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SODDISFAZIONE LAVORATIVA: METODI UTILIZZATI PER VALUTARLA:
La soddisfazione lavorativa ha tre componenti:
a) componente emotiva (es. sentirsi di buon umore, un vissuto generale di appagamento, ecc…)
b) componente cognitiva (es. bilancio costi – benefici dell’attività svolta).
c) componente comportamentale
Considerando queste differenti componenti si può sostenere che la soddisfazione lavorativa appartiene a
una categoria di particolari atteggiamenti verso l’esperienza lavorativa.
La soddisfazione del lavoratore può essere studiata mediante:
a) misure generali: es: “se lei potesse scegliere oggi la sua occupazione, sceglierebbe di essere quello che è
ora?”.
b) misure analitiche: es. “quanto è soddisfatto o insoddisfatto della qualità delle relazioni con i suoi colleghi di
lavoro?”; “quanto è soddisfatto o insoddisfatto dell’orario di lavoro?”, ecc…
LEADERSHIP: APPROCCIO SITUAZIONALE + MODELLO CHE PUÒ ESSERE RICONDOTTO A TALE
APPROCCIO ESPLICATIVO:
Secondo l’approccio situazionale, non esiste un modo “giusto” di essere leader, non è possibile definire un
solo stile di leadership che sia coerente alle diverse possibili situazioni ma, al contrario, lo stile deve essere
scelto in funzione delle diverse situazioni e delle diverse caratteristiche dei destinatari che il capo si trova a
gestire.
Uno dei modelli che fa riferimento a questo approccio è il modello di contingenza di Fiedler. Fiedler riteneva
che lo stile di leadership fosse un atteggiamento stabile distinguibile in due distinte tendenze motivazionali:
1) la motivazione al compito (di chi cerca di soddisfare principalmente il proprio bisogno di realizzazione)
2) la motivazione alle relazioni (di chi cerca di soddisfare il proprio bisogno di costruire e mantenere
relazioni).
Gli stili devono essere valutati in relazione alle caratteristiche della situazione:
a) La relazione fra leader e follower: è la dimensione principale nel determinare quanto la situazione sia
favorevole per il leader. Le relazioni migliori sono quelle basate sulla cooperazione, fiducia, rispetto e scarsa
presenza di tensioni.
b) La struttura del compito: si riferisce alla maggiore o minore strutturazione del compito. In particolare,
compiti di facile comprensione contribuiscono alla strutturazione della situazione e consentono al leader di
essere più influente.
c) Il potere di posizione: quando questo potere è elevato il leader ha facoltà di assegnare compiti,
riconoscere e punire i collaboratori e il leader ha maggiore influenza.
Sulla base delle caratteristiche è possibile individuare sia situazioni più favorevoli e altre più sfavorevoli al
leader e anche stabilire quale sia lo stile di leadership più adeguato.
LEADERSHIP: DIFFERENZA TRA LEADERSHIP TRANSAZIONALE E TRASFORMAZIONALE:
La leadership transazionale consiste nella transazione interpersonale tra leader e collaboratori.
Le caratteristiche fondamentali della leadership transazionale sono relative all’uso di sistemi di ricompensa
contingenti, da parte dei leader, per mantenere alta la motivazione dei collaboratori, e all’esercizio di azioni
correttive, da parte dei leader, laddove i collaboratori non riescono a ottenere l’obiettivo atteso.
La leadership trasformazionale, invece, enfatizza il comportamento simbolico del leader, i messaggi visionari
e ispirazionali, la comunicazione con i collaboratori a livello intellettuale ed emozionale. La fiducia è la merce
di scambio della relazione tra leader e collaboratori. Il leader trasformazionale è colui che riconosce i bisogni
dei follower e sa trasformare i propri follower in nuovi leader.
Sono le quattro “I” di Bernard Bass a rappresentare il modello di leadership trasformazionale più noto:
1) La considerazione Individuale: fa riferimento alla comunicazione personalizzata, intesa come azione di
base, verso l’obiettivo di crescita; 2) La stimolazione Intellettuale: è considerata la via per dare energia,
indipendentemente dai sistemi riconosciuti formali; 3) La motivazione Ispirazionale: delineano sfide per il
futuro, obiettivi a cui tendere;
4) L’influenza idealizzante: chiama in causa l’attenzione alla fiducia, divenendo modello di ruolo in cui i
collaboratori possono identificarsi.
MODELLI DI SCELTA COGNITIVA:
La domanda alla base degli approcci della scelta cognitiva è: “posso aspettarmi un collegamento tra quello
che investo e quello che faccio e ottengo?”. Secondo Vroom, il processo motivazionale comprende tre
elementi distintivi:
1) la sequenza comportamentale: il corso d’azione che tende a un certo obiettivo;
2) la motivazione: l’insieme di energie mobilitate per il compimento del corso d’azione;
3) la ricompensa: l’ammontare dei benefici che si ottengono raggiungendo l’obiettivo.
La forza della motivazione è l’esito di 3 elementi: a) valenza (V): indica il valore positivo o negativo attribuito
dalla persona alle diverse possibili ricompense o risultati attesi della prestazione. b) strumentalità (I): è la
probabilità che il corso d’azione consenta realmente il raggiungimento dell’obiettivo. c) aspettativa (E): è la
percezione di quanto l’impegno nella prestazione possa effettivamente condurre alla ricompensa attesa. Si
esprime in termini di probabilità.
Questi tre elementi sono legati tra loro secondo la relazione: M = V x I x E.
Secondo Porter e Lawler, l’impegno e lo sforzo del lavoratore sono correlati a diversi fattori di natura
cognitiva attivati nell’interazione con il contesto lavorativo:
1) il valore attribuito dal lavoratore ai ricavi lavorativi; 2) l’aspettativa che esista un legame tra sforzo e
risultato;
3) una valutazione di equità dei risultati ottenuti.
Rispetto al modello di Vroom, la connessione tra impegno/sforzo e prestazione è modulata da due ulteriori
variabili:
il livello di abilità e il grado di chiarezza con cui è percepito il proprio ruolo lavorativo.
MOTIVAZIONE E PRINCIPALI TEORIE:
La motivazione è definibile come l’energia investita dagli individui nella prestazione lavorativa e nell’appartenenza
all’organizzazione. L’etimologia del termine motivazione rimanda all’insieme di processi psicologici alla base delle azioni
volontarie dirette verso un obiettivo. Molti autori sono concordi nell’individuare un campo semantico in cui la motivazione
viene concepita come un’energia che alimenta i comportamenti e li orienta verso una meta e può essere analizzata in
termini di: attivazione, direzione (quale dei possibili corsi di attività viene scelto dal lavoratore), intensità (livello dello
sforzo con cui si svolgono le attività scelte) e persistenza (si sottolinea come il lavoratore attua la sua prestazione con
continuità anche di fronte a ostacoli, condizioni difficili o imprevisti). Le principali teorie sulla motivazione sono:
a) Teorie dei bisogni:Le teorie dei bisogni rispondono alla domanda: “a quali bisogni risponde il lavoro?”.
Maslow, nella sua teoria della Gerarchia dei bisogni, sostiene che le persone possiedano un comune di set di bisogni
organizzati secondo una scala gerarchica di importanza:
- alla base troviamo (5): bisogni fisiologici (cibo, acqua, sesso, sonno, ecc…);
- nel gradino successivo (4): bisogni di sicurezza (sicurezza della persona, del lavoro, della famiglia, ecc…)
- nel gradino successivo (3): bisogni sociali (amicizia, famiglia, partner, ecc…)
- nel gradino successivo (2): bisogni di stima di sé (rispetto degli altri e dagli altri, fiducia in se stessi, ecc…)
- in cima troviamo (1): bisogni di autorealizzazione (creatività, spontaneità, capacità di problem solving, ecc…).
Le persone quindi si impegnerebbero in quelle condotte che permettono di soddisfare tali bisogni e colmare le proprie
carenze. Questa teoria tuttavia appare poco sensibile alle differenze individuali e di natura socioculturale.
b) La teoria delle caratteristiche del lavoro: l’importanza della progettazione:Hackman e Oldham identificano 5 fattori
critici per la motivazione e la soddisfazione lavorativa. Questi fattori costituiscono dimensioni significative del lavoro,
ciascuna delle quali fa parte di un continuum che va dal minimo al massimo:
a) varietà delle capacità richieste (skill variety): al polo più alto il lavoratore usa un numero elevato di capacità per lo
svolgimento del lavoro. Viceversa avviene per l’altro polo.
b) identità del compito (task identity): a un polo, il lavoratore completa il lavoro o almeno una porzione significativa di
esso, mentre all’altro polo opera su piccoli segmenti, senza una visione unitaria del compito.
c) compito significativo (task significante): al polo più elevato il lavoro ha una interdipendenza e un impatto anche su
altre persone, cioè ha una rilevanza sociale.
d) autonomia (autonomy): al polo più elevato i lavoratori hanno un notevole spazio di autonomia, sono indipendenti nel
progettare, darsi i tempi di lavoro e svolgerlo.
e) feed – back: al polo più elevato i lavoratori hanno un costante riscontro su ciò che stanno facendo, sulla validità e
l’efficacia delle prestazioni svolte.
Queste diverse caratteristiche del lavoro definiscono un valore della motivazione potenziale (MP):
skill variety identity+task significance × autonomy × feedback
( )
+task
MP = 3
MOTIVAZIONE DEL PERSONALE: IMPORTANZA DELLA GIUSTIZIA E DELLA PARTECIPAZIONE:
il tema della giustizia organizzativa, che si propone di promuovere la percezione di equità nell’ambiente di lavoro.
Il senso di giustizia nelle organizzazioni viene declinato nei termini di:
a) Giustizia distributiva: relativa alla credenza circa il fatto che i ricavi siano corrispondenti alle attese e non determinino
tra i lavoratori situazioni di non equità. b) Giustizia procedurale: relativa al processo attraverso cui le ricompense
vengono assegnate.
c) Giustizia interazionale: relativa alla qualità della relazione tra coloro che hanno funzioni di controllo e valutazione e
coloro che vengono valutati. Quindi, quando si percepisce che le modalità di procedere e di decidere sulla distribuzione
dei ricavi sono adeguate, corrette e trasparenti, appare più probabile lo sviluppo di comportamenti motivati rispetto a un
dato obiettivo.
Al contrario, quando il lavoratore si rende conto che prevalgono criteri non trasparenti o le valutazioni risultano non eque
a causa di favoritismi e discriminazioni, adotterà strategie di riduzione dell’impegno.
Gli obiettivi sono le più forti determinanti cognitive del comportamento lavorativo che influenzano direzionando
l’attenzione, mobilitando la concentrazione, incoraggiando la persistenza e facilitando lo svil