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MONETA NOMINALE è ACCOMPAGNATO DA UN AUMENTO DELL’INFLAZIONE. TUTTAVIA IL
PRODOTTO REALE NON VARIA E RIMANE AL LIVELLO POTENZIALE.
ESEMPIO: LA bce DECIDE di fissare un tasso d’inflazione obbiettivo più alto di quello
attuale. Dovrà aumentare lo stock di moneta offerta. Così facendo l’inflazione salirà, ma i
tassi d’interesse scenderanno per via della maggior quantità di moneta in circolazione.
Questo permette ai consumi e agli investimenti di crescere facendo salire anche la
domanda di moneta. E quindi si ritroverebbe di nuovo l’equilibrio. e il livello di prodotto
potenziale sarebbe invariato. In poche parole un aumento dello stock di moneta non
produce effetti reali. In quanto le variabili nominali sono cresciute di pari misura. ( questo
è il concetto centrale del pensiero monetarist a)
IL MERCATO DEL LAVORO E I SALARI:
nelle economie moderne, shock della domanda aggregata, ovvero una diminuzione, può
provocare un innalzamento della disoccupazione che resta alta per molto tempo. Tuttavia,
nella realtà neanche una visione estremista del modello classico, il quale dice che in
seguito a uno shock della domanda aggregata, un abbassamento dei prezzi e un
innalzamento dei salari potrebbe riportare il prodotto ai livelli di piena occupazione. Come
mai?
Per rispondere a questa domanda bisogna analizzare i prezzi e i salari nel breve periodo.
Come ben sappiamo, i prezzi dei prodotti che le imprese mettono sul mercato, sono
determinati dai costi che quell’impresa ha. Tuttavia questi costi, per la maggior parte sono
determinati dai salari dei lavoratori. Un lento aggiustamento dei salari quindi, provocherà
un lento aggiustamento dei prezzi. Quindi nel breve periodo è impossibile ristabilire il
prodotto di piena occupazione. Quindi nel breve periodo, per le imprese è molto meno
costoso lasciare i lavoratori al proprio posto, con i loro salari, piuttosto licenziare quei
lavoratori, e assumerne degli altri, a cui andranno somministrati altri stipendi. Infatti nel
breve periodo, l’impresa quando licenzia un dipendente ha dei costi molto elevati, come
quello della liquidazione, oppure quello dell’impegnare tempo a cercarne uno nuovo.
Quindi uno shock nel breve periodo della domanda aggregata, lascia prezzi e
salari inalterati.
L’AGGIUSTAMENTO DEL FATTORE LAVORO:
il fattore lavoro di un’impresa è il numero di ore di lavoro svolte in un certo periodo,
generalmente un mese. Le ore di lavoro devono essere discusse e contrattate con tutti i
dipendenti, i quali, percepiranno uno straordinario sulle ore fatte, oltre il fattore lavoro,
ovvero oltre le ore prestabilite.
Ma cosa succede se avviene uno shock della domanda? L’azienda varia le ore lavorative
dei lavoratori? O addiruttura varia il numero dei lavoratori?
Dato che assumere e licenziare ha un costo elevato, inizialmente l’azienda ridurrà le ore di
lavoro, non facendo più fare straordinari e lasciando uscire prima i dipendenti. Se in seguito
a queste manovre. La domanda scende ancora, le aziende inizieranno a licenziare. Al
contrario, in periodi di boom economico, le aziende chiederanno ai lavoratori di fare
straordinari, e se la domanda continua a salire, assumeranno altri lavoratori a tempo
determinato. Solo quando l’azienda vede che quel livello di produzione, così alto, è stabile,
i contratti saranno trasformati in tempo indeterminato.
L’AGGIUSTAMENETO DEI SALARI:
l’aggiustamento dei salari, nelle economie moderne non avviene nel breve periodo, ossia
nel singolo giorno o nella singola settimana, ma nel lungo periodo, ovvero ogni anno. La
conseguenza negativa è che ne le aziende ne i lavoratori possono adeguarsi alle variazioni
temporanee nel mercato del lavoro. Le negoziazioni salariali, sono poco frequenti perché
sono costose. Infatti durante le negoziazioni nessuno lavora, proprio per vedere il risulatato
di questa negoziazione, che chiama in causa tutti, e questo è un alto costo per l’azienda.
Quindi gli aggiustamenti del salario nel breve periodo non si fanno perché le negoziazioni
sono costose. Quindi anche i periodi di shock elevati di domanda, come in questo periodo
le persone occupate non vedranno scendere il loro salario al di sotto di una certa soglia.
LA FUNZIONE DI OFFERTA AGGREGATA DI BREVE PERIODO:
per capire AS nel breve periodo analizzeremo il grafico 22.4 di pg 377. L’equilibrio iniziale è
nel punto A. nel breve periodo, il salario crescerà solo in valori nominali, ovvero in valori
comprendenti l’inflazione. Ma i valori reali resteranno costanti. Se l’inflazione supera il
tasso d’inflazione obbiettivo, ovvero p0, le imprese ne traggono profitto aumentando i
prezzi dei loro prodotti. Tuttavia il salario reale è più basso di quello atteso. E quindi scende
il potere d’acquisto. In questo caso inoltre le aziende, avendo un tasso d’inflazione più alto
di quello atteso, e avendo potuto trarre vantaggio da questo, si possono permettere di far
fare straordinari ai lavoratori, e assumere persone, aumentando cosi il salario. Al contrario
se l’inflazione è più bassa di quella attesa, il salario reale è più alto di quello atteso.
Tuttavia le aziende devono ridurre la produzione visto che il costo di produzione è
aumentato per via dell’aumento degli stipendi nominali. L’equilibrio si sposta da A a B.
quindi le imprese si muovono su SAS.
La funzione dell’offerta aggregata di breve periodo, mostra che il livello del
prodotto offerto dalle aziende, varia a seconda dell’inflazione. Se l’inflazione
sale anche la produzione salirà e le aziende ne traggono vantaggio. Se
l’inflazione scende o comunque resta bassa, le aziende diminuiscono la
produzione nel breve periodo, perché i salari in termini nominali sono più
costosi.
Inoltre, una diminuzione dell’inflazione, e un tasso di crescita basso dei salari nominali(dato
da un’inflazione bassa) farà in seguito spostare anche la curva SAS da SAS a SAS1, perché
le aziende non possono alzare i prezzi e quindi si fa scendere SAS e di conseguenza si
abbassano i prezzi. Così facendo si stimola la domanda, cercando di ri-raggiungere nel
lungo periodo il livello di piena occupazione. Tuttavia se questo non dovesse succedere, la
linea si sposta da SAS1 a SAS2, facendo diminuire ancora di più i prezzi.
Per tornare ai livelli di piena occupazione ci vorrà del tempo.
IL PROCESSO DI AGGIUSTAMENTO:
ora capiremo come un shock sia dal lato della domanda che dal lato dell’offerta possa
portare ad un processo di cambiameto nel sistema econoico.
Come ben sappiamo nell’incrocio tra AD e SAS, il mercato reale è in equilibrio, per un
determinato livello di prezzi. Tuttavia, SAS, cambia gradualmente posizione. Questo è dato
dal fatto che le imprese negoziano i salari. Tuttavia quando la domanda si contrae, la
rigidità dei salari, dettata dalle contrattazioni che avvengono nel lungo periodo, fa si che le
aziende licezino, e così si viene a creare la disoccupazione involontaria. Quando nel lungo
periodo i salari si riducono ci si riavvicina alla piena occupazione, anche se con un reddito
inferiore. COSI SI SPIEGA perché L’OCCUPAZIONE è DETERMINATA DAL LATO DELLA
DOMANDA, NEL BREVE PERIODO. INFATTI NEL BREVE PERIODO, SE LA DOMANDA SI
CONTRAE la disoccupazione aumenta.
LA FIGURA 22.5 DI PG. 380 mostra uno spostamendo della domanda aggegata a seguito di
uno spostamendo dell’inflazione obbiettivo da p*0 a p*3. La domanda aggregata passa da
AD a AD’. Il nuovo equilibrio sarà E3 e non più E. in questo caso il reddito e il prodotto
resta invariato in Y*. Questo avviene solo se si prende in esame la teoria classica, e
si analizza il mercato in un contesto di lungo periodo. Ma cosa avviene nel breve
periodo?
Nel breve periodo, l’offerta aggregata è rappresentata da SAS, che rispecchia anche i salari
appena negoziati. Quindi se l’inflazione cala, calano anche i salari. Nel breve periodo
l’equilibrio si sposta da E a E’. inoltre anche il prodotto si abbasserà da Y* a Y’, il che vuol
dire che le aziende hanno ridotto la produzione. In E’ c’è equilibrio nel mercato reale.
Tuttavia, durante la successiva negoziazione, per via della produzione più bassa e
dell’inflazione più bassa anche i nuovi salari contrattati saranno più bassi. Quindi SAS si
sposta da SAS a SAS’, e se la domanda rimane uguale l’equilibrio è in E’’. così facendo si
stimola l’occupazione. Ma rimane sempre un po’ di disoccupazione involontaria data dalla
precedente diminuzione della produzione. Nel lungo periodo i salari diminuiranno ancora
per eliminare la disoccupazione involontaria, questo riporterà l’equilibrio in E3, ovvero nel
punto di reddito di piena occupazione, che coincide con il tasso d’inflazione obbiettivo della
banca centrale.
GLI SPOSTAMENTI DELLA FUNZIONE DI OFFERTA AGGREGATA:
UNO SHOCK PERMANENTE DELL’OFFERTA:
uno shock permanenente dell’offerta, mostrato nel grafico 22.6 di pg. 381, fa spostare AS e
SAS; AS0 si sposta in AS1, il reddito aumenta, mentre SAS0 si sposta in SAS1, il che vuol
dire ch l’offerta aggregata di breve periodo è aumentata. Se la banca centrale realizza una
politica monetaria espansiva, per far crescere la domanda, si troverà il nuovo equilibrio in
E1. Inoltre il tasso d’interesse rimane invariato per via dell’aumento dell’offerta di breve
periodo.
Tuttavia, la situazione mostrata nella figura 22.6 è semplificatrice. Infatti in uno shock
permanente non si passa subito da un livello di reddito Y0 a Y1, ma ci si arriva
gradualmente scivolando suu tutta la linea di domanda aggregata.
UNO SHOCK TEMPORANEO DELL’OFFERTA:
uno shock temporaneo dell’offerta, fa spostare la sola funzione di offerta aggregata di
breve periodo SAS. UN AUMENTO DEI PREZZI FARà AUMENTARE SAS, INFATTI QUESTA
FUNZIONE è INFLUENZATA PRINCIPALMENTE DAL LIVELLO DEI SALARI NEGOZIATI, MA è
ANCHE INFLUENZATA DAL LIVELLO DEI PREZZI DEGLI ALTRI FATTORI DI PRODUZIONE.
QUINDI SI SUPPONGA UN AUMENTO DEL PREZZO DEL PETROLIO NEL BREVE PERIODO,
PROVOCHERà UNO SHOCK TEMPORANEO DELL’OFFERTA AGGREGATA. LA FUNZIONE SAS SI
SPOSTA IN SAS’, E IL NUOVO EQUILIBRIO è IN E’. L’INFLAZIONE AUMENTA fino al livello p’,