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CIPRIANO
Tascio Cecilio Cipriano nasce intorno al 200 a Cartagine, si forma nelle scuole di quella città, è rinomato
maestro di retorica fino al 246 quando si converte e dona tutti i suoi beni ai poveri, è eletto vescovo nel 248
e deve affrontare la durissima persecuzione decretata dall’imperatore Decio nel 250, non sfugge a quella di
Valeriano del 257-258. Vari gli scritti di carattere apologetico (Ad Donatum, Ad Demetrianum) sulle colpe dei
pagani o sulle punizioni divine, altri su questioni connesse con la guida della diocesi di Cartagine come il De
lapsis sull’atteggiamento da tenere nei confronti dei cristiani che rinnegano fede durante persecuzioni e poi
pentiti vogliono rientrare nella comunità, il De catholicae ecclesiae unitate contro eresie e scismi, il De habitu
virginum sui comportamenti delle donne che facciano voto di consacrarsi a Dio, molto importante è anche
l’epistolario dal quale ricaviamo informazioni sulla vita nell’Africa proconsolare. È un grande estimatore di
Tertulliano ma non lascia prendere la mano dal gusto dell’estremismo, in quanto vescovo deve mantenere
equilibrio, decide di riaccogliere i lapsi ma impone loro severe penitenze, come si vede da martirio non è
disposto a cedimenti ed è fermo anche in occasione dello scontro con papa Stefano sulla questione del
battesimo inferto agli eretici (per gli Africani non è valido ed è necessario ribattezzare coloro che abbiano
ricevuto il sacramento da preti che si trovino fuori da Chiesa) ma in realtà per autonomia delle singole sedi
vescovili da Roma che si appella a primato di Pietro. Suo stile è caratterizzato da sicuro possesso delle
tecniche della prosa classica con citazioni bibliche che non alterano solennità grandiosa del periodare, una
Vita Cypriani è stata scritta dal diacono Ponzio.
TESTI.
Tertulliano: l’opera più celebre è l’APOLOGETICUM in cui l’autore si propone come acceso difensore della
fede cristiana, orazione rivolta ai magistrati e alle autorità di Cartagine che dovevano decidere della sorte dei
cristiani incarcerati in attesa di giudizio, egli denuncia l’infondatezza giuridica delle persecuzioni smontando
una per una le accuse dei pagani e attaccando la vanità e l’assurdità delle credenze e dei riti degli accusatori,
mette in luce l’inutilità delle persecuzioni mostrando come il martirio di innocenti non faccia altro che
motivare altre persone a seguirne l’esempio, esalta il martirio come via per ottenere la grazia divina e per
rinsaldare la fede cristiana, l’odio contro i cristiani è frutto d’ignoranza. La vis polemica di Tertulliano si scaglia
anche contro le donne, considerate archetipo di ogni tentazione e di ogni peccato, proibisce l’uso
dell’ornamento e del trucco, impone l’adozione del velo, critica l’uso di cingersi il capo di corone, donna è
solo nemica e attentatrice alla virtù maschile e per secoli sarà vista dalla Chiesa come diavolo, non è immagine
di Dio. Tertulliano condanna anche guerra e vita militare che sono in contrasto con precetti della vita
cristiana, un buon cristiano non può fare il soldato ed elevare a rango di dio Cesare (-> scrittori cristiani nei
confronti della vita militare: il Nuovo Testamento dice di dare a Dio quel che è di Dio e a Cesare quel che è di
Cesare, i primi autori cristiani oscillano tra condanna inappellabile della violenza nel mondo e distinzione tra
condizione di soldato e azioni violente che il servizio militare può comportare in alcune occasioni, il dibattito
continua in età moderna e don Milani è accusato per apologia di reato nei confronti della renitenza alla leva).
Minucio Felice: nell’Octavius si fronteggiano due diversi punti di vista, il pagano Cecilio attacca la nuova fede
sotto accuse di immoralità e crudeltà dei cristiani, critica aria di mistero di cui si circonda la nuova religione
e contesta la verosimiglianza di un dio che si immischia nelle vicende umane e che non ha potuto evitare che
i Giudei venissero sottomessi ai Romani, invita poi a occuparsi di questioni terrene piuttosto che di quelle
divine, a questo Ottaviano risponde che il politeismo è una forma di religione assurda, frutto delle invenzioni
dei poeti e spiegando come prosperità del popolo romano non sia da attribuire agli dei demolisce la credibilità
degli aruspici e degli oracoli, condanna prassi di perseguitare i cristiani, espone la dottrina cristiana sulla fine
del mondo e sulla resurrezione ed esalta valore della povertà e del martirio.
LA POESIA CRISTIANA: COMMODIANO
A differenza degli altri scrittori cristiani non mostra profonde competenze teologiche o raffinatezza stilistica,
la sua poesia si rivolge ai più semplici con un linguaggio elementare e toni apocalittici. Le notizie su di lui sono
talmente incerte che alcuni lo collocano nel V secolo ma è più probabilmente vissuto a metà III sec, originario
di Gaza in Palestina si reca in Occidente, le INSTRUCTIONES in due libri comprendono carmi contro i pagani e
contro gli ebrei e composizioni per i cristiani rimproverati per loro peccati ed esortati a vita più devota, sono
tutti acrostici (le prime lettere dei singoli versi lette di seguito formano il titolo del carme stesso). Il CARMEN
APOLOGETICUM è un’opera tramandata senza indicazione dell’autore ma l’attribuzione a Commodiano è
ormai ritenuta indiscutibile, parla della storia del mondo, quella dell’Antico Testamento e quella di Roma
vista come scontro fra Dio e il diavolo fino alla distruzione dell’impero, all’apocalisse e al giudizio universale.
È interessato alle fasce meno alte della società e rappresenta le credenze e le aspirazioni dei diseredati, le
loro passioni forti, avvalendosi di un latino che risente degli sviluppi del parlato e di una metrica priva di
continuità con quella dei classici, anche nel campo della dottrina cristiana le sue conoscenze sono piuttosto
grossolane, negli ambienti più umili è diffuso il “millenarismo”, speranza che crede in un concreto
cambiamento delle condizioni di vita sulla terra. Ha l’irruenza di un Tertulliano ma gli manca la fantasia e la
capacità retorica, tra i tratti più incisivi ci sono il rigoroso moralismo, la profonda convinzione di essere dalla
parte giusta, lo scontro con le istituzioni classiche, è visto come ultimo dei profeti e l’unico ad essersi espresso
in latino per ardore delle visioni apocalittiche, l’esametro non è più successione regolare di sillabe brevi e
lunghe ma riga composta di un certo numero di sillabe, è l’andamento degli accenti tonici delle parole e non
l’alternanza quantitativa a garantirne il ritmo (anticipa evoluzione delle lingue romanze), il suo lessico è
elementare e ripetitivo con sintassi semplificata al massimo, non ignora completamente i classici e le
tradizioni ma li riprende in forme banalmente scolastiche o popolareggianti.
306-410 d.C. IL IV SECOLO
CONTESTO STORICO
Dopo l’abdicazione di Diocleziano e Massimiano, nel 305 diventano augusti i due cesari Galerio e Costanzo
Cloro ma il meccanismo di successione è destinato a fallire, morto improvvisamente Costanzo nel 306
l’esercito acclama imperatore suo figlio Costantino mentre a Roma viene nominato il figlio di Massimiano
Massenzio, si impone poi sulla scena Licinio. Morto Galerio Costantino (312-337 d.C.) affronta e sconfigge
Massenzio al ponte Milvio nel 312 (evento che determinerebbe conversione per visione mistica alla vigilia
della battaglia) e poi sferra attacco decisivo a Licinio nel 324. L’accordo di Milano del 313 impegna Costantino
e Licinio a politica di tolleranza religiosa, ma Costantino favorisce la Chiesa concedendo privilegi come
l’immunità militare ai chierici o il riconoscimento dei tribunali ecclesiastici, si creano premesse per l’alleanza
tra Chiesa e stato e il concilio di Arles del 314 stabilisce non incompatibilità del servizio militare per i cristiani
e di lì a poco organizza repressione dell’eresia del vescovo Donato (scisma della chiesa africana). Nel 325
Costantino presiede in qualità di “vescovo” dei laici il concilio di Nicea, fa pressioni affinchè si arrivi a
condanna formale dell’arianesimo e all’approvazione del simbolo niceno (il dogma della consustanzialità del
Padre e del Figlio), è suo interesse preservare l’unità della Chiesa perché ormai è fattore di coesione
dell’impero. Nel 331 è fondata Costantinopoli, la nuova Roma orientale che sancisce distanza storico-
culturale e poi politica tra le due aree dell’impero (Roma continua ad esser sotto influenza tradizionalista,
aristocrazia sempre più isolata vista la mancata presenza dell’imperatore).
Alla morte di Costantino nel 337 la successione dei figli Costanzo II in Oriente e Costantino II in Occidente è
accompagnata da eliminazione dei rami collaterali della dinastia, Costantino II deve affrontare ribellione del
fratello minore Costante che lo sconfigge ma cade in una congiura, Costanzo ricorre allora a giovani Gallo e
Giuliano, quest’ultimo sconfitti gli Alamanni è acclamato augusto a Parigi mentre Costanzo muore prima dello
scontro. Giuliano l’Apostata (357-363 d.C.) educato al cristianesimo si riconverte al paganesimo e restaura
tradizione classica, il successore scelto è Gioviano che tratta pace con Sapore II ma muore nel viaggio di
ritorno da Oriente, lo sostituisce Valentiniano che affida Oriente a fratello Valente e si associa figlio Graziano,
eliminato Valentiniano nominato il figlio Valentiniano II e poi alla morte di Valente nella battaglia di
Adrianopoli contro i Goti del 378 Graziano si associa Teodosio in Oriente.
Quando Teodosio (379-395 d.C.) sale al potere l’esercito romano fa da tempo ricorso a contingenti barbarici,
in particolare ai Goti ed egli autorizza stanziamento di un vasto gruppo nella penisola balcanica, nel 380
proclama l’ortodossia del simbolo di Nicea e a Roma si riacutizza la resistenza pagana per la politica a favore
della Chiesa promossa da Graziano e sostenuta dal vescovo di Milano Ambrogio, nel 382 l’abolizione di tutti
i culti pagani porta a celebre scontro tra Ambrogio e autorevole esponente del senato romano, Aurelio
Simmaco, sulla questione dell’Altare della Vittoria, la repressione violenta della rivolta di Tessalonica provoca
la dura reazione di Ambrogio che scomunica Teodosio e lo costringe a fare ammenda, con Teodosio è
definitivamente diventato unica religione di stato. Alla sua morte l’impero d’Oriente passa al figlio Arcadio e
quello d’Occidente all’altro figlio Onorio sotto la tutela del generale Stilicone che per l’intensificarsi delle
incursioni barbariche sposta la corte occidentale a Ravenna, sconfigge Visigoti di Alarico ma cede a