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ECONOMIA E GESTIONE DELLE IMPRESE
Capitolo 1 - Servizi commerciali e formule distributive
Per lo studio dei fenomeni distributivi diviene essenziale focalizzare l’attenzione sulla domanda di servizi che
scaturisce dalle attività poste in essere dagli acquirenti per scegliere tra le varianti di prodotto esistenti sul mercato e
per risolvere le problematiche di individuazione e selezione dell’operatore presso cui approvvigionarsi.
Poiché ogni formula distributiva associa ai beni venduti un mix di servizi commerciali differenti per quantità e per
qualità, l’analisi delle modalità con cui si realizzano gli acquisti contribuisce a chiarire l’origine e le caratteristiche
distintive della varietà di tipologie operanti sul mercato.
L’attività distributiva consiste nel “trasferire i beni dai luoghi di produzione a quelli di consumo, nel conservarli nel
tempo in modo da immetterli nel mercato in ragione delle graduali richieste degli acquirenti e nel porli a disposizione di
questi ultimi secondo le modalità di assortimento, di pagamento e di consegna a essi gradite”.
Se da un lato l’offerta viene realizzata in lotti di produzione di una certa entità, in determinati luoghi e in base a cicli di
lavorazione prestabiliti, dall’altro gli acquisti si manifestano in modo frammentato, disperso e irregolare. Il momento
della realizzazione materiale si differenzia, dunque, a tal punto da quello dell’approvvigionamento e delle successive
fasi di consumo, utilizzo o rivendita, da richiedere un apposito processo di adattamento quali-quantitativo, che può
essere schematizzato nelle seguenti attività:
- Analisi e monitoraggio dei bisogni di beni e servizi del mercato di riferimento;
- Definizione della formula distributiva, formazione e gestione dell’assortimento e dei relativi prezzi di vendita;
- Trasferimento dei prodotti dai luoghi di produzione a quelli di consumo nella quantità, nei tempi e nei modi
richiesti;
- Promozione e commercializzazione dei beni;
- Sviluppo dell’immagine e della fedeltà al punto di vendita.
Il servizio commerciale può essere definito come “un aggregato di servizi elementari combinati in modo da appagare i
bisogni di un determinato segmento di domanda”; mentre le diverse combinazioni di servizi elementari
rappresentano, ognuna, un’alternativa di acquisto per il mercato denominata formula distributiva.
L’evoluzione della domanda di beni e servizi ha stimolato, quindi, gli operatori della distribuzione a offrire soluzioni
sempre nuove e meglio rispondenti alle mutevoli necessità di acquisto del mercato e ai diversi ambiti spaziali di
operatività. Il prodotto del commercio, pertanto, è incentrato su due macro-categorie fondamentali, che raggruppano
i suddetti servizi elementari in base alla relativa natura logistica (prossimità e stoccaggio) oppure informativa
(profondità dell’assorbimento) degli stessi.
Se per i beni di consumo corrente (banali) il continuo riapprovvigionamento consente una buona conoscenza delle
caratteristiche dell’offerta (assortimento e prezzi), per i beni problematici la scelta del fornitore è generalmente più
complessa. Quanto più è elevata la profondità dell’assortimento e il valore dell’informazione diretta, tanto maggiore
sarà il beneficio per il cliente; poiché il bagaglio di conoscenze disponibile prima del momento dell’acquisto non è
omogeneo, ne deriva una diversa valutazione dei servizi di natura informativa, che determina la nascita di formule
distributive differenziate in termini di mix prodotto/servizio/prezzo, in parte disincentivata dal fenomeno della free
ridership.
Con il termine free ridership si identificano i comportamenti di shopping “speculativi”, che si concretizzano mediante
acquisizione gratuita di informazioni presso fornitori specializzati, cui seguono sovente approvvigionamenti
perfezionati presso strutture commerciali orientate prevalentemente alla logistica (prezzo) e poco alla segmentazione
(varietà, consulenza ecc). 1
E’ possibile pervenire a una schematizzazione del processo di approvvigionamento da parte dei consumatori privati
(acquisti al dettaglio) per le differenti categorie di beni:
Problematico Acquisti orientati alla fiducia Acquisti orientati alla reputazione
e alla professionalità del dettagliante e al prestigio del dettagliante
Banale Acquisti orientati alla fiducia Acquisti orientati alla convenienza
nel dettagliante del dettagliante
Prodotto anonimo Prodotto rinomato
Le profonde trasformazioni ambientali avvenute negli ultimi anni hanno investito contemporaneamente il piano
demografico-sociale, culturale-tecnologico, politico-istituzionale ed economico, per poi riflettersi sulle imprese
(industriali, commerciali, di servizi ecc), condizionandone le decisioni competitive.
Il comportamento di consumo rispecchia il sistema di valori cui fa riferimento un determinato insieme di individui, che
adottano un certo stile di vita e privilegiano, a seconda della tipologia di acquisto, uno specifico mix di servizi
commerciali. Il moltiplicarsi degli stili di vita “obbliga” le imprese ad adottare apposite strategie di marketing per far
fronte alle esigenze di un mercato sempre più frammentato e, allo stesso tempo, sovente poco disponibile a sostenere
il costo della differenziazione. Più in dettaglio, si avverte l’esigenza di definire una metodologia di segmentazione del
mercato più adatta alle esigenze di sviluppo delle imprese commerciali, finalizzata ad individuare gruppi di
consumatori il cui comportamento di acquisto sia sostanzialmente omogeneo e per i quali potrebbe sussistere un
bisogno di beni e servizi da soddisfare attraverso un prodotto commerciale specifico, non necessariamente già
presente sul mercato. Il punto di partenza della suddetta metodologia dovrebbe essere, quindi, l’analisi puntuale dei
modelli di consumo nelle diverse realtà territoriali, al fine di individuare l’insieme dei bisogni di servizi commerciali che
un mercato può esprimere, in modo palese o ancora allo stato “embrionale”.
Il sistema distributivo italiano, anche se lentamente, ha attraversato un processo di profonde trasformazioni,
accentuandosi negli ultimi anni soprattutto nel commercio “al dettaglio”, dove si sono manifestate innovazioni
particolarmente significative ed evidenti. Pur essendo ancora rilevante il numero di piccole imprese familiari, è
aumentata la presenza di realtà distributive che utilizzano tecniche di produzione e vendita del servizio e modelli
organizzativi e gestionali innovativi ed efficienti. Un’impresa commerciale può trovarsi nella situazione di dover
decidere tra una strategia di differenziazione “produttiva” effettuata lungo la dimensione orizzontale (innovazione
primaria) oppure verticale (innovazione secondaria).
Si è in presenza di una differenziazione orizzontale se le preferenze dei consumatori tra formule distributive alternative
a parità di livello dei prezzi si distribuiscono in modo non polarizzato; se invece le scelte, sempre a parità di
posizionamento di prezzo, si orientano in maniera netta verso una determinata formula commerciale, si è in presenza
di una differenziazione verticale incentrata sulle caratteristiche tecnico-qualitative del mix di prodotti.
Capitolo 2 - I canali di distribuzione
Se si osserva in particolare la distribuzione di un qualsiasi tipo di bene, si nota che generalmente vi partecipano, oltre
alla stessa impresa industriale, una o più figure di operatori commerciali e di ausiliari e, direttamente o
indirettamente, i consumatori. L’insieme di istituzioni che concorrono a far defluire le merci dalla fabbrica al mercato
viene generalmente denominato canale di distribuzione.
E’ possibile fare riferimento a tre diverse concezioni di canale: 1) il type channel, che considera i differenti stadi del
processo di distribuzione (produzione, ingrosso, dettaglio, consumo); 2) l’enterprise channel, che include solo le 2
imprese giuridicamente indipendenti che operano nel canale (impresa industriale, commerciante all’ingrosso,
rappresentante, negoziante al dettaglio, consumatore); 3) lo unit channel, infine, che ricomprende tutte le unità
operative che espletano attività distributive, a prescindere dalla loro autonomia sotto il profilo giuridico (stabilimento
di produzione, deposito regionale, grossista, rappresentante, deposito locale, dettagliante, consumatore).
Il canale di distribuzione, quindi, può essere definito come un insieme di unità operative, interdipendenti, ordinate in
sequenza, che svolgono le “operazioni distributive” necessarie per trasferire la proprietà o il possesso di un bene dal
produttore al consumatore finale, generando un flusso logistico, di informazioni, promozionale e monetario.
Una delle cause principali della nascita delle imprese commerciali va ricercata nella riduzione dei costi di transazione
per fornitori e clienti, derivante dalla maggiore economicità e produttività connessa con la specializzazione delle
“operazioni”, che peraltro non si ripartiscono in modo netto e univoco tra le diverse unità operative che compongono
il canale. La specializzazione del lavoro in ambito distributivo va intesa come ripartizione, mai uguale per intensità e
durata, del complesso di operazioni che alimentano il processo distributivo.
La condizione che “impone” il ricorso a differenti tipologie di imprese commerciali è rappresentata dal divario di
assortimenti, di solito esistente tra la produzione e il consumo. L’assortimento di beni più efficace e conveniente
muta, difatti, nel passaggio della merce tra i diversi attori del processo produttivo e pone severe limitazioni al
fenomeno dell’integrazione verticale nella distribuzione: più marcata è la disomogeneità di luogo, di tempo, di
quantità e di varietà dei prodotti tra produzione e consumo, maggiore sarà la necessità di unità operative intermedie e
“terze” all’interno del canale.
Nel processo distributivo si distinguono quattro stadi fondamentali, rappresentati dalla produzione, dal commercio
all’ingrosso, dal commercio al dettaglio e dal consumo, che possono generare differenti tipi di canali o filiere
distributive. I canali possono difatti distinguersi in diretti, brevi, medio-lunghi e lunghi, in funzione degli stadi
ricompresi e delle modalità di collegamento tra gli stessi.
La distinzione tra commercio all’ingrosso e al dettaglio non può avvenire solo sulla base del volume delle singole
operazioni di compravendita effettuate, ma anche e soprattutto in rapporto alla natura della clientela servita dalle due
categorie di operatori: il cliente dell’ingrosso compra prevalentemente per rivendere, anche trasformando
ulteriormente i beni, me