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Estratto del documento

UNO SGUARDO ALL’ITALIA E AL MONDO

Le esportazioni superiore dell'Italia sono medicamenti confezionati ($16 .6B), automobili ($15 1B),

parti del veicolo ($12 .5b), petrolio raffinato ($10 .5b) e calzature in pelle ($7 .55B). Le importazioni

principali sono automobili ($27 .5b), petrolio greggio ($18. 9b), i medicamenti confezionati ($14

.4B), Gas di petrolio ($12. 2B) e parti del veicolo ($7 .74B).

Le destinazioni di esportazione dell'Italia sono la Germania ($58 .3b), Francia ($48 .6B), Stati Uniti

($40. 9b), il Regno Unito ($24. 9b) e Spagna ($23. 2B). Le origini di importazione superiore sono la

Germania ($67. 2B), Francia ($35 .7b), Cina ($26 .4B), Spagna (22$ .5b) e Belgio ($20 .8b).

La bilancia commerciale

Nell’economia reale c’è una quota dell’economia dovuta alla differenziazione. I final goods era

c’è

quasi il 50% nel 2007. I primary goods meno differenziazione xkè ce ne è la necessità. Gli

intermidiate goods è molto grande xkè se si utilizza la disgregazione elevata vengono messe nella

stessa categoria. Se si è un’economia labor intensive, si importano i beni intermedi e si esportano i

beni finali, ma a livello di categoria merceologica è uguale. Vi è una enorme differenziazione a

L’aumento degli

livello geografico e fasi, quindi una specializzazione di una fase produttiva.

intermediate goods riflette la specializzazione delle fasi produttive. pag. 34

Con il passare del tempo il reddito e l’industrializzaizone hanno portato ad una elevata

produzxione di reddito (High Income). Molti paesi Low Income sono in Africa, dove la Cina stà

facendo molti investimenti diretti e quindi si formano economia piccole.

c’è tra paesi Hi-Medium-Low

Questo grafico illustra quanto commercio intra-settoriale Income

C’è molto commercio tra paesi High-High Income (principali economie). Il commercio tra paesi

Low-Medium Income dipende dalla differenziazione tecnologica che sposta i paesi verso il Medium

Income. Stessa cosa succede con i paesi Medium-High Income che attraverso la delocalizzazione

dei Low Income dei pezzi della produzione dei prodotti primari in intermediate trade verso i Medium

Income che li esporta nei High Income. Vi è un processo di specializzazione territoriale. Gli altri

commerci aumentano. pag. 35

Lezione 18 23/11/2017

DELL’IMPRESE ETEROGENEE E L'INGRESSO NEL MERCATO DELLE

TEMATICA

ESPORTAZIONI (DIFFERENZIAIZONE PRODUTTIVA CON MODELLO DI MELIZ)

Il modello di concorrenza monopolistica con economie di scala enfatizzano l'importanza della

differenziazione produttiva come fattore legato al consumo individuale, quindi i flussi di commercio

intra-settoriale, e le scelte di localizzazione d'impresa. I prodotti vengono consumati in loco e

vengono esportati. le

tratta l'impresa come una “black

Questo modello box” imprese sono simmetriche, producono

varietà simmetriche, con lo stesso prezzo, nella stessa quantità, etc.

Nella realtà le imprese, anche in uno stesso settore, sono fra eterogenee in termini di dimensione,

produttività, intensità nell'uso di fattori di produzione, internazionalizzazione, etc.

Questo modello ci aiuta a capire perché alcune imprese internazionalizzano e altre no.

In particolare, le imprese che esportano sono sistematicamente diverse da quelle che non

esportano. Non si può assumere una omogeneità delle imprese.

Nei paesi OCSE, la % imprese esportatrici è generalmente basso:

La % delle imprese esportatrici, nelle economie

grandi, è bassa, meno 1 su 5. Le economie

piccole devono esportare un determinato bene

in quantità elevata xkè deve avere merci che

non si hanno. La Norvegia esporta soprattutto

.

petrolio

Nelle imprese del settore manifatturiero negli USA, le esportazioni sono:

All’interno delle imprese manifatturiero si ha un

livello basso di export. Negli USA si osserva

un’eterogeneità xkè si osserva dei settori in cui

si esporta poco invece ci sono dei settori dove

si esporta molto (ex: computer, manufactoring).

Nelle economie avanzate, poche imprese

esportano. pag. 36

“Exporting firms”sono più produttive che “Nonexporting firms”:

Questa tabella ci fa un confronto tra imprese

che esportano e non esportano. Le imprese

che esportano hanno il 97% in più di impiegati

rispetto alle imprese che non esportano. Le

imprese che esportano hanno il 108% in più di

spedizioni rispetto alle imprese che non

esportano. Le imprese che esportano hanno il

11% in più di valore aggiunto rispetto alle

imprese che non esportano. Per alcuni motivi

le imprese che esportano sono più

produttive.

“Exporting firms”sono più che “Nonexporting firms”:

grandi Le imprese che esportano negli USA sono più

grandi del 96% di quelle che non esportano.

Questo grafico mostra all’estero delle

l’internazionalizzazione

imprese piccole.

Come si può notare la composizione delle

imprese multinazionali per classe dimensionale

tra il 2000-2011.

Sono ancora le grandi imprese (quelle con più

di 1.000 addetti) a contare per la maggior parte

dell’occupazione e del fatturato realizzato

all’estero (rispettivamente per il 60 e l’80%

circa); anche se nel corso dell’ultimo decennio

il loro peso è leggermente sceso a vantaggio delle imprese medio-grandi (250-1.000 addetti in Italia), che

che raddoppiato l’occupazione estera e quasi triplicato il fatturato.

complessivamente hanno più Le imprese piccole

incominciano a fare investimenti all’estero per sopravvivere e delocalizzare x aumentare la produttività oppure per

espandersi. l’evoluzione lungo

Questa tabella mostra

periodo delle partecipazioni in imprese

manifatturiere estere.

Negli anni ’90 si è registrato un vero boom

dell’internazionalizzazione produttiva: il numero

di multinazionali italiane con investimenti

produttivi è cresciuto di circa 4-5 volte, anche

in questo caso coinvolgendo società di più

piccole dimensioni, come mostra la netta

riduzione degli occupati medi per affiliata (da

circa 400 addetti nel 1990 a 167 nel 2000).

L’apertura dei mercati dell’Est Europa sembra

aver fornito un forte impulso a tale dinamica:

nel 2000 la porzione delle affiliate

manifatturiere localizzate in questi mercati ha raggiunto quasi il 30% (da meno del 5 nel 1990), per poi stabilizzarsi su

questo livello nel decennio successivo. Contestualmente si è progressivamente ridotto il peso dei paesi avanzati come

localizzazione delle produzioni manifatturiere all'estero. pag. 37

Le affiliate nei settori tradizionali è salito al 35% del totale in seguito il loro peso è sceso al 30% circa nel 2011. Negli

anni 2000, infatti, sono aumentate soprattutto le partecipazioni estere nei settori a più alta intensità tecnologica

(farmaceutica, prodotti chimici derivati ed elettronica) e, in minor misura, nella meccanica strumentale; la porzione più

rilevante continua ad essere costituita dai cosiddetti settori scale intensive (metallurgia, auto, chimica di base, prodotti di

minerali non metalliferi etc.) che coprono circa il 45% delle affiliate manifatturiere. Dal 2000 è cresciuta l'importanza dei

mercati asiatici, grazie soprattutto al dinamismo delle imprese di medie dimensioni (50-250 addetti). Il 18% delle imprese

fattura il 40% e contano il 40% del valore aggiunto. Si internazionalizza se si è produttivi o non produttivi.

Questa tabella mostra la rilevanza delle

imprese multinazionali.

In Francia gli addetti di imprese manifatturiere

sono solo un quarto del totale rispetto a Italia e

Germania dove raggiungono quasi il 50%. Una porzione rilevante di affiliate francesi opera però in settori a elevata

intensità di capitale (come la chimica e la raffinazione) e pertanto la quota della manifattura in termini di fatturato si

aggira intorno a un terzo del totale, in linea con quelle di Italia e Germania. Come suggerito dalla nostra specializzazione

settoriale, le industrie tradizionali rivestono un ruolo maggiore in Italia, a esse fanno capo il 14,7% degli occupati

all’estero e il 6,3% del fatturato; il settore metalmeccanico resta il più rilevante per entrambe le dimensioni (15,8% e

11,2% rispettivamente). Questo comparto è importante anche per la Germania, dove però hanno quote ancora più

elevate la chimica (10,8% per fatturato) e la produzione di mezzi di trasporto (12,3%).

Esiste anche un legame tra le strategie di internazionalizzazione adottate e le destinazioni delle produzioni svolte

all’estero: in tutti i paesi più dell’80% delle imprese che svolgono parte della produzione attraverso accordi di outsourcing

internazionale reimportano le componenti o i beni finali così prodotti, mentre in pochi casi questi beni vanno direttamente

mercati locali o altre destinazioni (ciò vale in modo particolare per l’Italia). Anche le

a servire i produzioni delle affiliate

estere vengono spesso reimportate, ma è molto più frequente la vendita diretta sui mercati terzi, in modo particolare nel

caso delle affiliate di imprese tedesche. I dati EFIGE confermano le predizioni teoriche che attribuiscono alle imprese

internazionalizzate (tramite modalità soft o IDE) un vantaggio dimensionale e di produttività rispetto a quelle che si

limitano ad esportare o a servire il solo mercato interno. Le imprese italiane sono mediamente più piccole sia per addetti

“vanno all’estero”.

sia per fatturato di quelle francesi o tedesche, anche considerando quante In termini di produttività

del lavoro, la differenza rispetto alle concorrenti tedesche si riduce, ma rimane sensibile, soprattutto

considerando le modalità di internazionalizzazione più complesse. “scelta”

Lo studio della relazione fra eterogeneità tra le imprese e la se entrare nel mercato

internazionale (cioè esportare) oppure servire esclusivamente il mercato domestico è molto

recente:

 introduce

Melitz (Ec2003) eterogeneità fra le imprese in termini di produttività nel

modello di concorrenza monopolistica di Krugman (1980) e mostra che le differenze in

determinano ”l'export status”

termini di produttività delle imprese (si mantiene costanti i

l'equazione qui.));

salalari ma quello che che cambia è la tecnologia (Digitare

 costo

è “costoso”

Esportare fisso per entrare nel mercato internazionale ( e.g. dovuto

a investimenti in strutture adeguate, tecnologie, marketing etc..) e diventare “exporting

firm”.

Solo le imprese con livelli di

Dettagli
Publisher
A.A. 2017-2018
63 pagine
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SSD Scienze economiche e statistiche SECS-P/01 Economia politica

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher knught1 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Economia internazionale monetaria e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università Cattolica del "Sacro Cuore" o del prof Panebianco Fabrizio.