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DIRITTO TRIBUTARIO

Web tax. Il criterio di tassazione per le società è la sede legale o il luogo di

amministrzione della sede sociale. Con l'avvento di internet e la sua

affermazione, si è complicata l'individuazione delle diverse infrastrutture

amministrative e legali e così anche la collocazione del reddito. Va dunque

analizzato come si strutturi una società che operi sul mercato informatico

(come ad esempio i motori di ricerca). La società a cui affluiscono i ricavi

deciderà allora il paese europeo più vantaggioso dal punto di vista fiscale

(solitamente Irlanda o Lussemburgo). Altro problema è l'individuazione

della base imponibile soggetta a tassazione. La società nel paese europeo,

però, non è detentrice del marchio, ne segue che deve pagare una royaltie

alla società proprietaria (detentrice del marchio) la quale è situata in un

"paradiso fiscale". Ne segue che la base imponibile si ricava da: fatturato

sede in paese europeo - costi interni - royaltie pagate alla società madre.

Caso Apple. La Apple detiene la sede fiscala in Irlanda, così da avere dei

vantaggi in termini fiscali, riuscendo così a pagare meno tasse. Attraverso un

ruling, accordo fiscale sulle tasse da pagare, alla Apple veniva fissata

un'aliquota dello 0.05% (invece del 12,5% previsto dall'Irlanda). Così

facendo, negli altri paesi europei, detrae dal reddito vari costi interni e

royaltie in modo da ottenere, in quel paese, una bassa base imponibile dalla

quale pagare le tasse (ad es. da 100, detrae 95 tra costi e royalties, così da

avere una base imponibile di 5 sulla quale pagare le tasse).

La web tax non si riferisce a tassare tutte le imprese che abbiano un sito

imtermet, ma è indirizzata solamente verso quelle imprese che operano solo

su internet, in modo da tassarle come imprese che hanno attività diverse nel

"mercato materiale". Di conseguenza questa tassa si riferisce a tutte quelle

imprese che operano unicamente online, come sono Google, Apple, Amazon

e così via.

Il diritto finanziario comprende le entrate (ovvero la riscossione delle

imposte) e le uscite statali, mentre il diritto tributario si riferisce solo alla

parte dell'entrate. La scienza delle finanze studia, sotto una chiave

economica, il rapporto tra entrate e uscite. Questa disciplina studia che

impatto hanno certi tributi all'interno del mercato (ne è un tipico esempio il

caso della benzina, il cui prezzo sempre più elevato ha portato ad una

riduzione del suo consumo da parte dei cittadini). Il diritto tributario è

riconosciuto come un diritto di secondo grado, in quanto riprende nozioni

provenineti o dal diritto privato o dal diritto commerciale. Per quanto

riguarda il primo, il riferimento è comune quando il legislatore utilizza dei

concetti che sono propri del diritto privato. Un esempio è l'utilizzo del

concetto di possesso, in quanto il presupposto dell'IRPEF, è il possesso di

denaro per le persone. Il diritto tributario si può considerare poi, come un

ramo del diritto amministrativo, dal quale si è formato. Il diritto

amministrativo si occupa delle norme del funzionamento e organizzazione

dello stato, dunque, nello specifico, dale norme di funzionamento finanziario

è nato il diritto tributario. Ci sono poi anche rapporti con il diritto

costituzionale e il diritto processuale civile. Con quest'ultimo, il diritto

tributario è legato, in quanto anche ai commercialisti è permesso di

patrocinare in tribunale (ma non in cassazione, dove solo gli avvocati

possono esercitare). Infine, anche con il diritto penale si lega il diritto

tributario, in quanto gli illeciti fiscali e i reati commerciali hanno

conseguenze, oltre che civili, anche penali.

L'IVA è un'imposta dovuta da chi cede un bene oservizio nel territorio dello

stato, di conseguenza essa grava sul consumatore finale. Il rapporto

obbligatorio di imposta ricade però sul venditore e non sull'acquirente finale,

dunque ricade sul prestatore del servizio.

Per comprendere il concetto di diritto tributario, si devono analizzare le

entrate pubbliche, ovvero quell'insieme di risorse che affluiscono nelle

casse dello Stato, che le utilizza per far fronte ai servizi erogati e ai costi da

sostenere. Ci sono diverse tipologie di entrate pubbliche, come quelle: di

tipo privato, che sfruttano beni facenti parti della proprietà dello Stato e che

vengono concesse in uso a privati; quelle derivanti dal pagamento delle

sanzioni, derivanti cioè dalla violazione dei cittadini delle norme; quelle di

"tipo finanziario", che comprendono ad esempio le emissioni di titoli di stato

(come i BOT) e che dunque sono forme di finanziamento; le entrate fiscali

(o tributarie), derivanti dal pagamento di un tributo. Le entrate fiscali si

suddividono in: entrate commutative, che affluiscono nelle casse dello

Stato come contropartita di un servizio o bene che lo Stato stesso garantisce

ai cittadini, i quali, per poter usufruire di tale servizio, pagano un indennizzo

(anche la tassa è un esempio di entrata commutativa); ed entrate

contributive, sono quelle entrate che lo Stato acquisice a prescindere da

quasiasi utilità che il cittadino possa trarne. Dunque il tributo è il prelievo di

ricchezza che viene effettuato obbligatoriamente dallo Stato nei confronti del

privato, a prescindere dalla concessione di un servizio o scambio di utilità.

La divisione tra tassa e imposta è costruita nella scienza delle finanze, la

quale le distingue partendo da una suddivisione a monte, che è quella tra

servizi divisibili, che sono quelli che possono essere fruiti direttamente da

ciascun consociato (ne è un esempio l'istruzione, la sanità, i trasporti) e

servizi indivisibili, messi a disposizione indistintamente dallo Stato a favore

della società e quindi non mirati a soddisfare individualmente il singoo

cittadino (ne è un esempio l'esercito e dunque la difesa di tutti). Dunque i

primi sono finanziati attraverso le tasse (entrata commutativa), mentre i

secondi attraverso le imposte (entrata contributiva).

L'imposta è un'entrata contributiva, dunque che lo Stato ottiene

indipendentemente dallo svolgimento di un'attività offerta individualmente

al cittadino. Si caratterizza per la coattività (pagare il tributo non è una scelta

ma bensì un obbligo), dunque è utilizzata per finanziare il funzionamento

della collettività e il suo regolare svolgimento. L'imposta serve a ripartire le

spese pubbliche; lo Stato ha dei costi da sostenere e di conseguenza

l'imposta è lo strumento utilizzato per adempiere a tale necessità. Bisogna

ora capire chi debba pagare l'imposta e come debba avvenire il riparto. Il

contributo di ogni cittadino nel pagamento delle imposte è relazionato alla

sua disponibilità economica, di conseguenza chi più ha più paga (visione

solidaristica): si parla dunque di capacità contributiva, che rappresenta il

metodo di riparto prima ricercato (concetto ricavato in via interpretativa).

Dunque chi fa parte della collettività è "causa" delle spese ed è dunque

tenuto a pagarne le imposte. Se il soggetto sta in un ordinamento o ha beni

nell'ordinamento, allora è considerato come membro della collettività e

dunque è coinvolto nel pagamento delle imposte. Le imposte possono

essere: dirette, che colpiscono direttamente il reddito creato; indirette,

come l'IVA, che indirrettamente colpiscono il reddito, in seguito alla fase di

Dettagli
A.A. 2017-2018
4 pagine
SSD Scienze giuridiche IUS/12 Diritto tributario

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher alessandro.dimattia di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Diritto tributario e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Firenze o del prof Cordeiro Guerra Roberto.