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Dislipidemia associata al DM2, caratterizzata da insulino-resistenza che porta ad
↑LDL, ↑VLDL e ↓HDL.
Il rischio di infarto a 10 anni viene valutato con le carte di rischio cardiovascolare, e
viene stratificato in:
1. Basso (SCORE <1%)
2. Medio (SCORE 1% - 5%)
3. Alto (SCORE 5% - 9%, FH, FCHL, DM2). In questo caso l’obiettivo terapeutico è
di portare le LDL <100 mg/dl.
4. Molto alto (SCORE ≥10%, evento CV, DM2 con complicanze). In questo caso
l’obiettivo terapeutico è di portare le LDL <70 mg/dl.
Tra i farmaci utilizzati per il controllo della colesterolemia utilizziamo le Statine, una
classe di farmaci che inibiscono la sintesi di colesterolo inibendo l’enzima HMG-CoA
reduttasi e impedendo la formazione dell’acido mevalonico. Esse sono in grado di
ridurre le LDL, ma anche la mortalità per tutte le cause del 10% e per eventi coronarici
del 20%. Le più utilizzate sono la Simvastatina, Fluvastatina, Pravastatina, Lovastatina,
Atorvastatina. Gli effetti avversi sono: mialgia (con o senza rialzo della CPK) e aumento
delle transaminasi.
Questi sono i protocolli da attuare in caso di mialgia e di aumento delle transaminasi:
Le statine sono state correlate ad insorgenza di diabete, ma il rischio è in realtà di
piccola entità e soltanto in pazienti predisposti (Sindrome Metabolica o pre-diabete), o
in base alla dose della statina e all’età del paziente.
Altro farmaco, molto recente, è l’Ezetimibe, un inibitore della NPC1L1, una proteina in
grado di assorbire il colesterolo alimentare. Secondo le linee guida, questo farmaco
deve essere associato alle statine se con queste da sole non si riesce a raggiungere
l’obiettivo terapeutico. Oppure può essere considerato se vi è intolleranza alle statine.
Per ridurre l’assorbimento intestinale di colesterolo, possono essere somministrati
anche dei sequestranti di acidi biliari (Colestiramina, Colestipolo, Colesevalam),
che sono in grado di ridurre le LD del 18% - 25%. Essendo farmaci non assorbiti, le loro
ADR sono locali, e non sistemiche (nausea, dispepsia, stipsi, flatulenza).
Rappresentano un trattamento di 3° livello, da associare alle statine se gli obiettivi non
sono stati raggiunti solo dalle statine; in caso di intolleranza alle statine, possono
essere somministrati da soli oppure in combinazione con l’Ezetimibe.
Altra classe molto importante di farmaci è data dai Fibrati, attivatori dei PPARα; il loro
effetto è quello di attivare la lipoproteina lipasi (con aumento della lipolisi dei
Trigliceridi), di ridurre VLDL ed LDL, di aumentare HDL. L’associazione
Gemfibrozil/Statine deve essere evitata perché questo fibrato diminuisce la
glucuronidazione epatica delle statine che si accumulano e causano una grave
miopatia (fino alla rabdomiolisi); al contrario, il Fenofibrato può essere associato alle
statine perché il rischio di danno muscolare è nettamente ridotto. Vengono impiegati:
Nel trattamento di 1° livello in caso di pazienti in trattamento con statine ma
con HDL basse e Trigliceridi alti.
Nel trattamento di 2° livello in pazienti con disbetalipoproteinemia, in
associazione ad Ezetimibe e a statine.
Nel trattamento di 1° e di 2° livello in pazienti con iperchilomicronemia o con
ipertrigliceridemia, in associazione ai PUFA.
Ultimamente sono stati sviluppati degli anticorpi monoclonali diretti verso la proteina
PCSK9 (proproteina convertasi subtilisina/kexina di tipo 9), una proteina di 693 aa
codificata dal cromosoma 1 la cui espressione porta alla degradazione del recettore
delle LDL. Se tale proteina viene bloccata, l’LDLR non viene degradato, verranno
esposti più recettori sulla membrana cellulare e aumenterà la clearance delle LDL.
Questo è il razionale che ha portato allo sviluppo dell’Alirocumab (Praluent) e
dell’Evolocumab (Repatha). Come conseguenza di ridotti livelli di LDL plasmatici,
anche la mortalità cardiovascolare si è notevolmente ridotta. Sono farmaci molto
tollerati. Vengono somministrati per via sottocutanea. Il loro uso deve essere
considerato quando ci troviamo di fronte a dei pazienti con un rischio cardiovascolare
molto elevato e con un livello di LDL molto elevato nonostante il trattamento con le
statine, in associazione all’Ezetimibe (sinergismo), oppure in pazienti con intolleranza
alle statine. La posologia è la seguente:
In FH eterozigote, ipercolesterolemia poligenica e dislipidemia mista, possiamo
usare: Alirocumab 75 mg per 2 settimane (riduce le LDL del 50%)
o Alirocumab 150 mg per 2 settimane (riduce le LDL del 60%)
o Evolocumab 140 mg per 2 settimane
o Evolocumab 420 mg per 1 mese
o
In FH omozigote possiamo usare:
Evolocumab 420 mg per 1 mese se non riusciamo ad arrivare agli
o obiettivi terapeutici
Evolocumab 420 mg per 2 settimane
o
Altra molecola recentissima è l’Inclisiran, un siRNA in grado di inibire la PCSK9. ADR:
diarrea, nasofaringiti, dolori muscolari e lombari, cefalea.
La terapia delle dislipidemie deve essere improntata valutando la presenza di altri
fattori di rischio cardiovascolare e con l’obiettivo di ridurre questo rischio legato
principalmente allo sviluppo di ateropatia. Alcuni studi affermano che c’è una
correlazione diretta tra i livelli di LDL e aumento del rischio di patologia
cardiovascolare. Le HDL costituiscono un fattore di rischio indipendente.
Come valutiamo l’assetto lipidico?
In genere i laboratori misurano:
Colesterolo totale: il valore “desiderabile” del colesterolo totale è <200 mg/dl.
Quando è compreso tra 200-240 si è borderline. Quando è >240 si parla di IC
HDL;
Trigliceridi: Normali: < 150; Borderline 150-199; Elevati 200-499; Molto elevati
>
500.
Cause di dislipidemia
Le dislipidemie possono essere legate a:
- Condizioni ereditarie che sono responsabili della manifestazione della malattia
indipendentemente da fattori ambientali; sono forme meno comuni.
- Eccessiva introduzione di grassi con la dieta su una base di predisposizione
genetica.
- Secondarie ad altre patologie; in questi casi bisogna curare la malattia di base
per correggere la dislipidemia (come diabete, ipotiroidismo, porfiria, ittero ostruttivo,
anoressia, farmaci per il colesterolo; per i tg: obesità, alcol ecc).
Ipercolesterolemia comune o poligenica
È la forma più frequente di ipercolesterolemia ed è legata all’interazione tra fattori
ambientali (alimentazione) e fattori genetici. È tipica dell’età adulta ed è caratterizzata
da un aumento delle LDL. In particolare si ha:
- Colesterolo totale compreso tra 200-300 mg/dl;
- Trigliceridi e HDL normali;
Ipercolesterolemia familiare
L’FH classica è la forma monogenica più comune. Il gene coinvolto è quello che
codifica per il recettore delle LDL, trasmesso in modo autosomico dominante che può
essere a penetranza incompleta. Il recettore può essere ridotto o assente. Il difetto
metabolico comporta un’alterazione del metabolismo delle LDL. Se queste non
entrano nelle cellule, restano in circolo e si accumulano. Si ha ipercolesterolemia
elevata o molto elevata con aumento delle LDL. La condizione clinica che si realizza
dipende dalla quantità di recettore presente, meno ce n’è peggiore è la condizione
clinica. La forma più grave è quando mancano del tutto. La condizione clinica, essendo
la patologia genetica, si manifesta già nei primi anni di vita. Questi bambini che
nascono già con questa condizione, fin dai primi anni di vita hanno una
ipercolesterolemia grave che il più delle volte porta a morte in età giovanile. La terapia
con le statine è inefficace. Per fortuna la forma più frequente è quella eterozigote
meno grave. Può essere asintomatica e la diagnosi può essere casuale. In alcuni casi e
solo in fase adulta possono comparire alcuni segni che sono xantomi (inspessimenti
dei tendini), xantelasmi e arco corneale (stria biancastra nella parte periferica della
pupilla). In questa forma LDL è in genere < 195. La forma monozigote più grave è
anche più rara. È associata a cardiopatia ischemica in età giovanile. Qui le LDL
possono raggiungere anche valori >300. Il trattamento prevede spesso l’aferesi
plasmatica delle LDL o il trapianto di fegato. Per avere la certezza assoluta della
condizione dovremmo fare l’analisi genetica ma ciò normalmente non si fa. La
diagnosi è dunque clinica e si basa sui livelli di COL-TOTALE (>290), di LDL (>190
adulto, >155 nei bambini sotto i 16 anni) , sulla presenza di xantomi e altri segni, sulla
storia familiare di parenti ipercolesterolemici e di parenti con storia familiare di eventi
cardiovascolari precoci (infarto prima dei 50 anni per il maschio, 60 per la femmina).
Iperlipemia familiare combinata
È una patologia ad elevata variabilità di espressione fenotipica che predispone allo
sviluppo di aterosclerosi caratterizzata da ipertrigliceridemia o da ipercolesterolemia o
da entrambe. Ha una prevalenza intorno allo 0,5-2% della popolazione generale. Sono
stati individuati molti geni coinvolti. C’è una aumentata sintesi di apob100, di tg e
VLDL. La variabilità del fenotipo clinico dipende da quante VLDL si trasformano in LDL.
Diagnosi: LDL > 160; Tg >200; Più casi nella stessa famiglia.
Ipertrigliceridemia familiare
È legata ad una aumentata sintesi epatica di VLDL o ad un difetto parziale della
lipoproteinlipasi. Il rapporto tra COL-TOT/tg è a favore dei tg che possono raggiungere
valori ancora più alti nel caso in cui si associano altre cause di ipertgemia. L’HDL è
basso. In genere sono asintomatiche. Ci possono essere xantomi cutanei. Può esserci
epatosplenomegalia. Non sono riportati casi di episodi cardiovascolari perché il ruolo
dei tg non ha un significato importante per queste patologie.
Terapia delle dislipidemie
Le linee guida consigliano in ordine di priorità di:
Abbassare le LDL;
Incrementare le HDL;
Ridurre i trigliceridi.
Il target da raggiungere e il tipo di trattamento dipendono dal rischio cardiovascolare
del pz:
- In prevenzione primaria:
Con 1 o nessun fattore di rischio: il valore ideale di LDL deve essere <160;
Con 2 o più fattori di rischio: il valore ideale di LDL deve essere <130;
- In prevenzione secondaria (pz che già hanno avuto un evento cardiovascolare):
CHD stabile o equivalente di rischio coronarico: LDL <100;
CHD stabile o SM/diabete: LDL< 70.
Modifiche dello stile di vita
Le modifiche dello stile di vita son