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L’indipendenza è determinata dal fatto che l’autorità amministrativa indipendente prevede
particolari procedure di nomina degli organi di vertice dell'autorità, nonché una durata del
mandato degli organi sfalsato rispetto ai tempi delle cariche politiche e regole in materia di
incompatibilità e conflitti d'interessi nelle cariche. L'autonomia invece risiede in caratteristiche di
tipo organizzativo, contabile e finanziario. La neutralità vuole identificarsi come indifferenza
rispetto agli interessi in gioco nel mercato, quindi una posizione super partes, mentre l'imparzialità
si riferisce all'esigenza di comportarsi nei confronti di tutti i soggetti senza discriminazioni arbitrarie.
Le autorità regolano il mercato ma lo controllano anche e possono sanzionare i comportamenti dei
soggetti che vi operano. L’istituzione nel nostro ordinamento delle autorità amministrative
indipendenti ha modificato l'organizzazione dell'amministrazione statale, poiché il potere di
intervento sul mercato è solo nelle mani di queste autorità.
La CONSOB
La Commissione Nazionale per le Società e la Borsa è stata istituita con legge 216 del 7 giugno
1974 con lo scopo di provvedere all'organizzazione ed alla vigilanza delle borse valori. Essa
controlla le società e gli enti quotati in borsa, nonché l'attività che questi esercitano verso il
risparmiatore ai fini di attrarre investimenti in strumenti finanziari. Il Testo unico della finanza,
decreto legislativo 58 del 1998, prevede che la Banca d'Italia sia competente per il contenimento
del rischio e la stabilità patrimoniale, mentre la CONSOB ha poteri di controllo in tema di
trasparenza e correttezza dei comportamenti dei soggetti che operano nel mercato. L'articolo 1
della legge istitutiva della CONSOB prevede che essa abbia sede in Roma ed una seconda sede
operativa a Milano. La CONSOB è composta da un presidente e 4 membri scelti tra persone di
specifica e comprovata competenza ed esperienza, nonché indiscussa moralità e
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indipendenza. Essi durano in carica 5 anni e possono essere confermati una sola volta. Il
presidente e i membri della CONSOB non possono esercitare, a pena di decadenza dall'ufficio,
alcuna attività professionale neppure di consulenza né essere amministratori, ovvero soci a
responsabilità illimitata, di società commerciali, sindaci revisori o dipendenti di imprese
commerciali o di enti pubblici o privati, né ricoprire altri uffici pubblici di qualsiasi natura, né essere
imprenditori commerciali. La Commissione provvede all'autonoma gestione delle spese e
delibera le norme concernenti la propria organizzazione e il proprio funzionamento.
Le funzioni
La CONSOB regolamenta la prestazione dei servizi e delle attività di investimento da parte
degli intermediari, regolamenta gli obblighi informativi delle società quotate nei mercati
regolamentati e le operazioni di appello al pubblico risparmio, autorizza i prospetti relativi ad
offerte pubbliche di vendita e di documenti di offerta concernenti offerte pubbliche di acquisto,
vigila sulle società di gestione dei mercati sulla trasparenza e la correttezza dei comportamenti e
sull'ordinato svolgimento delle negoziazioni.
La CONSOB ha poteri sanzionatori rispetto ai soggetti vigilati, accerta gli andamenti anomali
delle contrattazioni sui titoli quotati e compie ogni altro atto di verifica di violazione delle norme in
materia di abuso di informazioni privilegiate e di manipolazione del mercato, collabora con le altre
autorità nazionali, europee ed internazionali preposte all'organizzazione e al funzionamento dei
mercati finanziari. La CONSOB NON è competente a dirimere controversie tra risparmiatori e
soggetti vigilati, non assicura la bontà degli investimenti, non entra nel merito delle scelte operative
delle società quotate ma assicura che tali scelte siano trasparenti in modo che siano conosciute e
valutate dal mercato. Non ammette a quotazione gli emittenti, né li sospende o li cancella. Non si è
ammessi a quotazione dalla CONSOB, ma dalla società che opera in quel mercato. Sono queste
società che gestiscono i singoli mercati e coloro che vogliono entrare in quel mercato. 26/11/2015
Il primo momento in cui la disciplina del sistema bancario viene a essere modificata è nelle prime
due direttive europee, che per la prima volta intaccano quel sistema giuspubblicistico che
assegnava alla banca il ruolo di soggetto vigilato in modo molto penetrante dal ministro
dell'economia e dalla Banca d'Italia e che assegnava alla banca un compito di natura privata, ma
esercente un pubblico servizio. L’ordinamento del 1936, che rimane in vigore fino al 1993,
assegna alla banca un ruolo di soggetto privato fortemente controllato dalla Stato e al soggetto
controllore un ruolo di primaria importanza circa la definizione del mercato bancario, attraverso
l'utilizzo di due strumenti molto importanti che sono due atti amministrativi:
1. Autorizzazione, che determina il primo momento nel quale si esprime il potere
dello Stato sul mercato, ovvero quando il ministro o la Banca d’Italia autorizzano un
soggetto privato ad entrare sul mercato bancario oppure gli negano l’autorizzazione.
L'autorizzazione può quindi può costituire un nuovo diritto (entrare sul mercato),
modificare questo diritto (dare un’autorizzazione parziale), oppure estinguerlo
(impossibilità di entrare nel mercato).
2. Istruzioni di vigilanza: sono atti amministrativi aventi carattere imperativo che sono
volti a disciplinare in modo uniforme il comportamento della banca sul mercato.
Sono cioè atti attraverso cui il soggetto controllore, ministro o Banca d’Italia, impone
alle banche di stare sul mercato tutte allo stesso modo. Ad esempio, esiste
un’istruzione di vigilanza che definisce le provvigioni che le singole banche devono
chiedere in relazione ai servizi offerti. È lo Stato che definisce il mercato (in questo
caso che designa le provvigioni).
Questa concezione chiusa del mercato (concezione giuspublicistica) viene per la prima volta
messa in discussione dal legislatore europeo, che emana due direttive.
La prima direttiva europea
La direttiva 780 del 1977 introduce un principio di fondamentale rilievo, per cui la banca non può
più essere considerata esercente un pubblico servizio, ma semplicemente un’attività d'impresa.
Questo porta ad avere controlli più leggeri. Questa direttiva viene recepita in Italia solo nel 1985
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con la legge 350, un tempo molto lungo causato dalla diffidenza della Banca d'Italia, che sapeva
di dover ripensare a tutte le sue regole e di perdere potere a seguito di queste direttive. Anche le
banche però, cioè i soggetti più coinvolti, si sentono meno tutelate da questa direttiva visto che la
Banca d'Italia regolava la CONCORRENZA del mercato bancario. Banca d'Italia suddivideva il
territorio in tante parti e ad ognuna attribuiva una banca, in questo modo limitava la concorrenza e
permetteva a tutte le banche di sopravvivere senza mai confrontarsi tra loro (“piano sportelli”).
Ora invece non può più vincolare le banche in questo modo e il mercato bancario viene
liberalizzato.
La seconda direttiva europea
La seconda direttiva bancaria 646 del 1989 continua il disegno della prima, rafforza questo
concetto introducendo il concetto di “banca universale”: ogni banca può stare sul mercato del
credito in modo tradizionale, cioè offrendo ai propri depositanti dei contratti finalizzati alla tutela
del deposito e ad altri servizi come cassette postali, mutui ecc. ma accanto a questi servizi per la
prima volta la banca può diventare intermediario finanziario, cioè offrire ai depositanti (che
diventano investitori) servizi d'investimento, gestione di portafoglio, consulenza, dealer... Bisogna
sviluppare il concetto di banca affinchè i depositanti possano scegliere se mantenere i propri
depositi in banca o se investirli. Le banche accolgono con favore questa direttiva, perché si
sentono avvantaggiate dal fatto di avere già dei clienti a cui poter offrire un servizio in più. Oltre a
ciò, i depositanti che diventano investitori non hanno più diritto alla restituzione del capitale. La
direttiva bancaria scoppia all'interno dell'ordinamento del diritto nazionale e offre nuove prospettive
prima sconosciute. Introduce inoltre il “principio della licenza unica”: Il legislatore europeo
stabilisce infatti una regola generale relativa al rilascio delle autorizzazioni, per cui un banca che
ha sede legale in uno degli stati membri europei deve essere autorizzata all'esercizio una sola
volta dal proprio ente nazionale e poi può operare in tutti gli stati membri senza nessuna
autorizzazione ulteriore. Queste direttive cominciano a modificare il concetto di vigilanza pubblica
sulla banca e a instillare qualche dubbio sul fatto che la legislazione nazionale fino allora vigente
sia legittima o non sia forse necessario procedere ad una revisione normativa completa.
Il Testo Unico Bancario (TUB)
Col decreto 385 del 1993 il legislatore nazionale emana il Testo unico in materia bancaria
(TUB), materialmente redatto da una commissione presieduta da Mario Draghi (il quale ha
presieduto anche la commissione per il Testo unico finanziario, detto appunto Testo unico Draghi)
e in cui sono presenti membri del ministero e rappresentanti dell'ABI ( Associazione Bancaria
Italiana). Il testo che esce da questa commissione deve necessariamente tenere conto delle
direttive europee, ma oggi viene guardato con occhio critico perchè da due anni è iniziato il
processo di unione bancaria europea e perciò quello che studiamo oggi non avrà più forse
significato al completamento di questa unione. Il Testo Unico Bancario è caratterizzato da un
articolo 1 di apertura dedicato alle definizioni, e cioè nell'incipit del testo il legislatore si preoccupa
di chiarire al destinatario (banche, depositanti) le singole definizioni che saranno contemplate
all'interno. Per evitare fraintendimenti il legislatore dà la definizione precisa e un'interpretazione
autentica degli istituti contenuti. Il Testo Unico è diretto anche al pubblico, in particolari ai
risparmiatori. All'inizio del testo, articoli 2-4, ci sono norme dirette a regolare l'organizzazione
pubblica del sistema creditizio, cioè disposizioni significative che costruiscono un sistema di
controllo e vigilanza delle banche da parte dello Stato. Il legislatore dispone che “l'organizzazione
pubblica del credito sia formata da un Comitato interministeriale per il credito e il risparmio e che
accanto ad esso operi la Banca d'Italia”. &ldq