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Estratto del documento

Se il tasso di cambio per la lira italiana fosse aumentato del 1% la lira si sarebbe svalutata (quindi

sarebbero servite 631,25 lire per avere 1 dollaro), viceversa se il tasso fosse sceso del -1% sarebbero

bastate 618,75 lire.

Qualora il cambio effettivo fosse uscito dall’intervallo consentito sarebbe scattato l’obbligo di

intervento sul mercato da parte della Banca Centrale del paese la cui valuta è, per esempio, svalutata:

questa azione si sarebbe concretizzata domandando sul mercato la propria moneta e offrendo quella

straniera.

Nel caso opposto il procedimento sarebbe stato inverso.

In questo modo si sarebbero potute mantenere le valute all’interno dell’intervallo di oscillazione

consentito, mantenendo quindi cambi fissi.

Qualora invece una valuta fosse rimasta debole per molto tempo sarebbe stato impraticabile lasciare

sola la Banca Centrale (perché se questa dovesse offrire continuamente valuta rischierebbe di

terminarne le riserve); in tale caso si stabilì che sarebbe intervenuto il Fondo Monetario Internazionale,

il quale gestisce un fondo di denaro che può essere utilizzato per finanziare le banche centrali in

difficoltà concedendo un prestito proporzionato alla quantità di denaro versato dal paese di

appartenenza.

Analizziamo ora il funzionamento del sistema in alcune sue tappe storiche:

 1944 – 1948: manca una piena convertibilità delle monete europee l’una con l’altra e manca

un sistema multilaterale che permetta il bilanciamento delle valute (sono possibili solo accordi

bilaterali fra paesi – ad esempio se l'Italia è in credito con la Francia e in debito con la

Germania non si può fare una compensazione fra i tre)

 1949 – 1958: viene avviato un sistema di pagamenti e di contabilità multilaterale

 1958 – 1968: massimo fulgore del sistema. La buona situazione economica e il successo

economico dei paesi europei portano a un grande arricchimento e ad un aumento del benessere.

Il problema era il doppio ruolo del dollaro, sia interno che esterno: bisognava

o mantenere un giusto rapporto fra i dollari emessi e le quantità di oro tenute a riserva,

così da garantire la credibilità della conversione in oro del dollaro.

 Interno: gli USA intervengono militarmente nel Vietnam aumentando la spesa

pubblica militare, quindi aumentando il gettito del dollaro ma non aumentando

le riserve d’oro (a Fort Knox – comunque un grosso costo)

 Esterno: la Federal Reserve doveva garantire la credibilità della convertibilità

in oro del dollaro

 1968 – 1971: si verifica la crisi del sistema. 22/10

Il dollaro, e conseguentemente il sistema monetario internazionale, entrarono in crisi per:

• gli interventi militari (soprattutto nel Vietnam, ma anche in Medio Oriente) legati a motivi di

instabilità geopolitica; questi comportarono un aumento della spesa pubblica

◦ necessità di finanziare il deficit pubblico

◦ politica monetaria espansiva, senza adeguata copertura in riserve di oro

Jacopo Vitali – Università Cattolica – A.A. 2015/2016

• lo sviluppo in Europa di banche commerciali, che davano la possibilità ai propri clienti

europei di aprire conti correnti in dollari (si sviluppò il cosiddetto euro-dollaro) ma mediante

la copertura parziale dei depositi. Con ciò alla moneta emessa non corrispose più il valore

delle riserve auree

• deficit commerciale degli USA, i quali importavano beni per un valore superiore rispetto a

quelli che esportavano

Si verificò quindi un forte divario tra il valore dei dollari circolanti e il valore delle riserve auree. Ciò

comportò una perdita di credibilità degli USA in materia di conversione del dollaro in oro.

A questo punto le soluzioni potevano essere o svalutare il dollaro, ammettendone la perdita di valore

rispetto all'oro, oppure lasciare cadere il sistema monetario internazionale a cambi fissi e passare a

cambi flessibili.

Nell'agosto del 1971 venne formalmente sancita con una dichiarazione formale del presidente Nixon

l'inconvertibilità del dollaro in oro; su ciò si verificò un conflitto di interessi con gli Stati europei, che

invece non volevano far cadere il sistema.

A questo punto gli Stati europei dovettero cominciare a riflettere sulla creazione di un sistema

monetario europeo; inizialmente fu impossibile perché gli anni Settanta furono anni di crisi

caratterizzati da una forte inflazione, quindi solo dal 1979 si poté pensare di attuare tutto ciò.

La metà degli anni 50: la CEE

Nell'agosto del 1954 il parlamento francese votò contro la ratifica del trattato CED.

Cosa fare a questo punto? Si decise di limitare la cooperazione europea al solo settore economico,

ma ampliandola rispetto ai due settori del carbone e dell'acciaio.

I 6 paesi fondatori furono disposti a creare non solo un'area di libero scambio ma anche un'unione

doganale; di ciò si discusse nell'accordo intergovernativo di Messina del 1955, e venne dato mandato

al ministro degli esteri belga, Spaak, di aprire un periodo di negoziazione.

Dopo 2 anni di negoziati e di consultazioni il progetto prese la forma di costituire altre comunità:

1. la CEE (Comunità Economica Europea)

2. la Comunità Europea per l'Energia Atomica (EURATOM – che però non si realizzò nella

pratica in virtù delle diverse opinioni degli Stati a riguardo)

I 6 paesi fondatori il 25 marzo 1957 stipularono il trattato di Roma, che istituì la CEE.

Il dibattito che si sviluppò in quel periodo fu quello relativo a realizzare una comunità o

un'associazione.

COMUNITÀ (limita il potere degli Stati ASSOCIAZIONE (lascia inalterati i poteri

sviluppando nuove politiche comuni) creando solo un'area di scambio/doganale)

Italia Gran Bretagna

Francia Austria

Germania dell'Ovest Norvegia

Belgio Danimarca

Lussemburgo Svizzera

Paesi Bassi Portogallo

Svezia

La comunità, comunque, prevede l'applicazione del diritto di veto e prevede un sistema di votazione

all'unanimità in modo tale da non far perdere eccessivo potere ai paesi membri.

I 7 paesi che si erano invece espressi a favore di un'associazione stipularono la convenzione di

Stoccolma (1960), con la quale nacque l'EFTA.

Jacopo Vitali – Università Cattolica – A.A. 2015/2016

L'assetto istituzionale della CEE dopo la firma del Trattato di Roma

Il trattato venne ratificato molto rapidamente in meno di un anno da tutti gli Stati membri (entrò in

vigore già nel 1958); la CEE si aggiunse alla CECA senza sostituirla.

Da un punto di vista giuridico la data del Trattato di Roma è importantissima perché con essa nacque

il diritto comunitario.

Vennero poi concepite 3 istituzioni comunitarie, due di natura politica (la Commissione Europea e il

Consiglio dei ministri) e una di natura giurisdizionale (la Corte di Giustizia Europea).

La Commissione venne vista come un organo di consulenza tecnica al servizio del Consiglio dei

ministri, che era l'organo deliberante e con funzioni di indirizzo e legislative.

I commissari venivano designati dai paesi membri, in modo tale che i paesi grandi ne designassero 2

mentre i paesi piccoli solo 1.

La Commissione diventò un vero e proprio “esecutivo” a partire dagli anni Ottanta (cominciò a

disporre inoltre del potere di iniziativa legislativa).

Inizialmente non venne istituito un Parlamento; al grande dibattito iniziale seguirono due proposte:

avere solo un'assemblea parlamentare che si riunisca di tanto in tanto dando solo piccoli poteri di

carattere esecutivo, oppure istituire un vero e proprio parlamento eletto direttamente dal popolo.

Nel 1979 ci fu la prima elezione a suffragio universale del parlamento, che originariamente aveva

solo una funzione consultiva; nella seconda metà degli anni Ottanta divenne un organo legislativo,

quando nel 1986, con l'Atto Unico Europeo, furono adottate le prime modifiche al Trattato di Roma

e vennero anche concessi più poteri al parlamento.

La Commissione Europea venne collocata a Bruxelles, mentre la sede del Consiglio è itinerante (e la

presidenza è esercitata a turno da uno dei Capi di Stato); la sede della Corte di Giustizia è invece a

Lussemburgo.

La funzione della corte è quella di interpretare in modo corretto il diritto comunitario, dirimendo

eventuali controversie tra la CEE e i paesi membri, tra i paesi stessi o tra la CEE e gli individui.

Le politiche comuni della CEE

L'articolo 2 del trattato di Roma evidenzia gli obiettivi della CEE: la comunità ha il compito di

9

promuovere, mediante l'instaurazione di un mercato comune e il graduale avvicinamento delle

politiche economiche degli Stati membri, uno sviluppo armonioso delle attività economiche

nell'insieme della comunità, un'espansione continua ed equilibrata, una stabilità accresciuta, un

miglioramento sempre più rapido del tenore di vita e più strette relazioni tra gli Stati membri.

Le politiche comuni che vennero sviluppate sin da subito in sede CEE furono:

• la politica economica; l'idea era quella di creare un'area di libero scambio e poi un'unione

doganale → legata ad essa ci fu anche la politica commerciale

• la politica agricola; con l'obiettivo di difendere gli agricoltori europei da una concorrenza

eccessiva

• una politica a tutela della concorrenza; si compone dell'intervento antitrust contro le imprese

con potere di mercato ma anche contro gli aiuti di Stato

• una politica regionale

- La politica economica comune si poneva come obiettivo la creazione di un’area di libero scambio e

successivamente di un’unione doganale.

Alla metà degli anni Sessanta, dopo aver istituito un’area di libero scambio, i 6 paesi membri decisero

di istituire una tariffa esterna comune (la TEC), così che un paese estero avrebbe dovuto pagare una

tariffa uguale a prescindere dal proprio partner commerciale.

Perché la TEC fu così importante? Soprattutto per evitare le triangolazioni di prodotti.

Ad esempio: se la Francia avesse tariffe pari al 20% e la Germania al 10%, un paese terzo deciderebbe

di esportare i suoi prodotti attraverso la Germania, che poi le girerebbe alla Francia.

9 Anche se dal punto di vista economico solo a partire dagli anni Novanta si cominciò ad avere un mercato comune.

Jacopo Vitali – Università Cattolica – A.A. 2015/2016

Questo progetto fu comunque di difficile realizzazione, in quanto i 6 paesi membri avevano tariffe

molto differenti (Francia e Italia avevano le tariffe più protezionistiche, la Germania faceva media e

l’Olanda era più liberista); la TEC verrà istituita calcolan

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Publisher
A.A. 2015-2016
28 pagine
SSD Scienze giuridiche IUS/14 Diritto dell'unione europea

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher jacopovitali di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Economia dell'integrazione europea e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università Cattolica del "Sacro Cuore" o del prof Colangelo Giuseppe.