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Le fonti del diritto classico
Possiamo distinguere, all'interno del periodo classico, tre sotto periodi:
- da Augusto ad Traiano o Adriano (27aC-117dC)
- da Adriano ai Severi (117dC-235dC)
- dai Severi a Diocleziano (235dC-305dC)
Le fonti del diritto nel periodo da Augusto ad Adriano (27aC-117dC)
Sotto il profilo formale, con Augusto, il sistema delle fonti precedentemente utilizzato (quello del periodo tardo repubblicano) non cambia molto. Si afferma però la centralità della figura del Principe. Ricordiamo infatti che è stato Augusto ad istaurare il Principato. Augusto però sta ben attento a non alterare le istituzioni che hanno caratterizzato l'esperienza repubblicana e continua a fare uso delle vecchie fonti.
La fonte primaria è e rimane la legge. Le leggi venivano votate all'interno dei comizi. La procedura di emanazione era la seguente: in età repubblicana soltanto i magistrati e i consoli potevano presentare alle
assemblee le proposte legislative e solo dopo aver ottenuto il parere preventivo daparte del senato (il cd senatum consultum). Tale parere poteva essere di segno positivo onegativo. Era dunque un parere obbligatorio ma non vincolante. A quel punto la propostalegislativa veniva pubblicata in modo da darne conoscenza alla popolazione ed infine sottoposta alvoto popolare nelle assemblee. In caso di approvazione, prima di diventare effettiva, venivasottoposta a verifica da parte del senato nel senso che esso verificava la correttezza dell’iterprocedurale seguito per la sua approvazione.
Augusto continua ad usare questa fonte legislativa soprattutto per innovare nel campo del dirittoprivato.
Ma la tendenza di Augusto di utilizzare nel Principato le istituzioni dell’età repubblicana si estinguecon lui. Nerva nel 98dC fu l’ultimo imperatore a farne uso.
Fonte di secondo grado nel periodo classico erano i senatus consultaSi trattava di pareri del senato che, nello
specifico caso del procedimento legislativo, come abbiamo visto, concerneva la opportunità o meno di sottoporre all'assemblea una proposta di legge ma potevano anche avere ad oggetto istruzioni che il Senato impartiva a determinati magistrati. Istruzioni in senso di obbligarli a seguire una certa linea applicativa del diritto. Notiamo dunque una forma embrionale di intervento e di controllo da parte del senato sulla magistratura e sul diritto privato. A questa prima fase di intervento-controllo da parte del Senato sul diritto, ne segue una più incisiva poco dopo. Nel II sec dC viene creato uno strumento normativo nuovo che si pone a cavallo tra la legge e il senatus consultus. In che modo? Iniziando ad attribuire efficacia normativa e vincolante al parere dato dal Senato nell'iter di approvazione delle leggi. Quindi, con il suo parere positivo, il testo di legge diventa legge, senza più bisogno dell'approvazione dell'assemblea. Prima invece, i testi di legge dovevano essere approvati sia dal Senato che dall'assemblea per diventare legge.legge acquisivano efficacia normativa solo dopo l'approvazione dell'Assemblea Popolare. Ma le assemblee popolari erano lente (avevano infatti la stessa struttura che avevano all'inizio della repubblica) e allo stesso tempo, al Principe faceva molto comodo riuscire ad accentrare nelle sue mani (attraverso il Senato) il potere di dare efficacia normativa ai testi di legge.
La procedura di approvazione delle leggi venne dunque così molto semplificata e si accorcia alla fase del senatum consultum.
Siccome poi, l'Imperatore aveva anche la carica di Magistrato, molto spesso accadeva che la proposta di una nuova legge venisse fatta al Senato proprio dall'Imperatore. Il Senato chiaramente l'approvava subito e l'Imperatore iniziò dunque ad avere un potere enorme.
Infatti, nel tempo, il termine senatus consultum iniziò ad essere sostituito col termine "oratio principis".
Altra fonte del periodo classico mutuata
Dall'esperienza repubblicana: gli editti dei magistrati.
Nel periodo classico, il pretore perde a poco a poco i suoi caratteri politici e diventa sempre più un tecnico del diritto in quanto media tra il potere politico e l'applicazione concreta della normativa. Il pretore è dunque un tecnico e sempre meno un giurista; è dunque costretto a rivolgersi a giuristi privati per risolvere i casi concreti (giuristi che componevano il consilum del pretore).
In questa prima parte del periodo classico dunque, il ruolo della giurisprudenza è fondamentale: essa fornisce consulenza al pretore nella sua attività di creazione ed sistemazione dell'editto.
Nella prima parte del periodo classico, l'editto mantiene la sua vecchia funzione. Può essere modificato. L'editto veniva emesso dal pretore all'inizio della sua carica di un anno e poteva essere confermato o meno dal pretore successivo.
Questo schema fino ad Adriano non muta.
questa forma di editti emanati dal magistrati, si affiancano degli atti normativi che derivano dal potere imperiale: gli edicta e i decreta del Principe in base al suo imperium (egli era anche magistrato). Gli edicta del principe, inizialmente contengono indicazione per la gestione delle provincie; poi iniziano a contenere delle norme che interessano il diritto privato. I decreta invece, erano le sentenze emesse dal Principe. Da Augusto in poi infatti, come ricorderemo, alla procedura ordinaria giudiziale rappresentata dal processo formulare, si affianca la procedura per cognitiones. Facciamo un salto indietro per capire questa frase: nell’esperienza romana, sono storicamente esistite tre procedure giudiziarie: le legis actione, il processo formulare e la cognitio (extraordinem). Sotto Augusto, era in vigore il processo formulare, amministrato dal pretore. L’editto del pretore disciplinava le azioni che potevano essere esperite nel processo formulare. Inizialmente le sent del proc formulare,erano definite. Il proc formulare si svolgeva in due fasi: una davanti al pretore euna davanti al giudice privato. La sentenza era emessa da un G privato. Fino al Principato questasentenza era inappellabile.Con il principato invece si afferma la prassi di appellarla davanti all’Imperatore per avere unarevisione del processo. La sent di appello veniva emessa dall’Imperatore tramite il decretum.A questo sistema processuale, da Augusto in poi, inizia ad affiancarsi quello della cognitio extraordinem: un processo che nasce come richiesta di un giudizio all’Imperatore, non di appello ma diprimo grado. Si poteva usare solo in determinate materie (quello che non avevano tutela nell’edittodel pretore).Naturalmente non era l’imperatore che decideva le controversie ma inizia a nascere un insieme difunzionari delegati a decidere le controversie sottoposte all’attenzione dell’imperatore. Nasce unagerarchia: vengono creati giudici di 1 e 2 grado e
L'Imperatore si riserva di decidere in ultima istanza. Quindi con il decretum l'Imperatore poteva sia intervenire per rivedere la sentenza di un processo formulare sia per decidere in ultima istanza una controversia che gli era arrivata tramite la cognitio extra ordinem.
Accanto a queste fonti, nel periodo classico, rimane centrale il ruolo della giurisprudenza, come nel periodo repubblicano. Ma la giurisprudenza classica è una giurisprudenza che presenta una novità rispetto a quella repubblicana; essa tende alla sistematicità. Infatti, mentre la giurisprudenza del periodo repubblicano non è una giurisprudenza creatrice ed innovatrice, quella classica tende a ordinare i principi elaborati dalla giurisprudenza precedente.
In questo periodo si afferma la divisione tra due grandi scuole di diritto: proculiano e sabiniani. Caposcuola dei proculiani era Labeone (ma la scuola ha preso il suo nome da un suo allievo, Proculo); caposcuola dei sabiniani era invece Capitone.
(ma anche qui il nome deriva da un suo allievo, Sabino).
I proculiano non erano simpatizzanti del principato; i sabiniani si.
Si narra che le due scuole nacquero da una discussione tra Labeone e Capitone sull'atteggiamento da tenere nei confronti del potere imperiale e non per motivi dogmatici.
Il rapporto tra la giurisprudenza ed il potere imperiale.
Una parte della giurisprudenza si appoggia all'imperatore e l'imperatore vede questa parte della giuris come un mezzo per controllare la produzione di norme e diventare unico legislatore.
Per rafforzare questo ruolo, Augusto introduce l'istituto dello jus respondendi ex auctoritate principis: cioè sia i cittadini che i magistrati potevano rivolgersi al Principe per avere il suo parere relativamente ad una questione di diritto.
Il Principe rispondeva tramite un consiglio di giuristi privati (non magistrati quindi); ai quali aveva affidato questa funzione importantizzando il ruolo della giurisprudenza ma senza dare
valorenormativo alle loro risposte. Augusto non voleva infatti che i giuristi romani divenissero fonte di diritto ma allo stesso tempo aveva interesse ad accrescere la valenza delle loro risposte in modo da far si che le risposte dei giuristi che lavoravano per lui divenissero le più ricercate da chi avea dubbi giuridici. All'epoca infatti, quando un magistrato o un cittadino chiedeva un parere ad un giurista, il suo parere aveva quanto più peso quanto maggiore era la stima di cui godeva. Augusto non ottiene però i frutti sperati e Adriano abolisce questo istituto. Con Adriano si ha la più importante opera di concentrazione e centralizzazione dell'attività creatrice del diritto che Roma abbia conosciuto. I mezzi di cui Adriano si serve per compiere quest'opera di centralizzazione e concentrazione del diritto sono i seguenti: - La codificazione dell'editto pretorio - La eliminazione dello ius respondedi - La creazione del consiliumprincipis- La riorganizzazione della cancelleria imperiale e modifica della burocrazia imperiale- Un nuovo utilizzo massiccio delle costituzioni imperiali
La codificazione dell'editto pretorio.
Fino ad Adriano, l'editto del pretore ha costituito un mezzo attraverso il quale l'ordinamento romano si adeguava alla mutata realtà sociale visto che si trattava di una struttura aperta che poteva essere riconfermata o meno di anno in anno. Adriano ferma questa prassi nel 130 dC e chiede a Giuliano di fissare il contenuto dell'editto, di codificarlo. Il pretore dunque non può più introdurre nuove azioni ma davanti a "nuovi casi" si deve rivolgere al Principe. Il pretore perde potere normativo.
La codificazione dell'editto ebbe due funzioni: quella di portare il potere normativo in capo al principe e quella di rispondere alle esigenze pratiche della burocrazia imperiale nel senso che sotto Adriano il procedimento extra ordinem era ormai in fase
avanzata e buona parte della giurisdizione veniva esercitata da funzionari da lui dipendenti, quindi portare