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Il tema delle leggi di Kaldor-Verdoorn
Il tema è affrontato pienamente dalle leggi di Kaldor-Verdoorn, le quali più che leggi si sostanziano in evidenze empiriche relative alle prospettive di crescita, incentrate sullo studio delle determinanti della crescita stessa, ritrovate in particolare in relazione al settore manifatturiero, poiché meglio canalizza gli effetti di tale crescita per via della sua stessa natura, affermandosi come principale fonte della crescita della produttività e come settore con più elevati guadagni di attività nella storia, capace inoltre di consentire processi di meccanizzazione che garantiscono sempre maggiori output con minori risorse ed è proprio questa la prima determinante, cioè la capacità di raggiungere rendimenti crescenti di scala ed economie di apprendimento, aumentando la produzione per addetto. In particolare, nel settore manifatturiero è facile raggiungere grandi dimensioni che consentono riduzione dei costi.
Il determinante è la specializzazione e interazione fra le imprese, in quanto la specializzazione efficienta ulteriormente la produzione. Inoltre, vi è non solo un progresso esogeno, ma anche endogeno ed incorporato al capitale, in quanto più quantità è prodotta da un'attività grazie ai macchinari (e il settore manifatturiero è fortemente soggetto alla meccanizzazione dei processi). Più stimolo automaticamente l'investimento nei confronti di nuovi macchinari, avviando un ciclo virtuoso di miglioramento tecnologico, sottolineando che tale processo può diventare anche dannoso se provoca un effetto lock-in, di impossibilità quindi, ad abbandonare gli investimenti messi in atto, poiché una riduzione di scala rialzerebbe i costi di produzione.
Altro fattore che lega il settore manifatturiero, l'aumento di produttività e la crescita è la variazione della domanda ed i trasferimenti fra settori, infatti in
primis in unaprospettiva di aumento produzione e aumento di produttività come esplicitato dallalegge di verdoorn ( una variazione dei volumi di produzione del 10% comporta unaumento del 4,5 % della produttività media) l'aumento dell'output implica unavariazione della domanda, mettendo in chiaro il legame fra domanda e percorsi dicrescita, ipotizziamo infatti che la crescita dell'output in un sistema trainato dallacrescita della domanda determini all'interno di tale sistema una crescitaaccompagnata anche dalla crescita Dei salari , il che genera un miglioramento dellecondizioni di vita e di benessere ( non rilegato esclusivamente alla capacitàproduttiva) che si esplica in un ulteriore aumento del reddito, generando un ciclovirtuoso di crescita.Riguardo ai trasferimenti da settori è da notare che lo sviluppo del settoremanifatturiero induce uno spostamento di occupati da settori a bassa produttivitàverso il manifatturiero adaltra produttività determinando un ulteriore accelerazione nel tasso di crescita del prodotto per addetto. Ricordo che matematicamente la legge di Kaldor-Verdoorn dice che il saggio di variazione della produttività del lavoro è uguale al saggio di variazione dell'output più il coefficiente di Verdoorn (elasticità). E tutto quanto detto implica che il settore manifatturiero crea effetti esterni positivi su altri settori, ed è quindi corretto (guardando al peso che l'attività ha rispetto al tessuto sociale) in alcuni casi un intervento pubblico, che contrasti i normali meccanismi del mercato, volto a promuovere una particolare attività nel territorio, sia che sia in declino o che sia totalmente assente poiché non scaturisce dall'iniziativa privata, sarà compito della politica industriale attuata in senso verticale e quindi selettivo, oppure orizzontale salvaguardare delle attività che generano ritorni.
positivi sulla crescita, sul reddito e sulla qualità della vita del territorio. Analizzare la restrizione verticale dell'esclusiva territoriale evidenziando vantaggi, svantaggi e limiti entro cui può essere applicata. Ipotizziamo che il mercato della produzione di personal computer sia concorrenziale, mentre sono presenti solo 5 distributori. Ad un qualsiasi produttore di PC conviene offrire ad uno o più distributori un contratto di esclusiva territoriale? In quale contesto sarebbe legale siffatta pratica? R: La restrizione verticale simula gli effetti della fusione, ma non è una fusione in senso giuridico, non porta alla nascita di un nuovo soggetto giuridico o alla modifica di quelli esistenti, ma rappresenta una formula contrattuale che lega il comportamento delle imprese in maniera simile a quello di una vera fusione. Nel caso particolare della vendita per esclusiva, il vantaggio che si genererebbe è che il distributore venderà così solo i prodotti del produttore con cui ha stipulato il contratto di esclusiva territoriale.il marchio del produttore che fa firmare l'esclusiva, quindi ogni investimento del produttore su quel distributore crea vantaggi solo per sé stesso, senza che gli altri possano rubarlo e senza che quindi ci sia possibilità di freeriding fra produttori, per cui alcuni produttori attenderebbero di far fare gli investimenti ad un secondo soggetto, per poi trarne anche loro vantaggio senza costituire tuttavia tale soluzione ha creato dei problemi notati dall'antitrust legati all'effetto dichiusura del mercato, che scaturisce come effetto negativo di tale pratica, infatti ogni contratto di esclusiva viene analizzato dall'antitrust, nel momento in cui viene bloccato oltre il 40% della domanda di mercato in termini di quote di mercato, non vengono più autorizzati altri contratti di esclusiva in tale contesto in cui i produttori sono in perfetta concorrenza fra loro converrebbe a uno di essi far firmare un contratto di esclusiva a uno o più produttori, in modoDa vedere un ritorno dei propri investimenti soltanto per se stesso, inoltre secondo la tesi dell'impresa con le clausole restrittive distribuiscono più efficacemente il prodotto, senza esse infatti i distributori si collocano in base alla domanda, creando punti concentrati e punti abbandonati, rovinando l'efficienza distributiva a discapito del consumatore, delineano come la totale assenza di restrizioni crei danni maggiori. L'antitrust per disciplinare ulteriormente le restrizioni divide le vendite in attive e passive, dove le prime riguardano le vendite che il distributore si procaccia direttamente, mentre le passive sono le vendite che il distributore fa senza il comportamento coattivo, cioè senza fare nulla. Per l'antitrust un contratto di esclusiva può riguardare solo le vendite attive e in nessun caso deve generare un rifiuto a contrarre, e mai disciplinare le vendite passive, nemmeno integrando il contratto con altri strumenti quali
l'integrazione verticale è inoltre da sottolineare come in tale contesto la scuola di chicago ci dia una versione diametralmente opposta, che afferma l'inutilità del contrastare le restrizioni verticali o temendo l'effetto di chiusura del mercato, in quando l'operatore efficiente nuovo entrante non ha problemi ad entrare nel mercato chiuso. Illustrare le differenze, in termini di efficienza ed equità tra una discriminazione di primo grado e una tariffa in due parti. Le vendite promozionali di fine stagione, i cosiddetti saldi possono essere considerate delle discriminazioni di prezzo? Si/no perché? R: la discriminazione di prezzo implica il vendere a gruppi di consumatori diversi per prezzi diversi, sull'idea che alcuni clienti pagherebbero lo stesso bene di più, concedendo all'impresa monopolista maggiori ricavi marginali a fronte di identici costi marginali. Nel caso di una discriminazione di primo tipo o perfetta di prezzo, cirifacciamo ad unadiscriminazione di tipo lineare, assumiamo che le ipotesi valgano in senso forte,l'impresa è monopolista puro ( unico sul mercato) e conosce tutti i prezzi di riserva ditutti i consumatori, è capace inoltre di imporre i propri prezzi e on soltanto diinfluenzarli, in tale contesto graficamente la retta dei ricavi marginali corrisponde conla domanda, raggiungendo l'esito di perfetta concorrenza in termini di quantità, equindi raggiungendo l'efficienza allocativa, l'impresa in tale caso non subirà maiperdite sull'intramarginali in quanto soltanto l'ultimo compratore compra a prezzo diperfetta concorrenza, mentre tutti gli altri comprano a prezzi crescenti in base allapropria disponibilità a pagare, quindi la differenza sta nella distribuzione del surplussociale che verrà in tal caso del tutto assorbito dal produttore monopolista, tuttavia èdifficile che nella realtà si verificano.le diverse opzioni. Le condizioni in senso forte per l'applicazione di una discriminazione di primo grado nel caso della tariffa in due parti ci rifacciamo invece alla discriminazione di secondo grado di tipo non lineare, che fa riferimento alla discriminazione di quanto, cioè il consumatore compra quantità diverse a prezzi diversi, di cui la tariffa in due parti è solo una prima tipologia, in tal caso il prezzo P + datp da una parte fissa e da una parte variabile, il monopolista offre al consumatore la possibilità di comprare la quantità di perfetta concorrenza, senza registrare perdite, imponendo per ottenere tale opportunità una tariffa fissa. Sta al monopolista individuare la tariffa ottima per il consumatore, e nel caso in cui ci siano consumatori con differenti elasticità, dovrà decidere come impostare la tariffa in base alla grandezza relativa dei vari segmenti, oppure offrendo tariffe in due parti miste, lasciando al consumatore la scelta tra le diverse opzioni.pagare T e ottenere quantità di perfetta concorrenza, oppure non pagare T ma pagare i beni a prezzo di monopolio Per quanto riguarda il caso dei saldi, credo si avvicini alla categoria delle discriminazioni di terzo grado, in particolare una discriminazione intertemporale, che si sostanzia nel vendere lo stesso bene a consumatori diversi in tempi diversi, segmentando la domanda non sull'elasticità a pagare ma sulla disponibilità a pagare rispetto al tempo, adatto a determinati beni che perdurano il valore nel tempo, scomponendo i consumatori in gruppi (ipotesi in senso debole) sulla facoltà a pagare rispetto al tempo. Confrontare il metodo del price cap e del ROR per il controllo della dinamica dei prezzi Il ROR e il price cap sono due metodi incentivanti più diffusi per indurre l'impresa a raggiungere gli obiettivi che il regolatore stesso si propone. Il ROR è il metodo di regolamentazione del saggio del rendimento del capitale econsistenella fissazione da parte del regolatore di un tasso di rendimento