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DISAVANZO E DEBITO PUBBLICO ·
Disavanzo: Il disavanzo (o deficit) è La differenza tra entrate (gettito fiscale)
e uscite (spesa pubblica)ed è detta saldo pubblico: se tale saldo è negativo,
si parla di deficit (o disavanzo); se è positivo, si parla di avanzo; se, infine, è
pari a zero, si parla di pareggio del bilancio. · Debito: Il debito è, invece, il
debito dello Stato nei confronti di altri soggetti economici (quali imprese,
individui, banche o Stati esteri) che hanno sottoscritto un credito allo Stato
nell'acquisizione di obbligazioni o titoli di stato. ·
Disavanzo e debito: Il vincolo di bilancio è pari a D= G – T = ∆M + ∆B in cui
il (D) Disavanzo pubblico è dato da spesa pubblica (G inclusi i trasferimenti)
meno tassazione (T) uguale al suo finanziamento tra nuova moneta (∆M) o
emissione di nuovi titoli (∆B). Il disavanzo può essere finanziato o con la
tassazione (T) o con moneta (M) o con titoli (B). · Cosa fa uno Stato per
ridurre il Debito? Un paese che parte con un debito elevato deve prima
stabilizzare (∆B=0) e poi cercare di ridurre (∆B<0) il rapporto debito/pil. ·
Politiche di rientro: Vi possono essere 4 tipi di politiche di rientro dal debito
pubblico: 1. Finanziamento monetario dei disavanzi: questo primo intervento
è quello di accrescere il finanziamento monetario, ossia il signoraggio, che
quanto più risulta elevato, tanto più riesce a contenere l’emissione di titoli e
la crescita del debito. Questi tipi di finanziamenti, pero, sono stati proibiti dal
Trattato di Maastricht del 1992; 2. Tasso di crescita del reddito: un’elevata
crescita del reddito facilita l’operazione di rientro, ma può essere penalizzata
proprio dalle misure restrittive attuate per il risanamento; 3. Controllo dei
tassi d’interesse: un’altra possibilità per contenere il rapporto debito/pil è
quella di abbassare il più possibile il tasso di interesse, ance se ciò è spesso
difficile poiché il tasso d’interesse in genere è già scarsamente manovrabile
in un’economia aperta; 4. Il conseguimento di avanzi primari: quest’ultimo è
un elemento essenziale nelle azioni di rientro in cui si potrebbe agire su due
fronti: a) Aumentando la Tassazione (ma stando attenti agli effetti distorsivi e
redistributivi); b) Riducendo la Spesa Pubblica.
Informazioni: 1. Debito pubblico in Italia oggi è al 133%; 2. Quando siamo
entrati nell’Unione Europea era superiore al 100%; 3. La Spesa pubblica in
Italia è intorno al 50%.
POLITICA FISCALE E MONETARIA
Politica monetaria: La politica monetaria è la politica con cui la Banca
Centrale influenza l’offerta di moneta. 1. Si definisce espansiva una politica
monetaria che, attraverso la riduzione dei tassi di interesse, voglia stimolare
l'offerta di moneta e quindi gli investimenti e la produzione di beni e servizi;
2. Al contrario si definisce restrittiva una politica monetaria che, attraverso
l'aumento dei tassi d'interesse, riduca l'offerta di moneta e quindi renda
meno conveniente investire e produrre. Politiche monetarie restrittive hanno
l'obiettivo di ridurre l'inflazione, o far calare il disavanzo pubblico, facendo
rallentare la crescita economica.
Politica fiscale: La politica fiscale è la politica con cui i governi (autorità
fiscali) influenzano l’ammontare della spesa pubblica e della pressione
fiscale. 1. Una politica fiscale espansiva mira, attraverso un aumento della
spesa pubblica o una riduzione delle imposte, ad aumentare il livello della
domanda globale e di conseguenza il reddito d'equilibrio; 2. Una politica
fiscale restrittiva, invece, persegue un obiettivo opposto, attraverso una
riduzione della spesa pubblica o un aumento delle imposte.
PERCHE’ L’ITALIA ENTRO’ NELL’EURO?
· Argomenti a favore dell’ingresso dell’Italia nell’euro: 1. L’adozione dell’euro
avrebbe consentito all’Italia di sfruttare i benefici della moneta comune
(abbattimento dei costi di transazione ed eliminazione del rischio di cambio);
2. Evitare instabilità valutarie ed attacchi speculativi a cui erano soggetti i
paesi deboli; 3. La riduzione del tasso di interesse avrebbe favorito il settore
pubblico (grazie alla riduzione del debito) ed il settore privato (stimolando gli
investimenti); 4. I vincoli imposti dall’ UM avrebbero accelerato le riforme
strutturali per la crescita di lungo periodo; 5. L’ UM avrebbe potuto favorire
l’accelerazione del percorso di integrazione politica fino alla creazione degli
“Stati Uniti d’Europa”
Argomenti contro l’ingresso dell’Italia nell’euro: 1. La moneta unica avrebbe
eliminato (in alcune situazioni) gli strumenti di cambio e la politica monetaria
nazionale; 2. La politica monetaria avrebbe potuto differire da quella di altri
paesi (ma già i margini di manovra erano piuttosto ristretti con lo SME); 3.
Evitare attacchi speculativi non avrebbe annullato del tutto la speculazione;
4. La debolezza della nostra economia sta nell’incapacità di competere con
gli altri paesi a valute forte; 5. La flessibilità dei prezzi e salari e la mobilità
del lavoro avrebbero potuto comportare effetti perversi sui consumi e sulla
crescita economica; 6. La mancanza di un bilancio centralizzato per l’UM e
una politica fiscale comune precludeva l’adozione di politiche di
stabilizzazione ciclica.
COSA ACCADREBBE CON IL RITORNO ALLA LIRA?
Eventuali scenari del ritorno alla lira L’eventuale ritorno alla lira potrebbe
avvenire in contesti storico-istituzionali difficili da prevedere e con modalità
diverse. Vi sono, infatti, vari scenari che si prospettano: 1. Italexit, decisa
unilateralmente dal nostro paese; 2. Euroexit incontrollata, in cui tutti i paesi
(o alcuni) decidono di abbandonare l’euro o sono costretti a farlo a causa di
una nuova crisi finanziaria. 3. Euroexit concordata, in cui vi si può verificare:
a) La possibilità di divisione dell’Eurozona in due o più gruppi di paesi: ad es.
nel “gruppo core” continuerebbe a circolare l’euro mentre nel “gruppo dei
paesi periferici” verrebbe introdotta una nuova moneta che si svaluterebbe
rispetto la prima; b) La possibilità che solo la Germania abbandoni l’euro e
reintroduca il marco; c) La diffusione di una moneta elettronica (scenario di
cosiddetto di euro-flessibile) che però presenta una ridotta fattibilità politica;
d) Reintrodurre le monete nazionali nei singoli paesi dell’Eurozona mentre
l’euro rimarrebbe come mera moneta sovranazionale usata sono dalla BCN
per regolare le transazioni commerciali internazionali; e) L’introduzione (nella
normativa europea) di regole precise di exit dall’ Eurozona sia a seguito di
una decisione politica di un paese, sia nel caso che un paese non rispetti le
nuove regole di coordinamento che sostituirebbero le attuali procedure e
sanzioni.
TEORIA DELLE AREE VALUTARIE OTTIMALI Teoria AVO Ci si chiede se è
vantaggioso per un paese partecipare ad un’unione monetaria. Secondo la
Teoria delle aree valutarie ottimali (AVO) la risposta è positiva quando i
benefici derivanti dall’ UM superano i costi: 1. I costi sono prevalentemente
macroeconomici e si riferiscono alla perdita dello strumento di cambio e di
politiche monetarie indipendenti; 2. I benefici sono principalmente di tipo
microeconomico ed essi includono soprattutto l’abbattimento dei costi di
transazione e l’eliminazione del rischio di cambio.
PATTO DI STABILITA’ E CRESCITA
PSC: Il patto di stabilità e crescita era visto come il proseguimento dei criteri
di Maastricht per i paesi dell’UEM (firmato su pressioni soprattutto tedesche).
Fissa 2 numeri: 1. Il pareggio del bilancio pubblico (D=0) come obiettivo di
medio termine; 2. Un tetto al rapporto deficit/pil pari al 3% da rispettare
sempre, al di sopra del quale il Consiglio può decidere sanzioni per i paesi con
“deficit in eccesso”. Un superamento eccezionale (transitorio) potrebbe non
essere considerato deficit eccessivo (ad es. per un grave recessione). Il tetto
del 3% al rapporto deficit/pil era già stato fissato dal precedente Trattato di
Maastricht per i paesi che intendevano essere ammessi all’ UEM. La crisi dei
debiti sovrani ha portato alla predisposizione di nuove regole per i bilanci e
per le politiche macroeconomiche. La riforma del PSC (approvata dal
Consiglio Europeo nel giugno 2011): 1. Lasciò inalterati i parametri di
Maastricht: 3% per il rapporto deficit/pil e 60% per il debito/pil; 2. Correzione
di almeno 0,50% annuo dei disavanzi verso il pareggio del bilancio
strutturale; 3. Maggior peso per il rientro dal debito; 4. Nuova governance
europea per gli squilibri macroeconomici.
Fiscal Compact: La crisi dei debiti sovrani nel 2011 ha portato, però, ad un
ulteriore rafforzamento delle regole di bilancio: Il Trattato intergovernativo
sulla stabilità, coordinamento e governance nell’Unione economica e
monetaria (ossia il Fiscal Compact). Circa il contenuto: 1. Sono confermati i
parametri del PSC rafforzato; 2. Aggiunta, però, la regola che impone il
pareggio di bilancio da introdurre (entro 1/1/14) in norme di tipo
costituzionale o comunque nelle legislazioni nazionali.
Curva di Laffer: La curva di Laffer mostra che un’eccessiva tassazione è
dannosa per il gettito fiscale. Infatti, con un sistema impositivo proporzionale
sul reddito (T=� Y), un aliquota d’imposta � troppo elevata potrebbe ridurre,
anziché accrescere, il gettito. Motivi: 1. Le persone lavorano e producono di
meno; 2. Sfuggono al fisco attraverso le attività sommerse.
CURVA DI PHILLIPS
Curva di Phillips: Phillips, in uno studio empirico del 1958, riscontrò una
relazione inversa tra il tasso di inflazione ed il tasso di disoccupazione. è
Spostamenti lungo la curva sono dovuti a shock sulla domanda aggregata
e alle politiche di stabilizzazione: a) Verso l’alto (u â e π á ) con politiche
espansive; b) Verso il basso (u á e π â) con politiche restrittive. è
Spostamenti della curva sono originati da shock d’offerta o da politiche
strutturali: a) Verso l’alto (u á e π á ) con shock avversi che fanno peggiorare
Il trade-off; b) Verso il basso (u âe π â) che migliorano il trade-off. è
L’inflazione da domanda può essere rappresentata da uno spostamento
lungo una data curva di Phillips; è L’inflazione da costi è invece
rappresentata da uno spostamento dell’intera curva di Phillips, essendosi
verificato in questo caso u