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In questo periodo si sviluppa il regime che gli economisti chiamano del monopolio e che i giuristi definiscono di “riserva originaria”, vale a dire una

situazione che riconosceva esclusivamente a un soggetto qualificato e cioè lo Stato la titolarità del diritto di impresa (ogni altro soggetto è privato

della legittimità ad assumere la qualità di imprenditore e la gestione diretta delle attività riservate).

Contemporaneamente, vengono estendendosi le autorizzazioni: in tal modo, molte attività imprenditoriali passano da un regime di accesso libero a

uno di accesso controllato (controllo dell’entrata). In particolare, l’autorizzazione degli impianti industriali viene utilizzata in periodo di autarchia dai

grandi monopoli e oligopoli privati per evitare la concorrenza.

Nasce anche un nuovo regime di intervento dello Stato nell’economia: si afferma il dirigismo economico, attuato mediante vere e proprie

pianificazioni come la legge sulla pianificazione urbanistica. Esse conferiscono allo Stato il potere di stabilire una disciplina minuziosa delle attività

private relative. Molte di queste leggi finiscono però inapplicate.

Ulteriore caratteristica di questo periodo è la costituzione di un gran numero di enti pubblici: nei settori della seta, del cotone dei trasporti, della

carta, del metano ecc. Questi enti pubblici vengono definiti “di privilegio”, in quanto spesso avevano sia compiti di impresa, sia di regolazione:

questa è ritenuta un’anomalia in quanto l’attività di regolazione del mercato va svolta da un soggetto terzo che non sia esso stesso produttore.

Accanto agli enti pubblici vengono istituiti enti ordinati in forma di società per azioni con partecipazione statale, come l’AGIP (Azienda generale

italiana petroli) e la ROMSA (raffinerie olii minerali società per azioni). Così lo Stato assume la veste di azionista in società con altri azionisti:

l’economia diventa “mista”. Nel 1933 viene istituito l’IRI (Istituto per la ricostruzione industriale), creato per il salvataggio delle imprese in crisi e

successivamente impostosi come radicale riforma dell’industria.

Fino al 1933 la banca italiana era “mista”, raccoglieva risparmio e compieva operazioni di credito sia a breve termine, sia acquisendo la veste di

azionista e quindi finanziando a lungo termine. Le tre più grandi banche dell’epoca, la Banca commerciale italiana, il Credito italiano, il Banco di

Roma erano azioniste di società che controllavano interi settori dell’economia italiana (in modo particolare, servizi pubblici, settore meccanico e

settore siderurgico). Erano quindi delle società­holding di controllo dei più importanti settori industriali. Con la crisi del ’29 però le banche, allo

stesso tempo azioniste e finanziatrici, vengono trascinate dalle aziende controllate nella crisi. A loro volta, le banche mettevano in pericolo la

stabilità della stessa Banca d’Italia. Per evitare una situazione simile a quella americana, si impone alle banche e agli azionisti di cedere a un ente

pubblico appositamente istituito, l’IRI, le azioni. L’IRI diviene così una “holding” o ente capogruppo, dalla quale vengono a dipendere le società figlie

delle banche. Lo Stato diviene così attraverso l’IRI il più grande banchiere italiano, acquisendo la gestione della siderurgia e della meccanica, delle

linee di trasporto marittimo, ecc.

Di questo periodo sono anche l’istituzione del Ministero delle corporazioni e l’adozione della Carta del lavoro. L’ordinamento corporativo ha una 2

struttura piramidale. Alla base vi erano i sindacati (uno per i lavoratori e uno per i datori di lavoro in ogni settore di produzione). I loro rappresentanti

entravano nelle corporazioni. L’ordinamento corporativo era quindi un modo per ordinare la rappresentanza degli interessi economici per portarla

all’interno dello Stato, insieme agli interessi politici.

Lo Stato del benessere

Dal 1950 circa agli anni ’70, è caratterizzato, oltre che dall’approvazione della Costituzione repubblicana, dalle partecipazioni statali e la

nazionalizzazione elettrica; dallo Stato finanziatore; dallo Stato pianificatore; dallo Stato del benessere.

Gli oggetti fondamentali della Costituzione del 1948 in materia economica sono la proprietà (art. 42) e l’impresa (artt. 41 e 43), regolate in 4 modi

diversi.

Innanzitutto, è previsto che per determinate imprese, si possa operare, con legge, una riserva originaria. Nell’art. 43 si afferma che imprese relative

a situazioni di monopolio, fonti di energia, servizi pubblici, possano essere riservate originariamente allo Stato o a enti pubblici.

L’articolo 42 relativamente alla proprietà prevede la possibilità che la legge stabilisca modalità di acquisto e limiti alla proprietà, affinché essa possa

essere accessibile a tutti.

Il secondo principio è quello del riconoscimento dell’impresa e soprattutto della proprietà. Dal riconoscimento della proprietà scaturisce il problema

di stabilire se sia garantito solo l’istituto o il diritto. Se si garantisce solo l’istituto, dal punto di vista giuridico, esso può essere in concreto compresso

a piacimento. Se si garantisce il diritto, è garantito ciascun proprietario, ma non l’istituto della proprietà in sé e per sé considerato.

Nella Costituzione né la proprietà né l’impresa sono riconosciute come diritti inviolabili.

Il terzo principio è la “funzionalizzazione” della proprietà e dell’impresa: l’autorità pubblica stabilisce possibili finalità e modi di uso di un bene o di

una impresa (questa norma è ora superata dalla normativa dell’UE, d’impronta liberista).

Il quarto principio della Costituzione consente di espropriare imprese o categorie di imprese e consente, nei casi previsti dalla legge,

l’espropriazione di una proprietà per motivi di interesse generale.

Nel 1953, viene istituito l’ENI (Ente nazionale idrocarburi) per la gestione, in regime di esclusiva, della ricerca e della coltivazione dei ricchi

giacimenti di idrocarburi scoperti nella Valle Padana. All’ENI vengono inoltre affidate le partecipazioni azionarie dell’AGIP. Alla metà degli anni ’50,

esistono dunque un grande ente pubblico (l’IRI), un altro ente pubblico di dimensioni rilevanti (l’ENI) e una serie di altre partecipazioni distribuire tra

i vari Ministeri. Si decide così di riunire tutte queste partecipazioni statali, dirette (nei casi in cui lo Stato stesso era azionista) e indirette (quando lo

Stato controllava un ente pubblico, a sua volta azionista), e di creare un apposito Ministero che si occupasse della loro gestione. Con l’istituzione di

questo Ministero, si sancisce anche il principio che lo Stato non può essere azionista diretto, il sistema delle partecipazioni viene ad articolarsi su

tre livelli: il Ministero delle partecipazioni statali gestisce gli enti pubblici di gestione, gli enti pubblici di gestione controllano le società per azioni.

Viene successivamente ampliato il numero degli enti pubblici di gestione con l’EFIM (Ente per il finanziamento delle industrie manifatturiere),

l’EAGC (Ente autonomo gestione cinema), EAGAT (Ente autonomo gestione acque termali), EGAM (Ente di gestione aziende minerali). La

costituzione dell’ENEL (Ente nazionale per l’energia elettrica) e la nazionalizzazione dell’industria elettrica costituiscono l’unica occasione in cui sia

stato esercitato il potere di espropriazione e riserva originaria di imprese. Il termine nazionalizzazione in realtà è improprio per quanto riguarda

l’ENEL: in realtà si dovrebbe parlare di pubblicizzazione, perché ha prodotto il trasferimento delle imprese elettriche dai privati a un ente pubblico

appositamente costituito. La pubblicizzazione è avvenuta in due fasi: dapprima, l’espropriazione, previo indennizzo, delle imprese elettriche; poi

viene disposta la riserva originaria a favore del neo costituito ente pubblico economico ENEL, precludendo stabilmente alle società espropriate

l’esercizio dell’imprese. In conclusione a partire dagli anni ’50 gli enti pubblici e le società a partecipazione pubblica diventano modelli prevalenti di

impresa pubblica, perdono invece importanza le imprese­organo dello Stato.

Negli anni ’60 si sono sviluppate diverse forme di ausili finanziari pubblici ai privati (Stato finanziatore): dal “contributo a fondo perduto” (domma di

danaro data a un privato senza che debba essere restituita), al “premio” (erogato a differenza del precedente, solo quando sia stato raggiunto

l’obiettivo o sia stato prodotto il servizio prefissato, quindi dopo), o anche al credito agevolato (erogazione di un contributo per coprire parte degli

interessi relativi a prestiti chiesti dall’impresa a un finanziatore, per esempio, a una banca).

Gli ausili finanziari pubblici hanno avuto un particolare sviluppo con l’istituzione della Cassa per il Mezzogiorno nel 1950.

Gli anni ’60 sono anche la stagione della pianificazione economica (Stato pianificatore). Fra pianificazione (coercitiva) e programmazione

(indicativa) si sceglie proprio la pianificazione, e il Ministero del bilancio viene trasformato in Ministero del bilancio e della programmazione

economica. Il tentativo di pianificare l’economia globale si rivela però un fallimento, ma i programmi settoriali come quello chimico, quello elettrico e

i programmi del controllo dei prezzi hanno avuto un notevole peso nei rapporti Stato­economia.

Inoltre, a partire dal ’62, vengono attuati interventi nei settori dell’istruzione, della sanità, della protezione sociale cui si fa riferimento con

l’espressione “istituzioni del benessere”, che pur non facendo parte in senso stretto dei rapporti fra Stato ed economia, comportano l’uso di risorse.

Questi interventi sono: l’istituzione della scuola media nell’obbligo, istituzione del Servizio sanitario nazionale, introduzione della pensione sociale.

Lo sviluppo delle istituzioni del benessere ha radici lontane: il principio dell’eguaglianza sostanziale era riconosciuto dalla Costituzione, ma per 3

renderlo effettivo era necessario rimuovere gli ostacoli maggiori frapposti al pieno sviluppo della persona umana (istruzione, salute, lavoro,

pensioni).

Per quanto concerne l’istruzione, nel ’62 si è sancita l’obbligatorietà e la gratuità dell’istruzione inferiore per almeno otto anni. Per quanto riguarda la

sanità, nel ’78 è stato istituito il Servizio sanitario nazionale, che assicura il diritto dei cittadini alla salute. Sotto il profilo della previdenza sociale,

l’intervento è stato quello dell’istituzione di pensioni sociali: non più solo i lavoratori e i datori

Dettagli
A.A. 2013-2014
14 pagine
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SSD Scienze giuridiche IUS/05 Diritto dell'economia

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher massimodragotto di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Diritto pubblico dell'economia e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli studi di Torino o del prof Cassella Fabrizio.