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LE IMPRESE SONO STATE POSSEDUTE IN MODI DIVERSI DA TIPI DI PROPRIETARI DIVERSI.
Per inquadrare l’evoluzione del modo con cui le imprese sono state possedute è necessario partire
dall’inizio, da Adam Smith, padre fondatore della scienza economica, che nel 1776 scrisse: “I manager di
aziende a proprietà diffusa non sono manager di soldi propri ma di soldi altrui quindi non si può pretendere
che li amministrino come se fossero soldi propri.
Berle e Means, per primi nel 1932, hanno evidenziato il processo di separazione tra proprietà e gestione
dell’azienda avendo di fronte la nascita delle grandi corporation americane di inizio del secolo.Si possono
quindi identificare due filosofie di controllo delle aziende:
1) il modello di CONTROLLO DA PARTE DI UN AZIONISTA DI MAGGIORANZA:
2) il modello dell’AZIONARIATO DIFFUSO: cerca di eliminare i conflitti di interesse tra tutti gli attori coinvolti:
azionisti/proprietari, consiglieri di amministrazione e manager. I due concetti su cui si fonda sono: la
divisione tra manager e azionista e la possibilità di allineare gli interessi del manager agli interessi degli
azionisti attraverso la remunerazione variabile di Jansen (teoria dell’agenzia)
1) La grande crescita economica del dopoguerra ha attestato la nascita del management professionista alla
guida di un’organizzazione sempre più grande e complessa. Il capitalismo dei manager (Managerial
Capitalism) è divenuto per definizione superiore al capitalismo del proprietario grazie all’enorme successo di
questo tipo di impresa in un periodo di stabilità e crescita.
2) Nelle imprese ad azionariato diffuso, dove i manager erano abituati a non avere interlocutori è stato un
cambiamento rilevante. Si è passati dal capitalismo dei manager al capitalismo degli azionisti. L’evoluzione
degli investitori professionali, da raider a grandi organizzazioni, arrivò verso la fine degli anni ’80. Gli
investitori professionali sono il primo/secondo azionista delle aziende quotate, e pur essendo azionisti
importanti per l’azienda non hanno interesse nella gestione attiva.
Descrivete e commentate la visione del Giving Pledge e i possibili approcci alternativi
Gli imprenditori possono anche pensarla diversamente e vedere l’azienda solo come strumento di creazione
di ricchezza, che di per sé non è poco. Warren Buffet e Bill Gates sono oggi due alfieri di questa visione ed
insieme hanno fondato la Giving Pledge Initiative, che spinge gli imprenditori a donare la ricchezza creata
invece di lasciarla alle nuove generazioni. L’iniziativa si basa sull’insegnamento di Carnegie, imprenditore
dell’acciaio dell’ottocento. Per Carnegie la sfida è trovare il modo migliore di amministrare la ricchezza e
dare, quindi, una risposta alla disomogeneità nella distribuzione del benessere. Egli propose tre
possibili strade. Può essere 1) lasciato ai discendenti, 2) donato per uso pubblico, 3) amministrato dai
suoi possessori nel corso della propria vita. prima è la più avventata”,
Carnegie era contrario alla prima opzione “la perché a suo parere gli eredi
avrebbero disperso la ricchezza così ricevuta.
Ruolo del consiglio di amministrazione di un’azienda familiare nella scelta del CEO
Si può sintetizzare il processo strategico decisionale in azienda in quattro fasi:
1) generazione delle idee strategiche,
2) scelta tra le iniziative necessarie per realizzare la strategia,
3) realizzazione delle iniziative che si è scelto di perseguire,
4) monitoraggio e misurazione di coloro che realizzano le iniziative.
La prima e la terza fase sono tipiche del top management, mentre la seconda e la quarta del CdA. Nelle
aziende familiari succede che il capo famiglia-imprenditore svolga per una buona parte tutte e quattro le
fasi. Il CdA ha lo scopo di fissare un punto di confronto e di formalizzazione della seconda e della quarta
fase.
Il ruolo del CdA è ancora più potente quando il capo azienda è coinvolto nella gestione e nello stesso
tempo ricopre il ruolo di presidente del CdA e di rappresentante degli azionisti: questa è una situazione
alquanto comune nelle aziende familiari.
In questo caso è ancora più difficile per il capo riuscire a dividersi tra guida e valutatore del suo team
manageriale e, in ultima analisi, di se stesso.
Ecco che in questi casi persone esterne al management ma con alta professionalità possono svolgere un
ruolo chiave.
Nonostante quanto precede, molte ricerche accademiche tendono a dimostrare come i consigli di
amministrazione siano più deboli nelle aziende familiari: le famiglie imprenditoriali, e non solo quelle italiane,
tendono in molti casi a considerare il CdA inutile. Dopo le frodi degli ultimi 15 anni, i CdA sono diventati in
tutti gli ordinamenti giuridici la base da cui parte ogni riforma della corporate governance.
Il cda deve contribuire a valutare e gestire la successione del CEO e del top management (familiari e non),
assicurare il funzionamento di un sistema strutturato che valuti e faccia crescere i giovani promettenti
(familiari e non), preoccuparsi che vi siano le competenze necessarie per realizzare la strategia definita. Il
cda deve essere il punto dove razionalmente e con autorevolezza si torna cercare l’equilibrio tra essenza
imprenditoriale e capacità manageriale.
Descrivete il concetto di essenza imprenditoriale
L’essenza imprenditoriale è, a sua volta, fatta di 3 elementi:
• qualità rare,
• processi imprenditoriali
• attività.
L’essenza imprenditoriale è originata dai valori e dalle competenze che l’imprenditore ha nel suo DNA e che
sono geneticamente presenti nella sua azienda e nella sua famiglia; è l’elemento distintivo rispetto ai
concorrenti. La famiglia imprenditoriale nasce quando l’imprenditore decide e riesce ad educare i suoi figli
come imprenditori. L’essenza imprenditoriale è il tesoro che va tramandato in famiglia attraverso
l’educazione delle generazioni successive e non è acquistabile sul mercato.
Caso Walt disney: ha creato la Disney applicando le sue qualità rare: passione per la magia, volontà di
✤ sognare, gentilezza d’animo. La Disney non sarebbe diventata così se walt non avesse avuto queste
qualità rare e se non avesse deciso di applicarle all’attività imprenditoriale. Ogni fondatore imprime un
dna che nasce dalle qualità rare di cui parla schumpeter.
Caso ferrari: enzo impresse nelle scuderie il suo dna facendone il marchio più noto al mondo. Le qualità
✤ rare che hanno creato la scuderia sono : passione, rigore, volontà. L’applicazione delle qualità rare
all’iniziativa ha creato quei processi imprenditoriali che ancora oggi fanno della Ferrari la ferrari.
L’evoluzione del manager professionale sino all’era degli ad
Il capitalismo manageriale nasce quando le grandi imprese hanno iniziato a crescere e prosperare creando
l’immagine del manager. Gli azionisti sono lontani dalla gestione e sono focalizzati sull’interesse al ritorno
del capitale e di conseguenza è necessario qualcuno che gestisca l’azienda. Il manager è un essere
razionale che guida un’ organizzazione complessa. La data simbolo che segna l’era degli ad è il settembre
1979 quando Iacocca fu nominato chairman e ceo di Chrysler. Per la prima volta un ceo aveva come
azionista un’intera nazione, che attraverso il suo governo aveva immesso denaro pubblico nell’azienda per
salvarla. La necessita del giornalismo di massa di semplificare le storie fece il resto: alla lice dell’americano
medio semirò che un solo uomo avesse cambiato le sorti dell’azienda. Infatti dagli anni 70 il possesso di
azioni era molto diffuso e i ceo che facevano bene rendevano possibili i sogni degli azionisti rendendoli
ricchi velocemente. Il percorso di evoluzione dei mercati finanziari avviato quando Iacocca diventava ceo ha
accompagnato il passaggio della figura dei ceo da manager chiusi nelle loro aziende a personaggi pubblici.
Questo processo ha cambiato anche le regole con cui i ceo vengono scelti e retribuiti e ha portato
l’abitudine di cercare i ceo all’esterno dell’azienda. Anche il ruolo del cda è cambiato assumendo maggiore
responsabilità e importanza.
Il ruolo del predecessore nella scelta del successore.
La continuità della azienda familiare si basa su tre elementi: l’unità dell’azionariato, l’evoluzione dell’essenza
imprenditoriale e l’attrazione di management.
L’amministratore delegato in carica, nella maggior parte delle imprese familiari e non, ha molta influenza ed
è spesso decisivo nella scelta del successore. La prima evidenza emersa chiara è che il CEO deve
cominciare a lavorare sulla sua successione il primo giorno, come hanno detto Paolo Scaroni, Aldo Bisio. È
una buona abitudine, nei primi mesi in cui si entra nel nuovo ruolo, avviare il processo di succession
planning per tutte le posizioni rilevanti in azienda, non solo per la posizione di CEO. Il coinvolgimento del
CEO nella sua successione è fondamentale. Una gestione della successione ritardata e non preparata può
avellere effetti devastanti: i manager bravi se ne vanno, quelli che restano non sono cresciuti nella maniera
adatta. E’ necessario continuamente verificare che le competenze del CEO siano in linea con le nuove sfide
dell’azienda. Quest’attività nelle aziende ad azionariato diffuso è affidata al consiglio di amministrazione.
Nelle aziende familiari, quando il principale azionista, oltre a scegliere i consiglieri, è anche il CEO, nessuno
ha questo ruolo. I grandi CEO imprimono una determinata cultura all’azienda durante il loro mandato, il
rapporto tra l’azienda e la singola persona che li guida prende forma sulle caratteristiche della persona
stessa; quando cambia il CEO una parte di questa forma cambia.
Il ruolo del Ceo deve essere attivo nella preparazione ma non nella scelta. Il ceo deve sentire la
responsabilità verso il consiglio e verso gli azionisti di preparare nel miglior modo possibile la scelta.
Esempio Coca-Cola: Roberto Goizueta è stato CEO di Coca Cola dal 1980 al 1997, anno della sua
✤ morte, e ha forgiato l’azienda così come oggi la conosciamo. Il suo successore, Doug Ivester, era il CFO
dell’azienda e venne scelto all’unanimità dal consiglio subito dopo la morte di Goizueta. Meno di due
anni dopo dovette lasciare. Il Wall Street Journal concluse che “Ivester si è dimostrato incapace di
gestire il bene più prezioso della Coca-Cola: la sua immagine”. la morte prematura di Goizueta
costrinse il consiglio a prendere una decisione rapida. Tra gli errori c’è stato sicuramente quello di non