoro col falso Sé. Il falso Sé del paziente può collaborare in definitivamente
con l’analisi nell’analisi delle difese, essendo per così dire dalla parte dell’analista nel gioco. Questo
lavoro non redditizio è interrotto vantaggiosamente quando l’analista può