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REVISIONE COSTITUZIONALE E LEGGI COSTITUZIONALI
Per approcciare questo procedimento serve da un lato esaminare il procedimento
aggravato e, dall’altro, i limiti posti alla possibilità di modifiche.
La legge costituzionale è una variazione del processo legislativo ordinario, volto alla
modifica di alcune componenti della costituzione (Art. 138).
Il procedimento così detto di revisione costituzionale è simile alla legge ordinaria,
dalla presentazione dei disegni di legge fino all’approvazione; essa infatti prevede due
votazioni in ogni camera, 4 in totale, di cui la prima a maggioranza relativa (dei
presenti cioè), e la seconda, trascorso un intervallo di almeno tre mesi dalla prima, a
maggioranza qualificata dei 2/3 o a maggioranza assoluta (metà più uno dei
componenti); se in questa seconda votazione non si dovesse raggiungere nessuna di
queste maggioranze, il procedimento deve ripartire da capo, cioè ci saranno altre 4
votazioni.
Una volta approvata, nel primo caso la legge è fatta ed il presidente della repubblica la
promulga; nel secondo non si parla di un'approvazione definitiva, perché la legge
viene pubblicata in gazzetta ed entro tre mesi 500.000 elettori, 5 consigli regionali o
1/5 dei deputati possono chiedere un referendum* su di essa.
Questo”doppio binario”tracciato dall'art.138 è teso a riprodurre il più ampio consenso
tra le forze politiche che vi fu durante la stesura della costituzione.
Dall’Art.134 al 139 (titolo sesto garanzie costituzionali) la costituzione parla di”se
stessa”e delle proprie forme di garanzia.
Dall’Art.1 al 12 compare sempre la parola”repubblica”, quindi quando il 139 si
riferisce alla invariabilità della forma repubblicana, si riferisce a questi 12 articoli
immutabili anche tramite revisione costituzionale.
Inoltre, nell’Art.2 si parla dei diritti degli individui, di conseguenza anche gli articoli
della parte I “diritti e doveri dei cittadini”(dal 13 in poi) non si possono revisionare
(ovviamente si parla di modifiche peggiorative non migliorative).
* Precisazione: questo referendum, che può servire ad approvare una legge e per il
quale non è previsto un quorum da raggiungere, non è da confondere con quello
istituito dall’Art.75, che è un referendum abrogativo, che serve dunque solo ad
abrogare delle leggi, per il quale è previsto un quorum (50%+1 degli aventi diritto), e
che non è applicabile per tutte le materie (tributi, amnistia, trattati internazionali sono
tra le materie escluse). 9
LA FORMA DI GOVERNO PARLAMENTARE
L’insieme dei rapporti tra parlamento, presidente della repubblica e governo è detto
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forma di governo; il parlamento è l’organo centrale del nostro ordinamento.
L’aula (emiciclo) è costituita da seggi occupati dai parlamentari (315 senatori e 630
parlamentari), perché gli elettori gli hanno dato un mandato.
Il parlamento è centrale perché rappresentativo del popolo, ed è a lui che spetta il
potere legislativo; esso è composto da camera e senato, due assemblee fisicamente
distinte che hanno regolamenti e presidenti diversi.
La costituzione attribuisce dei poteri speciali al parlamento riunito in seduta comune
(945 parlamentari).
I due grandi sistemi elettorali puri (puri perché casi ideali, che non si rispecchiano
nella realtà in quanto sempre integrati da altre regole) sono il proporzionale ed il
maggioritario:
• il proporzionale si basa sul principio che i seggi vengono distribuiti in base ai voti
ricevuti (questi seggi vengono ripartiti in base al numero di abitanti delle regioni),
ed è detto ad effetto proiettivo, perché, permettendo l'accesso anche a forze
minori, “fotografa” la realtà politica del paese;
• il maggioritario divide il paese in seggi uninominali, in cui il seggio va solo al
candidato con più voti, e, di conseguenza, al parlamento accedono i partiti con più
voti (questo sistema favorisce i due partiti maggiori, e allo stesso tempo stimola la
creazione di alleanze, e ciò porta al bipolarismo), perciò si dice che questo
sistema ha un effetto selettivo, che priva cioè i partiti minori della possibilità di
avere rappresentanza parlamentare.
La legge elettorale attuale (Legge 270/2005, il cosiddetto porcellum) ha sostituito le
leggi 276 e 277 del 1993 (mattarellum), che prevedevano l’assegnazione del 75% dei
seggi col sistema maggioritario e del 25% col proporzionale, con un sistema
proporzionale corretto, cioè caratterizzato da:
• liste bloccate (le segreterie dei partiti stilano la graduatoria dei candidati,
dunque gli elettori non possono esprimere preferenze oltre quelle per le liste);
• premio di maggioranza, su base nazionale per la camera, per il partito o la
coalizione con più voti, fino al raggiungimento di 340 seggi, e su base regionale
per il senato;
• programmi, alleanze e capi delle coalizioni espliciti;
• soglia di sbarramento al 4% per i partiti e al 10% per le coalizioni.
PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
(Art. 83-87) Ha una funzione di garanzia, è cioè un garante che deve garantire il
rispetto della costituzione.
Uno dei suoi poteri è di mandare messaggi alle camere (non ordini), ad esempio per
segnalare l’immoralità dell’uso eccessivo dei decreti legge.
L’elezione del P.d.R. viene effettuata dal parlamento in seduta comune, ed il suo
mandato ha durata di 7 anni; la rielezione del P.d.R. non è prevista ne vietata dalla
costituzione, ed è accaduta una sola volta nella storia.
I requisiti per essere eletti in tale carica sono:
• età superiore a 50 anni;
• godimento dei diritti politici.
Il P.d.R. non è responsabile dei suoi atti, fatta eccezione per casi molto particolari
(Art. 89-90). L’Art. 89 parla della sua responsabilità politica, che si considera nulla
nonostante le leggi promulgate portino la sua firma; questo perché, quando si
promulga o emana una legge, il P.d.R. svolge solo un controllo formale su di essa, non
la approva in senso stretto ne ne deve per forza condividere il contenuto, e per
formalizzare questo principio è stata istituita la controfirma ministeriale, cioè una
seconda firma fatta dal ministro competente sulla legge, che di fatto si prende la
responsabilità politica della stessa. 11
Si può dunque dire che il P.d.R non è mai responsabile politicamente.
Il P.d.R. non è neanche responsabile giuridicamente nell’ambito delle proprie funzioni,
ma lo è in quelle svolte da comune cittadino, fuori cioè dall’ambito politico; c’è però
un’eccezione a questo principio, e cioè quello dei reati presidenziali, reati cioè che
può compiere solo il P.d.R., quali alto tradimento e attentato alla costituzione.
Nel caso occorresse giudicare un P.d.R. su questi reati, si porrebbe un problema;
essendo esso stesso presidente del C.S.M., per diretta conseguenza della sua carica,
non potrebbe essere giudicato da una qualsiasi procura che, di fatto, è subordinata ad
esso, e dunque si applica un procedimento particolare: la messa in stato d’accusa
può essere fatta solo dal parlamento in seduta comune, ed il giudizio dalla Corte
Costituzionale (anche se essa di solito non si occupa affatto dei singoli cittadini).
Fra i vari rapporti tra P.d.R. e parlamento, c’è anche il potere di scioglimento delle
camere, entrambe o una sola, che pur essendo un atto eccezionale, nel nostro paese
è utilizzato molto di frequente, tant’è che ad oggi una sola legislatura è arrivata alla
sua naturale scadenza (5 anni).
GOVERNO
È l’insieme dei ministri e del presidente del consiglio dei ministri.
Ogni ministro è messo a capo di un ufficio molto grande, detto ministero; il numero
dei ministri non è stabilito dalla costituzione, e storicamente varia tra i 12 ed i 20.
Il consiglio dei ministri è una riunione di tutti i ministri (a cadenza settimanale o
bi-settimanale), ed è presieduto dal presidente del consiglio, da alcuni anni
denominato”premier” (termine errato in quanto tipo di carica non prevista nel nostro
ordinamento).
Il governo ha due compiti principali:
• l’indirizzo politico, cioè un determinato approccio alla formazione delle leggi
(fonti primarie), determinato dalla composizione del partito o della coalizione
vincente;
• l’attuazione delle leggi, che viene effettuata tramite le fonti secondarie.
Le sedi dei vari ministeri sono tutte a Roma, ma in luoghi diversi; il consiglio dei
ministri si svolge a Palazzo Chigi.
Il procedimento di formazione del governo è così composto:
1) consultazioni: all’indomani delle elezioni, a parlamento formato, il P.d.R. svolge
delle consultazioni (non indicate dalla costituzione, è una prassi) con i
rappresentanti di tutti i partiti entrati in parlamento, con gli ex-P.d.R. (a volte
anche con associazioni di categoria e sindacati); l’obbiettivo di queste
consultazioni è di verificare se è possibile individuare un soggetto che possa fare
da presidente del consiglio dei ministri;
2) incarico informale e orale:una volta trovato questo soggetto, il P.d.R. gli affida
questo incarico, che consiste nello stilare un programma di governo e una lista di
ministri (questo incarico è più complicato di quello che sembra, perché una volta
formato il governo dovrà presentarsi in parlamento ed ottenerne la fiducia, che è
riassumibile come un rapporto in base al quale il parlamento riconosce il governo
come propria buona proiezione, votato a maggioranza relativa); si dice che questo
soggetto accetta con riserva, perché non ha la certezza di ottenere la fiducia e,
nel caso esso non riesca nel suo incarico, restituisce il mandato al P.d.R;
3) entrata nella fase formale: se l’incarico informale ha esito positivo, il P.d.R., per
mezzo di un D.P.R., nomina il presidente del consiglio e, con un altro D.P.R., i
ministri, ed è per questo che si dice che il governo è nominato dal P.d.R., non
eletto dal popolo (negli ultimi 15 anni si è verificata un’anomalia per cui i partiti
definiscono il loro leader come “candidato premier”, generando l’idea che con il
voto al partito il popolo stia votando direttamente il presidente del consiglio, il che
non è affatto detto); 12
4) giuramento: costituito il governo, esso non dispone ancora di alcun potere, in
quanto deve prestare giuramento sulla costituzione; solo una volta effettuato
questo passaggio, esso è libero di dare il via all’azione di governo.
La fiducia, essendo un ra