Schumpeter, uno pei più influenti economisti dello scorso secolo, in Storia dell’ analisi economica,
sostenne che l’ evoluzione delle idee economiche non ha uno sviluppo lineare ma si manifesta
per salti: a periodi in cui le concezioni dominanti vengono sottoposte a critica seguono periodi di
assestamento in cui le nuove e parte delle vecchie idee giungono ad una nuova sintesi. Altri
economisti danno un interpretazione progressiva all’ evoluzione delle idee economiche che si
incrementano di volta in volta in volta. Ciò che accomuna queste due visioni è che il cambiamento
è dato sempre da elementi interni: nel primo caso il cambiamento è dato da contraddizioni logiche
rilevate all’ interno dei un ortodossia; nel secondo caso invece, l’ evoluzione non è altro che lo
stratificarsi di successivi elementi di conoscenza. Spiegazione opposta, è invece quella di Blaug,
che in Storia e critica della teoria economica, definisce “relativista”; gli autori che si ritrovano in tale
approccio, collegano l’ evoluzione delle teorie economiche a cambiamenti delle strutture
economiche e sociali. Le principali teorie economiche hanno per filo conduttore uno schema
interpretativo molto vicino a quello relativista, ciò che selezionano e problemi rilevanti, sono infatti
la dinamica dei fatti economici e gli interessi di volta in volta in gioco.
L’ economica politica prima del capitalismo
A partire dal 1500 la società occidentale subisce significativi mutamenti: si affermano gli stati
nazionali e la grande inflazione causata dall’ afflusso di metalli preziosi dalle Americhe,
redistribuisce la ricchezza redistribuisce la ricchezza da clero ed aristocrazia alla borghesia
mercantile che fonda la propria ricchezza sul commercio; il diffondersi del lavoro a domicilio e l’
aumento della popolazione da vita ad una classe lavoratrice che trae dalla vendita della propria
forza lavoro l’ unica fonte di sostentamento. Fino alla metà del 1700, la scena mondiale sarà
dominata dal capitalismo mercantile, e coloro che scrivono di problemi economici, come Adam
Smith son chiamati mercantilisti. L’ idea centrale del mercantilismo è che una nazione, per
aumentare la propria ricchezza, deve puntare ad una eccedenza delle esportazioni rispetto alle
importazioni, per accumulare la maggior quantità possibile di metalli preziosi; si afferma la
concezione che identifica lo sviluppo della società civile come sviluppo sul terreno economico. Tale
ricchezza, identificata con il fondo di metalli preziosi che è un dato della natura, non è aumentabile
per il mondo nel suo complesso; la ricchezza di un paese si può accrescere solo a spese di un
altro. Le ricette mercantiliste vengono rese però inefficaci da alcuni fatti nuovi che esse stesse
contribuiscono a creare: l’ accentuarsi della concorrenza internazionale tra le varie compagnie
commerciali porta ad una inevitabile riduzione dei profitti. L’ attenzione si sposta così dallo
scambio al processo produttivo, nel tentativo di salvare i profitti riducendo i costi di produzione.
Molti vecchi maestri di bottega incominciano a trasformarsi in imprenditori, anticipando capitali, e
cominciando ad impiegare forza lavoro salariata. Incomincia così a affermarsi l’ idea che i prezzi
delle merci ed i profitti dipendano più dai costi di produzione che dalle condizioni della domanda.
Con Quesnay, fondatore della scuola fisiocratica, il percorso di formazione dell’ economia politica
come disciplina autonoma può dirsi compiuto: con la pubblicazione del suo Tableau economique,
fornisce la prima rappresentazione sufficientemente compiuta del funzionamento di un economia
capitalista, seppure ancora a base agricola.
La nascita dell’ economica politica
L’ economica politica come disciplina autonoma, comincia a manifestarsi solo con l’ economia
capitalista, che si differenzia dai precedenti sistemi economici grazia a l’ elemento del sovrappiù.
Esso è quella parte della produzione che eccede le necessità di sussistenza dei lavoratori, e la
ricostruzione dei suoi mezzi di produzione. Nelle economie precapitaliste, la destinazione
prevalente del sovrappiù era il consumo delle classi proprietarie (le guerre, gli agi, la cultura). Con
il capitalismo la situazione cambia radicalmente: la destinazione del sovrappiù non è più il
consumo ma il reimpiego sistematico per l’ allargamento del processo produttivo, per l’ aumento
dei mezzi di produzione: il sovrappiù non è più solo il termine del processo produttivo, ma anche il
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suo nuovo punto di partenza. L’ economica politica nasce quindi come scienza del capitalismo, che
si afferma in un primo momento, nelle campagne; questo fenomeno, assai rilevante in Francia e
Inghilterra, da vita alla scuola dei fisiocratici, che osservano un economia ancora fondata sull’
agricoltura, ma in cui stanno emergendo rapporti di produzione diversi da quelli medioevali.
I fisiocratici, con Quesnay come caposcuola, individuano nell’ esame del sovrappiù, (prodotto netto
nella loro terminologia) della sua origine distribuzione tra le classi, il problema centrale della teoria
economica; la teoria fisiocratica è fondamentale per la teoria economica successiva per l’
elaborazione del concetto di sovrappiù e per l’ idea di attività economica come processo circolare.
Il punto di debolezza della loro ricostruzione concettuale, e da cui si muoveranno i successivi
sviluppi teorici, è la mancanza di una teoria del valore, cioè della spiegazione degli elementi da cui
dipendono i prezzi delle merci; ai fisiocratici, si riconosce in sostanza il merito di aver spostato la
riflessione economica, dal momento dello scambio, al momento della produzione, cuore dello
sviluppo capitalistico. Alla fine del 1700, con l’ affermazione del liberismo economico, la borghesia
mercantile ed industriale si considerava ormai abbastanza forte da far a meno dell’ aiuto dello
stato, ritenendosi ostacolata dalle molteplici regolamentazioni economiche e sociali del vecchio
regime. Adam Smith fu il testimone di questo sviluppo, e l’ interprete dell’ avvento della rivoluzione
industriale e del capitalismo manifatturiero. In questo periodo, si afferma un nuovo concetto di
ricchezza: per secoli la ricchezza di un paese venne identificata con il fondo di metalli preziosi del
tesoro della corona; con il processo di allargamento di produzione di beni materiali, il concetto di
ricchezza viene invece inteso come flusso periodico di merci, legato alla capacità produttiva del
lavoro: un paese è tanto più ricco, quanto più la gente riesce a produrre merci con il proprio lavoro.
Smith si discosta dai fisiocratici per due motivi fondamentali: comprende che il sovrappiù è un
prodotto di tutte le attività produttrici di merci, soprattutto dell’ industria, e concepisce il sovrappiù
non come grandezza fisica, ma come una grandezza in valore (differenziale tra valore della
produzione e valore dei mezzi di produzione impiegati e delle merci pagate ai lavoratori come
salario). Sorge pertanto in Smith la necessità di elaborare una teoria dei prezzi delle merci:
propone una spiegazione dei prezzi che attribuisce al lavoro umano la fonte di valore, in cui dietro
ad una merce si finisce per ritrovare solo una quantità di lavoro: il lavoro è per Smith la reale
misura del valore di scambio di tutte le merci. In una società primitiva tenderebbero a scambiarsi
secondo rapporti determinati dalle quantità di lavoro in esse contenuto: se è possibile procurarsi
un cervo con 2 unità di lavoro (2 ore) ed un castoro con 4 unità di lavoro (4 ore) il rapporto di
scambio tra cervi e castori sarà di 2 a 1, cioè pari al rapporto tra lavoro incorporato in un cervo ed
in un castoro. Il prezzo è determinato dal lavoro contenuto:
P= lw
Se si passa però ad una società più evoluta, in cui le merci si producono oltre che con lavoro,
anche con strumenti di produzione (capitale), l’ uguaglianza tra prezzi relativi e rapporto tra lavoro
incorporato cessa di essere vera. Prendiamo come esempio una economia in cui su un terreno
gratuito, si produce grano unicamente con il lavoro pagato anticipatamente dal capitalista all’ inizio
del processo produttivo; “l” è la quantità di lavoro necessaria a produrre una unità di grano, “w”
salario per una unità di lavoro, “p” il prezzo del grano e “r” profitto per unità di capitale stabilito dal
capitalista (saggio di profitto) il prezzo del grano si può scrivere:
p= lw(costo del lavoro) + rlw(profitto sul capitale anticipato)
Quando si impiega lavoro produttivo, il lavoro comandato supera quindi il lavoro contenuto e la
differenzia risiede nel sovrappiù. Non tutto il lavoro umano è produttivo: il lavoro nei servizi
personali, il lavoro dei dipendenti della pubblica amministrazione etc. non genera sovrappiù. La
distinzione di classe dei recettori del sovrappiù è importante in quanto capitalisti e proprietari
terrieri hanno modi diversi di spenderlo in base al ruolo che svolgono nella produzione: mentre i
proprietari terrieri non sono interessati all’ accrescimento del capitale, e la rendita che ricevono dai
capitalisti viene integralmente spesa per il loro consumo, come nelle società precapitaliste; il
capitalista trae invece il proprio reddito dalla produzione, quindi hanno tutto l’ interesse ad allargare
il capitale produttivo, poiché all’ aumentare della produzione aumenta il sovrappiù e quindi il loro
profitto. Con la divisione del lavoro, processo mediante il quale l’ attività produttiva viene articolata
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in operazioni via via sempre più elementari, aumenta velocità e abilità di esecuzione del lavoratore,
che a parità di ore lavorate aumenta la produzione; poiché il salario rimane comunque invariato,
aumenta il sovrappiù del processo produttivo ed il profitto del capitalista.
Concetto della mano invisibile: nella società della divisione del lavoro, il perseguimento del proprio
interesse personale, porterebbe inevitabilmente al raggiungimento dell’ interesse collettivo; la
scuola liberale crede fermamente che la proprietà auto regolativa del mercato sia preferibile a
qualsiasi intervento delle stato. La debolezza intrinseca del mercato liberale risiede nel fatto che le
persone sono obbligate a lavorare per salvaguardare la propria sussistenza, ma gli investimenti
non sono obbligatori. Smith e anche Ricardo credevano che il salario fosse legato alla cosiddetta
“legge bronzea”, e cioè all’ idea che alzando i salari si aumenta anche l’ offerta di lavoro, poiché
nell’
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