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CAPITOLO 2 – BASI BIOLOGICHE DELLA DISLESSIA E DELLA DISCALCULIA
Qual è il substrato neurobiologico alla base dei DSA? La dislessia evolutiva viene spiegata come un disturbo del modulo linguistico-fonologico, o come una disfunzione del sistema di elaborazione dell'informazione uditiva o visiva. Il dibattito nasce dalla difficoltà di distinguere i disturbi associati a quelli causali. Per la discalculia alcuni disturbi associati sembrano il risultato finale della mancata specializzazione dei moduli numerici.
L'approccio neurocostruttivista interpreta il disturbo in un'ottica probabilistica, caratterizzata da interazioni tra programmi genetici e fattori ambientali.
L'approccio suggerito da Pennington prevede che ogni disturbo possa essere prodotto da cause e che le stesse possano essere presenti in più disturbi. Questo permette di spiegare le associazioni tra molteplici disturbi del neurosviluppo e DE. Interessante risulta
essere la comorbilità tra il disturbo da deficit dell'attenzione e dislessia evolutiva. La presenza di più fattori di rischio aumenta la possibilità di sviluppare un disturbo specifico. Genetica dei DSA e dei disturbi del neurosviluppo I disturbi del neurosviluppo hanno una forte base genetica: metà dei bambini con DSA hanno un genitore caratterizzato da DSA e spesso un problema simile si trova nei fratelli. Anche i fattori ambientali sono determinanti. Sul piano genetico molti geni, o meglio, le loro alterazioni, possono produrre differenti disturbi del neurosviluppo. geni generalisti L'ipotesi dei geni generalisti è basata su 3 punti: 1. Gli stessi geni che influenzano l'apprendimento tipico di una competenza sono alla base di un corrispondente disturbo; 2. Molti geni associati con un aspetto di difficoltà influenzano anche un altro aspetto; 3. Geni associati a un disturbo dell'apprendimento sono associati anche a un altro disturbo. I meccanismidella dislessia evolutiva hanno una forte componente genetica. Meccanismi cognitivi trans-disease Si parla di deficit trans-disease in quanto i deficit in abilità cognitive ampie possono essere alla base di una gamma differenziata di disturbi del neurosviluppo, sia sempre nell'ambito dei DSA sia in riferimento a disturbi distinguibili. Questi disturbi sono accomunati dalla presenza di un possibile deficit nella percezione visiva dell'insieme e un'inalterata percezione delle info connesse ai particolari elaborati dall'emisfero destro e sinistro. Neuropsicologia evolutiva dei DSA - Gli innatisti sostengono che la causa dei DSA debba essere attribuita a fattori genetici; - Gli empiristi sottolineano come le cause dei DSA possano avere origine dai fattori ambientali che causano un'alterazione cerebrale. Chi attribuisce particolare importanza alle determinanti biologiche ha come scopo di ricerca l'identificazione del gene alla base del DSA con tecniche dineuroimmagine funzionali che dovrebbero mostrare la presenza di aree sottoattivate durante un compito rilevante; e tecniche strutturali che dovrebbero rilevare l'alterazione delle strutture situate in corrispondenza di queste aree sottoattivate. L'approccio neurocostruttivista L'approccio neurocostruttivista riconosce il ruolo dei vincoli biologici innati ma considera questi vincoli meno forti e meno dominio-specifici. Si ritiene che sia il processo di sviluppo a giocare un ruolo cruciale nel determinare il risultato finale. La modalità di elaborazione degli stimoli ambientali da parte del bambino viene influenzata dal suo livello di sviluppo. Secondo questo approccio, l'evoluzione ha selezionato una forte capacità dominio-generale di apprendere, piuttosto che rigide conoscenze dominio specifiche a priori. In alcuni DSA una prestazione risparmiata potrebbe essere il risultato di compensi di altri processi cognitivi. La metodologia di ricerca dovràEssere basata su studi longitudinali delle funzioni e della relativa disfunzione. Una conseguenza metodologica è che il confronto di un gruppo affetto da DSA con un gruppo di controllo viene ritenuto insufficiente e si ritiene utile avere un gruppo di bambini più giovani pareggiati per la specifica funzione deficitaria.
L'approccio neurocostruttivista riconosce il ruolo dei fattori ambientali sulla plasticità neurale del sistema cognitivo. Una riabilitazione può fornire un'evidenza della relazione causale tra la funzione disturbata e la difficoltà di lettura. Attribuisce un'elevata rilevanza alle associazioni fra le diverse disfunzioni, ipotizzando un denominatore comune che agisca a livello precoce nello sviluppo di tutte queste funzioni neuropsicologiche. Questo approccio interpreta il DSA come il risultato di disfunzioni nei processi di elaborazione precoci e viene riconosciuto il ruolo di specifici fattori innati, ma assumono che
questiabbiano un effetto ampio e diffuso diventando dominio-specifici con i processi disviluppo e con le interazioni ambientali. I DSA non sono così specifici in quantoun bambino con dislessia evolutiva presenta probabilmente anche disortografia,disgrafia, discalculiao disturbo da deficit dell’attenzione.- Un altro metodo di ricerca prevede di studiare la funzione cognitiva ritenuta alla base dei DSA, in bambini considerati a rischio di sviluppare il disturbo, inquanto figli di genitori che manifestano il medesimo disturbo, e di confrontare illivello di sviluppo di tale funzione con quella di bambini nona rischio, a lorovolta figli di genitori che non manifestale tale DSA.
Ipotesi neuropsicologiche unicausali della dislessia evolutivaUn bambino per imparare a leggere deve sviluppare una consapevolezza deglielementi che costituiscono il linguaggio, come i fonemi, e apprendere il loro legamecon una serie di simboli definiti in modo arbitrario, ovvero i grafemi. La lettura
impone alcune richieste tra cui: - un alto grado di capacità di discriminazione uditiva; - un fine controllo oculomotorio; - una rapida velocità di elaborazione. L'applicazione di un modello unicausale ha permesso di evidenziare il ruolo di alcuni meccanismi fondamentali. Le principali ipotesi possono essere ricondotte a due categorie di meccanismi: 1. le ipotesi del deficit fonologico in cui uno specifico disturbo nell'elaborazione, nella manipolazione o nell'accesso ai suoni linguistici a carico dell'emisfero sinistro, sembrano essere la causa della dislessia evoluta. 2. ipotesi basate sul deficit dei meccanismi sensoriali non-linguistici che alterano i processi di elaborazione dell'info visiva e uditiva. Queste due ipotesi sono state sostituite da altre. Ipotesi del deficit magnocellulare La teoria magnocellulare M costituisce una spiegazione della dislessia evolutiva, nasce dall'osservazione che molti bambini con dislessia evolutiva.Presentano un disturbo specifico nella via visiva M. Il sistema M va a costruire la via dorsale (detta del "dove"), specializzato nell'analisi del movimento visivo e delle relazioni visuospaziali fra gli oggetti. La presenza del disturbo del sistema M è presente nei bambini con dislessia evolutiva in cui risulta compromessa l'efficienza della decodifica fonologica. Da recenti studi si è escluso che i deficit del sistema M nei soggetti con dislessia possa essere la conseguenza della mancata esperienza alla lettura.
Estensione del sistema M alla modalità uditiva
Gli studi di Tallal hanno mostrato che i bambini con dislessia evolutiva mostrano un deficit nell'elaborazione di stimoli uditivi. La percezione dei fonemi alterata ostacola l'elaborazione e la memoria fonologica. La versione multisensoriale suggerisce che i bambini con dislessia evolutiva abbiano un deficit nell'elaborare stimoli sensoriali brevi presentati in rapida successione.
temporale sia nella modalità visiva che in quella uditiva. Ipotesi del deficit generale dell'elaborazione multisensoriale I bambini con dislessia evolutiva mostrano un'elaborazione percettiva multisensoriale inefficiente. È stato sviluppato un modello basato sull'efficienza dell'elaborazione piuttosto che da un'ipotesi dell'elaborazione temporale. L'efficienza dell'elaborazione si riferirebbe alla soglia del rapporto segnale/rumore. I bambini con dislessia evolutiva presentano un disturbo specifico nell'elaborazione di un segnale visivo seguito da una maschera, ovvero uno stimolo presentato successivamente che provoca un'interferenza sull'elaborazione del segnale. Mascheramento visivo all'indietro Questo fenomeno danneggia la percezione uditiva dei bambini con dislessia evolutiva e con disturbo del linguaggio. Vi è anche una difficoltà ad escludere il rumore dall'elaborazione.del segnale, invece che un selettivo deficit della via M o dell'elaborazione temporale degli stimoli. Un rumore presentato dopo un segnale produce un'interferenza e questo disturbo sarebbe alla base dell'ipotesi della ridotta velocità dell'elaborazione degli stimoli. I bambini dislessici sembrerebbero disturbati anche da una maschera laterale presentata al segnale da riconoscere sia nella modalità visiva che in quella uditiva. Il mascheramento laterale o affollamento. Questo fenomeno è noto come quello spaziale potrebbe disturbare l'efficienza generale dell'elaborazione percettiva degli stimoli visivi e uditivi nei bambini con dislessia evolutiva. In che modo un deficit del sistema M potrebbe alterare i processi visivi della lettura? Secondo un'ipotesi sarebbe l'attenzione spaziale a regolare il flusso dell'elaborazione delle informazioni visive necessarie per la decodifica seriale dell'esatta sequenza delle lettere che.Costituiscono le parole, e delle parole che costituiscono l'intero testo. Le abilità di attenzione spaziale erano compromesse nei cattivi lettori. La ricerca visiva era disturbata nei bambini con dislessia evolutiva rispetto ai lettori tipici. Ipotesi del deficit di attenzione conseguente a un deficit M. Un deficit specifico dell'attenzione spaziale potrebbe essere alla base dell'aumento del rumore neurale conseguente a un deficit M. Cattivi lettori adulti non erano efficienti nell'utilizzare un indirizzo spaziale che prevedeva la comparsa di un segnale bersaglio che doveva essere discriminato. Il fatto che gli stimoli periferici siano elaborati dal sistema visivo M sembra sostenere la presenza di un disturbo del sistema M della dislessia evolutiva. Il deficit visivo del sistema M compromette la funzionalità della via sublessicale, critica per un buon apprendimento della lettura. La via sublessicale richiede il pr