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Estratto del documento

Roma in meno di 53 anni a conquistare quasi tutta la terra abitata. Polibio afferma che Roma non aveva solo

avuto il beneficio della Fortuna, ma possedeva un’effettiva superiorità.

Polibio ha descritto quindi le istituzioni di Roma facendo riferimento al periodo dell’espansione transmarina

(circa dalla seconda guerra punica fino alla riduzione dell’Africa e della Grecia a province), ritenuto lo stadio

perfetto della res publica, ma, inoltre, ha il merito di aver definito la costituzione di Roma come mista, ovvero

risultante dall’unione delle tre forme prime: monarchia con i consoli, aristocrazia con il senato e democrazia

con le assemblee popolari. Da ciò deriva la superiorità di Roma, che si sottrae all’inevitabile legge naturale

del mutamento ciclico secondo cui ogni retta forma di governo si trasformi nella corrispondente negativa

(monarchia  tirannide, aristocrazia  oligarchia, democrazia  oclocrazia).

Polibio, nella sua esposizione, segue uno schema aristotelico, che individua in tutte le costituzioni tre parti:

• Deliberazioni sugli affari comuni (a Roma : popolo in assemblea)

• Magistrature (consoli, potere esecutivo, sia negli affari urbani sia al fronte)

• Giudizio (senato, insieme a competenza finanziaria e politica estera) .

Per stabilire il tipo di costituzione bisogna individuare le istituzioni che la compongono e determinare in che

modo le tre funzioni siano concretamente distribuite tra esse.

A Roma la distribuzione è tale per cui nessuna istituzione può abusare della propria posizione, dato che si

trova a sua volta soggetta al potere altrui.

Polibio però opera un secondo livello di analisi, riferito non più alla forma, ma ai contenuti, non potendo non

riconoscere che nella maggior parte dei casi il popolo era chiamato semplicemente a ratificare decisioni

prese in senato. Egli confronta il regime romano con quello cartaginese: a Cartagine le pubbliche decisioni

erano prese principalmente dal popolo, mentre a Roma, il senato era all’apice, quindi i migliori (decisioni più

efficaci). Proprio per questo motivo Roma ha sconfitto Cartagine ai tempi della guerra annibalica.

[10]

Cicerone, nel De Republica, compie un quadro più ampio e meno sistematico: considera istituti che Polibio

non nomina (ad esempio provocatio ad populum, auctoritas patrum), ma non esamina a fondo le funzioni.

Lo schema aristotelico si materializza nella triade latina imperium, consilium publicum, iudicium, ma

Cicerone, trascurando l’aspetto formale e dedicandosi direttamente alla sostanza, attribuisce al senato il

ruolo prioritario nella presa di decisione politica.

Per Cicerone al popolo resta la libertas, intesa nella garanzia dei diritti individuali, offerta dalla provocatio e

dall’auxilium tribunizio (non nell’eleytheria greca, quindi nell’essere governati e governare a turno e nel

vivere come si vuole). È una visione più simile alla realtà, poiché realmente il potere decisionale era nelle

mani del senato.

Polibio prende in considerazione solamente il concreto funzionamento delle istituzioni nella loro regolarità,

prescindendo dall’eventuale esistenza di leggi e costumi: Cicerone invece aveva dedicato a questo tema

un’intera opera, il De Legibus (nel dialogo, Scipione l’Emiliano ha dimostrato che le leggi e i costumi di Roma

la rendono la migliore). Non si tratta solo di leggi vere e proprie, ma ne fa parte anche la religione ( ius

augurium, ius fetiale).

9.13 La magistratura

Il termine magistratura deriva dal verbo magisterare, cioè guidare: il tratto distintivo della magistratura

rispetto agli altri “funzionari” è quello di poter dare ordini. I magistratus quindi sono più potenti dei privati,

grazie agli imperia; possono usare la forza, collegata direttamente al loro potere politico.

A Roma il potere di comando era detto imperium, posseduto dai consoli, magistrati di massimo grado, sui

quali si concentra Polibio; il loro imperium era in relazione di diretta continuità rispetto al potere dei re di

Roma.

Le singole magistrature hanno in comune delle caratteristiche, ovvero:

• Onorarietà, è segno e fonte di distinzione e ha come risvolto la gratuità, poiché i magistrati vivono

non di politica, ma per la politica; il loro risvolto si valuta in termini di autostima e prestigio sociale,

non di reddito, motivo per cui è necessario che si trovino in una posizione sociale che garantisca

entrate sufficienti, senza il bisogno di porre continuamente e personalmente con la propria forza

lavoro e il proprio pensiero al servizio del guadagno.

• Elettorato passivo: potevano essere eletti solamente cittadini maschi ingenui (nati liberi, tali rimasti)

che abbiano compiuto decem stipendia, cioè 10 anni di servizio militare come cavalieri equo

pubblico. Era una restrizione che portava alla struttura di un governo a carattere oligarchico

censitario, interpretato come governo dei migliori.

• Potere sociale e potere politico. I mezzi materiali di gestione del potere politico si trovano nelle mani

dei detentori del potere stesso, senza la netta separazione (attuale) tra i beni d’ufficio e i beni

personali. Il privato che assume la carica porta in dote il suo patrimonio di relazioni sociali

accumulato da lui stesso e dalla sua famiglia, convertendolo in utilità per la res publica. Il potere

politico è quindi amplificato dal potere sociale.

[11]

• Insegne, connesse alla carica. Ad esempio per i consoli vi era la veste orlata di porpora, il corteo di

12 littori recanti i fasci di verghe e la sella curule.

• Elettività, che caratterizza tutte le figure tranne il dictator, scelto dal console, e che a sua volta

nomina il magister equitum.

• Temporaneità, a cui erano soggette tutte le magistrature, con divieti di iterazione e continuazione

delle cariche. La sua introduzione è ricordata dai romani come il segno del passaggio dal regnum

alla res publica.

• Interregno; nel caso in cui, terminata una magistratura non fossero pronti i designati successivi,

subentrava per il periodo necessario l’interregno, in cui a turno l’imperium era detenuto dai senatori

patrizi, fino a che non si fosse provveduto alle elezioni.

• Proroga, conferire il potere al magistrato in carica per un periodo oltre il suo mandato.

• Responsabilità, alla scadenza il titolare poteva essere chiamato a rispondere del proprio operato sia

patrimonialmente che criminalmente.

• Pluripersonalità, la magistratura non era individuale ma demandata da una pluralità di titolari (tranne

la dittatura); non è una collegialità di prestazione (funzioni svolte congiuntamente, con deliberazioni

unitarie), ma ogni titolare ha interamente il potere inerente alla carica e lo esercita disgiuntamente.

Gli altri hanno diritto di porre veto.

• Auspicia. La definizione dei poteri e le modalità dell’esercizio sono influenzate sia dalla tradizione

che dalla legge, che dalle idee religiose. In particolare secondo la dottrina degli auspicia, vi era una

tecnica di interpretazione che consisteva nel leggere in segni previamente invocati il consenso o il

dissenso degli dei rispetto all’atto da compiere.

I magistrati dotati di imperium erano consoli, pretori e il dittatore (anche il suo collega subalterno, il magister

equitum), dove, nei loro rapporti interni, il più potente era il dittatore e il meno potente era il pretore (verso i

privati, l’imperium manteneva identica intensità).

L’imperium si manifesta soprattutto dal punto di vista dei compiti militari, tra cui l’indizione della leva militare

su autorizzazione del senato, la nomina di tribuni militum e l’ordine degli esborsi necessari alla conduzione

della guerra. I compiti dei magistrati dotati di imperium erano comunque anche civili, non per forza collegati

all’esercizio dell’imperium. I consoli, infatti, quando presenti a Roma, avevano competenza su tutti gli affari

pubblici (convocare e interrogare il senato e il popolo, esecuzione di leggi e senatoconsulti), ma il loro potere

8

coercitivo era limitato dal diritto di provocatio . I pretori (dal 242 anche peregrinus, dal 227 anche per Sicilia e

Sardegna e in seguito in molti distretti transmarini) invece si occupavano soprattutto dell’amministrazione

della giustizia.

Le magistrature sfornite di imperium sono:

• Censori, con la funzione originaria di stimare le persone e il loro patrimonio, per collocarle nei quadri

dell’ordinamento centuriato e quella, introdotta da Ovinio nel quarto secolo, di reclutare i senatori

8 (provocatio ad populum) La norma prevedeva la possibilità che potesse essere trasformata la pena capitale di un

condannato a morte in altra pena se così stabilito da un giudizio popolare.

[12]

(lectio senatus). Hanno il regimen morum disciplinaeque (governo dei costumi e della disciplina), che

riguarda i senatori e i cavalieri, appartenenti ad un ceto che richiede uno speciale modello vita (la

sanzione per i senatori era l’esclusione dal senato, per i cavalieri, la sottrazione del cavallo

pubblico); predispongono e stipulano contratti per lo sfruttamento economico dei beni pubblici, per la

manutenzione e costruzione di opere pubbliche e per la riscossione delle imposte. La censura nasce

come costo del consolato, per sgravarlo di un compito laborioso.

• Edili, inizialmente avevano mansioni esecutive nell’organizzazione plebe, poi vengono istituiti anche

gli edili patrizi (curiali). Avevano compiti di polizia sui mercati, sulle strade, sugli edifici; quelli curali

avevano anche iurisdictio e potevano esporre un editto sulla vendita al mercato di schiavi e

bestiame. Avevano il compito di organizzare e sorvegliare gli spettacoli; dovevano procurare le

frumentazioni in caso di carestia (cura ammonae).

• Questori, sono i più antichi; non si sa se collegare o meno i questori urbani agli antichi quaestores

parricidi descritti nelle Dodici Tavole. Svolgevano le mansioni in città, in Italia, al seguito di consoli o

presso i governatori in provincia, compiendo ciò che gli veniva ordinato. Le funzioni principali dei

questori urbani erano la repressione criminale e la custodia dell’erario (mezzi monetari e documenti

pubblici). In provincia esercitavano funzioni analoghe rispetto a quelle svolte dagli edili curali in città.

• Governatore di provincia, un pretore, un propretore, un proconsole, incaricato delle funzioni non solo

militari ma anche civili in un ambito geografico delimitato esterno alla penisola.

• Tribuni della plebe, nati come opposizione al potere politico (imperium); l’origine si è avuta sul Monte

Sacro, oltre l’Aniene, dove la plebe si era ritirata nel 493 a. C., oppressa dai debiti e dalla leva. La

fine della secessione e la riconciliazione con i patrizi si è avuta con la concessione fatta alla plebe di

avere proprie magistrature inviolabil

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Publisher
A.A. 2013-2014
21 pagine
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SSD Scienze giuridiche IUS/18 Diritto romano e diritti dell'antichità

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher luisa18 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Diritto romano e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Brescia o del prof Calore Antonello.