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Difficoltà di decodifica sequenziale
Leggere richiede al lettore di procedere con lo sguardo in direzione sinistra - destra e dall'alto in basso; tale processo appare complesso per tutti gli individui nelle fasi iniziali di apprendimento della lettura, ma, con l'affinarsi della tecnica e con l'uso della componente intuitiva la difficoltà diminuisce gradualmente fino a scomparire. Nel soggetto dislessico talvolta ci troviamo di fronte, invece, a un vero e proprio ostacolo nella decodifica sequenziale, per cui si manifestano con elevata frequenza gli errori di seguito descritti:
- Omissione di grafemi e di sillabe: Il soggetto omette la lettura di parti della parola; può tralasciare la decodifica di consonanti (ad esempio può leggere "fote" anziché "fonte"; oppure "capo" anziché "campo"...) oppure di vocali (può leggere, ad esempio, "fume" anziché...
“fiume”; “puma” anziché piuma” ...) e, spesso, anche di sillabe (può leggere “talo” anziché “tavolo”; “paro” anziché “papavero”) o Salti di parole e salti da un rigo all’altro: Il soggetto dislessico presenta evidenti difficoltà a procedere sul rigo e ad andare a capo, per cui sono frequenti anche “salti” di intere parole o di intere righe di lettura. o Inversioni di sillabe: Spesso la sequenza dei grafemi viene invertita provocando errori particolari di decodifica della sillaba (il soggetto può, ad esempio, leggere “li” al posto di “il”; “la” al posto di “al”, “ni” al posto di “in”...) e della parola (può leggere, ad esempio, “talovo” al posto di “tavolo”...). o Aggiunte e ripetizioni La difficoltà a procedere con lo sguardo nella direzione sinistra
- destra può dare origine anche ad errori di decodifica caratterizzati dall'aggiunta di un grafema o di una sillaba (ad esempio "tavovolo" al posto di "tavolo")
- Prevalenza della componente intuitiva: Il soggetto che presenta chiare difficoltà di lettura privilegia, indubbiamente, l'uso del processo intuitivo rispetto a quello di decodifica; l'intuizione della parola scritta rappresenta un valido strumento, ma, al tempo stesso, è fonte di errori, definiti di anticipazione. Non di rado, infatti, il soggetto esegue la decodifica della prima parte della parola, talvolta anche solo del primo grafema o della prima sillaba e procede "inventando" l'altra parte. La parola contenuta nel testo viene così a essere spesso trasformata in un'altra, il cui significato può essere affine o completamente diverso.
- Evoluzione della dislessia: Nel primo anno delle elementari il bambino dislessico ha
una via più lenta perché ogni fonema viene letto singolarmente.
la via lessicale non-semantica che dalla percezione visiva passa per il lessico ortografico di input e giunge al lessico fonologico di output e quindi al buffer fonemico. Si basa sulla lettura della parola intera basandosi sull'elaborazione parallela.
la via lessicale semantica va dalla percezione visiva al sistema semantico al buffer fonemico. Si utilizza in presenza di parole conosciute.
Nell'apprendimento della lettura il bambino attraversa vari stadi, corrispondenti all'acquisizione delle differenti vie:
- Stadio logografico: il bambino elabora le proprietà salienti della parola;
- Stadio alfabetico: si realizzata l'associazione grafema-fonema, si leggono nuove parole;
- Stadio ortografico: si comincia ad eseguire elaborazioni in parallelo e a leggere la parola per intero, applicando regole fonologiche;
- Stadio semantico: si attiva la via lessicale semantica, la lettura diviene molto
più fluente. A queste diverse vie si associano differenti disabilità nella lettura. E' possibile classificare la dislessia in:
- superficiale: sono compromesse le vie lessicali ma la lettura, seppur stentata, è possibile;
- fonologica: è compromessa la via fonologica perché manca una corretta associazione grafema/fonema, ma la via ortografica non è compromessa;
- profonda: la via semantica è compromessa e si effettuano delle parafasie semantiche.
Alcune proposte per la terapia:
La diagnosi di dislessia viene confermata quando un maggiore aiuto a casa e a scuola non porta ad un rapido miglioramento. Come già affermato, il soggetto dislessico necessita di un intervento specialistico, in quanto, difficilmente, il recupero effettuato in ambito scolastico può, da solo, rimuovere le difficoltà.
Nel corso di anni si è parlato molto di dislessia e, da un punto di vista diagnostico, grazie agli studi effettuati, l'Italia
itinerario, invece, è focalizzato sul miglioramento delle abilità di lettura. Per quanto riguarda l'itinerario relativo alle competenze di base percettivo-motorie e meta-fonologiche, si lavora per colmare le lacune riscontrate in queste capacità. Questo può includere attività di coordinazione motoria, percezione visiva e uditiva, nonché esercizi per sviluppare la consapevolezza dei suoni e delle strutture linguistiche. L'itinerario specifico per la lettura, invece, si concentra sul miglioramento delle abilità di lettura. Questo può includere attività di decodifica, comprensione del testo, velocità di lettura e strategie di lettura efficaci. È importante sottolineare che ogni percorso terapeutico deve essere personalizzato in base alle caratteristiche psicologiche del soggetto. Ciò significa considerare le competenze, le potenzialità e le difficoltà riscontrate, nonché i tempi di attenzione, i livelli motivazionali e la metacognizione individuati. In conclusione, l'approccio terapeutico per la dislessia richiede una valutazione accurata e una personalizzazione dei percorsi terapeutici. Solo in questo modo si può garantire un supporto adeguato e efficace per gli individui affetti da questa condizione.itinerario ha invece lo scopo di promuovere la conquista di capacità di lettura più adeguate. È importante quindi che i due itinerari siano proposti parallelamente e con gradualità, per evitare dirimandare nel tempo la conquista di quelle capacità di lettura che possono gratificare il bambino. Quest’ultimo dovrà essere informato circa il lavoro da svolgere, anzi, egli stesso dovrà conoscere gli obiettivi che, di volta in volta, dovranno essere raggiunti; in questo modo gli sarà possibile essere protagonista e, al tempo stesso, “osservatore” dei propri processi di apprendimento. Dislessia e disagio psicologico. È frequente che le difficoltà specifiche di apprendimento non vengano individuate precocemente e che il bambino sia costretto a vivere una serie di insuccessi a catena senza che se ne riesca a comprendere il motivo. Quasi sempre, i risultati insoddisfacenti in ambito scolastico vengono attribuiti allo.scarso impegno, al disinteresse verso le varie attività, alla distrazione. Questi alunni, oltre a sostenere il peso della propria incapacità, se ne sentono anche responsabili e colpevoli. L'insuccesso prolungato genera scarsa autostima; dalla mancanza di fiducia nelle proprie possibilità scaturisce un disagio psicologico che, nel tempo, può strutturarsi e dare origine ad una elevata demotivazione all'apprendimento e a manifestazioni emotivo-affettive particolari quali la forte inibizione, l'aggressività, gli atteggiamenti istrionici di disturbo alla classe e, in alcuni casi, la depressione. Il soggetto con disturbo di apprendimento vive quindi il proprio problema a tutto tondo e ne rimane imprigionato fino a che non viene elaborata una diagnosi accurata che permette di fare chiarezza. Possibili atteggiamenti del bambino dislessico Proviamo, per un attimo, a metterci nei panni di un bambino o di un ragazzo con disturbo di apprendimento eimmaginiamone le esperienze e gli stati d'animo:- egli si trova a far parte di un contesto (la scuola) nel quale vengono proposte attività per lui troppo complesse e astratte;
- osserva però che la maggior parte dei compagni si inserisce con serenità nelle attività proposte e ottiene buoni risultati;
- sente su di sé continue sollecitazioni da parte degli adulti ("stai più attento!", "Impegnati di più!", "hai bisogno di esercitarti molto"...);
- si percepisce come incapace e incompetente rispetto ai coetanei;
- inizia a maturare un forte senso di colpa sentendosi responsabile delle proprie difficoltà;
- ritiene che nessuno sia soddisfatto di lui, né gli insegnanti né i genitori;
- ritiene di non essere all'altezza dei compagni e che questi non lo considerino membro del loro gruppo a meno che non vengano messi in atto comportamenti particolari (ad esempio quello di fare il