Diritto tributario - processo tributario - Tesauro - Appunti
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ESTRATTO DOCUMENTO
Del soggetto contro cui il ricorso è proposto;
Dell’atto impugnato e dell’oggetto della domanda;
Dei motivi.
Il ricorso deve essere sottoscritto dal difensore e deve contenere
l’indicazione dell’incarico ricevuto; deve poi essere indicato l’oggetto del
processo, che si compone di due elementi: petitum (oggetto della domanda)
e causa petendi (motivi del ricorso). Oggetto della domanda è il
provvedimento che si chiede al giudice, ovvero l’annullamento di un
provvedimento (ruolo, avviso di accertamento, ecc.). Il motivo del ricorso,
nei processi d’impugnazione, è costituito dalla rilevazione di un vizio
dell’atto impugnato.
L’inammissibilità del ricorso è rilevabile d’ufficio in ogni stato e grado del
processo e non è sanata dalla costituzione del resistente.
Per dare avvio al processo il ricorso deve essere notificato al soggetto
contro cui è proposto e la notifica può essere fatta in tre modi:
Dall’ufficiale giudiziario (previsto dal c.p.c.);
Tramite spedizione postale;
Mediante consegna dell’atto alla controparte.
La notificazione del ricorso deve essere eseguita entro 60 giorni dalla
notificazione dell’atto contro cui si ricorre. Il termine per impugnare è
sospeso quando il contribuente, che riceve avviso d’accertamento, presenta
all’ufficio istanza di concordato (accertamento con adesione). Tale termine
di sospensione è di 90 giorni.
Per quanto riguardo il ricorso contro i ruoli, formati dai Centri di Servizio
(C.d.S.) ora soppressi, l’originale del ricorso deve essere presentato
all’ufficio che ha formato il ruolo, mentre se decorrono 6 mesi e non è stato
accolto dall’ufficio, il ricorrente deve presentare copia del ricorso presso la
segreteria della commissione tributaria provinciale.
Il processo tributario può essere instaurato con l’impugnazione di uno degli
atti indicati dal legislatore che si dividono in: atti autonomamente
impugnabili e atti non autonomamente impugnabili. I primi sono:
Avviso di accertamento;
Avviso di liquidazione;
Provvedimento che irroga sanzioni;
Iscrizione a ruolo e cartella di pagamento;
Avviso di mora;
Rifiuto espresso o tacito di restituzione;
Atti delle operazioni catastali.
Gli atti non compresi nell’elenco sono impugnabili non autonomamente, ma
insieme con quelli impugnabili.
Ogni atto può essere impugnato solo per vizi che lo riguardano, ossia per
vizi propri e non per vizi che riguardano altri atti e né per vizi di atti
precedenti.
Per una parte della dottrina, le impugnazioni mirano all’annullamento
dell’atto, mentre per un’altra parte il giudizio presenta solo natura
impugnatoria perché avrebbe come esito la sostituzione dell’atto impugnato
con una sentenza di accertamento dell’obbligazione tributaria. La
giurisprudenza riconosce che il processo tributario è un processo di
impugnazione di un provvedimento amministrativo, ma perviene a
conclusioni non uniformi, in quanto afferma che:
Quando l’impugnazione verte su vizi formali dell’atto e il giudice riconosce
fondato il ricorso, si ha l’annullamento dell’atto impugnato;
Quando non ci sono vizi formali il giudice sostituisce l’atto impugnato,
emettendo una sentenza di accertamento del rapporto obbligatorio;
Hanno carattere impugnatorio anche le azioni di rimborso, sia quando
esercitate con ricorso avverso il provvedimento di rifiuto, sia quando
esercitate a seguito di silenzio dell’Amministrazione.
Il ricorso può essere proposto solo dopo che l’amministrazione ha rifiutato
il rimborso. Perciò con il ricorso il contribuente chiede che sia accertato il
suo credito, sia annullato il rifiuto di rimborso e l’amministrazione sia
condannata a pagare.
Il termine per la presentazione della domanda di rimborso è di 2 anni,
mentre il termine per la presentazione del ricorso è collegato al rifiuto: se
espresso, va presentato entro 60 giorni dalla notificazione dell’atto; se
tacito, non essendoci nessun termine processuale, opera il termine di
prescrizione del diritto al rimborso.
Il ricorrente dopo aver notificato il ricorso deve costituirsi in giudizio, deve
cioè formare un fascicolo e depositarlo presso la segreteria della
commissione. In seguito anche il resistente deve costituirsi in giudizio
depositando il proprio fascicolo. La mancata costituzione del ricorrente
rende inammissibile il ricorso.
Alla costituzione in giudizio di una delle parti, la segreteria forma il
fascicolo del processo e lo sottopone al presidente della commissione che
compie un esame preliminare del ricorso e può dichiarane l’inammissibilità
se ne riscontra una delle cause espressamente previste, oppure lo affida a sua
volta al presidente di una delle sezioni il quale ha il potere di dichiarare la
sospensione, l’interruzione e l’estinzione del processo.
Il passo successivo del processo è la fissazione dell’udienza di trattazione di
cui deve essere dato avviso alla parti costituite almeno 30 giorni prima. Le
parti possono fino a 20 giorni prima depositare documenti e fino a 10
giorni, depositare memorie.
La trattazione della controversia può avvenire in camera di consiglio,
oppure su richiesta di una delle parti avviene in pubblica udienza. L’udienza
si svolge nel modo seguente: dopo la relazione del collegio giudicante le
parti sono ammesse alla discussione; quindi il collegio delibera in camera di
consiglio, ma la sentenza è resa pubblica con il deposito presso la segreteria
della commissione. Quest’ultima deve quindi notificare la sentenza alle parti
costituite entro 10 giorni dal deposito.
Vi sono, inoltre, dei casi in cui il giudice deve sospendere il processo e
attendere che la questione sia risolta da un altro giudice, come quando viene
presentata querela di falso e quando debba essere decisa una questione sullo
stato o sulla capacità delle persone.
Il processo deve essere sospeso anche quando viene presentato regolamento
preventivo di giurisdizione e quando viene sollevata questione di
costituzionalità o di interpretazione di norme comunitarie.
Si ha interruzione del processo quando muore la parte privata o il suo legale
rappresentate o il suo difensore. Con l’interruzione non possono essere
compiuti atti del processo e, se la parte da cui è derivata l’interruzione non
presenta istanza per la ripresa, il processo si estingue.
La naturale conclusione del processo è la sentenza, ma si può anche
estinguere per:
Rinuncia al ricorso, che non ha effetto se non è accettata dalle altre parti
costituite che abbiano effettivo interesse alla prosecuzione del processo;
Inattività delle parti;
Cessazione della materia del contendere, quando viene meno l’oggetto del
processo, ossia l’atto impugnato.
Anche nel processo tributario le parti possono raggiungere un accordo, la
conciliazione, a seguito della quale cessa la materia del contendere. La
conciliazione consta di un accorto tra le parti che si traduce in un atto con
cui l’amministrazione modifica l’atto impugnato, con la contestuale
accettazione del contribuente. La conciliazione è legittima solo nelle liti che
riguardano l’avviso d’accertamento e solo per questioni di tipo quantitative.
Non sono conciliabili, quindi, le questioni che riguardano le sanzioni, pur se
si tratta di questioni riguardanti solo il quantum. La conciliazione comporta
per il contribuente la riduzione delle sanzioni ad un terzo di quanto
irrogato, la riduzione fino alle metà delle pene previste per i reati tributari e
la compensazione delle spese di giudizio. Essa, inoltre, può aver luogo solo
mentre la lite pende in primo grado, in udienza o in sede extraprocessuale.
In quest’ultimo caso l’ufficio deve presentare in giudizio il documento che
formalizza l’accordo. Raggiunta la conciliazione, gli importi concordati
devono essere pagati mediante versamento diretto entro 20 giorni.
SEZIONE 3 – Le prove
La norma cardine in tema di prove è quella secondo cui il giudice, salvi i
casi previsti dalla legge, deve porre a fondamento della decisione le prove
proposte dalle parti. Non sono ammesse prove orali. Se i mezzi di prova
non sono sufficienti a formare il convincimento del giudice sui fatti
controversi, lo stesso giudice può assumere iniziative istruttorie. Pertanto il
giudice può:
Disporre accessi e ispezioni;
Richiedere dati, informazioni e chiarimenti;
Ordinare l’esibizione di documenti;
Richiedere relazioni tecniche ad organi dello Stato;
Disporre lo svolgimento di una consulenza tecnica.
Il giudice, pertanto, non può indagare su fatti che non siano stati indicati
dalle parti.
Sono esclusi il giuramento e la prova testimoniale, mentre per quanto
riguarda la confessione la sua ammissibilità non è esclusa.
Spesso accade che, nel corso di indagini di polizia giudiziaria, siano
rinvenuti documenti o assunte dichiarazioni che potrebbero essere rilevanti
in ambito tributario. In linea di principio tali prove non sono utilizzabili,
perché coperte dal segreto previsto dal c.p.p. In deroga a tale principio, se il
magistrato penale ritiene che non vi sia pregiudizio per il processo penale,
può autorizzarne l’utilizzo ai fini fiscali.
Il diritto tributario è ricco di presunzioni legali. La presunzione legale è
assoluta se non è ammessa alcuna prova contraria; è relativa se sono
ammesse prove contrarie. È detta, infine, presunzione mista quella contro la
quale la prova contraria è ammessa ma soltanto con determinati mezzi.
Oltre alle presunzioni legali, l’amministrazione pone a fondamento dei suoi
atti anche presunzioni semplici, le quali sono formulate dal giudice e
devono essere basate su elementi gravi, precisi e concordanti.
Abbiamo, infine, le presunzioni semplicissime, che riguardano casi in cui
non si tratta di accertare un fatto ma di determinare un valore.
Il problema dell’onere della prova si ha quando, al momento della decisione
di un fatto non esista né la prova che è avvenuto, né la prova che si è
verificato; in altri termini il fatto non provato equivale ad un fatto non
avvenuto. Nel processo tributario d’impugnazione sono in discussione i fatti
sui quali si fonda e dai quali trae legittimità l’atto impugnato; la mancata
prova di quei fatti equivale alla prova negativa e quindi l’amministrazione
finanziaria ha l’onere di provare i fatti sui quali si fonda l’atto impugnato.
SEZIONE 4 – I provvedimenti
Il giudice tributario può emettere 3 tipi di atti: sentenza, ordinanza e
decreto. Il collegio si pronuncia con sentenza in tutti i casi in cui definisce il
giudizio; si ha sentenza, quindi, non solo quando il collegio decide il ricorso
al merito, ma anche quando dichiara l’estinzione del giudizio o
l’inammissibilità del giudizio.
La sentenza deve contenere:
L’indicazione della composizione del collegio, delle parti e dei difensori;
La concisa esposizione dello svolgimento del processo;
Le richieste delle parti;
La succinta esposizione dei motivi in fatto e in diritto;
Il dispositivo.
La sentenza è resa pubblica mediante deposito presso la segreteria della
commissione e il dispositivo è comunicato alle parti costituite entro 10
giorni dal deposito.
Il collegio pronuncia ordinanza in tutti i casi in cui non definisce il giudizio
(e quindi non pronuncia sentenza).
Infine vi sono i decreti, che regolano lo svolgimento del processo e sono atti
del presidente della commissione o della sezione. Il presidente dichiara con
decreto l’inammissibilità manifesta del ricorso, la sospensione del processo
e l’estinzione del processo. Contro i provvedimenti del presidente è
ammesso reclamo al collegio.
Il ricorso proposto contro uno degli atti impugnabili non ne impedisce
l’esecuzione, o la impedisce solo in parte. Il contribuente oltre a poter
richiedere la sospensione della riscossione dispone anche di un mezzo di
difesa di natura processuale. Il ricorrente, infatti, può chiedere nel ricorso o
con atto separato, la sospensione dell’esecuzione dell’atto impugnato. La
sospensione può riguardare qualunque contenuto dell’atto impugnato:
imposta, interessi, sanzioni. Per ottenere la sospensione, debbono sussistere
due presupposti: la probabile fondatezza del ricorso e il pericolo che si
verifichi un danno grave e irreparabile. La sospensione è dunque accordata
dal collegio, il quale decide in camera di consiglio dopo aver sentito le parti
e dopo aver deliberato il merito; la pronuncia ha la forma dell’ordinanza,
deve essere motivata, e non è impugnabile. La sospensione può essere anche
parziale. Gli effetti della sospensione cessano con la pubblicazione della
decisione di primo grado.
Prima di decidere il merito, il giudice deve verificare che la causa
appartiene alla sua giurisdizione e alla sua competenza, che il ricorso è
ammissibile, ecc. Se la commissione si dichiara incompetente deve altresì
indicare il giudice competente.
Dinanzi al giudice tributario si possono impugnare solo provvedimenti
individuali, e non si possono impugnare né gli atti amministrativi generali,
né i regolamenti, ma se sono legittimi può disapplicarli.
Anche nel processo tributario le spese di lite sono a carico del soccombente.
Esse sono liquidate con la sentenza, ma vi può essere anche compensazione.
Le sentenze con le quali sono respinte le domande di impugnazione hanno
natura di sentenza di mero accertamento, in quanto si limitano a dichiarare
l’inesistenza dei vizi dedotti con il ricorso e del diritto all’annullamento
dell’atto impugnato. Le sentenze che accolgono le domande di
impugnazione hanno come contenuto caratteristico l’annullamento totale o
parziale dell’atto impugnato. Con l’impugnazione che da vita al processo
tributario, quindi, si mira all’annullamento e non alla sostituzione dell’atto:
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