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R
L = lunghezza del collo (0.2m per 50%ile M)
Criteri di lesione torace: per il torace si analizzano i criteri di lesione di urto frontale e laterale;
Urto frontale:
Vi sono più criteri di lesione relativi all’urto frontale:
- per lesioni interne e fratture al torace, il criterio di lesione è:
acc. X 3ms (accelerazione legata al tempo), con toll umana a 60g x 3ms
- per schiacciamento dello sterno, il criterio di lesione è:
schiacciamento sterno, con toll umana pari a 76.2 mm per un carico distribuito, e pari a 50 mm per
un carico concentrato
- per lesioni interne e rotture costole, il criterio di lesione è:
VC (criterio viscoso) = , con toll umana con K = 0.229 m
- criteri di prestazione per la famiglia di manichini H .
3
- criterio di lesione CTI (combined thorax index):
basato sull’interazione dei criteri di accelerazione legata al tempo, e di schiacciamento del torace
Urto laterale:
Vi sono più criteri di lesione relativi all’urto laterale:
- per rottura di costole, il criterio di lesione è:
deflessione dell’emitorace, con toll umana equivalente a 42mm
- per lesioni interne e rottura costole, il criterio di lesione è:
TTI(thoracic trauma index) = 1.4 AGE+0.5(RIB y+T12y), con toll umana
Criteri di lesione addome:
Urto frontale:
- carico su cintura addominale con un’intrusione antero-posteriore 39 mm
Urto laterale:
Per quanto riguarda l’urto laterale le lesioni sono dovute principalmente a sporgenze della
superficie interna della porta, che penetrano nel fianco dell’occupante; si ha toll umana di
forza misurata esternamente, quindi con penetrazione < 28%, equivalenti a 40mm.
Criteri di lesione bacino:
Sia per addome che per il bacino, il criterio di lesione tiene conto della penetrazione e della forza
impressa.
Urto laterale:
Nell’urto laterale del bacino compaiono le forze come criterio di lesione, e il criterio di prestazione
è valutato su manichini EUROSID, con toll umana 10KN.
Criteri di lesione arto inferiore:
Questi criteri di lesione comprendono quindi rotula, femore, bacino e loro articolazioni.
Il criterio di lesione è la forza compressione femore, con toll umana
Stabilità primaria e secondaria:
Per poter considerare ben riuscita un’operazione di protesizzazione, bisogna verificare che questa
abbia raggiunto innanzitutto la stabilità primaria, e in un secondo tempo la stabilità secondaria.
La stabilità primaria è la stabilità che si raggiunge subito dopo l’intervento, quindi nell’immediato
post operatorio, per cui prima che dell’accrescimento osseo. Questa stabilità deve assicurare che da
subito ci siano le condizioni meccaniche per cui il contatto osso-stelo assicuri che le tensioni
associate ai movimenti provocati dalle normali attività umane, non portino a eccessivi movimenti
relativi, dove questi devono rimanere al di sotto dei 150 m.
La stabilità secondaria invece è la stabilità che si raggiunge nel momento successivo
all’accrescimento osseo, quindi dopo che è avvenuto il collegamento osso-protesi attraverso la
crescita dell’osso negli interstizi dello stelo, il quale viene completamente avvolto solo se lo stato
tensionale all’interfaccia osso-stelo è adeguato. Processo che può avvenire solo a stabilità primaria
ottenuta.
Il carico in questa fase deve essere concesso gradualmente fino a concedere tutto il carico una volta
ottenuta la stabilità secondaria.
Il fallimento nel collegamento osso-protesi può dipendere dal tipo di disegno di protesi e dal tipo di
movimento a cui è stata soggetta.
La rottura a fatica, quindi lo scollamento dell’impianto, avviene quando i micromovimenti
determinano tensioni che superano il limite di fatica dell’osso.
Stress shielding e by pass dei carichi:
Sono due fenomeni dovuti alla protesizzazione, e sono l’uno causa dell’altro.
Lo stress shielding fa riferimento alla riduzione di densità ossea in seguito alla protesizzazione che
elimina alcune sollecitazioni a cui veniva sottoposto prima l’osso. Agisce quindi come
scuso/schermo delle tensioni.
La riduzione di densità ossea avviene secondo quello che viene detto dalla legge di Woolf, e cioè
l’osso è soggetto a continuo rimodellamento, in risposta ai carichi a cui esso è sottoposto.
Quindi se si va a diminuire il carico, o comunque la sollecitazione su determinate parti ossee che
prima invece erano molto sollecitate, l’osso diventerà meno denso e più debole in quanto non è
stimolato al rimodellamento necessario per mantenere la massa ossea.
La riduzione di massa ossea, dopo pochi anni può raggiungere valori del 50% riducendo la capacità
dell’osso nella sua resistenza nel sopportare i carichi trasmessigli.
Il by pass dei carichi indica il fatto che nel momento in cui viene inserita la protesi, che è un
elemento rigido, viene a crearsi un passaggio di carichi.
Bisogna dunque evitare di inserire nell’osso qualcosa di troppo rigido, altrimenti il carico viene
trasferito sulla punta dell’osso.
È importante infatti che il contatto osso-stelo sia prossimale, e che si evitino i picchi di
sollecitazione.
Esperimento Charnley:
Charnley è riuscito a determinare l’orientamento della risultante articolare sull’anca andando a
studiare 37 casi di cotili in politetrafluoroetilene espiantati, in quanto dopo qualche anno si erano
prodotte delle cavità cilindriche terminanti con un fondo sferico, che aveva le stesse dimensioni
della testa protesica. Attraverso quindi, la direzione dell’asse di queste cavità riuscì a determinare la
direzione della forza media agente sulla testa femorale.
Dimostrazione cuffia dei rotatori: La cuffia dei rotatori composta dai muscoli:
piccolo rotondo, sopraspinato, infraspinato e
sottoscapolare. Sono quindi “grossi tendini” che
avvolgono e sostengono l’articolazione scapolo-
omerale formando una vera e propria cuffia.
Una funzione importante della cuffia dei rotatori
è quella di consentire la rotazione e aiutare la
stabilità della spalla, dato che per la direzione
della risultante R, il deltoide tenderebbe a
lussare la spalla verso l’alto, cosa che appunto
non viene permessa dalla cuffia dei rotatori, che
riporta la risultante all’interno
dell’articolazione, facendo si che R comprima la
testa omerale nella cavità glenoidea.
Forze applicate sul ginocchio:
L’articolazione del ginocchio è un’articolazione particolarmente delicata in quanto è soggetta a
sollecitazioni notevoli di ogni genere.
La principale caratteristica del ginocchio, che deve essere mantenuta in fase di protesizzazione, è
quella di andare a consentire una rapida flesso-estensione.
L’articolazione del ginocchio è caratterizzata anche da avere la rotula, un “bottoncino” che va ad
interfacciarsi unicamente col femore, e che è avvolto nel tendine rotuleo. Su questa vanno ad unirsi
i 4 fasci del quadricipite da cui iniziano poi a diramarsi.
Le principali funzioni della rotula sono: di protezione dell’articolazione, e di fungere da potenziale
d’azione per i quadricipiti. Nella figura sono rappresentati:
Q = compito di stabilizzare il ginocchio comprimendo
1
la rotula sul femore;
Q = componente che scorre fino alla tibia;
2
Q = Q = componenti che schiacciano la tibia sul
3 5
femore;
Q = Q = componenti che mi consentono l’estensione
4 6
della gamba;
Corsetti:
I corsetti ortopedici, anche noti come ortesi, hanno il ruolo fondamentale di riuscire a fermare
l’evoluzione della scoliosi, ossia quella deformazione della colonna vertebrale caratterizzata da una
deviazione tridimensionale in quanto si ha anche una lieve rotazione della gabbia toracica, unita ad
una flessione in avanti della colonna.
La scoliosi può presentarsi come: atteggiamento scoliotico, scoliosi posturale, e scoliosi idiopatica.
Spesso assieme alla scoliosi, si ha la presenza del gibbo, presente in soggetti esageratamente
scoliotici in cui si è verificata una fuoriuscita della scapola a causa del movimento della gabbia
toracica, e che spesso, se grave può causare anche schiacciamento degli organi interni.
I corsetti hanno quindi una funzione riparativa.
I corsetti possono essere di due tipi:
1. Corsetti di tipo conservativo: sono corsetti che non servono per correggere ma per
sostenere e proteggere la colonna vertebrale per esempio in seguito a operazioni, o per
prevenzione di crolli vertebrali osteoporotici, o per prevenzione del dolore. I corsetti di tipo
conservativo sono ad esempio: armature, esoscheletri, busti gessati ecc.
2. Corsetti di tipo correttivo: sono corsetti usati appunto con una principale funzione
correttiva, che va fatta con atti diretti a modificare il modello di distribuzione delle
sollecitazioni nella colonna scoliotica. Questa avviene con tecniche diverse, come:
- trazione lungo l’asse del rachide , con l’applicazione di una forza sotto il mento;
- appoggio di deflessione laterale , con l’applicazione di una deflessione laterale che fa
perno sulle coste senza andarle a schiacciare, a cui vengono associate controspinte in
corrispondenza delle due estremità, superiore e inferiore, della curva principale. Azione
che va bene per curve di lieve angolazione;
- derotazione , si ha con l’uso di cinghie che inducono una derotazione con forze di
pressione, della colonna intorno al suo asse verticale, a cui viene associata una
controspinta toracica tale da provocare una coppia torcente. Si va quindi ad applicare
una forza sulla scapola, e una anteriormente sul tronco dalla parte opposta alla scapola
scelta.
I corsetti vengono costruiti andando a realizzare un calco sul busto del paziente in questione, e da
questo calco si andrà poi a realizzare un calco positivo su cui si andranno a studiare pressioni e
deflessioni.
I corsetti hanno grande effetto se usati in età giovane, tra i 10 e i 15 anni, perché una volta che si è
in età adulta, in cui si è ultimata la formazione ossea il paziente si stabilizza, e si useranno
solamente corsetti contenitivi.
Esempi di corsetti correttivi:
• Corsetti Milwaukee: costituiti da una cintura pelvica realizzata su un modello di gesso con
parametri geometrici specifici. Questi corsetti sono usati per curve toraciche alte in età tra i
2 e i 14 anni. Porta immediatamente ad una correzione del 50%, che all’abbandono si riduce
al 20%.
• Corsetti Lionese: costituiti da 2-3 gessi correttivi di 45 giorni l’uno, e successivamente si
usa un corsetto di materiale plastico. Portano immediatamente ad una correzione del 50%,
che all’abbandono si riduce al