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Il primo governo Mussolini si ispirò al principio economico liberista, nei
confronti degli imprenditori e al principio corporativo nei rapporti tra lavoratori
e datori di lavoro, tendendo a eliminare ogni libertà sindacale. Tra il 1922 e il
1925 il ritmo dello sviluppo industriale fu molto intenso: il PIL aumentò del 4%
all’anno.
Gli anni ’80 in Italia: il pentapartito (governabilità e crisi, conflitto
24. con il PCI) e il cambiamento sociale
Nel 1981 fu eletto presidente del Consiglio il repubblicano Spadolini, che
diede vita ad un esecutivo formato da DC, PSI, PSDI, PRI e PLI. L’esecutivo
mostrò fin da subito la volontà di portare a compimento il processo di
consolidamento del Pentapartito. Il governo Spadolini riuscì a conseguire una
riduzione dell’inflazione e a rafforzare la solidarietà europeistica e atlantica,
offrendo la base siciliana di Comiso per gli euromissili della NATO.
Nel 1982 il governo cadde in seguito alle dimissioni della delegazione
socialista per protesta contro la mancata approvazione di un decreto che
prevedeva agevolazioni fiscali ai petrolieri. La crisi si concluse rapidamente e
Spadolini ebbe nuovamente l’incarico di governo. Formò un esecutivo che
ricalcava il precedente. Spadolini stese un decalogo di riforme istituzionali,
ma non furono mai realizzate. Dopo altri scontri interni alla maggioranza,
Spadolini si dimise.
Nel 1983 gli Italiani chiamati alle urne distribuirono i loro voti tra i 5 partiti già
precedentemente di maggioranza (più il PCI, escluso dall’esecutivo), ma
cambiarono i rapporti di forza perché ci fu un calo della DC al 33% e un
aumento dei consensi del PSI oltre l’11%.
Craxi, leader del PSI, aveva proposto fin dal 1979 una “grande riforma”
riguardante le questioni istituzionali. Ora De Mita, nuovo segretario della DC,
voleva aprire il dialogo anche con il PCI per varare riforme istituzionali che
rappresentassero anche gli interessi “deboli” della società.
Craxi, incaricato di formare il nuovo governo, continuò e portò a termine il
consolidamento del Pentapartito.
Nel 1985 venne eletto presidente delle repubblica, con ampissimo consenso,
il democristiano Cossiga.
Craxi decise di tenere una linea di discontinuità rispetto ai precedenti governi
e puntò la sua politica sul “decisionismo”. Durante il primo governo a guida
socialista, il tasso di inflazione subì una significativa riduzione, ma ci fu anche
un rialzo del debito pubblico e un incremento della disoccupazione giovanile.
Nella politica fiscale, il governo Craxi scese spesso a patti con interessi
corporativi, creando a volte malcontento. Sotto il profilo economico, furono
rilevanti la svalutazione della lira (1985) e soprattutto il taglio della scala
mobile (1984), ovvero il ridimensionamento del meccanismo che agganciava
l’andamento dei salari a quello del costo della vita.
Nel 1986, dopo un attentato palestinese all’aeroporto di Fiumicino, che colpì i
banchi di una compagnia israeliana e di una statunitense, Regan accusò la
Libia di aiutare il terrorismo palestinese e ordinò un bombardamento su
Tripoli e Bengasi. In risposta, il leader libico Gheddafi fece lanciare due missili
verso Lampedusa, che però mancarono il bersaglio. Il governo italiano inviò
una dura nota di protesta alla Libia e condannò anche la rappresaglia
americana. In questa occasione, Craxi usò il decisionismo per sostenere gli
interessi nazionali italiani in aree cruciali del posizionamento internazionale.
La DC non approvava il movimentismo di Craxi e nel 1986 mise in minoranza
il governo in 24 occasioni, così Craxi si dimise. Fu creato un nuovo esecutivo
e i rapporti tra Craxi e De Mita si ammorbidirono, grazie ad un “patto
staffetta”, che prevedeva un governo di 20 mesi, a metà dei quali la guida
sarebbe passata dalle mani del socialista a quelle del democristiano.
Tuttavia, il patto venne interpretato in maniera diversa: come un obbligo per
la DC, come una disponibilità per il PSI.
Nel 1987 le forze di maggioranza si trovarono nuovamente divise: il PSI
sosteneva l’abolizione delle centrali nucleari e il principio di responsabilità
civile dei giudici; PLI, PRI e DC optavano per soluzioni opposte. Si aprì una
crisi che sfociò in un monocolore democristiano, guidato da Fanfani, che
condusse il Paese fino alle elezioni.
Le elezioni del 1987 non portarono a sostanziali cambiamenti. I vincitori
furono ancora DC e PSI. Gli spostamenti di flussi erano rimasti interni alla
maggioranza del Parlamento e il Pentapartito era ancora l’unica strada
possibile. Ci furono due brevi governi guidati dai democristiani Doria e De
Mita, poi fu chiamato Andreotti a presiedere un nuovo esecutivo. Anch’egli
diede vita ad un Pentapartito.
Gli anni ’80 furono anche caratterizzati da un’emergenza sul versante
dell’ordine pubblico: la mafia, che sferrò il suo attacco frontale alle istituzioni
con l’assassinio del generale dei carabinieri Carlo Alberto Dalla Chiesa
(1982). La criminalità organizzata si serviva di una vasta rete di contatti,
estesa al mondo della politica e degli affari. La mafia riusciva a controllare
vaste aree del Paese, soprattutto al Sud. Allora lo Stato istituì un “pool
antimafia”, di cui fecero parte anche i giudici Falcone e Borsellino, che
istituirono il maxiprocesso del 1986-87, che portò alla condanna di decine di
mafiosi. I due giudici furono però trucidati con le loro scorte nel 1992. Nel
1993 fu catturato Totò Riina, il capo di Cosa nostra, latitante da oltre 20 anni,
e iniziarono a consegnarsi numerosi pentiti, che permisero allo Stato di
ottenere alcuni successi contro la mafia.
Alla fine del decennio, il quadro politico italiano si intrecciò con gli
avvenimenti internazionali: nel 1989, la caduta del muro di Berlino fu il
simbolo del crollo del blocco sovietico dell’Europa orientale e della fine della
guerra fredda.
(per approfondimenti vedi domande 15 e 39)
La crisi di Berlino e di Cuba e la stabilizzazione della Guerra
25. Fredda (questione atomica) (anni ’60)
Dopo la guerra in Corea del 1950, ci fu una nuova corsa al riarmo a livello
internazionale. Nel primo decennio postbellico, la bomba atomica divenne un
elemento del gioco politico: nel 1953 l’Unione sovietica testò la Bomba H, per
colmare il divario con gli USA. Nel ’57 l’URSS lanciò lo Sputinik, il primo
satellite in orbita permanente. Era iniziato un nuovo capitolo della storia,
definibile “equilibrio del terrore”: la bomba atomica veniva usata unicamente
come deterrente, perché un suo effettivo uso avrebbe causato la fine del
mondo. Tuttavia, la crescita progressiva degli armamenti e delle nuove
tecnologie da parte delle superpotenze, stava portando ad un aumento
insostenibile della spesa militare.
Negli anni ’50 e ’60 si dotarono della bomba atomica anche Gran Bretagna,
Francia e Cina. Questo portò, negli anni ’60 alla maturazione di una
“coscienza atomica”. La strategia di Kennedy per riaffermare la preminenza
americana nel mondo si basò allora sull’opposizione alle rivoluzioni
comuniste che stavano prendendo piede nel Terzo mondo, ma il progetto si
scontrò con limiti finanziari e risposte non sempre positive.
Ci furono diversi episodi di grande tensione tra Unione Sovietica e Stati Uniti.
Il primo fu attorno a Berlino: nel novembre del 1958 Chruscev annunciò di
voler restituire alla Repubblica democratica tedesca la sovranità sull’ex
capitale e pose un ultimatum per l’abbandono dei territori degli occidentali.
Berlino era diventata un punto di crisi per la Germania comunista, in quanto
vetrina del boom economico occidentale. Infatti, molti cittadini della RDT
stavano fuggendo verso l’Austria e la Germania federale. Dopo alcuni
negoziati formali, l’Unione sovietica optò per la costruzione del muro di
Berlino, che iniziò nel 1961 e avrebbe sigillato la frontiera. Questa soluzione
congelò la situazione e rimandò qualsiasi discorso sull’armamento atomico.
Un altro momento critico fu la crisi di Cuba: nel 1959 il governo cubano
appoggiato dagli Stati Uniti fu abbattuto dal movimento guerrigliero di Fidel
Castro, che proclamò il suo regime comunista sull’isola ed emanò due
importanti provvedimenti: la nazionalizzazione delle raffinerie di zucchero
americane e la riforma agraria. Gli USA risposero con sanzioni economiche
contro l’esportazione dello zucchero (embargo). Poi il nuovo governo cubano
iniziò a stringere i rapporti sempre più stretti con l’Unione sovietica, allora gli
USA prepararono l’invasione del Paese da parte di ribelli anticastriani. Lo
sbarco alla Baia dei Porci, nell’aprile del ’61, si rivelò tuttavia un enorme
fallimento, non riuscendo a scatenare una rivolta interna al regime. I rapporti
tra Stati Uniti e Cuba si lacerarono così definitivamente. Ma la vera crisi di
Cuba scoppiò nel 1962, quando gli Stati Uniti vennero a sapere
dell’installazione nell’isola di 40 missili puntati sul territorio americano. Ci
furono momenti di grande tensione e di irrigidimento tra le due superpotenze,
che arrivarono quasi allo scontro atomico. Il problema fu poi risolto attraverso
una mediazione segreta: i Russi accettarono di smantellare i missili cubani in
cambio della promessa americana di non invadere Cuba.
Dopo la crisi di Cuba iniziò una fase molto meno tesa della Guerra fredda.
Nel 1964 Chruscev venne sostituito da Breznev, che si rese disponibile ad
una stabilizzazione del confronto bipolare. Anche gli USA si dimostrarono
disponibili, perché necessitavano di arginare la spesa per gli armamenti. La
Guerra fredda si trasformò così in un sistema basato su regole stabili: si
raggiunse un assetto mondiale intoccabile, soprattutto sulle questioni
europee (status quo in Europa centrale e a Berlino). Si aprì una linea
telefonica tra la Casa Bianca e il Cremlino e nel 1963 ci furono i primi accordi
che bandivano i test nucleari (prima dall’atmosfera, poi anche dallo spazio),
firmati da USA, URSS e Gran Bretagna.
Il pontefice, Giovanni XXIII, nel Concilio Vaticano II, fece un’inedita proposta
teologica sulla pace e condannò fortemente gli atti di guerra.
Il liberismo internazionale negli anni ’70-‘80
26.
All’inizio degli anni ’70 i Paesi industrializzati vissero una crisi monetaria
(1971) e una crisi energetica (’73 – legata alla guerra dello Yom Kippur).
Questo portò tutti i Paesi occidentali in una situazione finanziaria
caratterizzata da deficit economico e forte inflazione. I Pae