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CXX 1′′ X CX 10ydove si è utilizzata la matrice di centraggio definita dalla XIX-(1.10.5) comeC1 ′= −C I iin ne le sue proprietà di simmetria e idempotenza dimostrate dalla (XIX-1.10.6). Si haallora ′β̂ X Cy= (1.5.14)2 1 1R ′y Cy ′β = β β βˆ ˆ ˆ ˆdove si è ancora fatto uso dell’idempotenza di e .[ ... ]C −1 1 2 k 11.13 - Dalle (1.5.12) e (1.5.13) si trae che i residui stimatiOsservazionecon il modello degli scarti sono uguali a quelli stimati con il modello(1.3.4) quando quest’ultimo contenga l’intercetta. In altre parole,l’introduzione dell’intercetta vale a depurare i residui del modelloLa barra verticale nella (1.5.13) indica semplicemente che la è partizionata in e13 X X i.1 1-22Modulo II – Minimi quadratidall’influsso delle medie delle variabili, qualora queste siano diverse dazero (come sono, invece, per costruzione

se il modello è costruito con variabili scarto). D'altra parte, abbiamo visto che la presenza dell'intercetta assicura il risultato (1.4.18). Segue che anche le devianza residue dei due modelli sono le stesse.

Per l'osservazione 1.13 il coefficiente di determinazione centrato è anche esprimibile tramite l'espressione seguente 'u^2 = -2R 1 'y Cy dalla quale è possibile derivare il corrispondente coefficiente di determinazione centrato corretto per mezzo della correzione rispetto ai gradi di libertà analoga a quella effettuata nella (1.5.10).

Scarsa significatività economica si ha quando nell'equazione di regressione (1.3.4) sussiste una forte tendenza sia nella endogena che in una o più variabili esplicative. In questo caso un alto può significare semplicemente un buon adattamento della tendenza di a quella delle esplicative, e non necessariamente una buona capacità esplicativa.

della componente sistematica del modello aprescindere dall’andamento tendenziale.

Modulo II – Minimi quadrati

1.6 I residui come enti aleatori: le ipotesi deboli

Finora i residui sono stati considerati come scarti tra i valori osservati e quelli teorici di una variabile , per ogni tempo : in sostanza, come entità deterministiche senza collegamenti intertemporali. È ora opportuno estendere questa connotazione, supponendo che tali residui costituiscano realizzazioni di variabili aleatorie , 1, 2, …, dotate di proprietà stocastiche (ipotesi) che mutano a seconda del grado di approfondimento con cui si vuole studiare il modello (1.3.4) oppure della diversa conformazione dei dati campionari.

Supponendo sempre che l’equazione (1.3.4) rimanga inalterata nel periodo campionario, l’insieme più semplice di ipotesi stocastiche che possono essere formulate rispetto ad essa è dato da ∀i,valori noti(i) x tit ~ =

∀t(ii) E (u ) 0t (1.6.1)≠0 t s~ ~ = E (u u )(iii) σ =t s 2 t s

La prima ipotesi indica che le variabili esplicative sono conosciute. In particolare, x quindi, essa comporta che le y, a differenza delle x, siano misurate senza errori.

La seconda ipotesi non è affatto restrittiva in quanto se fosse 0, µ si potrebbe sempre ricondurre al caso di valor medio nullo semplicemente aggiungendo al termine noto dell'equazione (1.3.4). L'osservazione 1.13 ci ricorda che l'introduzione dell'intercetta garantisce che i residui stimati abbiano media campionaria nulla, proprietà che è appunto il corrispettivo campionario della seconda delle (1.6.1).

La terza ipotesi delle (1.6.1) è, viceversa, restrittiva in quanto presuppone sia che i residui siano non correlati tra di loro quando sono associati a tempi diversi sia che abbiano tutti la stessa varianza. Ambedue queste

Sottoipotesi sono 2 raramente verificate nella realtà, ma sono molto utili nell'introduzione didattica della (1.3.4) in ambiente stocastico.

Le ipotesi (1.6.1)-(ii) e (iii) vengono talora sintetizzate dicendo che il residuo della (1.3.4) è un rumore bianco, dove per rumore bianco si intende appunto un rumore bianco.

Indichiamo con una tilde una variabile aleatoria. Tale simbolo è utilizzato soltanto quando la variabile è considerata in una contesto dichiaratamente stocastico (ad esempio sotto il simbolo di valor medio E). In contesti più generali (ad esempio in un modello) è solitamente omesso.

Modulo II - Minimi quadrati

Una successione temporale di variabili aleatorie incorrelate con valor medio nullo e varianza costante. ~ ∀i,t

Si noti anche che le prime due delle (1.6.1) implicano che sia E( x ) = 0, poiché uE( x ) = x E( ) = 0, t it it t

L'ipotesi che alcune variabili aleatorie abbiano la stessa varianza è detta di,

mentre quella alternativa di varianze diverse è chiamata diomoschedasticità.
16.eteroschedasticità
Poiché le ipotesi (1.6.1) non presuppongono alcuna forma per la distribuzione delle , sono dette nel caso contrario, che esamineremo nel prossimo debole;u tcapitolo, di assunzione di una specifica distribuzione, si ipotizzeranno ipotesi forti per .u tL'immersione del modello (1.3.4) nell'ambiente stocastico produce come risultato che deve essere considerato come una variabile aleatoria. Si è detto,y tinfatti, in precedenza, che le caratteristiche del membro a destra nell'equazione(1.3.4) devono essere rispecchiate in quello a sinistra: se la parte di destra è stocastica (a causa di ), così deve essere quella a sinistra, per cui l'equazioneu t(1.3.4) diventa ~ ~= β + β + + β + (1.6.2)y x x ... x ut 1 1 t 2 2 t k kt t ~che indica chiaramente come la variabile endogena sia rappresentata da uny tmodello.

scisso in una data dalla combinazione lineare componente sistematica k∑ ~β delle esplicative, ed in una formata dal residuo . componente aleatoria u x ti it=i 1

La prima componente è detta sistematica in quanto rappresenta la struttura di y t in funzione dei parametri considerati, invariabili nel tempo in virtù dell'omogeneità (nel senso illustrato nel paragrafo 1.2) del campione, e delle esplicative, supposte note per la prima delle (1.6.1). La componente sistematica quindi non contiene alcun elemento aleatorio.

Questa considerazione è importante anche perché mette in luce che le ipotesi stocastiche (1.6.1), che per motivi didattici e storici vengono spesso esposte in termini dei residui non osservabili, in effetti possono essere viste come ipotesi u t Si tratta di una conseguenza della proprietà di linearità dell'operatore di valor medio o 15 speranza matematica, definita dalla XXI-1.3.6οµοιοσ

σκεδασι σ,Dai termini greci σκεδασι e dispersione. Una definizione più rigorosa di omoschedasticità richiede l'impiego delle distribuzioni di probabilità condizionate ed è fornita nel par. XXI-2.4 1-25 Modulo II - Minimi quadrati sulle variabili osservabili, considerate come realizzazioni di una variabile γτ~ ~aleatoria. In particolare, dalle (1.6.1) scaturiscono le seguenti ipotesi per γτ t:
  1. ∑ ∑[t j] = β + βE[y] + E[x]u[x]t[j]
  2. [V[y]] = σ^2
  3. [E[y]] = E[y]
  4. [E[u]] = 0
  5. [t s] = 0 per ogni s ≠ t
In altre parole, la struttura di covarianza ipotizzata per la γτ si applica ugualmente alla γτ, il che, visto che le due variabili aleatorie differiscono per una y t costante additiva (la parte sistematica del modello), discende.

immediatamente danote proprietà della varianza. Questo risultato non ha un mero interesse teorico,17ma ha anche una rilevante importanza pratica perché ci permette di valutareimmediatamente, almeno in modo informale, la plausibilità delle ipotesi (1.6.1).

Retribuzioni lordeItalia 1970-19962500002000001500001000005000001970.1 1974.1 1978.1 1982.1 1986.1 1990.1 1994.1

Figura 1.2 Le retribuzioni lorde complessive in Italia, dati trimestrali grezzi dal 1970 al1996 (fonte ISTAT).

Ad esempio, se la nostra variabile dipendente avesse un andamento analogo aquello della variabile rappresentata nella figura 1.2 (le retribuzioni lorde in Italiadal 1970 al 1996) l’ipotesi di costanza delle varianza nel tempo sarebbe poco

Una costante additiva può essere eliminata dall’operatore di varianza: ) = ),~ ~V( a+ V(17 x xdato che la traslazione determinata dall’aggiunta della costante influenza la locazione (equindi la media) ma non la dispersione (e quindi la

varianza) della .~x 1-26Modulo II – Minimi quadratiplausibile, visto che la variabile in questione manifesta variabilità crescente colpassare del tempo. Quindi se fra le esplicative non figurano variabili caratterizzateanch’esse da una simile variabilità crescente, questa si scaricherà sul residuodell’equazione, determinando la violazione delle ipotesi stocastiche deboli.

Lo stimatore dei minimi quadrati per il modello lineare semplice

Un secondo risultato dell’approccio stocastico riguarda le stime dei minimi quadratidei parametri che, nel caso della regressione semplice, possono essere ancoracalcolate mediante le (1.3.10) e (1.3.11) ma che se sono interpretate in terminialeatori, in funzione delle definite dallay ~ ~= β + β + (1.6.3)y x ut 1 2 t tdiventano 18 ( ) n ( )1 1 1 ∑β = − = − =ˆ m y x x x y− −2 xy t t2 2 nm x m x =t 1xx xxn ( )( )1 1 ∑ ~= − β

Dettagli
Publisher
A.A. 2012-2013
53 pagine
SSD Scienze economiche e statistiche SECS-P/05 Econometria

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher valeria0186 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Econometria e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Roma La Sapienza o del prof Bagnai Andrea.