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C’.
Nel grafico viene rappresentata la curva di ricavo e costo marginale:
- Abbiamo come punto di equilibrio A, in cui R’ è > della curva dei C’: in questo caso i profitti
aumentano;
- Se il punto di ottimo fosse q , i profitti si riducono, dunque al monopolista conviene ridurre la
B
produzione;
- Il punto di ottimo è quando ricavo marginale e costo marginale si intersecano e si hanno i massimi
profitti;
L’impresa monopolista, una volta fissata la quantità di Q , risale alla curva di
M
domanda per scegliere il prezzo. Il monopolista sceglie il prezzo più alto che gli
permette di vendere tutta la quantità Q .
M
Una volta fissata quantità ottima, all’intersezione tra C’ e R’, si risale sulla curva di
domanda per trovare il più alto prezzo che i consumatori sarebbero disposti a pagare C’ decrescente e poi
crescente
per quella quantità.
In entrambi i casi:
La procedura per ottenere la massimizzazione del profitto da parte del
monopolista è:
1. Ricavo e costo marginale costanti, i quali danno ordine alla quantità del
monopolista;
2. Risalendo alla curva di domanda otteniamo il prezzo praticato dal
monopolista.
Mark-up del monopolista
Il prezzo praticato dal monopolista è un ricarico sul C’, denominato mark-up (differenza tra il
prezzo del monopolista e costo marginale, rapportata al prezzo del monopolista).
Il monopolista opera nel tratto elastico della curva D. Più è basso il valore dell’elasticità, più è
grande il markup (e viceversa).
La differenza tra prezzo e costo marginale è la caratteristica
principale che differenzia le curve di domanda. x
Profitto del monopolista
I profitti si ottengono:
Cioè: R
(Prezzo per quantità meno costi medi totali per quantità. T
C
Otteniamo prezzo meno costo medio totale, il tutto moltiplicato T
per la quantità.)
Inefficienza del monopolio
Il livello di produzione è inferiore a quello di concorrenza perfetta, e il prezzo invece è più elevato.
Questa condizione ha come conseguenza che il benessere economico dei
consumatori sia inferiore in monopolio rispetto alla concorrenza perfetta: ciò significa che il livello
di output del monopolio non è pareto-efficiente. Da qui ne deriverà una perdita netta, data dalla
perdita di SC e SP, che sommate misurano l’entità di inefficienza.
Quando si è in monopolio, è importante mettere alla luce il fatto che, un aumento della produzione
e una riduzione del prezzo aumenterebbero il benessere sociale.
Confronto tra concorrenza perfetta e monopolio
In un mercato perfettamente concorrenziale, il surplus del consumatore è
l’area compresa tra la curva D e il prezzo di mercato (triangolo azzurro).
Il benessere sociale, in questo caso, è massimo ed è pari al SC.
Il SP è nullo.
Un’impresa che esercita un potere di mercato evoca una riallocazione di benessere sociale
verso sé stessa, generando una perdita netta.
Il surplus viene redistribuito: il SC si riduce (triangolo blu).
Assistiamo anche ad una perdita di surplus secca/deadweight loss dovuta al fatto che alcuni
consumatori non potranno più permettersi di comprare quel determinato prodotto (parte di
domanda insoddisfatta)
Ripristinare l’efficienza
In questo caso dovrebbe intervenire il Governo o il social planner. Ciononostante, non sarebbe
conveniente, in quanto tutto ciò causerebbe delle perdite non indifferenti al produttore. Un modo
più concreto per ripristinare l’efficienza del monopolio sarebbe la discriminazione di prezzo
praticata dal produttore stesso: ha luogo quando il monopolista fa pagare prezzi differenti per lo
stesso prodotto/servizio a consumatori diversi.
Vi sono tre tipi di discriminazione:
1) Discriminazione perfetta o di primo grado: l’impresa fa pagare ai consumatori il prezzo
massimo che sono disposti a pagare. La discriminazione di primo grado è socialmente
efficiente perché si massimizza il surplus sociale, ma il surplus del consumatore sarà pari a
zero;
2) Discriminazione di prezzo di secondo grado: l’impresa fa pagare ai consumatori prezzi
differenti a seconda delle caratteristiche dei loro acquisti, come la quantità acquistata (ad
esempio paghi due prendi tre come la scoutistica supermercati);
3) Discriminazione di terzo grado: l’impresa fa pagare prezzi diversi a gruppi differenti di
consumatori sulla base delle loro caratteristiche (come il fattore età). La discriminazione di
terzo grado è molto frequente, perché si basa su una caratteristica osservabile del
consumatore che il venditore ritiene correlata alla sua disponibilità a pagare. Il
monopolista, dunque, segmenta i suoi clienti in gruppi e massimizza i suoi profitti in ogni
gruppo.
Politica antitrust
A livello governativo e sempre più sovranazionale, esiste la politica antitrust, la quale ha il ruolo
di regolare ed impedire la formazione di prezzi troppo alti e concorrenziali. Può fare alcune cose
come: - Permettere al monopolista di mantenere la sua quota di mercato ma
regolare il prezzo che può applicare:
1) Il prezzo efficiente/socialmente ottimo, il quale può portare a perdite
se il C’ è inferiore al CMT e lo Stato deve coprire le perdite del monopolista;
2) Applicare il fair-returns price, il quale consentirebbe l’applicazione
del prezzo uguale al costo medio totale. Consente di raggiungere un profitto economico pari a
0 e annullerebbe l’extra-profitto. Verrebbe meno per il monopolista l’incentivo ad innovare.
- Utilità del monopolio: ricerca e sviluppo, brevetti e copyright stimolano l’innovazione che può
tradursi in benessere sociale (ad esempio nuovi farmaci).
9° lezione
Concorrenza imperfetta
È difficile trovare mercati perfettamente concorrenziali e mercati perfettamente monopolistici,
difatti il più delle volte le imprese operano in condizioni di concorrenza imperfetta. Vi sono due tipi
di mercati non perfettamente concorrenziali:
- Oligopolio: è un mercato in cui vi sono poche imprese che offrono prodotti molto simili o
addirittura identici tra di loro (ad esempio i venditori di petrolio grezzo in Medio Oriente);
- Concorrenza monopolistica: vi sono molte imprese in competizione che offrono prodotti simili,
ma non identici (ad esempio i ristoranti, le pizzerie). Ogni impresa ha il monopolio del proprio
prodotto perché ha delle caratteristiche specifiche, ma allo stesso tempo esse competono per la
stessa clientela.
Oligopolio: interdipendenza strategica
Le impese ritengono che le proprie decisioni, e il risultato che le proprie decisioni strategiche
hanno, dipendono in modo significativo dalle strategie delle altre imprese. Ogni impresa prova
dunque ad immaginare la reazione dei competitor ad una certa scelta (prezzo, quantità), e a seguito
di ciò che l’impresa pensa sarà la reazione delle altre imprese, aggiusterà la propria scelta iniziale.
L’impresa in oligopolio incorpora la reazione dei rivali nella propria funzione di profitto: cerca
quindi di massimizzare il profitto dato il comportamento atteso delle imprese rivali. L’esempio più
semplice di mercato oligopolistico è quello del duopolio, ossia il caso in cui vi sono due imprese
operanti in un dato mercato.
Modelli di duopolio
Questi modelli si caratterizzano per la loro staticità, ossia le imprese scelgono simultaneamente la
loro strategia, e si distinguono fondamentalmente per la loro variabile strategica.
Modello di Cournot (o modello di competizione sulle quantità)
• La quantità è la variabile strategica;
• L’impresa A non sa quanto deciderà di produrre l’impresa B;
• Ciascuna impresa massimizza il suo profitto comportandosi da monopolista sulla domanda
residua;
• Le imprese realizzano profitti positivi (extra profitti) ma inferiori a quelli di monopolio
(perché si dividono il mercato).
Modello di Bertrand
• Il prezzo è la variabile strategica;
• L’impresa A deve decidere il prezzo senza sapere quale prezzo pratica l’impresa B;
• Ogni impresa potrebbe essere in grado di servire l’intero mercato: quest’ipotesi implica che
l’intera la D di mercato si possa rivolge a chi fa il prezzo più basso. Per questo motivo
ciascuna impresa ha sempre incentivo a fare un prezzo un po’ più basso dell’altra;
• In equilibrio p* = C’, quindi le imprese fanno profitti nulli, come in concorrenza perfetta.
È possibile immaginare che la scelta non sia simultanea:
Modello di Stackelberg
• Modello dinamico che generalizza i modelli di Cournot e Bertand;
• L’impresa leader sceglie per prima q* o p* e l’impresa follower sceglie successivamente,
adeguandosi alle scelte della leader;
• In equilibrio l’impresa leader ottiene profitti maggiori di quelli della follower.
Modello di Hotelling
• Modello che studia le scelte di localizzazione nello spazio da parte di due imprese.
Esempio: due gelatai in una spiaggia lunga 1km. Le scelte possono essere tre: i gelatai
possono localizzarsi agli estremi della spiaggia; possono localizzarsi uno vicino all’altro in
mezzo alla spiaggia; possono dividersi la spiaggia e localizzarsi al centro della propria
porzione di spiaggia;
• Nelle strategie delle imprese si tiene conto della distanza fisica;
• La distanza può essere intesa in termini di differenziazione dei prodotti.
Oligopolio
Le imprese tendono ad accordarsi sulla quantità da produrre e sul prezzo da applicare, in maniera
tale da spartirsi il mercato e massimizzare i propri profitti. Esistono due possibilità di cooperazione
(sono uguali ma una è formalizzata e l’altra no):
- Collusione: è un accordo tacito/segreto tra imprese che operano nello stesso mercato, volto a
determinare q* e p* ex ante, in modo da massimizzare i profitti delle imprese coinvolte (ad
esempio, capita di trovare due pizzerie vicine con lo stesso prezzo per la pizza margherita);
- Cartello: è un accordo esplicito tra imprese che agiscono in maniera coordinata, scegliendo q* e p*
per massimizzare i profitti aggregati. La conseguenza fondamentale è la grossa limitazione della
concorrenza: si ha un aumento considerevole dei prezzi e una riduzione della quantità prodotta.
Questi due elementi sono le caratteristiche fondamentali di un’inefficienza, per cui i cartelli sono
vietati, e la politica antitrust opera nel tentativo di multare questi accordi.
Cooperando, gli oligopolisti cercano di ottenere profitti monopolistici, però difficilmente ci riescono,
perché non si