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CAPO 1: LE FONTI DEL DIRITTO TRIBUTARIO

1.1 Il diritto tributario e la struttura dell'imposta

1.1.1 Il diritto tributario

Il diritto tributario studia il sistema dei tributi. Esso può definirsi il complesso di norme e principi che attengono all'istituzione e attuazione dei tributi; la scienza delle finanze invece, studia le entrate e le uscite dello Stato dal punto di vista economico, quindi riguarda la gestione del patrimonio statale. Il tributo consiste in un'entrata coattiva, la cui obbligatorietà è imposta per legge con atto autoritativo, senza cioè che vi concorra la volontà dell'obbligato contribuente. Nell'ambito dei tributi noi distinguiamo l'imposta, la tassa e il contributo.

L'imposta è una prestazione finalizzata a soddisfare i servizi pubblici generali e indivisibili (difesa, ordine pubblico...), mentre la tassa consiste nella quota parte richiesta di costo di servizi particolari e divisibili (tasse scolastiche). Il contributo infine consiste in una prestazione patrimoniale derivante da un particolare vantaggio ottenuto da determinati contribuenti per il compimento di opere pubbliche destinate alla collettività.

Presupposto dell'imposta è un atto o un fatto posto in essere dal soggetto passivo senza alcun collegamento con una determinata attività o servizio dell'ente pubblico. La tassa, invece, che è sempre un'obbligazione imposta dalla legge, ha il suo presupposto in un atto o un'attività dell'ente pubblico nell'espletamento di un servizio pubblico di cui il soggetto passivo fruisce. Il contributo infine, ha come presupposto l'arricchimento o il vantaggio di singoli soggetti passivi di seguito all'esecuzione di un'opera pubblica destinata alla collettività.

In rapporto con altri diritti si ha: col diritto privato va rilevato che il presupposto di fatto dei vari tributi è di regola preso da istituti privatistici; col diritto pubblico si osserva che la Carta costituzionale fissa i principi basilari dell'imposizione fiscale, come la capacità contributiva (art 53); relativo al diritto amministrativo, il procedimento tributario rientra nella disciplina del procedimento amministrativo; il diritto penale tributario studia i reati tributari; il processo tributario si svolge davanti la commissione tributaria secondo regole riprese dal diritto processuale civile. In riferimento al processo tributario penale, esso si svolge presso il tribunale secondo le regole proprie del codice processuale di rito.

1.1.2 La classificazione delle imposte

Le imposte sono distinte innanzitutto in imposte dirette e imposte indirette. Le prime colpiscono una manifestazione immediata (o diretta) della capacità contributiva, come il patrimonio (terreni e fabbricati) ed il possesso di un reddito. La categoria delle imposte dirette statali viene a coincidere con quella delle imposte sui redditi (IRE imposta sul reddito, IRES imposta sul reddito della società).

Le imposte indirette invece riguardano manifestazioni mediate della ricchezza. Esse pertanto colpiscono una manifestazione indiretta della ricchezza come il trasferimento e il consumo. Le imposte indirette si distinguono in imposte sui trasferimenti, imposte sugli affari e imposte sui consumi.

Le imposte dirette poi, vanno distinte in imposte personali ed imposte reali. L'imposta personale per eccellenza è l'imposta sulle persone fisiche (IRPEF) in via di sostituzione con l'imposta sul reddito (IRE).

Nella determinazione dell'imposta reale si tiene conto di elementi che riguardano la produzione del reddito, come l'ITAP. IRES è un'imposta personale in quanto la tassabilità di una società o un ente nel territorio di uno Stato si basa sul criterio di residenza.

La distinzione tra imposte erariali e imposte locali si basa sul soggetto attivo del tributo.

Nelle prime infatti è soggetto attivo lo Stato, mentre nelle seconde è soggetto attivo un ente locale.

Di particolare rilievo è la distinzione tra imposte fisse, proporzionali e progressive.

È imposta fissa quella determinata dalla legge nel suo preciso ammontare.

Imposta proporzionale si applica in misura percentuale e non cambia col variare della base imponibile.

L’imposta progressiva è quella che varia in maniera crescente con l’aumentare della base imponibile. La progressività del prelievo è determinata con la previsione di aliquote crescenti con l’aumentare della base imponibile (es. IRPEF).

1.1.3 "La struttura dell’imposta"

L’imposta può definirsi come una quota parte (aliquota) di una somma determinata (imponibile) che un soggetto passivo (presupposto soggettivo) deve corrispondere ad un soggetto attivo (ente pubblico) al verificarsi dell’ipotesi prevista dalla legge (presupposto oggettivo) cui è collegato il tributo.

Elementi strutturali dell’imposta sono: elemento soggettivo (soggetto passivo) e elemento oggettivo (fatto economico espressione di capacità contributiva), base imponibile (ammontare determinato oggetto d'imposta) e l'aliquota.

In base al principio della legalità art. 23 Cost.) l’imposta deve essere sufficientemente determinata dalla legge nei suoi elementi essenziali, mentre per gli altri elementi può rinviarsi al potere regolamentare dell’ente impositore.

I fatti economicamente rilevanti sotto il profilo della tassazione sono essenzialmente il patrimonio, il reddito, il trasferimento ed il consumo della ricchezza.

Il presupposto è l’elemento oggettivo della fattispecie, che differenzia l’imposta dalle altre prestazioni obbligatorie.

I soggetti passivi sono le persone fisiche, giuridiche, gli enti non riconosciuti, i sostituti e i responsabili d’imposta. Figure particolari di soggetti passivi non contribuenti sono il sostituto d’imposta e il responsabile d’imposta. Il sostituto può definirsi come il soggetto obbligato al pagamento di imposte in luogo d’altri; egli sopporta definitivamente il carico fiscale in quanto il sostituto ha l’obbligo di rivalsa nei suoi confronti.

Il responsabile d’imposta è invece il soggetto obbligato al pagamento insieme ad altri, per situazioni a titoli esclusivamente riferibili ad altri.

1.2 Le fonti del diritto in materia tributaria: introduzione

Le fonti del diritto sono tutti quegli atti o fatti che sono in grado di creare o innovare il sistema giuridico; in merito si suole distinguere tra fonti di produzione (quelle che cioè creano effettivamente il diritto), e fonti di cognizione (che rendono conoscibile il diritto).

Nell’ambito della configurazione gerarchica che le fonti assumono nel nostro ordinamento, la posizione di preminenza è assunta dalla Carta Costituzionale, che prevale su ogni altra fonte del diritto.

Un rilievo particolare lo assume l’art. 23 della Costituzione, secondo il quale nessuna prestazione personale o patrimoniale può essere imposta se non in base alla legge.

La riserva di legge viene a rappresentare un elemento di garanzia del privato nei confronti del sovrano, oltre che strumento di equilibrio dei poteri.

L’art. 23 della Costituzione, comunque, è affiancato anche da altre due disposizioni costituzionali che stabiliscono il divieto di referendum abrogativo per le leggi tributarie (art. 75 Cost.), nonché il divieto di imporre nuovi tributi con la legge di approvazione del bilancio statale (art. 81 Cost.).

1.3 Lo statuto dei diritti del contribuente e la riforma del sistema tributario

1.5 I regolamenti

Si tratta di fonti di produzione delle norme fiscali. Non possono infatti in nessun modo modificare leggi o atti aventi forza di legge. La disciplina di tale fonte del diritto, fondamentalmente risale alla legge 400 del 1988.

In base ad essa si può distinguere fra:

  1. Regolamenti di esecuzione, cioè quelli che sono adottabili da parte del Governo laddove una disciplina legislativa di fonte primaria, espressamente disponga della necessità di tale integrazione ai fini della sua applicabilità.
  2. Regolamenti di attuazione e integrazione, previsti per attuare e integrare leggi e decreti legislativi recanti norme di principio.
  3. Regolamenti indipendenti (o autonomi), che possono essere adottati laddove manchi una disciplina legislativa e la materia non sia ad essa sola riservata.
  4. Regolamenti di organizzazione, concernenti la disciplina dell’organizzazione e del funzionamento delle amministrazioni pubbliche secondo le disposizioni dettate dalla legge.
  5. Regolamenti delegati; atti privi di forza di legge ma che possono derogare alle leggi.

La legge 400/1988 limita l’ambito del potere del governo di emanare regolamenti alle materie non coperte da riserva assoluta di legge e ne subordina l’esercizio ad una specifica legge di autorizzazione, la quale deve:

  1. Determinare le norme generali regolatrici della materia per la quale si prevedono i regolamenti delegati
  2. Disporre l’abrogazione delle norme in vigore a far data dall’entrata in vigore delle norme regolamentari

Con decreto ministeriale possono essere adottati regolamenti nelle materie di competenza del ministro o di altre autorità sottordinate al Ministro, quando la legge espressamente conferisca tale potere.

Gli atti amministrativi generali, a differenza dei regolamenti ministeriali, non hanno la capacità di innovare l’ordinamento giuridico e, pur essendo riferibili alla generalità dei soggetti sono privi dei requisiti della generalità e dell’astrattezza, che si riscontrano nei regolamenti.

Ai fini tributari, rilevano essenzialmente le circolari amministrative quali atti di interpretazione e di disposizioni tributarie, emessi dall’amministrazione centrale al fine di istruire e rendere uniforme l’atteggiamento degli uffici periferici all’applicazione delle stesse.

1.6 Le leggi regionali

L’autonomia finanziaria costituisce una condizione essenziale perché si possa effettivamente realizzare la riconosciuta autonomia politica degli enti Regione.

Per poter seguire un indirizzo politico regionale autonomo, la Regione deve poter disporre di mezzi sufficienti alla sua realizzazione e questo deve concretizzarsi almeno in appropriate fonti di entrata e autonoma indicazione dei criteri di spesa.

Dall’analisi del testo normativo si rilevava non essere necessario che nel concetto di autonomia finanziaria debba riconoscersi anche il potere di istituire tributi.

Invece, sotto un’altra linea interpretativa doveva riconoscersi anche una potestà autonoma di imporre tributi.

L’art. 119 propende per questa seconda impostazione dichiarando che alle Regioni fossero attribuite, non solo quote di tributi erariali, bensì anche tributi propri. Confermato dall’art. 5 riguardo l’autonomia.

Riguardo all’art. 117 Cost. si dice che spetta alle Regioni la potestà legislativa residuale, relativa cioè ad ogni materia espressamente non riservata allo stato.

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A.A. 2009-2010
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SSD Scienze giuridiche IUS/12 Diritto tributario

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher vipviper di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Diritto Tributario e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Roma Tor Vergata o del prof Santamaria Baldassarre.