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L’AVVENTURA DEL CINEMATOGRAFO
Chi è Melies? Cita 3 film con date. (pag.5/6)
1.
Melies era un famoso illusionista, che acquistò un apparecchio dai fratelli
Lumière per riprendere i suoi numeri. Usa il montaggio come trucco, per
creare meraviglia (es. arresto della ripresa e scatto singolo – per far muovere
gli oggetti).
Ebbe successo tra il 1985 e il 1912, poi i trucchi divennero ripetitivi e nessuno
comprò più le pellicole.
Film: “Viaggio sulla luna” (1902), “La lanterna magica” (1903), “Viaggio
verso l’impossibile” (1904), “Viaggio alla conquista del Polo” (1912).
Sono film-varietà (+ spettacolo che narrazione). Sono racconti a stazioni o a
quadri, perché ogni inquadratura fissa comprende un intero episodio
autonomo. Utilizza il montaggio per collegare gli episodi. Non c’è mai un
aspetto drammatico.
Parla di “Entr'acte”: in che movimento si colloca? (pag.24)
2.
“Entr’acte” è un film di René Claire del 1924 ed è uno dei capolavori del
movimento Dadaista. Il titolo deriva dal fatto che è nato come intervallo di un
balletto, ma anche per la poetica stessa del dadaismo. Le immagini sono
protagoniste e non hanno altro fine che se stesse, giocano tra loro. Non ci
sono personaggi né storie, ma solo figure (es. l’occhio, che è il simbolo delle
rivoluzioni artistiche del ‘900). Niente ha un senso logico (es. il carro del
funerale è trainato da un dromedario e invece delle corone di fiori ci sono
delle ciambelle. Quando il carro parte, il funerale si trasforma in una corsa).
Quali sono nomi dei fondatori della United Artists? (pag.16)
3.
Nel 1919 Griffith, Chaplin e i 2 attori americani più famosi dell’epoca (Douglas
Fairbanks e Mary Pickford) fondarono la United Artists, una compagnia di
produzione e distribuzione cinematografica, per difendere l’autonomia degli
artisti contro il potere crescente dei produttori.
Quando inizia l'Espressionismo tedesco? (pag.33/34)
4.
C’è un unico film ritenuto pienamente espressionista: “Il Gabinetto del
Dottor Caligari” (Wiene, 1919). In questo film tutto è falso: il protagonista
racconta una storia e fa arrestare un uomo, ma in realtà l’uomo non è chi ci si
aspettava e la storia è falsa. Lo spettatore viene coinvolto in un mondo di
delirio grazie ai trucchi distorsivi (es. effetto Shufftan, proiezione ingrandita
tramite specchi) e ai primi piani che assumono aspetti persecutori e
demoniaci.
Caratteristiche del cinema espressionista tedesco: forte distorsione, fissità e
durata delle inquadrature, chiusura dell’inquadratura su se stessa,
trascuratezza del montaggio a favore degli effetti. Spesso la storia viene
raccontata come una gigantesca allucinazione.
Alcune caratteristiche del Dottor Caligari si trovano in altri film: “Destino”
(Lang, 1921); “Il gabinetto delle figure di cera” (Leni, 1924), “Il Golem”
(Wegener, 1914 e 1920).
Cita 3 nomi di registi della Nouvelle vague. (pag.53/57)
5.
La Nouvelle vague francese è uno sconvolgimento narrativo e linguistico del
modo di raccontare. Il cinema comincia a parlare di se stesso
(metalinguaggio).
I giovani degli anni ’50 cercano nel cinema anche uno strumento per
comunicare e pensare, quindi si cercano argomenti più attuali e attori meno
divi.
I giovani registi francesi iniziano tutti dalla critica cinematografica sulla rivista
“Cahiers du cinema”, fondata nel ’51.
Il cinema moderno ha una maggiore consapevolezza del linguaggio delle
immagini, vuole mostrare e non dimostrare. I suoi strumenti sono la
profondità di campo e il piano sequenza. L’autore è fondamentale, perché
impone all’opera il proprio stile.
La Nouvelle vague ama il passato e le tradizioni, ma si stacca da essi per
fare un cinema più vicino alla vita reale. Rispetto alla narrazione classica,
subentra il primato dell’osservazione: la drammaturgia si complica (è difficile
identificare buoni e cattivi) leggibilità e gerarchizzazione dell’inquadratura si
confondono (profondità di campo).
La Nouvelle vague spezza i codici hollywoodiani, ma li riprende anche, in un
gioco tra tradizione e sovversione. Le inquadrature si allungano più del
necessario o s’interrompono troppo presto. La narrazione ha un ritmo
discontinuo e accelera nel montaggio a salti (jump cut), che salta parte della
storia (es. uccisione del poliziotto di “Fino all’ultimo respiro” di Godard).
Si vuole mostrare il cinema nell’atto del raccontare, più che le azioni dei
protagonisti. C’è mescolanza tra fiction e documentario (es. vengono usati
quasi sempre ambienti reali, così entrano nel film anche oggetti casuali e
persone comuni, come anche si sentono rumori di fondo, perché si usano
cineprese leggere con l’audio in presa diretta). Si abbandona la
sceneggiatura di ferro in favore al copione moderno a 2 colonne (azioni e
dialoghi), che a volte viene modificato durante le riprese, anche in base ai
suggerimenti degli attori.
Il cinema della Nouvelle vague si avvicina quindi al mondo reale, ma senza
cercare l’illusione di realtà del cinema classico; anzi, vuole che lo spettatore
sia cosciente di essere al cinema, che ora parla prima di tutto di sé.
I tre registi più importanti delle Nouvelle vague sono:
Godard. In “Fino all’ultimo respiro” (’60), crea il primo antieroe: un
- ragazzo che sogna di essere come Bogart, ma non ne ha la stoffa e
quindi preferisce farsi uccidere. Questo film è una riflessione sui miti
che il cinema genera e sul loro incontro con la vita reale.
L’obiettivo di Godard è far emergere la potenza suggestiva del
linguaggio filmico (es. “Questa è la mia vita” (’62) è un racconto in 12
quadri, anticipati da didascalie, che ricorda il cinema delle origini; in
“Alphaville” (’65) riesce a filmare Parigi come se fosse un pianeta
sconosciuto, grazie a lunghissimi carrelli; in “Il bandito delle ore
undici” (’65) si vede chiaramente l’estetica di Godard: non mostra più
le azioni (cinema classico), ma ciò che sta tra le azioni: silenzi, attese,
tensioni, ecc.).
Truffaut. Viene cresciuto da Bazin e ha un grande amore per la cultura.
- Sostiene che un film può trovare la propria autonomia solo se rispetta il
romanzo da cui è tratto (in alcuni film, c’è un narratore che legge delle
pagine, ricordando così l’imbonitore delle origini). L’atto del raccontare è
più importante delle storia stessa. I suoi personaggi restano misteriosi:
non sempre si capiscono i loro sentimenti e i loro gesti (es. suicidio di
Jeanne Moreau in “Jules e Jim” (’61)). A volte i personaggi
contraddicono, perché la narrazione è composta da frammenti di verità,
oppure la temporalità viene invertita per sottolineare la subordinazione
della storia all’atto di narrare.
Truffaut costruisce 5 film (ciclo di Antoine Doinel) su uno stesso attore:
Jean Pierre Léaud: “I quattrocento colpi” (’59); “L’amore a
vent’anni” (’62); “Baci rubati” (’68); “Non drammatizziamo… è solo
questione di corna” (’70); “L’amore fugge” (’78). Questo perché i
registi della Nouvelle vague non vogliono divi, ma uomini e donne
comuni, in cui a volte mettere anche aspetti autobiografici.
Rohmer. Realizza film in cui c’è solo ciò che avviene tra un’azione e
- l’altra (i tempi, i luoghi, le idee): l’azione si dissolve in una serie di
attese, di sguardi. Film: “Il segno del leone” (’59); “La collezionista”
(’67); “La mia notte con Maud”). Il cinema di Rohmer è il trionfo del
non detto e del non visibile.
Parla della scuola di Sennett. (pag. 16/17)
6.
Sennet crea film-giocattolo, appartenenti alle slapstick comedy, basati su
assurdità, nonsense, gag ispirate al circo, con una grazia involontaria. I suoi
personaggi non fanno che correre e ballare, senza pensieri. Ciò che conta è
solo il ritmo e la velocità delle gag. Si crea un mondo irreale, cubista. Il
cinema di Sennet è sovversione delle regole sociali e linguistiche.
Alla Keystone, la casa di produzione di Sennet, fecero il loro apprendistato
anche grandi attori comici come Chaplin e Keaton, e anche futuri registi
drammatici come Capra. Infatti, il cinema comico è il primo laboratorio in cui
nasce il linguaggio cinematografico.
Quali sono gli strumenti ottici che anticipano il cinematografo?
7. (pag.1/2)
Già nel ‘600 nascono gli spettacoli ottici, che sono principalmente 2: la
lanterna magica, che proietta sulle pareti di una sala buia delle figure
disegnate su vetro e che viene usata sia a scopo ludico (o per suggestioni
spiritiche) sia a scopo didattico (poteva mostrare luoghi e monumenti reali); il
mondo nuovo, una scatola dentro cui bisogna guardare per vedere le
immagini. Ha un utilizzo meno fantastico, perché si utilizza alla luce del sole.
Viene utilizzato per far conoscere la Rivoluzione francese ai ceti più bassi.
Entrambe necessitano di un imbonitore che ne spieghi il funzionamento.
Parla di Orson Welles e “Quarto Potere”. (pag.44/45)
8.
Orson Welles è il primo grande caso di rottura dell’illusione di realtà. Usa il
cinema per mostrare immagini molto violente. Il suo capolavoro è “Quarto
potere” (’41), in cui fa una profonda riflessione sull’identità dell’uomo
moderno, basata su potere e ricchezza, ed esalta il cinema come strumento
sovversivo. Kane è il primo protagonista nella storia del cinema ad essere
demolito e ridotto a un fantasma; è il primo film in cui il narratore e lo
spettatore non sanno niente e non apprendono niente; l’illusione di realtà è
completamente demolita; nelle prime e nelle ultime inquadrature la
protagonista è la cinepresa.
Nel suo secondo film, “L’orgoglio degli Amberson” (’42), Welles usa la
profondità di campo sonora, un’innovazione stilistica radicale, che rende
molte scene difficili da comprendere.
“L’infernale Quinlan” (’58) è una storia tenebrosa e labirintica (vedi
dispensa).
Welles è un ammiratore di Melies e vede nel cinema una macchina
d’illusione. La sua figura stilistica più forte è la profondità di campo eccessiva,