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Sotto il principato i rapporti tra giurisprudenza e potere cambiano: Augusto introduce,
per i soli giuristi considerati da lui meritevoli, lo ius publicae respondendi ex autoritate
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principis, ovvero il diritto di dare responsi al pubblico concesso dall’autorità imperiale.
Cicerone identifica l’attività della giurisprudenza romana mediante tre verbi:
Respondere: pronunciarsi su una questione giuridica;
1) Agere: attività di consulenza tecnico-giuridica rivolta sia alle parti sia allo stesso
2) magistrato nel corso dei processi.
Cavere: predisporre precise modalità negoziali tutelando preventivamente la parte
3) con una saggia impostazione dell’atto.
I giuristi lavorano per casi concreti, utilizzando il metodo casistico: il caso ha carattere
centrale ed ogni responso deve valere ogni qualvolta si registri un caso analogo. I
conflitti analoghi vanno risolti dunque per astrazione, eliminando le peculiarità.
Ulteriormente il giurista esercita una funzione didattica.
4 Digesto 1,1,7 pr-1 (Papiniano): Il diritto civile è quello che proviene dalle leggi, dai plebisciti, dai senatoconsulti, dai
decreti dei principi, dall’autorità dei giuristi. Il diritto pretorio è quello che fu introdotto dai pretori per ragioni di
pubblica utilità allo scopo di migliorare, integrare e correggere il diritto civile. Esso viene anche definito onorario, così
denominato in ragione della carica [honos] del pretore.
5 Si confrontino in proposito i due seguenti frammenti di Gaio e Giustiniano:
Lex est quod populus iubet atque constituit, Gaio;
Lex est quod populus romunus constituebat, Giustiniano.
Si rilevi come Gaio usa il tempo presente, mentre Giustiano usa quello passato.
6 Durante l'epoca di Augusto i giureconsulti sono divisi in due scuole: la scuola dei sabiniani e quella dei proculiani.
Pomponio fa risalire alla rivalità dei due giuristi Labeone (più innovatore) e Capitone (più conservatore) la nascita delle
due scuole. Durante l'epoca di Adriano, queste controversie tra scuole diverse sono superate da una nuova generazione
di giureconsulti, influenzati da Salvio Giuliano.
5 • Senatus consulta: deliberazioni del senato, su proposta dei supremi magistrati. In età
regia e nei primi anni della Roma repubblicana essi hanno la forma di consigli o pareri;
in seguito, negli anni più maturi della Roma repubblicana, le deliberazioni del senato
sembrano essere diventate veri e propri atti normativi. A partire dagli inizi del Principato,
non vi è più alcun dubbio che i senatoconsulti siano considerati fonte del diritto e che la
loro forza giuridica sembri sia da equiparare a quella della legge, a differenza del tempo
della Repubblica, in cui essi potevano sembrare inferiori, nel senso cioè che la legge
poteva abrogare o derogare al senatoconsulto, ma non viceversa.
• Editti magistratuali: provvedimenti con i quali, all’inizio dell’anno di carica, i pretori
enunciavano le regole e i criteri che avrebbero seguito nella iurisdictio, cioè
l’amministrazione della giustizia (edictum perpetuum). Particolare esigenze potevano poi
condurre all’emanazione di un editto in corso d’anno (edictum repentinum) o ad
interventi in base al singolo caso (decretum). I pretori furono tendenzialmente
conservatori nei confronti dei loro predecessori: essi infatti si orientavano a riprodurre
l’editto che avesse fatto buona prova, creando un insieme (edictum tralaticium) destinato
ad essere riprodotto tendenzialmente immutato. Nel 130 d.C. il giureconsulto Salio
Giuliano, estintasi sotto il principato l’attività creatrice del pretore, diede all’editto la sua
forma definitiva: edictum perpetuum. Avevano il potere di emanare editti (ius edicendi):
Il praetor urbanus, istituito nel 367 a.C. col compito di dicere ius inter cives
a. (giurisdizione limitata ai soli cittadini Romani);
Il praetor peregrinus, istituito nel 242 a.C., alla fine della prima guerra punica e con
b. la conquista della Sicilia e della Sardegna, col compito di dicere ius inter cives et
peregrinos (tra romani e stranieri) o inter peregrinos in urbe Roma (tra stranieri
all’interno della città);
Periodo classico: 27 d.C. – 235 d.C. (fine della dinastia dei Severi). Il periodo classico (o
3. aureo) si apre con la silente rivoluzione di Augusto, che pur rispettando formalmente le
istituzioni repubblicane pone le basi per l’affermarsi di u nuovo organo, il princeps (“primo”, da
cui principato), in cui si incentra la direzione dello Stato. Roma è ormai potenza mondiale
identificabile dall’assenza di ogni serio rivale alle frontiere (Grant). Nell’impero emerge il
princeps come creatore del diritto; i giuristi elaborano in termini compiuti e conclusivi la
scienza giuridica. Alla fine del periodo, l’universalità di Roma si esprime tramite la concessione,
da parte di Antonino Caracalla, con la Constitutio Antoniana (212 d.C.), della cittadinanza a
tutti, o quasi, gli abitanti dell’impero.
⇒ Le fonti di produzione vanno lentamente accentrandosi nelle mani del Principe, fino ad
arrivare, con la dinastia dei Severi, all’affermazione del principio di un’unica fonte del
diritto e cioè, le Constitutio principis. Infatti, l’efficacia delle leges comincia a venire meno;
l’editto del pretore viene “codificato” nel 130 d.C. su ordine dato da Adriano al giurista
Salvio Giuliano; i prudentes, sempre su ordine di Adriano, vengono inseriti in un collegio
senatoconsulti, sempre su ordini di Adriano, possono venire richiesti
principis; i
esclusivamente dal princeps, attraverso una oratio in senatu; l’attività del senato finisce
dunque per trasformarsi in una mera ratifica, per poi addirittura scomparire in età
postclassica.
• Constitutio principis: diretta espressione della volontà imperiale. Si dividono in due
gruppi:
Carattere generale:
Edicta: norme generali ed astratte, valide fino ad una eventuale abrogazione,
rivolte a tutti i cittadini.
Carattere particolare:
Mandata: istruzioni dell’imperatore ai propri funzionari e ai governatori delle
province;
Decreta: pronunce dell’imperatore che opera nella veste di giudice. A lui possono
rivolgersi sia i privati sia i magistrati per la soluzione di controversie;
Rescripta: risposta dell’imperatore a una richiesta si soluzione di una questione di
diritto proveniente da privati.
Epistulae: risposta ad una richiesta di soluzione di una questione di diritto
proveniente da funzionari e magistrati.
• Mores maiorum (ius suppletorium)
⇒ Fonti di cognizione del diritto classico:
• Institutiones, Gaio
• Caratteristiche del diritto dell’età preclassica, classica e parte della postclassica (fino al IV
secolo d.C.):
Il tempo del diritto universale
→ Più ampio (si pensi a leges publicae, responsa prudentium, senatus consulta, ius
honorarium, constitutiones principum, quest’ultime in età postclassica).
→ Più libero da forme solenni: i Romani, a seguito delle relazioni sorte con gli altri popoli, e
soprattutto con il popolo greco, si accorgono che gli antichi loro negozi in quanto tali e presi
nel loro insieme non corrispondono più alle loro esigenze. Comprendono, dunque, di dover
attribuire al proprio diritto una sfumatura universale. Si ha così questa conseguenza: da un
lato si ammettono parecchi negozi del tutto privi di qualunque forma solenne e consistenti
soltanto nella volontà delle parti comunque manifestata, dall’altra, poiché la forma in alcuni
ben precisi negozi solenni, che continuarono ancora a coesistere con i suddetti negozi
consensuali era considerata non più creativa o produttiva di effetti giuridici per sua forza
intrinseca, ma necessaria soltanto per dar luogo ad una più sicura libertà nel condurre a
termine gli stessi atti giuridici.
→ Privo della ratio della personalitas: di contro al primo periodo, quando ciascuno poteva
acquistare diritti solo per sé e non poteva agire per conto di altri, si giunge ora, al
riconoscimento di meccanismi indiretti che permettono di delegare ad altri i propri affari:
nel periodo preclassico ad opera del pretore; in periodo classico, invece, ad opera anche
della giurisprudenza o in forza del diritto civile. Inoltre, di contro al primo periodo, quando
il diritto tutelava e disciplinava i rapporti tra i soli cittadini romani, ora l’ordinamento
romano diventa universale (in particolare con l’editto di Caracalla del 212 d.C.), poiché
viene introdotto il complesso delle norme costituenti il cosiddetto ius gentium, che tutti i
sudditi dello Stato siano essi cittadini romani o no, possono usare e attraverso il quale
conseguentemente, essi siano protetti e difesi.
7 Periodo postclassico: 235 d.C. – 527 d.C. In questo periodo le condizioni per il fiorire di una
4. cultura giuridica raffinata, diventano meno favorevoli. La situazione politica ed economica
generale va deteriorandosi. L’imperatore diviene monarca assoluto, non è princeps ma dominus
(da cui dominato) e accentra su di sé il potere normativo. Si spezza definitivamente l’unità
dell’Impero (395 d.C.), preludio alla fine dell’Impero Romano d’Occidente (476 d.C.).
⇒ Fonti di produzione del diritto postclassico:
• Costitutio principis
• Mores maiorum (ius suppletorium)
⇒ Fonti di cognizione del diritto postclassico:
• Codici degli imperatori: raccolte di costituzioni imperiali
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→ Codice gregoriano ed ermogeniano: raccolte private a cui manca il sigillo dell’ufficialità,
ma che costituiscono la premessa di una codificazione ufficiale;
→ Codice teodosiano: nel 429 l’imperatore Teodosio II ordina ai suoi collaboratori di
redigere un codice. Un primo progetto prevedeva due compilazioni distinte: la prima,
funzionale alla documentazione storica e alla preparazione dei giuristi, doveva contenere
una raccolta di costituzioni imperiali (da Costantino in poi) sul modello dei precedenti
codici privati; la seconda doveva servire alla pratica, offrendo, a tale scopo, tutto il
diritto vigente. Nel 435 il codice, composto da 16 libri, fu pubblicato ed entrò in vigore.
Del progetto originario vi era poco e nulla, tanto che fu considerato una semplice
integrazione dei precedenti codici.
• Iura (scritti dei giuristi): il ridursi delle fonti di produzione alle sole costituzioni
imperiali non significa il ripudio di una secolare coscienza giuridica. Il passato non viene
rinnegato, salvo quando desueto o in contrasto con le norme imperiali. Tutte le fonti di
produzione del diritto delle epoche precedenti non sono più viste nella loro singolarità,
ma nel loro insieme, indicato, appunto, con il termine latino iura. A causa del numero
significativo di scritt