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La concezione del diritto

Il termine sanscrito che richiama al concetto di legge è Dharma. Più propriamente, esso designa, in una sintesi di elementi religiosi e sociali, i diritti e doveri dell'uomo in ogni campo della sua attività, l'enorme che dirigono il comportamento degli esseri tanto più sul piano religioso e morale quanto su quello sociale e giuridico. Dharma indicava anche le regole eterne (esistenti già prima di essere espresse, perché di origine divina) che reggono il mondo, affinché gli individui e le società potessero conseguire l'autorealizzazione divina: Dio, o il Creatore, era considerato la fonte ultima del diritto e il Dharma l'anello di congiunzione fra il regno trascendente, il mondo della vita ed il mondo sociale degli individui. A differenza del diritto, di origine divina, la consuetudine è un fenomeno molto più umano e terreno: tuttavia, a differenza che nella giurisprudenza romana,nell'India classica, ha sviluppato una complessa teoria giuridica e politica. Secondo questa tradizione, l'origine della consuetudine non è solo attribuita alla deliberazione umana e sociale, ma ha anche un carattere sacrale che sfugge alla memoria umana. Nell'India classica, le istituzioni giuridiche e politiche erano subordinate a un'autorità spirituale che doveva garantire il rispetto delle regole divine. Le deviazioni dal percorso del Dharma, la condotta virtuosa, erano la causa dell'insorgere di disordine e anarchia, chiamata "arajakata". Per anarchia non si intende un vuoto di potere nella società, ma piuttosto la condizione in cui i deboli sono oppressi dai più forti, una condizione in cui prevale la "matsya nyana", la legge dei pesci, secondo la quale il pesce più grosso ingoia il più piccolo senza avvertire scrupoli di coscienza. Il diritto tradizionale indiano può essere compreso attraverso la lettura di una ricca letteratura che si è sviluppata dalla fine del periodo vedico.

Cioè dal secolo VI a.C. circa, si estende fino al secolo XVIII. Veda (scienza) è il termine sanscrito che designa la più antica produzione letteraria in sanscrito composta tra il 1500 e l'800 a.C.; nella prospettiva vedica l'instaurazione dell'ordine nella vita pubblica deve andare di pari passo con l'instaurazione dell'ordine nella vita del sé: ciò richiede all'individuo di vincere l'avidità, la passione e l'egoismo nella propria vita e mettersi nei panni altrui e di concepire il bene pubblico. Ciò richiede una sintonia tra la propria anima e il fondamento divino dell'essere, allontanandosi dalle passioni che affliggono col disordine. L'instaurazione dell'ordine personale, come disciplina, coincide pertanto con quello sociale ed è possibile solo seguendo la via del Dharma: deviare da questa via porta all'illegalità, all'anarchia ed al disordine sociale.

fonti più antiche del diritto indiano sono i Dharmasutra, "aforismi relativi alla legge". Questi testi, scritti in prosa, contengono, accanto alla trattazione di problemi dottrinali e religiosi, i primi embrioni di una dottrina giuridica, ovvero la definizione dei doveri delle quattro caste, alcune norme di natura economica e sociale, elementi di diritto civile e penale. Con l'affermarsi poi di scuole giuridiche specializzate, che tendono a codificare la materia legale in esposizioni ampie e particolareggiate, nascono quelli che si possono considerare veri e propri trattati di diritto, i Dharmasastra, "Trattati giuridici", detti anche Smrti, basati sugli antichi Dharmasutra, ma con un carattere più strettamente giuridico. Queste fonti giuridiche, che costituiscono la base della giurisprudenza indiana, ebbero, a partire dal IX secolo d. C., un notevole numero di commentari, redatti con finalità critiche e coordinatrici. Elementi di diritto si trovano

In tutta la produzione letteraria dell'India, in particolare nella letteratura politica: ad esempio l'Arthasastra dedica ampio spazio alla procedura giudiziaria, alla definizione delle competenze dei funzionari e ai sistemi di punizione. In tutti prevale sempre il fondamento religioso.

Secondo la tradizione indiana le fonti del dharma sono quattro: la rivelazione (sruti), la tradizione (smrti), il comportamento delle persone colte e virtuose (sistacara), gli usi e costumi delle regioni, delle caste, delle famiglie (desajatikuladharma).

I FONDAMENTI DEL DIRITTO HINDU

Nel diritto tradizionale hindu, il principe, investito di maestà e natura divina, è ordinatore del regno, tutore della legge, arbitro assoluto della giustizia; egli deve giudicare e punire, perseguitare il male, ricercare la verità nel rispetto delle regole eterne.

Al sovrano spetta il potere decisionale anche quando, col perfezionarsi dell'organismo statale, egli viene affiancato,

nell'amministrazione dellagiustizia, da funzionari competenti. Il valore teorico dell'uguaglianzariconosciuto ad ogni individuo di fronte alla legge, viene tuttavia sempresottomesso alle prerogative castali che affiorano continuamente nel sistemagiuridico indiano. Le norme che disciplinano le istituzioni processuali sono molto precise. Le forme probatorie sono generalmente suddivise in umane e divine: le prime costituite dalla prova documentale e dalla prova orale dei testimoni, le seconde dal giuramento e dalle ordalie cui si ricorre nei casi dubbi o in mancanza di altre prove e talune forme di ordalie si sono conservate fino all'età moderna e contemporanea. Le pene previste variano dalla semplice ammonizione all'esecuzione capitale. Una delle condanne più temute è l'espulsione dalla casta. L'istituto familiare è oggetto di ampia trattazione giuridica: di tipo patriarcale, la famiglia è protetta e regolata da norme rigorose.

Che condizionano la vita quotidiana dei suoi componenti, essendo considerata, quella familiare, l'organizzazione fondamentale della società. Il matrimonio, da tutti i testi sempre teoricamente vietato fra persone di caste diverse, è generalmente considerato vincolo sacro e indissolubile. Le norme che regolano la ripartizione del patrimonio e il diritto ereditario sottolineano la precedenza dei figli legittimi su quelli adottivi. Pur nel susseguirsi delle dominazioni coloniali straniere (fu colonia inglese fino al 1947, anno dell'indipendenza britannica) che tentarono di sostituire il diritto moderno occidentale a quello indigeno locale, la legge indiana rimase sostanzialmente basata sugli antichi principi, grazie alla mentalità hindu tesa a conservare le originarie strutture in quanto consacrate dalla tradizione. Nell'attuale Repubblica federale Indiana, infatti, l'ordinamento giuridico, nonostante necessari adeguamenti e introduzioni di nuove

istituzioni, soprattutto sulla base della legislazione britannica, si è mantenuto fedele alle linee principali dell'antico sistema, dove il potere politico soggiace al fondamento religioso. Le tradizioni spirituali dell'India hanno sempre sottolineato che la società, come ordine, non è semplicemente un contratto, ma manifestazione divina.

INDIA E ISLAM

Durante il periodo della dominazione islamica del subcontinente indiano (1100-1600 circa), il diritto hindu non fu in alcun modo limitato dai nuovi governatori, i quali, infatti, si dedicarono a riscossioni pecuniarie, all'amministrazione della giustizia penale e spesso lasciavano i regnanti hindu nei loro territori in cambio del pagamento di ammende.

Solo le città furono sedi giurisdizionali musulmane. Fuori di queste, le controversie erano regolate secondo le consuetudini di ogni comunità, senza che vi fosse una reale commistione tra i due sistemi giuridici, l'islamico e l'hindu, peraltro.

basati su principi molto diversi. Nell'Islam, infatti, Maometto rivela alla comunità la verità divina e dopo di lui non resta che l'interpretazione di questa volontà. L'autorità su cui si basa il diritto islamico è, dunque, unica e forte. Nell'Islam il rapporto centrale è quello tra Dio e uomo: Allah è il principio che muove tutto e l'uomo, completamente sottomesso alla volontà di Dio, non ha alcuna possibilità di influire sul corso del mondo. Per contro l'ordine hindu è rivelato ad una pluralità di saggi i quali creano nuovi insegnamenti per la comunità locale: siamo dunque di fronte ad una autorità frantumata. L'uomo hindu, infatti, è in rapporto diretto e biunivoco con il tutto. Ogni azione umana ha una conseguenza diretta sull'ordine cosmico il quale è risultato della sommatoria di tutti gli atti individuali (teoria del Karma). L'uomo è

Pertanto, è necessario per la realizzazione del dharma. Per molti secoli, la storia del diritto cinese è stata segnata dal contrasto tra due opposte scuole di pensiero. Da un lato quella legista, che nella legge scritta (fa), e in particolare nella legge penale, vedeva il più efficiente tra gli strumenti di governo; dall'altro quella confuciana, storicamente prevalente, che invece manifestò costantemente la propria ostilità nei confronti delle leggi e dei tribunali e la propria sfiducia nella capacità di queste istituzioni di disciplinare armoniosamente i rapporti sociali, affermando all'opposto la necessità di fondare l'ordine della società sull'educazione e sul rito (li). La visione cinese tradizionale del diritto è molto diversa da quella occidentale, variamente influenzata o derivata dal diritto romano. La regolazione della vita sociale è fondata sulla combinazione di due insiemi distinti di norme: il li e il fa.

NORME: IL LI E IL FA

Il li è un complesso di regole morali, che si concretizzano in precisi rituali, alle quali si affiancano regole di educazione e di cortesia, il cui rispetto garantisce all'uomo una vita in armonia con il cosmo. Una sorta di diritto naturale, che in realtà si presentava come il codice di comportamento di un gruppo sociale specifico, giacché limitava la sua efficacia agli strati più elevati della popolazione, i soli in grado di ispirare la propria condotta al rispetto dell'ordine della natura.

Il fondamento del li è il pensiero confuciano, per il quale è compito dell'uomo cercare l'armonia fra il suo operare e le leggi che governano il mondo naturale. Le virtù da coltivare, spontaneamente, senza l'intervento di alcuna costrizione, per il raggiungimento di questo obiettivo sono il senso di umanità, ren, e la rettitudine, yi.

Ren è in realtà un concetto intradu

Dettagli
Publisher
A.A. 2005-2006
25 pagine
SSD Scienze giuridiche IUS/21 Diritto pubblico comparato

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher luca d. di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Diritto privato comparato e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi del Sannio o del prof Casucci Felice.