Organizzazione dei ministri e costituzione dei ministeri
Articolo 95 → rinvia alla legge ordinaria la disciplina dell’organizzazione dei Ministri e la costituzione dei Ministeri. La legislazione ordinaria in vigore che dà attuazione all’ultimo comma dell’articolo 95 è costituita dalla Legge n 400 del 1988 e dal Decreto legislativo 300 del 1999 (riguarda l’organizzazione dei Ministeri e del Governo). Queste due leggi stabiliscono l'organizzazione e le funzioni dei Ministri e del Governo. Secondo le norme vigenti, vi è la possibilità di nominare incarichi speciali, di reggenza ad interim.
Il ministro senza portafoglio è una figura che può esserci, in quanto determinata dalla legge, sono dei ministri che non sono a capo di un ministero. Questi ministri vanno nominati in relazione alle esigenze disciplinate nell’articolo 9. Il fine di questo incarico è quello di delegare stabilmente delle funzioni che altrimenti incomberebbero al Presidente del Consiglio (per esempio i rapporti del Governo con il Parlamento, rapporti con le Regioni, con l’UE).
Delle figure che completano la compagine politica sono i sottosegretari di stato, collaboratori, nominati con decreto del Presidente della Repubblica, nominati dal Presidente del Consiglio in accordo con il Ministro con il quale il Sottosegretario andrà a collaborare. Per prassi il Ministro e il Sottosegretario fanno parte di due partiti di maggioranza diversi.
Funzioni del governo
Oltre agli aspetti organizzativi disciplinati dalla 400, vi sono aspetti che riguardano le funzioni, il Governo non ha solo funzione amministrativa ma anche legislativa, ulteriori disposizioni che completano il quadro procedurale del potere legislativo del Governo.
Regolamenti e DPCM
Oltre alle figure legislative statali vi sono figure normative subordinate a livello della legislazione ordinaria, queste figure sono i regolamenti (art 17), elaborati ed approvati dal Governo. I regolamenti sono emanati dal Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri. I regolamenti sono fonti subordinate volti a dare attuazione a discipline legislative, i regolamenti non possono tradire la disciplina legislativa della materia ma devono completare il quadro normativo di tale disciplina. Oltre al regolamento approvato dal Consiglio dei Ministri, vi possono essere regolamenti approvati dal singolo ministro (comma 3 articolo 17) quando però la legge di riferimento lo prevede espressamente.
Sono previsti dalla legge anche Regolamenti del Presidente del Consiglio dei Ministri, ossia i DPCM.
DM e DPCM (fonti normative subordinate)
La legge 400 disciplina il potere regolamentare statale. La Costituzione non indica le singole tipologie di fonti normative subordinate alle fonti legislative: le norme sulle fonti “regolamentari” sono affidate alla Legislazione ordinaria (Legge 400 del 1988 che affida il potere regolamentare di esecuzione ed integrazione della legislazione ordinaria al Governo).
Il comma del 3 dell’articolo 17 consente anche regolamenti, che non sono approvati dal Consiglio dei Ministri, ma dal singolo ministro. L’emanazione dell’atto in questo caso è del ministro stesso e non del Presidente della Repubblica (come disciplinato dal comma 1 dell’art 17). Per l’esercizio del potere legislativo del ministro, oltre alla legittimazione generale contenuta nel comma 3, è necessaria anche una legge specifica che conferisce il potere regolamentare al singolo ministro.
Se la legge lo prevede anche il Presidente del Consiglio dei Ministri è legittimato ad emanare il proprio regolamento, ossia il DPCM. I DM e i DPCM sono legittimati dal comma 3 dell’articolo 17 ma è necessaria anche una legge che espressamente conferisce il potere normativo regolamentare al singolo ministro o al Presidente del Consiglio. Il decreto legge trova immediata applicazione, entrata in vigore ma deve anche essere convertito in legge dal Parlamento entro 60 giorni (visti gli articoli 77 e 87 → legittima i decreti legge del Governo).
I DPCM (emanati nel periodo di emergenza sanitaria) sono regolati e legittimati dall’articolo 2 del Decreto Legge del 25 marzo 2020 n.19, convertito in legge dal Parlamento. Il regolamento del singolo ministro rimane in vigore in modo stabile, il procedimento del DPCM è molto veloce: non vi è una discussione in Consiglio dei Ministri, l’emanazione del regolamento da parte del Presidente della Repubblica e la discussione in Parlamento, volta a confermare o meno la disciplina del Governo. Con il DPCM vi è un intervento normativo più immediato rispetto ai Decreti legge.
La fonte legislativa che disciplina i ministeri
La fonte legislativa che disciplina i Ministri è il decreto legislativo delegato n 300 del 1999. Anche se la Costituzione non lo prevede, nel corso della produzione del decreto legislativo delegato, il governo si reca in Parlamento (nelle commissioni) al fine di esporre l’unità legislativa che sta per approvare. Il Governo elabora ed adotta il testo senza seguire necessariamente i pareri espressi dal Parlamento e dalle Commissioni, dopo l'emanazione del Presidente della Repubblica il decreto legislativo entra stabilmente in vigore stabilmente come atto avente forza di legge senza la legge di conversione da parte del Parlamento. Non vi è dunque un eventuale riscrittura del Parlamento.
La legge di delegazione del Parlamento per l’attuazione di questo decreto legislativo è la legge n 59 del 1997, con cui il Parlamento delega al governo il potere legislativo per la disciplina di più aspetti, ossia la disciplina per il conferimento di funzioni alle Regioni, per la riforma della pubblica amministrazione (statale), e infine una delega per la semplificazione amministrativa statale.
L’articolo 11 legittimò il governo ad adottare il decreto delegato n. 300: per attuare una grande riforma dell’insieme dei ministeri creando una disciplina organica unitaria e diminuendo le strutture ministeriali. Fu la prima volta che si elaborò un’unica ampia legge della disciplina unificata dei ministeri (prima ogni Ministero aveva la propria legge). Il decreto legislativo n 300 è stato modificato da leggi successive.
Secondo questa legge vi sono ministeri più importanti dal punto di vista istituzionale, come il Ministero degli affari esteri e il Ministero dell’Interno che si occupa dell’ordine pubblico, che sovrintende la polizia di Stato. Il terzo ministero indicato dalla Legge è il Ministero della Giustizia, (la giustizia è autonoma dall’indirizzo politico) i compiti del ministero della Giustizia non possono interferire con l’operato della Magistratura ma i compiti di tale ministero riguardano l’apparato organizzativo (ad es. i Palazzi di Giustizia) che deve essere più efficiente possibile per favorire l’operato della Magistratura.
Con questa legge vi fu una fusione di alcuni Ministeri come ad esempio il Ministero dell’economia e delle finanze pubbliche, i quali poteri troveranno una riduzione dopo l'entrata dell’Italia nel sistema monetario europeo (prima vi era il Ministero del Tesoro, ora la competenza monetaria è europea). Vi sono ministeri di nuova creazione come il Ministero dell’ambiente e per i beni e le attività culturale (prima controllate dal Ministero dell’Istruzione).
La corte costituzionale
La Corte Costituzionale è disciplinata dagli ultimi articoli della Costituzione, nell’art.137 la Costituzione rinvia delle norme necessarie per la costituzione della Corte alla legislazione ordinaria. La Corte è formata da 15 giudici, nominati, secondo l’articolo 135 tra i Magistrati di magistrature superiori, professori ordinari di università in materie giuridiche e avvocati dopo 20 anni di esercizio. La carica dura 9 anni e i componenti non possono essere rieletti.
Il loro compito viene disciplinato dall’articolo 134: la Corte giudica sulle controversie sulla legittimità delle leggi e degli atti aventi forza di legge. La Corte ha il potere di eliminare leggi in vigore approvate da organi legittimati a farlo, in caso in cui una legge sia in contrasto le norme costituzionali. Questo è il potere giurisdizionale più alto. La Corte, oltre ad avere questo compito, può giudicare sulle accuse promosse contro il Presidente della Repubblica nell’esercizio dei suoi compiti (art 134).
La legge Costituzionale n 1 del 9 febbraio 1948 disciplina norme sui giudizi di legittimità costituzionale e garanzie sull’indipendenza della Corte. Questa legge venne approvata dall’Assemblea Costituente (non si può applicare l’articolo 128) poiché le prime elezioni repubblicane si tennero nell’aprile 1948. Secondo la disposizione dell’articolo 1 non ci può essere alcun ricorso diretto dei cittadini di fronte alla Corte Costituzionale: un giudice si può appellare alla Corte Costituzionale se il giudice crede che una legge sia incostituzionale rispetto ad un’altra norma. La Corte giudica se le giunge una questione da un processo in corso. (la sentenza della Corte è rilevante per tutti).
Non vi può essere un ricorso diretto per ogni cittadino in Corte Costituzionale, secondo la Legge Costituzionale n 1 del 1949. Nell’articolo 1 si prevede un accesso alla Corte attraverso il filtro di un qualsiasi giudice di un processo in corso, il giudice deve applicare la legge, se il giudice che deve risolvere la controversia con una sentenza definitiva ritiene che la norma che sta per applicare sia anticostituzionale questo giudice ha il dovere di sospendere il giudizio e rinviare la questione di costituzionalità alla Corte Costituzionale.
Se la corte decide per l’incostituzionalità della norma, la sentenza della Corte è efficace per tutta la comunità, e non si applica più nell’ordinamento giuridico italiano. (Giudizio in via incidentale → dal punto di vista processuale, la sospensione del giudizio diventa un incidente, un intoppo nel percorso processuale del giudizio. La ripresa del processo dura fino alla sentenza della Corte). Vi è un segreto d’ufficio all’interno della Corte, la Comunità non può conoscere la posizione dei giudici durante un giudizio.
L’articolo 2 invece segnala una seconda via per arrivare in Corte Costituzionale, consente ad una qualsiasi Regione (anche le Province di Trento e Bolzano) di impugnare direttamente in Corte Costituzionale una legge statale. La Regione può legittimamente impugnare la legge di un'altra Regione e anche lo Stato può impugnare leggi regionali in corte costituzionale per motivi di legittimità costituzionale.
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