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CAPITOLO SESTO

LA RIFORMA DI GIUSTINIANO IN MATERIA DI USUCAPIO E LA LONGI TEMPORIS PRAESCRIPTIO. FRA

CONCEZIONI DOMMATICHE CLASSICHE E PRASSI POSTCLASSICA

1. La costituzione di Giustiniano del 528: un primo tentativo di riformare il regime della “longi temporis

praescriptio”.

Il primo tentativo di Giustiniano di riordinare il regime della longi temporis praescriptio si ha nel 528, con 1

costituzione riportata in:

C. 7.39.8: se colui che, in base a 1 contratto di compravendita o di donazione o x altro titolo, possedette x 10 o

20 anni in buona fede 1 cosa, acquistandone, contro i proprietari o i creditori ipotecari, l’eccezione di lungo

tempo, ma poi successivamente, x 1 qualche caso fortuito, perse il possesso della cosa stessa, stabiliamo che

abbia anche 1 azione x rivendicarla; ciò che stabilivano anche le antiche leggi, se le si esamina con

attenzione. 1. Che se, invece, perse il possesso della cosa colui che ne aveva respinto il proprietario x mezzo

dell’eccezione di 30 o 40 anni, riteniamo che detto ausilio, cioè l’azione di rivendicazione, non debba essere

concesso in ogni caso, ma solo sulla base di 1 attenta distinzione: se egli dall’inizio acquistò il possesso in

buona fede, potrà esperire tale azione, mentre, se lo acquistò in mala fede, dovrà esserne considerato

indegno …. .

Nel primo paragrafo si sancisce esplicitamente il carattere acquisitivo del possesso di 10 o 20 anni, fondato su

titolo e buona fede, in quanto si concede al possessore, che abbia acquisito la relativa exceptio , anche 1 actio

ad vindicandam eandem rem e si sottolinea che questa regola era già sancita nelle veteres leges, con

richiamo ad 1 regime già consolidato nel periodo postclassico. Nei paragrafi successivi viene regolata la

possibilità di tutelare il possessore che avesse acquistato senza titolo e/o buona fede, ma che fosse in

condizione di opporre la prescrizione di 30 o 40 anni, che prescindeva da tali requisiti.

Giustiniano stabilisce poi con la costituzione del 531 la definitiva fusione dell’usucapione con la longi temporis

praescriptio.

I problemi che si pongono in rapporto al sistema della “prescrizione acquisitiva” sono molti. E il problema del

rapporto storico e dommatico che intercorre fra la riforma di Giustiniano e il sistema classico da 1 lato, la prassi

postclassica dall’altro, è piuttosto complesso. Se la “prescrizione acquisitiva” e la “prescrizione estintiva” si

configurano come “sanatorie”, giustificate dal decorso del tempo, di situazioni concretamente rilevanti,

nell’esigenza di determinare criteri processuali e sostanziali certi x la soluzione delle controversie giudiziarie, il

problema storico e dommatico risulta quello dei requisiti richiesti perché tale sanatoria possa operare e quindi

dei limiti che l’ordinamento stabilisce nel riconoscere il prevalere della situazione di fatto sulla situazione di

diritto. In realtà la “prescrizione acquisitiva” di Giustiniano contiene elementi che sembrano indicare la

creazione di 1 istituto in cui è netto il distacco sia dal sistema dell’usucapione classica, sia dai meccanismi

delle diverse praescriptiones postclassiche

.

2. L’usucapione dell’età classica e la longi temporis praescriptio: iusta causa usucapionis e iusta

possessio.

In seguito all’evoluzione dell’usucapio (giurisprudenza classica), essa non si presenta più solo come modo di

acquisto della proprietà fondato sul possesso, il cui acquisto fosse esente da vizi, e sul decorso del tempo

(usucapio semplice e concreta giustificata nell’ordinamento più antico solo dall’esigenza di dare certezza

all’appartenenza dei beni), ma risponde prevalentemente ad 1 specifica funzione di sanatoria x i casi in cui, pur

in presenza di 1 iusta causa

, trattandosi di res mancipi o di res alienae , la traditio o cmq l’acquisto del

possesso, fosse di x sé non sufficiente, secondo il ius civile, a produrre l’effetto immediato di acquisto del

dominio. La situazione concreta idonea a produrre l’usucapione tende così ad identificarsi con il possesso

acquistato senza vizi e in buona fede, intendendosi con ciò sia il possesso acquistato con il giusto

convincimento di aver acquistato a domino, con 1 negozio atto a giustificare secondo l’ordinamento l’acquisto

definitivo del bene, sia il possesso acquistato nec vi, nec clam, nec precario, con il convincimento

oggettivamente giustificabile di non ledere il diritto di altri su quel bene. In questa nozione di iusta possessio

rientra sia l’ipotesi in cui l’acquisto del possesso sia collegato ad 1 negozio obbligatorio eseguito mediante

traditio , atto di x sé inidoneo al trasferimento del dominio trattandosi di res mancipi

, sia il caso in cui vi sia stato

acquisto in buona fede a non domino

.

Assume peraltro 1 importanza fondamentale l’analisi del rapporto tra la buona fede e l’effettiva esistenza della

causa negoziale. E guardando l’elaborazione nel periodo classico dei requisiti di iusta causa e bona fides, è

evidente che in questo periodo il rapporto fra di essi sia molto sfaccettato e differente da quello prospettato

dalla dottrina prevalente che invece sembra irrigidire in 1 unico schema i requisiti del possesso idoneo alla

tutela mediante actio in rem e del possesso idoneo all’usucapione, ritendo quindi essenziali in tutti i casi in cui

era ammesso l’acquisto x usucapione sia la buona fede sia la iusta causa, finendo x identificare la possessio

ad usucapionem con i casi di in bonis.

Se si tiene conto del coesistere di differenti situazioni possessorie, tutte idonee all’usucapione, ma

diversamente rilevanti nel periodo intermedio, in quanto in alcuni casi il possessore ha 1 protezione

processuale assoluta (acquisto a domino ex iusta causa ), in altri casi, pur essendo tutelato con 1 actio in rem ,

incontra il limite del diritto del dominus (acquisto a non dominus ex iusta causa ), in altri casi gli è accordata la

sola protezione interdittale (acquisto del possesso non viziato in buona fede), risulta più agevole comprendere

come, nel momento in cui nell’ordinamento romano viene recepito l’istituto della longi temporis praescriptio ,

quale eccezione alla rivendica del dominus, fondata essenzialmente sul suo longum silentium , la situazione

possessoria che rileva come oggetto di questa particolare forma di tutela sia quella che coincide con la iusta

possessio già richiesta x il mero effetto dell’usucapione, che non è necessariamente 1 possessio ex iusta

causa nel senso di “possesso giustificato da 1 titolo” . Peraltro i testi postclassici utilizzano le espressioni

iustum initium e iusta possessio, lontano dalla precisa elaborazione concettuale della giurisprudenza classica

in tema di iusta causa e dei suoi rapporti con la bona fides. Non è difficile quindi ipotizzare che nella prassi dei

tribunali provinciali, in cui l’istituto viene inizialmente riconosciuto, l’espressione di iusta possessio , che

indicava la situazione idonea ad essere opposta mediante praescritptio , avesse sostanzialmente il significato

di possessio non viziata, cioè nec vi, nec clam, nec precario , cui ineriva implicitamente anche l’assenza di

mala fede.

3. Le costituzioni di Diocleziano e Costantino: C. 7.32.6; C.7.32.7; C. 7.32.10.

La rilevanza dell’acquisto ex iusta causa poteva invece venire in considerazione soprattutto in relazione al

problema dell’opponibilità della situazione possessoria prima che fossero decorsi i termini necessari x la

praescriptio , nel senso che la presenza di 1 titulus possidendi poteva ad es essere opposta al dominus, alla cui

volontà tale titolo fosse riconducibile, o a chi fosse in grado di dimostrare solo 1 titolo meno forte . Vediamo 2

rescritti di Diocleziano:

C. 7.32.6: se il governatore avrà accertato che colui è entrato nel fondo o nei vigneti in assenza di 1 giusta

causa, né la pretesa ha eccepito l’esistenza di 1 prescrizione, non si dubiterà che tu debba restituire il

possesso con ogni causa.

C. 7.32.7: il possesso acquistato in mala fede non può mai costituire 1 possesso stabile. Quindi è sicuro che

colui che acquista il possesso di 1 fondo altrui senza il consenso del proprietario o di colui che aveva il potere

di concedere tale cosa, non può acquistare 1 possesso giusto.

Le 2 costituzioni, lungi dal dimostrare la necessità della iusta causa ai fini della praescriptio , pongono possibili

situazioni possessorie rilevanti ai fini della tutela processuale.

Nel primo passo è chiara l’alternativa fra l’opponibilità all’attore o dell’acquisto ex iusta causa o della

praescriptio . Solo se non è stata validamente opposta nessuna di queste 2 eccezioni, il convenuto dovrà

restituere. È quindi evidente l’irrilevanza della iusta causa ai fini della protezione del possessore in grado di

utilizzare la praescriptio .

Il secondo passo propone 1 questione differente: l’acquisto del possesso non solo indipendente da iusta

causa , ma in mala fede ( improba possessio ), in nessun caso può costituire 1 firmum titulum possidendi ; da

questo principio generale si evince che colui che acquista (consapevolmente, sia pure senza violenza) il

possesso di 1 fondo alieno senza il consenso del dominus o di 1 suo amministratore, non può acquistare 1

iusta possessio. La soluzione enunciata riguarda non il caso della mancanza di iusta causa , ma

specificamente il caso in cui manca sia il titolo sia la buona fede: il possessore in questo caso non può mai

acquistare la iustam causam possessionis , come non potrà mai vantare 1 firmum titulum possidendi , in

quanto non potrà neanche opporre la praescriptio , che richiede appunto la iusta possessio iniziale . Il firmum

titulum possidendi esprime nella terminologia postclassica 1 carattere di stabilità del possesso e tale firmitas

deriva necessariamente da 1 titolo o dalla praescriptio . Secondo questa ricostruzione, 1 possesso di buona

fede, ma sine titulo , poteva essere opposto dopo il tempo richiesto con la praescriptio , ma prima di tale termine

non poteva essere protetto nei confronti del dominus o dei terzi che potessero addurre 1 iusta causa

. Il

possessore di mala fede quindi non poteva mai acquistare 1 iusta possessio e quindi non solo non avrebbe

avuto 1 titulum possidendi ma non avrebbe mai potuto giovarsi della praescriptio .

Questi testi propongono 1 ulteriore problema: la rilevanza della iusta causa nell’acquisto del possesso va

intesa come relativa (essendo il titolo opponibile prima del compiersi del tempo della praescriptio solo nei

confronti del soggetto da cui il possessore vanti la derivazione del suo diritto di possedere) o se deve essere di

x sé considerata tutelabile attivamente e passivamente erga omnes ? Ovvero ci si chied

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A.A. 2013-2014
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SSD Scienze giuridiche IUS/18 Diritto romano e diritti dell'antichità

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Claudiamoon di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Diritto Romano e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi Roma Tre o del prof Vacca Letizia.