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D.

La distinzione tra immobilizzazioni e attivo circolante è rilevante ai fini fiscali: i beni

dell'attivo circolante generano ricavi; le immobilizzazioni generano plusvalenze. Infatti

vediamo k il codice civile, stabilisce che le immobilizzazioni sono iscritte al costo d'acquisto

e il costo delle immobilizzazioni deve essere sistematicamente ammortizzato ogni anno.

Anche se in sede fiscale, i costi nelle immobilizzazioni sono deducibili per quote annuali

mediante gli ammortamenti; mentre i costi dei beni dell'attivo circolante sono dedotti

nell'anno di acquisto.

Nel passivo dello stato patrimoniale ritroviamo:

patrimonio netto, che comprende il capitale sociale, gli utili o le perdite

A.

degli esercizi precedenti riportate a nuovo, l'utile o la perdita dell'esercizio,

riserve [vi sono riserve di utili ke sono formate con accantonamenti di utili

(riserva legale, riserva statutaria e facoltativa); le riserve di capitale sono formati

utilizzando il fondo sovrapprezzo azioni, i finanziamenti dei soci in conto

capitale, i contributi in conto capitale, le riserve da conversione di obbligazioni o

da fusione]

fondi per rischi e oneri

B. trattamento di fine rapporto

C. debiti

D. ratei e risconti

E.

Con riguardo alle passività, occorre distinguere i debiti dai fondi: vengono iscritti i debiti

quando vi è certezza nel loro ammontare e nella loro esistenza; vengono invece costituiti i

fondi rischi o i fondi x spese future, quando il debito è certo nell'esistenza ma non

nell'ammontare. Civilisticamente vanno iscritte non solo le passività certe ma anche quelle

probabili; mentre fiscalmente solo computabili solo le passività certe; i fondi o

accantonamenti sono deducibili sono in ipotesi tassativamente previste. I fondi derivano da

accantonamenti effettuati per far fronte a costi che probabilmente si verificheranno in futuro

e concorrono a determinare il risultato di esercizio (utile o perdita); mentre le riserve di utili

sono costituite mediante accantonamenti degli utili netti dell'esercizio e quindi scaturiscono

dalla destinazione dell'utile.

Il conto economico contiene la rappresentazione dei costi sostenuti e dei ricavi conseguiti,

in riferimento ad un dato arco temporale; il conto economico deve essere redatto in forma

scalare. Il valore della produzione comprende i ricavi e le variazioni delle rimanenze; la

differenza tra valore della produzione e costo della produzione è rilevante per il calcolo

degli interessi passivi deducibili e dalla base imponibile dell'IRAP. I costi della produzione

devono indicare gli acquisti di beni, i salari e stipendi, gli ammortamenti, le svalutazione, il

canone di leasing e gli affitti. Inoltre nell'attività finanziaria devono essere registrati da un

lato i proventi e oneri finanziari e dall'altro le rettifiche di valore (positivo o negativo)

dell'attività finanziarie. Infine devono essere annotati proventi e oneri straordinari. Questo

schema di conto economico quindi mette in evidenza la gestione ordinaria, quella

finanziare e quella straordinaria. Il risultato di tali calcoli costituisce il risultato prima delle

imposte ed è tale risultato k è elemento costitutivo dell'imponibile (con le variazioni

conseguenti all'applicazione delle norme fiscali).

Le variazioni al risultato del conto economico

Abbiamo visto del reddito da tassare deriva dal risultato del conto economico, quale

devono essere apportate variazioni in aumento o in diminuzione. Sono quattro i tipi di

variazioni:

variazioni in aumento: di un componente positivo del conto economico e variazione in

aumento che eliminano o riducono un componente negativo del conto economico. Le

variazioni fiscali che aumentano il reddito fiscale rispetto al reddito civilistico (per effetto

dell'aumento di un componente positivo del conto economico), dipendono da norme che

impongono di includere nel calcolo del reddito fiscale componenti positivi non inclusi nel

conto economico o presenti in misura inferiore (come ad esempio la norma che assimila ai

ricavi, il valore nominale di beni merci assegnati ai soci o destinati all'autoconsumo).

L'ipotesi più frequente nel caso in cui le variazioni in aumento dipendono dal fatto che il

conto economico contiene componenti negativi che non sono ammessi in sede fiscale o

sono ammessi solo in certi limiti è (ad esempio il codice civile stabilisce che le

immobilizzazioni devono essere iscritte in bilancio in base al costo d'acquisto e che devono

essere sistematicamente ammortizzato ogni anno, mentre la legge fiscale stabilisce che

non sono ammessi ammortamenti superiore a determinati coefficienti; altri esempi quindi

sono ammortamenti calcolati in sede civilistica in misura superiore a quella fiscale

ammessa; svalutazione dei crediti in misura eccedente rispetto a quella fiscale;

accantonamenti non ammessi)

variazioni in diminuzione: che possono consistere nell'eliminazione o riduzione di un

componente positivo del conto economico, o nella deduzione dei componenti negativi non

presenti nel conto economico. Quindi vi sono variazioni fiscali che riducono il reddito

fiscale rispetto alla reddito civilistico in quanto eliminano o riducono un componente

positivo del conto economico (ad esempio la riduzione del reddito fiscale può dipendere

dal fatto che il conto economico contiene ricavi esenti, come ad esempio plusvalenze

derivanti da partecipazioni immobilizzate ke beneficiano del regime partipation exemption,

o non soggetti al regime ordinario di tassazione come quando i ricavi sono tassati con

imposta sostitutiva o soggetti a tassazione separata; oppure vi possono essere proventi

del conto economico che sono esclusi da imposizione o tassabili in misura ridotta, come ad

esempio i dividendi non tassati per effetto del regime di trasparenza). Inoltre le variazioni

che riducono il reddito fiscale rispetto al reddito di bilancio, possono dipendere da costi

computati del conto economico d un dato esercizio, la cui deducibilità fiscale è stata

rinviata (ad esempio compensi agli amministratori imputati in un esercizio ma pagati

nell'esercizio successivo)

Principi generali del reddito d'impresa. Il principio di competenza

In diritto tributario come in diritto civile, l'imputazione temporale dei componenti negativi e

positivi che concorrono a determinare il reddito d'impresa, deve essere conforme al

principio di competenza economica. In base a tale principio: i ricavi devono essere imputati

all'esercizio in cui sono stati conseguiti, cioè quando avviene lo scambio con i terzi; i costi

devono essere correlati con i ricavi e per cui devono essere dedotti nell'esercizio in cui

sono stati conseguiti i ricavi. L'opposto del principio di competenza è il principio di cassa, in

base al quale le componenti di reddito assumono rilievo quando avvengono i pagamenti (di

componenti negativi) e degli incassi (dei componenti positivi); in altri termini ha rilievo il

momento finanziario. Molte norme si occupano di disciplinare l'imputazione temporale di

alcune componenti del reddito d'impresa, attuando il principio di competenza economica:

per le cessioni di beni mobili, i corrispettivi si considerano conseguiti alla

data della consegna; i corrispettivi delle cessioni di immobili si considerano

conseguiti alla data di stipulazione dell'atto; per le prestazioni di servizi, il ricavo

è da imputare all'esercizio nella quale la prestazione è ultimata; in caso di

prestazioni periodiche (contratto di somministrazione, di locazione), ha rilievo la

data di maturazione dei ricavi.

Gli stessi criteri valgono anche per i costi: se viene acquistato un

bene (mobile o immobile), il costo è da imputare all'esercizio nel quale si

verificano i ricavi correlati; per il costo dei servizi, vale la data di ultimazione; in

caso di prestazioni periodiche, vale la data di maturazione dei corrispettivi.

Queste norme hanno l'obiettivo di fissare la competenza temporale di alcuni componenti

reddituali: infatti individuano la data in cui i costi si considerano sostenuti e quella in cui i

ricavi si considerano conseguiti. I costi non sono tutti deducibili nel periodo in cui si

considerano sostenuti: il principio di competenza economica comporta che i costi sono

correlati ai ricavi, per cui devono essere dedotti nell'esercizio in cui sono stati conseguiti

ricavi. Quindi se non ci sono norme specifiche, l'imputazione temporale dei componenti

reddituali deve essere fatta sulla base del principio di competenza economica (detto anche

principio di correlazione tra costi e ricavi).

Inoltre vi sono norme che derogano il principio di competenza e quindi c’è una

competenza fiscale che diverge da quella civilistica:

ad esempio i costi sono deducibili nell'esercizio di competenza solo se

sono certi nell'ammontare e nell'esistenza. Quindi un costo, pur se inserito nel

conto economico, ma incerto nell'ammontare ad esempio, non è deducibile

fiscalmente nell'esercizio di competenza. Quindi mentre il diritto tributario

ammette i costi solo se certi nell'ammontare e nell'esistenza; il diritto civile

impone la rilevazione dei costi, anche se sono soltanto probabili.

Anche per i ricavi, quando non sono certi nell'esistenza o

nell'ammontare, non possono essere rilevati fiscalmente nell'esercizio di

competenza, ma nell'esercizio successivo in cui la loro esistenza diventa certa

e il loro ammontare determinabile. Per i ricavi perciò non vi è divergenza tra

disciplina civilistica e disciplina fiscale, dato che anche il diritto civile, impone

che possono essere rilevati solo i ricavi effettivamente conseguiti.

Inoltre si applica il principio di cassa e non di competenza, x i seguenti costi:

compensi dovuti agli amministratori

1) oneri fiscali contributiva

2) erogazioni liberali

3) gli interessi di mora attivi e passivi

4)

Mentre per quanto riguarda i ricavi, si applica il principio di cassa quando:

per le plusvalenze dei beni relativi all'impresa, la cui tassazione può avvenire non nel

periodo in cui sono stati conseguiti, ma in modo dilazionato.

delle sopravvenienze attive conseguite a titolo di contributo o liberalità, che concorrono a

formare il reddito fiscale x intero nell'esercizio in cui sono stati incassate o, a scelta del

contribuente in quote costanti al massimo in cinque anni, a partire dalla data di incasso

I beni relativi all'impresa e loro valori fiscalmente riconosciuto

Per le società sono beni relativi all'impresa, tutti i beni che appartengono ad esse; ben

diversa è la situazione dell'imprenditore individuale, il quale può essere proprietario sia dei

beni relativi all'impresa sia di altri beni (beni personali, usati cioè per i bisogni individuali e

familiari); nelle società

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Publisher
A.A. 2014-2015
73 pagine
20 download
SSD Scienze giuridiche IUS/12 Diritto tributario

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Rox33 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Diritto tributario e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli studi di Napoli Federico II o del prof Coppola Paola.