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L’ASSETTO ISTITUZIONALE DELLE IMPRESE
4.1 Il modello dei portatori di interesse e l’assetto istituzionale delle imprese.
In ogni impresa è necessario: identificare i soggetti (portatori di interesse), definire
i contributi richiesti a ciascun portatore di interessi e valutare quali sono i benefici
attesi da ciascun portatore di interessi.
Di solito si propone di fare affidamento sulla scelta di una sola categoria di portatori di
interessi ai quali assegnare il compito di identificare le altre categorie di portatori di
interessi, i contributi rischiesti e le ricompense attese. Questi portatori di interessi
vengono a costituire il soggetto economico, che ha il compito di interagire con gli
altri portatori di interessi per trovare un’adeguata soluzione al bilanciamento tra
contributi richiesi e benefici attesi.
I benefici attesi dal soggetto economico si chiamano interessi o fini istituzionali, i
benefici attesi dagli stakeholder sono invece interessi non istituzionali.
L’attività di governo dell’impresa è condotta facendo ricorso ad un insieme di organi e
di meccanismi che costituisce la struttura di governo dell’impresa. L’assetto
istituzionale è quindi definibile come: 30
• L’insieme dei portatori di interesse
• L’insieme dei contributi e delle ricompense con cui tali soggetti partecipano
all’impresa
• Il soggetto economico (colui che governa l’impresa)
• I fini istituzionali
• La struttura di governo dell’impresa
L’assetto istituzionale comprende anche le alleanze con le altre imprese, da cui
originano gruppi di imprese o altri tipi di aggregazioni.
4.2 L’identificazione del soggetto economico.
Il soggetto economico è il portatore di interesse al quale è affidato il compito di
governare l’impresa, egli può governare direttamente l’impresa o nominare degli
organi massimi di governo e si assume il compito di creare un sistema di contratti che
consenta di attrarre gli stakeholder.
Le leve con cui si opera per conseguire il coinvolgimento dei portatori di interesse non
si traducono esclusivamente nei contratti. Grande rilievo assume in questo campo la
progettazione dell’assetto organizzativo, per guidare il comportamento delle
persone all’interno dell’impresa con lo strumento della gerarchia, ovvero definire e
comunicare le strategie e le politiche dell’impresa; definire i compiti assegnati a
ciascuna persona; mettere in atto un sistema retributivo che colleghi i contributi con
le ricompense.
Nella pratica più diffusa il diritto a governare l’impresa è assegnato ai conferenti
capitale di rischio ma più in generale il diritto di governare va attribuito:
• Alle persone il cui benessere dipende dall’esistenza e dallo sviluppo
dell’impresa
• Alle persone disposta ad assumersi il rischio di farsi carico dei risultati residuali
negativi (ricavi-costi contrattuali)
• Ad un insieme di persone sufficientemente piccolo per un motivo di costi del
processo decisionale
• Alle persone i cui contributi sono critici per il successo dell’impresa (chi
conferisce più capitale)
In alcuni casi è opportuno un soggetto economico centrato su una sola categoria di
portatori di interessi: sui conferenti capitale di rischio, oppure sui prestatori di lavoro,
oppure i conferenti capitale di prestito. In altri casi risulterà invece opportuno dare
rilievo contemporaneamente a più di una categoria di portatori di interessi (conferenti
di capitale di rischio e conferenti di capitale di prestito insieme).
All’interno dell’impresa si configura l’esistenza di tre organi: l’organo supremo di
indirizzo (membri del soggetto economico riuniti in assemblea), l’organo
decisionale (l’A.D. o il C.d.A.) e l’organo di controllo (verifica l’operato dell’organo
decisionale).
L’assemblea detta le linee di indirizzo generale e nomina sia i membri dell’organo di
governo decisionale sia i membri dell’organo di controllo mentre l’organo decisionale
progetta la struttura organizzativa composta da organi direttivi ed esecutivi. 31
La realtà più diffusa nel mondo occidentale è quella interpretata dal modello
capitalistico nel quale tutti i diritti di proprietà sono assegnati ai conferenti capitale
di rischio. All’interno di questo modello, si possono presentare numerose situazioni
alternative:
• L’impresa con un solo proprietario, spesso l’imprenditore fondatore.
• L’impresa in forma di società per azioni non quotata in borsa, con pochi
azionisti spesso appartenenti alla stessa famiglia che esercitano direttamente
la funzione di governo.
• L’impresa in forma di società per azioni quotata in borsa con numerosi
azionisti minori e un azionista di controllo.
• L’impresa in forma di società per azioni quotata in borsa e senza
azionista di controllo, ossia con numerosissimi azionisti che non possono (per
l’esiguità della quota posseduta) o non vogliono (trattandosi di investitori
istituzionali come le banche) partecipare alla nomina degli amministratori e al
governo dell’impresa. E’ il caso della public company di derivazione
anglosassone. Nella public company la proprietà e il governo (o controllo)
dell’impresa risultano separati.
L’impresa capitalistica è la forma dominante, ma non mancano imprese con
assetti proprietari differenti (imprese ad assetto proprietario non capitalistico).
• In alcuni casi i diritti di proprietà fanno capo ai clienti. Ciò accade ad esempio
nelle cooperative di consumo.
• Altre volte i diritti di proprietà sono assegnati ai prestatori di lavoro, come
accade nelle cooperative di lavoro.
• Nelle cooperative di trasformazione dei prodotti agricoli i proprietari sono i
conferenti dei prodotti agricoli
Non mancano casi in cui, anche sotto un profilo giuridico, le due categorie di
interessi che costituiscono il soggetto economico sono quelle dei conferenti
capitale di rischio e dei prestatori di lavoro (si parla in questo caso di imprese ad
assetto proprietario misto).
In sintesi, il soggetto economico detiene i “diritti di proprietà” che comprendono: a) il
compito di governare l’impresa; b) il diritto di godere dei risultati residuali positivi e
l’obbligo di farsi carico dei risultati residuali negativi. Tali diritti possono essere
assegnati secondo differenti modelli proprietari.
Qualunque sia il soggetto economico prescelto, l’economicità dell’impresa è
maggiormente garantita se tutti i portatori di interesse sono soddisfatti del rapporto
instaurato con l’impresa. Diversamente alcuni portatori di interessi possono far
mancare la loro piena collaborazione o addirittura possono intraprendere forme di
ritorsione. Si tratta di un’impostazione, denominata teoria degli stakeholder,
differente da quella tradizionale che abbiamo identificato nell’assetto proprietario
capitalistico. Secondo la teoria tradizionale vanno tutelati in via principale gli interessi
dei portatori di capitale di rischio perché è l’unica categoria remunerata in via
residuale e che sopporta il rischio di impresa. La teoria degli stakeholder sostiene
che va garantito il medesimo grado di tutela a tutte le categorie di portatori
di interessi. In base al modello degli stakeholder tutti i portatori di interessi 32
partecipanti all’impresa lo fanno per ottenere vantaggi e non esiste una priorità di un
interesse rispetto ad altri.
La teoria degli stakeholder ha fondamento nel concetto di “bene comune”.
L’uomo è un essere sociale che ha bisogno degli altri per soddisfare i propri bisogni.
Pertanto l’uomo ha bisogno della società e delle diverse organizzazioni in cui essa si
articola e che costituiscono un bene che in quanto a disposizione di tutti si
configurano come un bene comune. Il bene comune ha la supremazia sul bene
privato, perché è un bene migliore e più grande. Perseguendo il bene comune, si
consegue anche il beneficio per l’interesse individuale.
4.3 Gli interessi convergenti nelle imprese.
Punto di partenza per l’analisi dell’assetto istituzionale dell’impresa è l’individuazione:
a. Delle categorie dei portatori di interesse
b. Dei contributi e delle ricompense connesse a ciascuna categoria
Assumendo l’ipotesi che il soggetto economico sia costituito dai conferenti di capitale
di rischio, passiamo in rassegna tutte le principali categorie di portatori di interesse.
• I conferenti capitale di rischio apportano mezzi monetari a titolo di capitale
soggetto al rischio generale di impresa ed esercitano il supremo comando. Essi
hanno diritto agli utili prodotti dall’impresa e possono cedere i loro diritti vendendo
le quote di capitale di rischio. La remunerazione di questi individui è incerta e può
configurarsi anche una perdita del capitale inizialmente conferito. In alcuni casi la
perdita può intaccare anche il patrimonio personale, ovvero quel patrimonio non
conferito per la gestione di impresa. E’ necessario che l’apporto di capitale di
rischio non sia proporzionato ai risultati conseguibili nel breve periodo, ma si
consideri invece il fabbisogno necessario per la sostenibilità duratura dell’impresa;
è probabile che l’apporto richiesto sia maggiore proprio quando i risultati
conseguiti sono meno elevati e viceversa nel caso opposto.
Esistono varie figure di conferenti capitale proprio: i conferenti capitale di
controllo (esercitano il governo dell’impresa) e i conferenti capitale di
minoranza (non sono intenzionati a governare l’impresa).
I contributi e i benefici dei conferenti capitale di rischio si differenziano nel caso in
cui l’impresa sia quotata in borsa. (La borsa è un mercato dove vengono
scambiati valori mobiliari e valute estere; compito della borsa è quello di ricevere
gli ordini di compravendita dagli operatori ed eseguire la compravendita,
attenendosi alla legge della domanda e dell’offerta).
Nelle società quotate in borsa può verificarsi una sostanziale separazione tra
proprietà e controllo (public company) e in questo caso chi detiene il governo può
essere indotto ad estrarre benefici privati a svantaggio degli azionisti minori (piani
di stock option: offerta di azioni a dipendenti o collaboratori dell’impresa).
• I prestatori di lavoro apportano lavoro definibile sulla base: del tempo dedicato
all’impresa, delle competenze possedute, dall’impegno e dalla serietà nel lavoro,
dalla disponibilità al cambiamento e all’aggiornamento delle competenze. In 33
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