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IVA).
L’elemento territoriale
L’art. 7 del decreto stabilisce che di regola una cessione di beni si considera effettuata in Italia se
ha per oggetto beni immobili situati in Italia o beni mobili nazionali (prodotti in Italia) o comunitari
(originari di un altro Stato europeo).
Le prestazioni di servizi si considerano effettuate in Italia se sono rese a operatori economici
stabiliti in Italia o se sono rese a committenti che non sono operatori economici purché effettuate
da operatori economici stabiliti in Italia.
Le operazioni intracomunitarie (cessioni di beni realizzate nell’ambito del territorio europeo) hanno
una disciplina territoriale specifica.
o Esempio 1: il soggetto A stabilito in Italia vende ad un consumatore un bene il quale risiede
in un altro Stato europeo. In questo caso la cessione è assoggettata ad IVA in Italia.
o Esempio 2: A vende ad un operatore economico che risiede in un paese europeo, in questo
caso la cessione è assoggettata ad IVA nel paese di destinazione.
Con riferimento ai paesi posti al di fuori dall’unione europea, l’esportazione di beni dall’Italia ad un
paese extra UE è un’operazione esente da IVA, mentre l’importazione da un paese extra UE è
un’operazione imponibile IVA in capo al soggetto che la effettua, indipendentemente che esso sia
operatore economico o consumatore finale.
Il diritto di rivalsa
L’art. 18 del decreto prevede che l’operatore economico che effettua la cessione di beni o la
prestazione di servizi deve addebitare l’IVA al cessionario o committente a titolo di rivalsa.
Il diritto di detrazione
L’art. 19 del decreto prevede che per la determinazione dell’imposta dovuta dal soggetto passivo
l’ammontare dell’IVA da lui assolta o a lui addebitata a titolo di rivalsa è detraibile dall’ammontare
dell’imposta relativa alle operazioni effettuate. Il presupposto fondamentale affinché si ha questo
diritto è l’acquisto di beni o servizi che siano inerenti alla propria impresa o professione.
L’art. 19 co. 2 prevede che non è detraibile l’imposta relativa all’acquisto di beni afferenti ad
operazioni esenti.
I soggetti passivi di diritto (operatori economici) hanno l’obbligo fondamentale di emissione della
fattura, attraverso la quale sorge l’addebito dell’IVA in capo al soggetto acquirente del bene e
servizio, senza la quale non può esercitare il diritto di detrazione.
Inoltre è fondamentale, per emettere la fattura, possedere la partita IVA (attribuita dall’agenzia
delle entrate), definita come l’identificazione fiscale dell’operatore economico.
La base imponibile
La base imponibile dell’IVA è data dal corrispettivo dovuto secondo le condizioni contrattuali. Vi
sono casi in cui il corrispettivo non è previsto, ricorrendo a criteri eccezionali, tra i quali il valore di
mercato dei beni o servizi ed il valore di costo.
L’aliquota
L’aliquota ordinaria è fissata nel 22%. Esistono aliquote inferiori di due tipi:
o Minima del 4% che si applica ad una serie di beni e servizi ritenuti di prima necessità
(elencati tassativamente nella tabella allegata al decreto IVA);
o Ridotta del 10% prevista per beni e servizi che il legislatore ritiene di agevolare, pur non
essendo di prima necessità.
L’aliquota ordinaria è spesso oggetto di aumento, in quanto costituisce un modo rapido per
acquisire risorse finanziarie.
Imposta regionale sulle attività produttive (IRAP)
La disciplina dell’IRAP è contenuta nel dlgs 446/1997 ed è considerata un tributo regionale (proprio
derivato) per due motivi:
o In primo luogo per aspetti che attengono all’autonomia impositiva, in quanto è un tributo
introdotto con legge statale, di cui la regione ha la titolarità del credito (soggetto attivo) ed ha
limitati poteri di regolazione;
o In secondo luogo per la struttura del suo presupposto, il quale consiste nell’esercizio
abituale di una attività organizzata in modo autonomo diretta alla produzione o scambio di beni o
servizi esercitata nel territorio della regione.
Il presupposto di imposta
Non viene tassato il reddito (e quindi il risultato dell’attività) ma l’esercizio di un’attività, per cui il
fatto indice della forza economica in questo caso non coincide con i fatti indice tradizionali e per
questo motivo una parte della dottrina ritiene l’IRAP incostituzionale proprio perché non in grado di
esprimere una reale forza economica.
L’idea alla base dell’IRAP sta nel fatto che la posizione dell’operatore economico (imprenditore o
professionista) che, svolgendo un’attività economica organizzata, ha una posizione di dominio nei
confronti dei fattori produttivi (capitale e lavoro), determina per un verso una situazione economica
differente in capo allo stesso soggetto, per un altro evidenzia il complessivo valore prodotto
dall’attività organizzata.
Il valore complessivo di un impresa infatti è dato non solo dall’utile, ma anche dalle retribuzioni
corrisposte ai lavoratori, dagli interessi sul capitale investito. Il decreto considera questo valore
complessivo come un autonomo fatto indice imputato al soggetto imprenditore, considerato come
colui che ha il controllo dei fattori produttivi .
La corte costituzionale lo ha ritenuto costituzionale, sostenendo che la posizione dell’imprenditore
ha comunque una rilevanza economica ed è ragionevole pensare che essa è in grado di
manifestare una forza economica autonoma.
Per esercizio di attività organizzata si intende un’attività che utilizzi lavoro (dipendenti o
collaboratori) e capitale altrui (beni strumentali ulteriori a quelli strettamente indispensabili, nonché
finanziamenti fatti da terzi).
Si ritiene che quando si tratta di attività di lavoro autonomo o di impresa occorre valutare di volta in
volta se questa è tale da essere configurabile come concretamente organizzabile o meno.
La base imponibile
Per l’individuazione della base imponibile si tiene conto del valore della produzione netta, espresso
dalla differenza tra i proventi ed i costi, senza dedurre dai costi alcune voci che, nonostante
costituiscono un costo per l’operatore, concorrono comunque a formare il valore della produzione
netta, e sono:
o Interessi passivi;
o Costo del lavoro.
Nel corso degli anni il legislatore ha limitato la non deducibilità dei costi di lavoro, per evitare di
scoraggiare l’assunzione di personale dipendente.
L’aliquota
L’aliquota ordinaria è del 3,9%, ma le regioni hanno la facoltà di variare l’aliquota fino ad un
massimo dello 0,92%.
L’imposte sui trasferimenti di ricchezza
Vi sono tre tipologie di imposte:
o Imposta di registro;
o Imposta sulle successioni e donazioni;
o Imposte ipotecaria e catastale.
Questi tributi hanno come presupposto il trasferimento di beni e diritti che avvengono normalmente
in virtù di vicende negoziali tra un patrimonio ed un altro.
La capacita contributiva in questo caso può essere legata ad un:
o Trasferimento che comporta una modificazione qualitativa del patrimonio dei soggetti
interessati (il trasferimento avviene a titolo oneroso e cioè prevedendo un corrispettivo od un altro
trasferimento di beni o diritti. Presupposto tipico delle imposte sui registri);
o Trasferimento che comporta l’arricchimento di uno dei soggetti interessati (avviene in virtù
di vicende non onerose, ma liberali o gratuite. Presupposto tipico delle imposte sulle successioni e
donazioni).
Le imposte ipotecarie e catastali sono trasversali in quanto si applicano solo ai trasferimenti
immobiliari, sia che avvengano a titolo oneroso sia che avvengano in modo liberale o gratuito, in
quanto si ricollegano all’esecuzione delle formalità nei pubblici registri immobiliari.
Sono tributi indiretti in quanto non colpiscono il reddito o patrimonio, ma vicende negoziali; inoltre
non sono imposte sul consumo, ma imposte d’atto, in quanto si applicano all’atto giuridico posto in
essere da chiunque e senza meccanismi di traslazione giuridica del tributo.
L’imposta di registro
L’imposta di registro è disciplinata dal dpr 131/86 (TUR- testo unico di registro).
Il suo presupposto è dato dagli atti giuridici che comportano trasferimento o costituzione di diritti
reali o personali di godimento da un soggetto all’altro in forza di vicende giuridiche onerose.
L’imposta si basa sull’individuazione di alcuni atti giuridici c.d soggetti a registrazione (definiti dal
dpr).
Per cui una volta che questi atti sono posti in essere dal contribuente, in capo ad esso sorge
l’obbligo di chiedere la registrazione da parte dell’amministrazione finanziaria. A seguito della
registrazione, sorge l’obbligo di pagamento del tributo.
Il tributo di registro può assumere una doppia natura di:
o Tassa (dovuto in misura fissa di 200€ quando si registrano determinati atti che non hanno
contenuto economico ed è una tassa proprio perché costituisce un’entrata per lo Stato collegata
alla fornitura di un servizio pubblico ovvero la registrazione);
o Imposta (dovuto in misura proporzionale, con la quale è possibile apprezzare la capacità
contributiva).
Il TUR individua tre tipologie di atti che divergono in base all’obbligo di registrazione ed al peso
impositivo sui singoli atti e sono:
o Atti soggetti a registrazione in termine fisso (ovvero redatti per iscritto nel territorio dello
Stato, per cui entro 20 gg dalla data dell’atto devono essere presentati all’ufficio dell’agenzia delle
entrate per la registrazione);
o Atti soggetti a registrazione in caso d’uso (ovvero atti utilizzati al fine di procedimenti
amministrativi);
o Atti non soggetti a registrazione (ovvero atti che possono essere registrati volontariamente
dai contribuenti perché in questo modo si attribuisce data certa all’atto, nonché si garantisce la sua
esistenza e la sua conservazione).
Poiché è un’imposta d’atto, l’elemento fondamentale affinché sia applicata l’imposta di registro è la
qualificazione giuridica attribuita a quell’atto.
L’articolo 20 del TUR prevede infatti che l’imposta di registro deve essere applicata secondo
l’intrinseca natura e gli effetti giuridici dell’atto presentato alla registrazione, anche quando non
corrisponda il titolo o la forma apparente.
Soggetti passivi
I soggetti passivi sono:
o Parti negoziali dell’atto portato a registrazione;
o Responsabile di imposta (pubblico ufficiale che ha redatto, ricevuto o autenticato l’atto in
caso di atti pubblici o scrittur