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Legislazione dei Beni Culturali in Italia e nel Regno Unito
Questa breve ricerca, nata nell'ambito dell'insegnamento di Legislazione dei Beni Culturali del Corso di Laurea specialistica in Archeologia, prova ad indicare i principali aspetti della legislazione inglese e di quella italiana nell'ambito della tutela dei Beni Culturali per poter individuare le principali differenze tra le due nazioni ed abbozzare un confronto tra i due sistemi legislativi.
Le principali tappe della tutela dei Beni Culturali in Inghilterra
In tema di tutela e conservazione del patrimonio culturale il Regno Unito si contraddistingue nello scenario europeo per non avere una struttura legislativa e organizzativa omogenea ma piuttosto per la caratteristica presenza di una varietà di enti, la maggior parte dei quali sono organizzazioni non governative quasi autonome e molte altre appartengono al settore privato.
In Inghilterra e in Galles le leggi sulla conservazione dei monumenti antichi e delle aree
Le misure di tutela dei monumenti nel Regno Unito hanno avuto inizio nel 1882, con l'Atto sulla Tutela dei Monumenti Antichi (Ancient Monuments Protection Act), che ha posto sotto tutela 29 monumenti, scavi, antiche strutture in pietra e simili. Questi monumenti erano elencati nella lista (schedule) allegata all'Atto, da cui il termine "scheduled", utilizzato per indicare i monumenti nazionali oggetto di tutela.
A partire dal XIX secolo, con l'avvento della modernizzazione e della rivoluzione industriale, nel Regno Unito si è sviluppata una profonda consapevolezza della volatilità e della vulnerabilità del patrimonio territoriale nazionale, sia nel suo paesaggio che nell'ambiente costruito. Artisti, intellettuali e persone comuni si sono uniti nella preoccupazione di preservare l'essenza di un luogo, di un edificio o di un'opera d'arte in un mondo in continua trasformazione.
William Morris (architetto), John Ruskin (scrittore), Shaw-Lefevre, Octavia Hill sono solo alcuni nomi della folta schiera di personaggi a cui ricondurre il momento inaugurale della filosofia dello heritage; a loro si deve il merito di un'attività assidua di associazionismo, che portò a una serie di memorabili fondazioni, tra cui: - The Society for the Protection of Ancient Buildings (1877) (che portò nel 1882 allo "Ancient Monuments Protection Act" e nel 1908 alla "Royal Commission on Historic Monuments") - The Commons, Footpaths and Open Spaces Preservation (spazi verdi e sentieri a scopo ricreativo) - The Monumental Brass Society (sculture in bronzo) Ma fu probabilmente l'istituzione del "The National Trust" nel 1895 quella che più segnò lo sviluppo della filosofia dello heritage negli anni a venire: un'organizzazione non governativa e no profit costituita da privati intenzionati a intervenire per la salvaguardia e la conservazione del patrimonio storico e naturale del Regno Unito.conservazione di luoghi dalla particolare bellezza naturale e di siti di interesse storico. Dal 1908 il National Trust ebbe un ruolo legale nell'intervenire a nome della nazione, dedicandosi soprattutto a castelli e country houses, le antiche dimore attorno alle quali da sempre si declina il mito della campagna inglese. Con i primi anni del '900, l'azione del National Trust si estende ad altri siti di National Heritage, come chiese, giardini, edifici civici, coste e paesaggi rurali, dando vita a "The Ancient Monuments Society", "The Council for the Care of Churches", "The Council for the Protection of Rural Areas", "The National Trust for Scotland" e "The Georgian Group". Tuttavia, è solo a partire dagli anni '80-'90 che il mondo anglo-sassone riscopre il proprio patrimonio culturale. Heritage era l'etichetta con cui si definiva un'idea di passato filtrata da un certo senso di orgoglio nazionale. Facendo
del patrimonio storico e architettonico inglese)- il National Trust (acquisizione e gestione di proprietà storiche e aree naturali di interesse nazionale)- il Royal Commission on the Historical Monuments of England (ricerca, documentazione e conservazione del patrimonio storico e architettonico inglese)- il Heritage Lottery Fund (finanziamento di progetti di conservazione e valorizzazione del patrimonio storico e culturale)Questi interventi e organismi sono stati volti a preservare e promuovere l'identità nazionale britannica, attraverso la conservazione e la valorizzazione del patrimonio storico e culturale del paese.e della valorizzazione di edifici e monumenti di valore storico e paesaggistico, con lo scopo di promuovere il godimento e la comprensione dello Heritage)
In particolare lo "English Heritage" si pone come contraltare del caposaldo tradizionale della radicata tradizione dello Heritage anglo-sassone: il "National Trust", ispirandosi a principi che molti vedono in realtà come distruttivi dell'originaria filosofia conservativa-educativa, ispirata alla costruzione di una 'cosa' pubblica di fruizione gratuita, alla tutela ambientale. Il punto 35 della Carta costituzionale dello "English Heritage" dichiara infatti apertamente che l'intento dell'organismo sarà "to make the heritage pay", ponendo così ufficialmente lo Heritage sul mercato come "marketable commodity", una merce come altre, da esibire, vendere e possibilmente far fruttare.
Da segnalare in particolare anche la creazione dello
“Heritage Educational Trust”, volto a promuovere l’uso a presupposti fini educativi delle proprietà storiche del “National Heritage” e dello “English Heritage”; e con essa l’affermarsi di quella svolta decisiva dall’educativo al ricreativo che vede il diffondersi di fenomeni discutibili ma indiscutibilmente popolari come la living history, gli heritage centres, i theme parks: è in questo contesto che la heritage presentation intesa come strategia specifica di allestimento degli heritage sites incontra le nuove tecnologie (multimedialità, effetti speciali, information technology) e inclina a scelte di spettacolarizzazione (qualcuno dirà di ‘disneificazione’). E’ insomma il National Trust che con le sue azioni di catalogazione, controllo, intervento, gestione procede a definire e proteggere lo English Heritage in tutte le sue numerose componenti, architettoniche, paesaggistiche, monumentali, artistiche,
e di cultura materiale. Profondamente radicata in un gusto e un 'sensocomune' intriso di inglesità. Il Trust si farà interprete di quella svolta identitaria propria del dopoguerra, che vede offuscato il mito della 'grande Inghilterra' a favore di un little Englandism che esalta il culto della domesticity, dei piccoli rituali quotidiani, dei piccoli oggetti carichi di valore affettivo, della vita semplice a contatto con il 'proprio' piccolo verde. In questa prospettiva anche lo heritage passa dal 'grande' al 'piccolo': a includere giardini domestici, cottages, collezioni 'povere', artigianato, manufatti eccentrici, ma anche fiere di paese, sagre di provincia, festival musicali. Il modello britannico presenta diverse peculiarità rispetto al modello italiano, evidente esempio è riscontrabile nella nozione di bene culturale. In Inghilterra non esiste una nozionedi patrimonio culturale della medesima portata di quella accolta nell'ordinamento italiano. Le principali misure di protezione fanno riferimento al concetto dell'Heritage ovvero ogni traccia materiale o immateriale che presenta legami con il passato, inteso come propria origine. Altro aspetto peculiare, che vale la pena segnalare, è che nel Regno Unito il ruolo degli organi centrali risulta essere assai ridotto, limitato com'è ad una funzione di controllo sull'operato delle amministrazioni locali; le politiche di valorizzazione e la gestione dei beni restano per lo più affidate a vari organismi non governativi. Passando a verificare il modello italiano, tenendo conto dell'eccezionalità del patrimonio storico-artistico della nazione, è interessante notare come vi sia stata una chiara volontà di giungere ad una precisa definizione di bene culturale. Le difficoltà connesse all'individuazione di una nozione generaledi beni culturali è la sua ampia definizione di cosa possa essere considerato un bene culturale. Mentre la legge del 1939 si limita a elencare specifiche "cose" soggette a tutela, il decreto legislativo del 1998 adotta una definizione più aperta, includendo tutti quei beni che rappresentano un valore di civiltà. La legge italiana riconosce quindi che i beni culturali non sono solo opere d'arte o monumenti storici, ma possono essere anche oggetti di uso quotidiano, tradizioni, pratiche sociali e altro ancora. Questa ampia definizione permette di preservare e valorizzare una vasta gamma di elementi che contribuiscono alla nostra identità culturale. La tutela dei beni culturali è di fondamentale importanza per la conservazione del patrimonio storico e artistico di un paese. Attraverso la tutela, si cerca di garantire che questi beni siano preservati per le generazioni future e che siano accessibili al pubblico, in modo da poter apprezzare e imparare dalla nostra storia e cultura. In conclusione, la legge italiana sulla tutela dei beni culturali adotta una definizione ampia e inclusiva, riconoscendo che il patrimonio culturale di un paese è composto da una varietà di elementi che meritano protezione e valorizzazione.È quello di possedere una nozione di bene culturale in continua evoluzione ed evidentemente questo presenta l'importante vantaggio di rendere il sistema flessibile rispetto alle dinamiche culturali in atto.