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3. CAPITOLO III - ACQUISTI DI COMPLESSI DI COSE (PER UNIVERSITATEM)

3.1. Diverse forme di testamentato

Dopo la trattazione dei modi di acquisto delle cose singole, Gaio passa a trattare dei modi di acquisto delle

cose per “universitatem”. L’intero patrimonio di un soggetto, secondo Gaio, poteva infatti essere trasferito:

a colui che venisse nominato suo erede;

• a colui che avesse ricevuto dal pretore una diventando un erede fittizio;

bonorum possessio,

• a colui che ne avesse acquistato i beni in blocco (bonorum venditio);

• a colui che fosse diventato pater mediante adrogatio;

• a colui che avesse acquistato la della

manus donna sui iuris.

Secondo Gaio, eredi si poteva essere per testamento oppure ab intestato (cioè per legge qualora non fosse

stato fatto testamento). Secondo Gaio, inoltre, all’inizio c’erano stati solo due tipi di testamento, vale a dire

quello (posto in essere davanti ai comizi curiati che si riunivano due volte l’anno), e quella

calatis comitiis in

(che si faceva davanti all’esercito pronto a partire in battaglia); secondo alcuni studiosi, quello che

procintu

Gaio chiama altro non era che un adrogatio i cui effetti si sarebbero avuti alla

testamento calatis comitiis

morte del pater, cioè Secondo Gaio si sarebbe poi avuto anche un terzo tipo di testamento,

mortis causa.

cioè quello per aes et libram (attraverso il quale si utilizzava la e che sarebbe rimasto poi

mancipatio,

l’unico in vigore). Secondo la dottrina però non si sarebbe avuto sin da subito questo terzo testamento, ma

più che altro un atto tra vivi, chiamato per l’appunto , attraverso il quale quando il pater

mancipatio familiae

era in pericolo di morte, veniva trasferito il patrimonio ad una persona di fiducia che si sarebbe

familias

occupata poi di distribuirlo in base alle persone indicate dall’alienante. Da questa si

mancipatio familiae,

sarebbe poi arrivato col tempo, grazie alle aggiunte di Gaio, ad un vero e proprio testamento che

prevedeva la nomina di un erede, la riduzione della mancipatio ad un atto simbolico, e l’introduzione di una

dichiarazione solenne ( ) fatta davanti a vari testimoni, con la quale il testatore esprimeva la sua

nuncupatio

volontà su delle tavolette cerate (c.d. tavole testamentarie).

Queste tavolette, a seguito di un Senatoconsulto emanato sotto Nerone, venivano poi chiuse con dei fili di lino e

sigillate con gli anelli dei testimoni all’atto (i 5 della mancipatio, il libripens – cioè colui che reggeva la bilancia – e il

vale a dire l’erede). Inoltre non potevano essere testimoni colore che erano legati da vincoli di

familiae emptor,

parentela con il testatore.

Alcuni studiosi sogliono parlare di un tuttavia va osservato che in Gaio, si tratta solo

c.d. testamento pretorio:

di un intervento del pretore, il quale immetteva nel possesso delle cose colore che erano stati nominati

eredi in testamento, concedendo loro una .

bonorum possessio secundum tabulas

Nell’epoca giustinianea si arriva ad un testamento scritto, il c.d. tripertium, così chiamato perché

prevedeva tre requisiti, cioè:

la presenza dei testimoni all’atto;

• la sottoscrizione del testatore e dei testimoni;

• e i sette sigilli, previsti dal pretore come condizione per poter richiedere la bonorum possessio

• .

secundum tabulas

Accanto a questa forma scritta, Giustiniano ne ammette anche una forma orale, costituita sempre da una

dichiarazione solenne fatta in presenza di 7 testimoni: successivamente Giustiniano concede che tali

testimoni fossero 5 nei luoghi in cui non se ne potevano trovare di più, e che i testimoni non fossero

contemporaneamente presenti all’atto quando ci fosse stato pericolo di peste.

Tuttavia, la più grande libertà di testare venne riconosciuta da Augusto ai militari, i quali erano per lo più

peregrini: essi potevano istituire eredi, soggetti che altrimenti non avrebbero potuto esserlo, come i

stessi, o che pur potendolo non sarebbero poi stati capaci di raccogliere l’eredità, come nel caso

peregrini

dei celibi o coloro che non avessero figli nati dal matrimonio in corso. 14

3.2. Redazione e revoca del testamento

Gaio passo poi all’esposizione della , ossia la facoltà di poter fare testamento. Tale

c.d. testamenti factio

facoltà non spettava agli o a coloro che pur essendo sui iuris fossero o

alieni iuris, impuberi, pazzi,

semplicemente o (poiché questi non potevano dire le frasi solenni che occorrevano per la

muti sordi

realizzazione dell’atto); non potevano inoltre fare testamento alcuni liberti, quali i e coloro che

latini Iuniani

erano assimilati ai Inoltre, inizialmente non potevano fare testamento neanche le donne, sia che

dedictii.

fossero sui iuris che puberi: tuttavia successivamente un Senatoconsulto, tenutosi sotto Adriano, concesse

loro la facoltà di poter fare testamento, ma con del tutore.

l’auctoritas

Chi aveva la testamenti factio, Gaio aggiunge che per evitare che il testamento venisse considerato invalido,

egli doveva usare determinate cautele: egli doveva infatti utilizzare determinate formule solenni per

sempre le stesse formule solenni per dei discendenti in potestà, o che

l’istituzione di erede; l’istituzione

potessero nascere dopo la costituzione dell’atto o la morte del pater (postumi), con una particolare

osservanza però circa la che doveva essere fatta nominatim per i figli maschi (cioè singola),

diseredazione

mentre poteva essere fatta inter ceteros per tutti gli alti. Nell’ipotesi di “pretermissione”, cioè qualora un

discendente (in potestà) non veniva menzionato nel testamento (pertanto non era né istituito e né

diseredato), non comportava l’invalidità dell’atto, ma comportava il “diritto di accrescimento” ( ius

), cioè l’immissione anche di questi nell’eredità assieme agli eredi nominati in testamento.

adcrescendi

Per quanto riguarda la revoca del testamento, secondo lo non bastava la distruzione di questo, ma

ius civile,

occorreva creare un nuovo testamento per annullare il precedente.

3.3. Vari tipi di eredi, accettazione, e sostituzioni

Secondo Gaio, gli eredi potevano essere di 3 tipi:

, erano coloro che non potevano rifiutare l’eredità, generalmente schiavi istituiti eredi e

necessarii

• dichiarati liberi, allo scopo di addossare la situazione fallimentare del testatore ad un servo, sul

quale poi sarebbe ricaduta l’ignominia derivante dal processo esecutivo.

, erano i discendenti in capo al testatore (quindi figli e figlie, moglie in manu ecc),

sui et necessarii

• chiamati poiché e perché non potevano rifiutare l’eredità, seppure il pretore

sui heredes, necessarii

riconosceva loro un certo , cioè la facoltà di non immischiarsi nelle faccende

ius abstinendi

testamentarie, dimodoché ad asempio in caso di debiti sarebbe stato messo in vendita solo il

patrimonio del testatore, senza intaccare quindi i patrimoni dei singoli eredi.

, erano tutti gli altri; questi potevano scegliere di accettare o meno l’eredità, ma una volta

extranei

• accettata non potevano poi tornare indietro (ad eccezione dei minori di 25 anni).

Gaio stabilisce poi che per quanto riguarda dell’eredità, questa avveniva mediante una

l’accettazione

, cioè una dichiarazione solenne, fatta con determinate parole, che attestasse la volontà di

cretio

accettare: se non veniva fatta questa dichiarazione entro il termine che, generalmente, era di 100

giorni, si considerava esclusi dall’eredità. Se invece la cretio non era richiesta, l’accettazione avveniva

mediante , cioè un comportamento tenuto dall’erede da cui si desumesse l’intenzione

pro herede gestio

di accettare, entro comunque un determinato periodo di tempo stabilito dal pretore.

La , aggiunge Gaio, poteva essere:

cretio cioè se il termine dell’accettazione decorreva dal momento in cui l’erede era in grado

vulgaris,

• di accettare (per aver ad esempio saputo di essere stato nominato erede);

oppure nel caso in cui il termine decorreva dall’apertura del testamento.

continua,

Per quanto riguarda la “sostituzione”, Gaio spiega che essa si verificava nell’ipotesi in cui un erede rifiutava

l’eredità, il quale veniva diseredato, e al suo posto veniva nominato un altro erede (sostituto). Era prevista

inoltre un altro tipo di sostituzione, la , che si verificava quando il testatore

c.d. sostituzione pupillare

nominava erede il figlio, e al contempo un soggetto che sarebbe divenuto erede del figlio, per il caso in cui

il figlio morisse prima della pubertà e quindi prima di poter fare testamento a sua volta. 15

3.4. Legati

I legati sono delle disposizioni testamentarie volte a distribuire determinati peni a persone diverse dagli

eredi. Gaio distingue 4 tipi di legati, quali:

quelli , erano i legati in cui con determinate parole si attribuiva una cosa ad un

per vindicationem

• legatario, il quale, dopo che l’erede avesse accettato, diveniva proprietario della cosa con la facoltà

di rivendicarla come propria; i Sabiniani ritenevano che chi ignorasse di essere stato nominato

legatario, acquistava automaticamente la proprietà della cosa, i Proculeani invece – la cui tesi

secondo Gaio ha prevalso – ritenevano che occorreva invece un’accettazione per divenire

proprietari. Con i legati per , inoltre, si potevano attribuire uno degli ,

vindicationem iura in re aliena

quali uso, usufrutto, e servitù. Inoltre è da sottolineare che per le cose fungibili era necessario che

queste fossero appartenute al testatore al momento della morte, per tutte le altre cose invece

occorreva che fossero appartenute al testatore in due momenti (cioè al momento della morte, e al

momento della sottoscrizione del testamento).

quelli , erano legati attraverso i quali il testatore obbligava l’erede a trasferire al

per damnationem

• legatario anche una cosa non propria (pertanto se tale cosa non era presente nell’eredità, l’erede

doveva procurarsela e trasferirla poi al legatario), e perfino cose future (ad esempio i frutti che si

sarebbero venuti a creare da un fondo).

quelli , erano legati, pressoché simili a quelli , che facevano nascere

per damnationem

sinendi modo

• un’obbligazione in capo all’erede, consistente nel permettere che il legatario si impossessasse della

cosa legata, che poteva essere del testatore o dell’erede, ma non di terzi.

e quelli , erano legati consistenti nell’attribuire ad un soggetto il diritto di

per praeceptionem

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A.A. 2016-2017
46 pagine
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SSD Scienze giuridiche IUS/18 Diritto romano e diritti dell'antichità

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher rock-mitic di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Storia del diritto romano privato e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Siena o del prof Pietrini Stefania.