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Domande Progettazione
1) Descrivere il diagramma di redditività e dire la sua funzione.
Il diagramma di redditività esprime l’andamento dei costi di un’azienda che è dinamico; è
rappresentato su un piano cartesiano con la quantità sull’asse delle x e i costi o il prezzo su quello
delle y. Questo diagramma unisce i ricavi, i costi e sono presenti il BEP, il guadagno, il prezzo di
vendita. I costi fissi rappresentano una retta parallela all’asse delle x in quanto sono indipendenti
dalla quantità prodotta, mentre i costi variabili sono dati dal costo variabile unitario per la quantità
e aumentano all’aumentare della quantità. I costi fissi sono indipendenti dal livello produttivo,
quindi dalla quantità, sono costi costanti e relativi ad esempio agli impianti, agli immobili, alle
imposte, alle assicurazioni, alle spese di amministrazione; in particolare, a livello degli impianti spesso
si parla di ammortamento che prevede diversi approcci: l’ammortamento contabile considera solo
la vita utile del macchinario espresso come numero di anni che è la quota di definizione;
l’ammortamento economico fa riferimento al saggio di interesse, quindi considera anche parametri
economici come il valore del denaro e le fluttuazioni. Infine, l’ammortamento finanziario prevede
una graduale estinzione di un debito/mutuo per beni strumentali; si parla degli investimenti dove il
creditore stabilisce le regole.
I costi variabili dipendono dal livello di produzione e si calcolano come CV = Cvu x q e possono essere
relativi alle materie prime, ai trasporti, alle provvigioni e all’immagazzinamento; possono avere un
andamento lineare o no: sono lineari quando il cvu è costante. Si hanno poi i costi semi-variabili che
hanno sia la componente variabile che quella fissa e possono essere relativi all’energia, ovvero alla
potenza e al suo uso, e al personale in quanto si possono avere diverse tipologie di contratti.
Il sistema produttivo tende a trasformare i costi fissi in variabili in quanto questi ultimi offrono il
vantaggio di poter essere ridotti in caso di crisi, mentre i fissi no.
I costi totali sono dati dalla somma tra costi fissi e costi variabili. I ricavi totali sono dati dal prezzo
per la quantità dove il prezzo rappresenta la pendenza RT = p x q. L’utile è dato dalla differenza tra
ricavi totali e costi totali. Il BEP è il punto di pareggio, ovvero il punto in cui l’utile è uguale a 0 e i
ricavi sono uguali ai costi totali; prima del BEP l’utile è minore di 0, mentre dopo è maggiore di 0. Si
calcola come: BEP = CF/ p – Cvu solo se l’andamento è lineare e quindi il costo unitario è costante. Il
punto di utile massimo rappresenta la tangente in cui i costi totali sono paralleli ai ricavi e quindi il
prezzo è uguale al costo marginale p = CM; dopo il punto di massimo l’andamento dell’utile decresce
in quanto i costi totali sono maggiori dei ricavi. Il costo medio Cmed è dato dal rapporto tra costi
totali e quantità, il costo marginale CM è dato dal rapporto tra la variazione dei costi totali e la
variazione della quantità; questi ultimi due sono indicatori dell’elasticità: se il costo medio è
maggiore del costo marginale la funzione è elastica, mentre se il costo marginale è maggiore del
costo medio non è elastica.
Nella lettura del grafico è importante considerare il BEP e l’utile massimo e inoltre si può fare un
confronto tra le scelte impiantistiche diverse: con una COC elevata, ovvero composizione organica
del capitale, si hanno costi variabili minori in quanto si fanno investimenti per l’attrezzatura, mentre
con una COC bassa i costi variabili sono maggiori in quanto prevale la manodopera. Facendo un
confronto tra gli utili si trova il punto q0 dove l’utile 1 equivale l’utile 2: q0 = CF1 – CF2/CV2 – CV1.
In base alla produttività, si fa la scelta impiantistica.
Il margine di contribuzione è legato alla vite utile: MC = R - CV; se il margine di contribuzione
diminuisce, l’utile diminuisce e quindi è un indice di redditività. In particolare, il costo marginale
unitario è dato dalla differenza tra prezzo e CV unitario, mentre il MC = q (p – Cvu). Se si ha la stessa
quantità prodotta, si può fare il confronto tra due produzioni: quella che conviene di più è quella
con l’MC maggiore; se invece si hanno quantità diverse bisogna considerare l’MC totale. Può essere
usato anche per la produzione secondaria/marginale: se mc unitario è maggiore o uguale a 0
→
conviene in quanto p è maggiore o uguale a cvu: mcu >= 0 p >= cvu.
2) La funzione di produzione.
La funzione di produzione prende in considerazione tutti gli input e i fattori che si hanno in un
processo produttivo: y = f (x1, x2, x3..xn), quindi è una funzione teorica. Importante è la legge dei
rendimenti decrescenti che dice che se si tengono tutti i fattori fissi tranne uno che viene aumentato,
la funzione y’ è maggiore di y ma y’’ è minore di y’. Questo significa che il primo incremento è
maggiore di quelli successivi. Da qui deriva il concetto di produttività marginale = df/dx1 che
esprime l’incremento della funzione di produzione con un aumento di x1 e che ha un andamento
decrescente.
3) Che cos’è l’economia di scala? Descriverla. Per consentire la continuità di produzione di un
impianto ci sono due grandezze di riferimento:
l’affidabilità R è la probabilità che una macchina
abbia un funzionamento corretto senza guasti in uno
specifico intervallo di tempo in determinate
condizioni ambientali; in questo caso, è importante il
tasso di guasto rapportato al tempo: nella prima
parte si parla di mortalità infantile quando si ha la
fase di rodaggio dell’impianto, poi la vita utile dove
si ha un tasso standard e poi l’usura. La
manutenzione è un intervento da fare prima che l’usura diventi sintomatica e dia problemi di
processo. La disponibilità A è invece la percentuale di tempo di buon funzionamento Tg rispetto al
tempo totale A = Tg/Tg + Tr dove Tg + Tr è il tempo totale e Tr è il tempo di riparazione.
In particolare, si possono avere degli interventi per migliorare R e A: si può aumentare la
manutenzione o le unità di riserva attraverso un’organizzazione in serie o in parallelo.
L’organizzazione classica è con impianti in serie e quindi il valore finale di R o A è dato dalla
produttoria dei singoli valori, quindi il valore finale complessivamente si riduce; con l’organizzazione
in parallelo si ha una divisione del sistema e il dato complessivo è dato da 1- la produttoria di tutti i
parametri, quindi complessivamente aumenta.
Inoltre, si può scegliere tra impianti grandi o piccoli: quelli
piccoli hanno una maggiore A e R ma un costo specifico
maggiore; il costo specifico di un impianto ha una
riduzione meno che proporzionale all’aumento della
grandezza (economia di scala). In genere il coefficiente di
proporzionalità è pari a m = 0,6-0,7; se m= 1 la capacità
produttiva è proporzionale al costo. Da questo si ha il
concetto di economia di scala: aumentando le dimensioni
degli impianti si ha una riduzione dei costi specifici: C/C0 =
(P/P0)^m; C0 e P0 sono il costo e la produzione di
riferimento. Il fattore di scala m di calcola come: m = log C