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Descrivi brevemente le differenze tra assessment dell’adulto e assessment dell’età
1) evolutiva.
Innanzitutto, l’adulto si presenta autonomamente in terapia, mentre il minore viene condotto dai
genitori, da una richiesta della scuola o da un’ordinanza del giudice minorile.
La motivazione dell’adulto è quindi generalmente presente, al contrario del minore che è spesso non
motivato.
I bambini non hanno percezione del problema, mentre l’adulto si ed è per questo che va in terapia.
I test da somministrare al minore variano in base all’età (ciò non vale per l’adulto).
Nell’età evolutiva si somministrano questionari self-report a partire dai 8-9 anni, mentre prima vi
sono questionari report-form compilati dai genitori.
Nell’assessment evolutivo c’è un approccio multi-informant e multi-setting. Questo non è
necessario per l’adulto (il suo disturbo si manifesta in un contesto solo e non servono informazioni
derivanti da terzi)
Spiega i concetti di multi-informant e multi-setting.
2)
Con multi-informant si intende un approccio alla valutazione del minore che sappia prendere in
considerazione fonti multiple. Viene chiesto a più persone di descrivere il bambino, oltre che al
soggetto stesso anche ad insegnanti e genitori. È importante vedere il bambino da prospettive
diverse: diversi punti di vista in base ai diversi tipi di personalità (mamma ansiosa, precisa, la
scuola è importante ecc.).
Per multi-setting si intende invece l’importanza della valutazione del bambino nei diversi contesti:
ci sono disturbi che per essere diagnosticati devono essere presenti in più di un contesto; altri che
compaiono in un contesto specifico (es. mutismo selettivo, si manifesta selettivamente nel contesto
sociale, quando sono in un contesto esterno si sentono agitati).
Descrivi la struttura a 3 livelli dell’assessment.
3)
I LIVELLO/GENERALE (valutazione soggettiva): fornisce il terreno fertile sul quale si è
strutturato un disturbo. Fa emergere un assetto di funzionamento; si basa sulla vulnerabilità. In
questo livello ci si pone la domanda: “il disturbo per che tipo di paziente è?”. Somministrerò test
generali che mi aiuteranno a capire quali aree dovrò indagare più a fondo. I test vanno a valutare:
temperamento, relazione gg-bambino, attaccamento, comunicazione, funzionamento familiare.
II LIVELLO/PSICOPATOLOGIA (valutazione oggettiva): delineo il disturbo del paziente, che tipo
di disturbo ha, applico un “etichetta diagnostica” al casso, non è più la parte soggettiva ma è la
diagnosi e comprende qualsiasi ideologia terapeutica (es. se io sono cognitivo comportamentale e tu
dinamico, in questo livello la diagnosi che facciamo, l’etichetta diagnostica che siamo è la
medesima). Il processo per arrivare alla diagnosi (I livello) è personale ma la conclusione (II livello)
è la stessa, al fine che si possa comprendere per tutti. Andando in questo livello ad indagare più a
fondo, i problemi emersi nel livello generale, lo farò tramite intervista psichiatrica-checklist
comportamentale-disturbi di personalità.
II LIVELLO/SPECIFICO: non somministro tutti i test ma solo quelli più specifici per valutare
l’intensità e la gravità del sintomo una volta diagnosticata nel precedente livello. Questi test non
permettono di fare diagnosi (capacità tipica di quelli di II livello) ma ci permettono di valutare
l’intervista per e post trattamento. Come se fosse una lente d’ingrandimento posa su quel problema.
I test che andrò a utilizzare vanno a valutare ansia, depressione, doc, adhd, autostima.
Quali sono gli obiettivi da raggiungere nel primo colloquio?
4)
In prima istanza, è importantissimo stabilire un’alleanza terapeutica sia con il minore che con i
genitori. Comprendere l’influenza del contesto familiare e ambientale sul bambino e notare la sua
reazione comportamentale/emotiva alle influenze ambientali.
Il focus terapeutico poggerà le basi su:
Alleanza terapeutica/approccio empatico del terapeuta -> bambino, genitori
Egodistico/egosintonico
il sintomo, le sue origini e come sia scaturito da fattori predisponenti/precipitanti notando le
reazioni comportamentali del bambino -> quanto dipenda da fattori/influenza familiare e
altro
la terapia non è orientata esclusivamente sul bambino, ma sulle dinamiche/contesto familiare
-> parent training
esplicitare gli obiettivi dell’intervento e discuterli
nel primo colloquio non bisogna dimenticare le questioni etiche e il consenso informato
Come si valuta il disturbo psicologico in età evolutiva?
5)
La valutazione del disturbo in età evolutiva richiede la collaborazione dei genitori e della scuola:
più si è piccoli e più i problemi sono espressione del contesto, per questo è importante lavorare
anche su questo. Si adotta un approccio multi-informant, che tenga in considerazione svariate fonti
di informazione, e multi-setting, cioè che indaghi anche i differenti contesti in cui agisce il
bambino: alcuni disturbi si manifestano in un contesto specifico, altri si manifestano in più contesti.
Si valuta innanzitutto la domanda riportata dai genitori e avviene la raccolta dei dati anamnestici (1-
2 colloqui). Successivamente si procede al processo di assessment centrato sul bambino (4-5
colloqui): ci sono colloqui e test che differiscono però dall’età del minore. In età prescolare si
utilizzano osservazione e attività di gioco e disegno e test report-form; dai 8-9 anni ci sono veri e
propri questionari self-report. In questo modo è possibile arrivare alla diagnosi.
Perché è importante studiare la personalità?
6)
La personalità influenza la prognosi, la gestione e il rischio di sviluppo di vari disturbi mentali e
fisici attraverso il suo effetto su: stili di coping, richiesta di aiuto, abitudini alimentari ecc.
Inoltre, la personalità ci dà informazioni utili per la validazione diagnostica, l’impostazione del
trattamento e la prognosi.
Perché il profilo ottenuto dallo JTCI è ascrivibile al 1° livello di assessment?
7)
È ascrivibile al primo livello di assessment, ovvero al livello generale, perché fornisce il terreno
fertile sul quale è strutturato un eventuale disturbo, quindi fa emergere un assetto di
funzionamento/vulnerabilità.
Come si può utilizzare l’analisi del temperamento ai fini dell’intervento clinico?
8)
L’analisi del temperamento è particolarmente importante per far comprendere ai genitori del
bambino che le etichette che gli danno non sono altro che espressione del temperamento, il quale in
quanto tratto genetico, non può rispettare le loro aspettative irrealistiche. C’è inoltre, una
correlazione tra alcuni temperamenti e il tipo di disturbo che si può sviluppare (anche guida per la
diagnosi). Qual è la differenza tra temperamento e carattere?
9)
La differenza tra temperamento e carattere è che il temperamento si riferisce al modo in cui siamo
nati, alla nostra predisposizione emozionale trasmessa geneticamente; mentre, il carattere è ciò che
noi facciamo di noi stessi intenzionalmente, ovvero le differenze individuali nei personali obiettivi
volontari e nei valori.
Perché è importante l’utilizzo dell’asse II del manuale 0-3 anche per bambini più grandi?
10)
L’asse II permette di valutare la relazione tra madre e bambino. Il manuale permette la diagnosi di
disturbi non presenti in altri manuali diagnostici e si basa sull’assunto che più il bambino è piccolo
e più il disturbo è espressione del contesto. In base alla qualità media dell’interazione gg-b si genera
una rappresentazione interna della relazione (RIG). Questa interazione (rig. Bagnetto, rig. Gioco)
costituisce tanti mattoncini che vanno a costruire il modello operativo interno (MOI) di Bowlby ->
che poi diventerà il mio stile cognitivo, comportamentale e relazionale.
Scegli una tipologia di relazione e descrivila.
11)
La relazione ipercoinvolta è provocata da un genitore che tende a interferire con le finalità e gli
obiettivi del bambino, a volte con richieste non appropriate al livello di sviluppo del bambino. Il
genitore descrive il bambino in termini positivi, mette in secondo piano i propri bisogni rispetto al
bambino e vive un’esperienza positiva con lui. È un tipo di relazione che può portare il bambino ad
essere poso indipendente per cui quando cercherà l’autonomia, il genitore si arrabbierà, sarà triste e
si sentirà abbandonato.
Quali sono i 3 indici generali utili nell’osservazione dell’interazione genitore-bambino?
12) Volto: (che può tradire l’espressione emotiva, può essere più o meno accessibile al bambino
e l’espressione dovrebbe variare a seconda del bambino)
Voce: (che può essere presente, come assente, amorevole, severa ecc.)
L’orientamento spaziale: che è in grado di trasmettere informazioni al bambino come
sicurezza o rifiuto
Questi 3 indici devono permettere alla mamma di essere come uno “specchio” che sappia rimandare
al bambino l’emozione che sta provando: il bambino si sente sintonizzato con la mamma ma
capisce che sono 2 persone diverse.
Elenca le differenze tra l’approccio empirico e l’approccio categoriale alla diagnosi.
13)
L’approccio empirico è basato sull’esperienza, infatti partiamo dal basso cioè dai comportamenti e
dalle emozioni del bambino per arrivare a costruire il quadro sindromico. È infatti definita metodo
“bottom-up”.
L’approccio categoriale, o “top-down” fa si che si parta dalla categoria diagnostica che abbiamo
scelto di indagare per arrivare alla costruzione del quadro clinico e del livello di gravità.
Un’altra differenza riguarda il compito dei genitori: nel primo caso chiediamo di descrivere i
problemi emotivi e comportamentali del bambino, nel secondo le domande sono mirate ad indagare
i sintomi della categoria diagnostica di riferimento.
Differenzia e descrivi i disturbi esternalizzanti e i disturbi internalizzanti.
14)
I disturbi esternalizzanti sono comportamenti diretti verso l’esterno e sono caratterizzati da basso
adattamento, aggressività, impulsività, distruttività. Riguardano l’agire del bambino verso il mondo
esterno.
I disturbi internalizzanti sono caratterizzati da comportamenti o problemi diretti verso l’interno,
come ansia, depressione, vergogna, tr