Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
vuoi
o PayPal
tutte le volte che vuoi
Il potere di (—)
Il potere di (—) non fu alle origini un potere giuridico precisamente delineato. Esso era esercitabile tutte le volte in cui ricorresse l’auxìlium plebis: il tribuno aveva, cioè, la possibilità di intervenire ogni qualvolta riteneva che gli atti magistratuali fossero pregiudizievoli per gli interessi della plebe. Intervento tipico dei tribuni fu il blocco del dilèctus (la leva), che costituì strumento utilissimo per la lotta contro le diseguaglianze sociali e politiche. Successivamente tale potere trovò fondamento nella sacèrtas riconosciuta ai tribuni della plebe dalla lex Valeria Horatia de tribunicia potestàte del 449 a.C [vedi]. Interdìctio aqua et igni Una delle pene previste dal diritto penale romano e, nella Roma delle origini (in cui i delitti erano perseguiti in sede civile), dalla legge delle XII tavole [vedi lex XII Tabulàrum], come conseguenza di delitti particolarmente gravi. Consistevanell'allontanamento coatto e definitivo dal territorio romano: coloro che subivano l'expulsio, pertanto, non potevano più rientrare in patria: se varcavano i confini di Roma, non solo non riacquistavano la soggettività giuridica, ma potevano essere impunemente aggrediti da qualsiasi cittadino, mentre in periodo classico subivano la pena pubblica della deportatio in insulam [vedi]. Nelle epoche storiche, in cui la repressione degli illeciti penali avvenne prima in sede comiziale [vedi processo comiziale], poi in sede extra ordinem [vedi cognitio extraordinem], l'expulsio fu considerata a pieno titolo pena capitale, in quanto incidente sul caput (comportava, infatti, una capitis deminutio [vedi] media, cioè la perdita della condizione di cittadino romano). In particolare l'expulsio fu considerata come pena capitale ordinaria, specificamente prevista per legge per numerose fattispecie delittuose: ad essa si accompagnavano normalmente,come pena accessoria, la confisca dei beni [vedi publicità bonorum]. La connessione dell'(-) con la pena di morte è evidenziata dal fatto che, per taluni delitti, al condannato era attribuito un particolare beneficio, detto ius exilii [vedi], consistente nella facoltà di sottrarsi all'esecuzione della pena di morte, sottoponendosi volontariamente all'(-). In correlazione con tale facoltà, sta la distinzione terminologica (talora riscontrabile nelle fonti), tra: - (-) in senso stretto (esilio coatto); - exilium (esilio volontario, accettato nell'esercizio del ius exilii [vedi]). Interdictum Gli interdicta (detti anche decreti) erano, secondo la definizione di un'autorevoledottrina, "ordinanze di urgenza emesse dal magistrato cum imperio, in contraddittorio tra due parti, allo scopo di evitare la litis contestatio [vedi] e il procedimentoàpudiùdicem di fronte a certe fattispecie relativamente semplici ed evidenti. Il magistrato ingiungeva al convenuto, su richiesta dell’attore, di compiere l’azione, positiva o negativa, da quest’ultimo reclamata…”.
Si distinguono generalmente due periodi di sviluppo dell’istituto:
- In una prima fase, il procedimento interdittale era tutto di competenza del magistrato, il quale garantiva il corso normale e ordinato della vita civile: se qualcuno turbava l’ordine, subiva un’ingiunzione, cioè un (—): ad esempio, poiché si vietava, a chi si affermava proprietario, di riprendere con violenza la cosa di cui aveva perduto il possesso, il giudice, in tal modo, tutelava anche l’ordine pubblico e non solo l’interesse particolare del possessore.
In questa fase, se perveniva la notizia di un turbamento dell’ordine pubblico, il magistrato emanava l’ordine ed in caso di disobbedienza infliggeva
riferimento nell'ordine di fare o non fare. Quando il giudice emetteva la decisione finale, se veniva accertato il torto del convenuto, poteva condannarlo a pagare una somma di danaro in favore dell'attore. Il privato si rivolgeva al pretore e chiedeva che fosse emanato un provvedimento contro la persona da lui indicata, presente in iure. Il pretore, se il caso rientrava in uno di quelli previsti dall'editto e non vi erano motivi per un rifiuto, emanava l'ordine di fare o non fare. Se la persona ingiunta obbediva, il caso era risolto. Se, invece, non obbediva, il processo continuava passando alla fase apud iudicem: il giudice stabiliva se la disobbedienza fosse giustificata o no, condannando la parte se accertava la sussistenza dei presupposti a cui il magistrato aveva fatto riferimento nell'ordine di fare o non fare.riferimento nell'emanazione dell'interdetto. Gli interdicta si distinguevano:
- a seconda dell'oggetto, in:
- prohibitòria, che imponevano l'astensione da un certo comportamento;
- restitutòria, che ordinavano la restituzione di una res [vedi];
- exhibitòria, che comportavano l'obbligo di esibire una res che si tenesse nascosta;
- in relazione ai destinatari, in:
- simplìcia, se rivolti ad una sola delle parti;
- duplìcia, se rivolti ad entrambe le parti;
- si distingueva ulteriormente, tra interdicta:
- adipiscèndæ possessiònis [vedi];
- recuperàndæ possessionis [vedi];
- retinèndæ possessionis [vedi].
Gli interdicta erano sostanzialmente provvedimenti d'urgenza, emanati a seguito di cognizione (e cioè di un accertamento) molto sommaria ed approssimativa, limitata al rilievo del fùmus boni iùris.
[vedi] e cioè della fondatezza prima facie (a prima vista) del diritto vantato dall'istante e sfociavano in un ordine rivolto ad uno o ad entrambi i contendenti. Normalmente si costringeva, con i mezzi concessi dal pretore (multa, missio in possessionem), il destinatario dell'ordine ad obbligarsi mediante sponsio [vedi] a pagare, per il caso di soccombenza, una data somma all'avversario. Questi si obbligava a sua volta a pagare, per il caso di soccombenza, una medesima somma di danaro, con una restipulatio; dalla stipulatio [vedi] e dalla restipulatio nascevano le normali azioni ex stipulatu certi [vedi àctio ex stipulatu] per ottenere la condanna di colui, che avendo avuto torto nel processo interdittale, non volesse pagare la somma promessa.
Interdìctum adipiscèndæ possessiònis Interdictum [vedi] che veniva accordato dal pretore al bonòrum possèssor [vedi bonorum possèssio] ed iniziava con le
parole Quòrum bonorum: chiunque possedeva come erede, o come possessore, una res [vedi] attinente ad un’eredità il cui possesso fosse stato attribuito ad un altro soggetto, doveva restituirla a quest’ultimo.
Possedeva pro herède colui che si riteneva tale; possedeva pro possessore chi possedeva una res hereditària, o l’intera eredità, sapendo che non gli apparteneva.
Nella categoria rientravano anche l' interdictum sectòrium [vedi sèctio bonòrum] e l'interdictum Salviànum [vedi].
Interdictum de àqua æstìva: Interdictum [vedi] concesso dal pretore per proibire che fosse impedito con violenza l’esercizio di una servitù [vedi servitùtes praediòrum] di presa d’acqua, nella stagione estiva, dal fondo servente, al soggetto che l’avesse esercitata in fatto almeno dall’estate precedente.
Interdictum de aqua cottidiàna: Interdictum [vedi] concesso
dal pretore per proibire che fosse impedito, con violenza, l'esercizio di un servitù [vedi servitùtes (praediorum)] di presa d'acqua dal fondoservente al soggetto che la esercitasse in fatto da almeno un anno ed in modo nonviolento o clandestino, né a titolo precario. Interdictum de arbòribus cædèndis Era l'(—) concesso a favore del proprietario di un fondo, qualora gli alberi del fondovicino sporgessero sul suo ad un'altezza inferiore ai 15 piedi. Se il proprietariodell'albero non recideva i rami bassi, il proprietario del fondo sul quale sporgevanoaveva facoltà di farsi giustizia da sé, recidendo personalmente i rami di altezzainferiore a quella consentita. Ove il proprietario dell'albero si opponesse, il pretoreemanava l'(—). Interdictum de clandestìna possessiònis Ipotesi incerta di interdictum possessorio, citato da Ulpiano [vedi]: a parere delladottrina prevalente,cloacisInterdictum concesso dal pretore per proibire che fosse impedita con violenza la riparazione o la pulizia di condotte fecali passanti per il fondo servente (purché l'esercizio della relativa servitù avvenisse di fatto, anche da un periodo inferiore ad un anno ed anche se condotto in modo violento o nascosto, od a titolo precario). La rilevanza di un tale esercizio di fatto della servitù protratto per meno di un anno ed anche se condotto con violenza, di nascosto o precariamente (a differenza di quanto accadeva per la concessione degli altri tipi di interdictum de servitutibus) può spiegarsi in relazione ad esigenze di igiene e salute pubblica, ritenute, in tema di riparazione o pulizia di cloaca, prevalenti su ogni altra.fònteInterdictum [vedi] concesso dal pretore per proibire che ad un soggetto fosse impedito, in modo violento, l'esercizio di una servitù [vedi servitùtes (praediòrum)] di presa d'acqua dal fondo servente, o la riparazione di una fonte (lago, pozzo, etc.) (purché l'esercizio della relativa servitù avvenisse da almeno un anno ed in modo non violento o nascosto, né a titolo precario). Interdictum de glànde legènda L'(—) era emanato a favore del proprietario di un albero che protendeva rami fruttiferi su un fondo vicino: il pretore, con l'interdictum, lo autorizzava ad entrare nel fondo sul quale i rami sporgevano per raccoglierne i frutti tèrtio quoque dìe (ogni tre giorni). Il proprietario del fondo vicino poteva evitare l'ingresso dell'altro proprietario sul proprio fondo, raccogliendo e restituendo egli stesso i frutti e facendosi eventualmente rimborsare le spese dellaraccolta.Interdìctum de itìnere actùque privàto