Le principali determinanti del rischio di credito e il loro impatto sulla politica di pricing delle banche
Il rischio di credito consiste nella eventualità che alle scadenze previste dal contratto il cliente finanziato si riveli insolvente, in misura totale o parziale per quanto riguarda il rimborso del capitale e/o il pagamento di interessi. A fronte della necessità di valutarlo sono state introdotte delle misurazioni: il tasso di sviluppo desiderato del portafoglio prestiti (dimensione e propensione al rischio); la composizione del portafoglio prestiti attraverso la diversificazione (prestiti correlati negativamente); criteri e metodi di valutazione che portano alla selezione dei singoli affidamenti ed in ultimo la determinazione del prezzo del credito (pricing). La finalità è quella di determinare, riducendo l'incertezza al minimo possibile, la capacità di rimborso del capitale e il pagamento degli interessi da.parte dell'impresa finanziata. Il processo produttivo del credito o istruttoria di fidosegue diverse fasi: la ricerca di nuovi clienti, la raccolta e analisi delle informazioni, valutazionerisultati analisi, attribuzione del rating al cliente della relativa classe di rischio, selezione dellerichieste sulla base dei criteri accettati, definizione dei profili tecnici e contrattuali, determinazionedel prezzo e contrattualizzazione, concessione e utilizzo ed infine monitoraggio ed eventualiinterventi che si sostanziano nella rinegoziazione o revoca/recupero del credito. Per quantificare ilrischio di credito si hanno 3 grandi macro determinanti del default: probability of default (pd) cherappresenta la probabilità di insolvenza a cui va moltiplicato il loss given default (lgd) cherappresenta la percentuale stimata di perdita in caso di insolvenza, i due termini vanno poimoltiplicati per l'exposure at default (ead) che rappresenta il livello di esposizione. Il valorecosì ottenuto del rischio di credito deve poi servire per apprezzare adeguatamente il credito richiesto. Il processo di pricing avviene: (1+i*f)=(1-PD)(1+i*p)+(1-LGD)PD(1+i*p) dove (1+i*f) è il montante desiderato in assenza di rischio, (1-PD)(1+i*p) è il montante effettivo della parte di finanziamento attesa a buon fine, (1-LGD)PD(1+i*p) è montante effettivo della parte di finanziamento mediamente esposta al rischio di insolvenza PD, corretta per la percentuale di recupero statistica prevista (1-LGD). 3. Come si misura il rischio di tasso di interesse e come avrebbe dovuto posizionarsi a sei mesi una banca che si attendeva una diminuzione dei tassi di interesse lo scorso gennaio? Il rischio di interesse rappresenta la possibilità che l'andamento dei tassi di mercato provochi variazioni divergenti del rendimento medio degli impieghi e del costo della raccolta con ripercussioni sul margine di interesse. Ci sono due possibili analisi: una è la GAP analisis,dove è possibile osservare che nell'attivo e nel passivo della banca ci sono parti sensibili e parti nonsensibili alle variazioni dei tassi, e l'asset liability management. In un orizzonte di tempo definito il GAP è dato dalla differenza tra attivo sensibile - passivo sensibile. Se att sensibili<pass sensibili, allora il Gap è negativo, quindi se il tasso d'interesse cresce si ha un effetto negativo sul margine di interesse; mentre se l'interesse diminuisce si ha un effetto positivo. Se att sensibili>pass sensibili il GAP è positivo, quindi se l'interesse cresce si ha un effetto positivo sul margine di interesse, mentre se l'interesse diminuisce si ha un effetto negativo sul margine d'interesse. Quindi se si hanno aspettative di aumento dei tassi di interesse la banca dovrebbe far si che att.Sensibili>pass. Sensibili in modo tale che il GAP sia positivo, cosi che se l'interesse cresce si ha un effetto
positivo sul margine di interesse. Se invece si hanno aspettative di diminuzione dei tassi di interesse la banca deve far si che att. Sensibili<pass. Sensibili cosi che il Gap sia negativo e se i tassi d'interesse diminuiscono si ha un effetto positivo sul margine d'interesse.
5. Definire il concetto di Var e le modalità di applicazione
Il valore a rischio (conosciuto anche come value at risk o VaR) è una misura di rischio applicata agli investimenti finanziari. Tale misura indica la perdita potenziale di una posizione di investimento in un certo orizzonte temporale, solitamente 1 giorno, con un certo livello di confidenza, solitamente pari al 95% o 99%. È una tecnica comunemente usata da banche d'investimento per misurare il rischio di mercato delle attività che detengono in portafoglio, ma è anche un concetto più vasto che ha molteplici applicazioni.
Il VaR ha tre parametri:
L'orizzonte temporale preso in considerazione,
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Cioè la lunghezza del periodo di detenzione di una data attività in portafoglio (holding period). Generalmente questo periodo è di 1 giorno.
Il livello di confidenza con cui si intende fare la stima. La grande maggioranza dei casi riguarda intervalli di 99% o di 95%.
La valuta che sarà utilizzata per denominare il valore a rischio.
Il VaR con i parametri: holding period di x giorni; intervallo di confidenza al y%, definisce la probabilità che le perdite di un dato portafoglio siano maggiori di una certa soglia.
L'uso del VaR come misura di rischio presuppone l'ipotesi di normalità dei rendimenti, secondo la quale le perdite e i ricavi dell'investimento si distribuiscono secondo una Gaussiana con media pari al rendimento medio e varianza pari alla volatilità dell'investimento.
È importante notare che il VaR non può anticipare cambiamenti nella composizione del portafoglio durante la giornata. Invece, riflette il
è di 100.000 euro. Il Var viene calcolato utilizzando un intervallo di confidenza del 95% e un periodo di riferimento di un giorno. Utilizzando un modello parametrico, il Var viene calcolato come la differenza tra il valore attuale del portafoglio e il valore che si otterrebbe in caso di una variazione negativa del 5% nel valore dei titoli detenuti. In questo caso, il Var sarebbe di 5.000 euro. Tuttavia, il Var basato su modelli parametrici presenta alcune limitazioni. Innanzitutto, si basa sull'assunzione che i rendimenti dei titoli siano distribuiti in modo normale, il che potrebbe non essere sempre vero. Inoltre, il Var non tiene conto di eventi estremi che potrebbero verificarsi e che potrebbero influenzare in modo significativo il valore del portafoglio. Per superare queste limitazioni, è possibile utilizzare modelli basati su simulazioni storiche. In questo caso, il Var viene calcolato simulando una serie di scenari passati e valutando l'impatto di tali scenari sul valore del portafoglio. Questo approccio tiene conto di eventi estremi e di eventuali deviazioni dalla distribuzione normale dei rendimenti. In conclusione, il Var è uno strumento utile per misurare e controllare il rischio di mercato di un portafoglio. Tuttavia, è importante considerare le limitazioni dei modelli utilizzati e valutare se sono adatti alle specifiche caratteristiche del portafoglio in questione.è noto, mentre non è noto il suo valore di mercato alla fine della giornata. La banca d'investimento che detiene questo portafoglio può dichiarare che il suo portafoglio ha un VaR di 1 giorno di €10 milioni ad un livello di confidenza del 95%. Questo implica che, ammesso che le condizioni di mercato siano le solite in quella giornata, la banca si aspetta che, con una probabilità del 95%, il valore del portafoglio non sarà inferiore a 10 milioni durante quella giornata. Ciò implica che la banca si aspetta che il valore di mercato del suo portafoglio a fine giornata sarà inferiore a 10 milioni, con una probabilità del 5%. Quindi la banca si aspetta che, 5 volte su 100, il portafoglio andrà sotto la soglia di 10 milioni, mentre rimarrà sopra questa soglia 95 volte su 100. 6. Efficienza informativa dei mercati: definizione e interpretazione. L'efficienza informativa di un mercato finanziario è funzione dellacapacità del mercato stesso di raccogliere, produrre e diffondere informazioni rilevanti per lo scambio. La teoria finanziaria assume i prezzi come informazioni rilevanti e calibra su di essi la definizione stessa di efficienza informativa. Si distingue: efficienza debole in cui i prezzi incorporano soltanto informazioni di tipo storico; eff. Semiforte in cui i prezzi sintetizzano tutte le informazioni di dominio pubblico; eff. Forte in cui i prezzi sono la risultante di tutte le informazioni disponibili di tipo storico, prospettico, di dominio pubblico e privato. L'ipotesi di eff forte rappresenta una condizione ideale cui i mercati dovrebbero tendere ma difficilmente perseguibile negli scambi caratterizzati da una distribuzione asimmetrica delle informazioni tra le controparti. 7. Efficienza allocativa-funzionale. L'efficienza allocativa-funzionale si realizza quando i fabbisogni delle unità che effettuano gli scambi risultano soddisfatti e non si ritiene necessario.procedere a un ulteriore ridistribuzione delle risorse finanziarie. Così il mercato finanziario avrà consentito agli operatori di perseguire in maniera ottimale i propri obiettivi di finanziamento e impiego. 8. Efficienza tecnico-operativa. L'efficienza tecnico-operativa esprime la capacità di un mercato finanziario di realizzare la funzione di contenimento dei costi di transazione e, più in generale, di agevolare gli scambi finanziari. Tale efficienza viene misurata sulla base dei seguenti parametri: - Ampiezza, riferita alla presenza nel mercato finanziario di ordini di acquisto e vendita di importi elevati in corrispondenza dei diversi possibili livelli di prezzo; - Spessore, riferito alla presenza nel mercato di numerosi ordini sia di acquisto che di vendita a prezzi tra loro vicini; - Immediatezza, riferita al tempo necessario per realizzare le transazioni; - Elasticità, la capacità del prezzo di riflettere variazioni infinitesime delle condizioni di offerta e domanda. Questi parametri sono fondamentali per valutare l'efficienza di un mercato finanziario e la sua capacità di favorire la liquidità e la trasparenza delle transazioni. Un mercato finanziario efficiente è in grado di ridurre i costi di transazione e di favorire la formazione di prezzi equi e competitivi.quantità domandate e offerte. I concetti di efficienza informativa e tecnico-operativa sono strettamente correlati: informazioni complete e diffuse sono in grado di migliorare il funzionamento del mercato in termini operativi; la condizione di efficienza tecnico-operativa promuove, a sua volta, la formazione di prezzi significativi. Ciò agevola, infine, l’efficiente allocazione delle risorse sul mercato. 9. Che cosa misura il margine di interesse nel CE della banca e quale informazione fornisce il rapporto tra margine di interesse e margine di intermediazione. Il conto economico a forma scalare, come previsto per le banche dalle normative vigenti, consente di mettere in evidenza diversi tipi di risultato economico (margini) corrispondenti ad altrettante aree della gestione bancaria. Partendo dall’alto, si individua il MARGINE DI INTERESSE (MI) che è il risultato dell’attività di intermediazione creditizia in senso stretto. Per aumentare il marginediinteresse o si agisce sulla forbice dei tassi o sui volumi dei crediti. Un aumento dei volumi determina un problema di qualità del credito. Sommando i ricavi (da commissione) e gli interessi, si ottiene il margine di interesse netto.Scarica il documento per vederlo tutto.
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