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Il Presidente della Repubblica è un organo costituzionale monocratico (quindi non complesso come i
precedenti), la cui presenza qualifica il nostro ordinamento come repubblica e contribuisce alla
razionalizzazione della forma di governo parlamentare. La forma razionalizzata si riferisce al fatto che
il Presidente della Repubblica, è dotato di strumenti politici e giuridici con i quali temperare le frizioni
tra gli organi costituzionali e, nel caso, ristabilire l'ordine costituzionale. Come capo dello Stato esso è
chiamato a verificare il corretto funzionamento dell'ordinamento costituzionale e a fungere da arbitro
finale delle controversie politiche, come rappresentante dell'unità nazionale, egli rappresenta non
soltanto l'unità della popolazione, ma anche l'unità di una comunità statale che condivide un insieme di
valori comuni. Il Presidente della Repubblica è eletto da un collegio elettorale composto da tutti i
parlamentari, ai quali si aggiunge un numero fisso di delegati regionali (tre per regione, con eccezione
della Val d'Aosta, per la quale ne è previsto uno solo). Il voto dell'elezione è segreto, ciò è fatto per
garantire ai votanti una scelta libera e indipendente rispetto a eventuali pressioni. Per l'elezione è
previsto inoltre un quorum qualificato, pari ai due terzi dei componenti il collegio elettorale; per
evitare situazioni di stallo, dalla quarta votazione in poi è sufficiente la maggioranza assoluta (50% + 1).
Per quanto riguarda invece, i requisiti soggettivi, è necessario che il Presidente sia un cittadino italiano,
abbia compiuto cinquant'anni e goda dei diritti civili e politici (ovvero sia capace di agire e abbia il
diritto di voto). L'incarico dura sette anni, differentemente dalla legislatura che dura cinque: ciò serve
ad assicura l'indipendenza del Presidente stesso. Alla fine della carica, il Presidente può essere rieletto
(ciò è avvenuto solo nel 2013 con Napolitano). Nel caso in cui il Presidente sia temporaneamente
impossibilitato a svolgere il suo ruolo, la supplenza spetta al presidente del Senato. Trenta giorni prima
che scada il settennato, il Presidente della Camera dei deputati è tenuto a convocare il Parlamento in
seduta comune integrato dai delegati regionali, affinché l'elezione del nuovo Capo dello Stato possa
svolgersi prima del termine del mandato del Presidente in carica. Nel caso in cui l'assemblea elettiva
non faccia in tempo, al Presidente uscente sarà concessa la prorogatio. Se invece, la fine del mandato è
da attribuirsi a impedimento permanente, il Presidente della Camera indice le elezioni del successore
entro quindici giorni. Al termine del mandato, i Presidenti della Repubblica diventano di diritto senatori
a vita, salvo rinuncia.
Il Presidente della Repubblica si pone come elemento di razionalizzazione della forma di governo e
come garante dell'ordine costituzionale: egli si colloca infatti in un punto di snodo tanto nei rapporti tra
le istituzione quanto in quelli tra le istituzioni e i cittadini. Le funzioni principali del Presidente della
Repubblica sono:
indire le elezioni e i referendum e convocare le Camere per la loro prima seduta (o in via
straordinaria), in qualità di rappresentante della nazione e di garante della sua unità;
promulgare le leggi, emanare gli atti del Governo aventi forza di legge e i regolamenti
governativi e autorizzare la presentazione alle Camere dei disegni di legge, con riferimento
alla funzione normativa;
emanare con proprio decreto i ricorsi straordinari contro gli atti amministrativi, concedere
la grazia e commutare le pene, presiedere il Consiglio superiore della magistratura, con
riferimento alla funzione giurisdizionale;
nominare i più alti funzionari dello Stato, con riferimento alla funzione esecutiva;
nominare cinque membri della Corte costituzionale e i senatori a vita, con riferimento alla
funzione elettiva;
accreditare e ricevere i rappresentanti diplomatici e ratificare i trattati nazionali, con
riferimento ai rapporti internazionali;
presiedere il Consiglio supremo di difesa, dichiarare lo stato di guerra ed essere a comando
delle forze armate, con riferimento alla difesa dello stato;
conferire onorificenze della Repubblica per alti meriti;
nominare il Presidente del Consiglio e i ministri e sciogliere le Camere, questi due poteri
conferiscono al Presidente un ruolo attivo nella gestione delle crisi parlamentari ed
extraparlamentari e nella riattivazione del circuito fiduciario che lega Parlamento e Governo.
Aldilà della generica definizione di responsabilità politica, nella sostanza il Presidente della Repubblica
è politicamente irresponsabile. Esso infatti non è responsabile degli atti compiuti nell'esercizio delle sue
funzioni, in quanto questi sono controfirmati dai ministri, i quali dunque ne assumono pienamente la
responsabilità. Di conseguenza, si possono distinguere gli atti presidenziali in tre categorie:
atti formalmente presidenziali ma sostanzialmente governativi, in questo caso la controfirma
vale come attestazione della conformità del decreto presidenziale all'atto proposto dal Governo e
come indicazione della provenienza dell'atto. Rientrano in questa categoria: la nomina dei ministri,
l'emanazione dei regolamenti e degli atti aventi forza di legge, la nomina degli alti funzionari dello
Stato, lo scioglimento anticipato dei Consigli regionali e la rimozione del presidente della giunta;
atti sostanzialmente e formalmente presidenziali, in questo caso la controfirma vale come
presa d'atto della volontà presidenziale e assunzione da parte del Governo della responsabilità
dell'atto. Rientrano in questa categoria: la promulgazione delle leggi e il loro rinvio alle Camere, la
nomina dei cinque giudici costituzionali, la nomina dei senatori a vita;
atti complessi, in questo caso la controfirma vale come indicazione della provenienza dell'atto e
come reciproco controllo. Rientrano in questa categoria: la nomina del Presidente del Consiglio e
lo scioglimento delle Camere.
Non tutti gli atti del Presidente della Repubblica devono essere controfirmati; sono infatti esclusi gli atti
che egli adotta in qualità di Presidente del Consiglio superiore della magistratura e di Presidente del
Consiglio supremo di difesa, e gli atti personalissimi. Anche le esternazioni atipiche, ovvero
messaggi orali, comunicazioni e dichiarazioni di volontà, non prevedono controfirma. Il Presidente è
responsabile solo per i reati di attentato alla Costituzione e di alto tradimento. Inoltre, egli risponde
come un qualsiasi cittadino per gli atti compiuti al di fuori delle sue funzioni, sia in sede civile che
amministrativa e penale.
CAPITOLO X - La pubblica amministrazione
La pubblica amministrazione è l'insieme delle strutture, delle persone, delle risorse e delle attività
proposte dalla legge alla gestione e alla cura concreta degli interessi generali. L'organizzazione
dell'amministrazione pubblica in senso stretto si fa risalire alla nascita dello Stato moderno; essa inoltre,
ha risentito dell'influenza delle due correnti di civil law e common law. Per gli ordinamenti di civil law,
il prototipo di amministrazione pubblica per eccellenza è quello francese disegnato da Napoleone,
basato su un forte accentramento amministrativo, sulla responsabilità ministeriale e sull'asimmetria
funzionale tra la pubblica amministrazione e i soggetti dell'ordinamento giuridico. In questo caso,
l'attività statale è disciplinata attraverso il diritto amministrativo. Nei sistemi di common law manca,
invece, l'asimmetria che caratterizza i rapporti tra pubblica amministrazione e soggetti dell'ordinamento
giuridico nei sistemi di civil law; in questo caso, dunque, i rapporti tra amministrazione e soggetti
dell'ordinamento sono disciplinati dal diritto comune. Con l'avvento dello Stato contemporaneo, è stata
messa in crisi la nozione omogenea e chiusa di pubblica amministrazione, in quanto, da un lato sono
nati soggetti formalmente previsti ma sostanzialmente pubblici (o viceversa), espressione dell'intervento
dello Stato in economia; dall'altro lato, invece, il riconoscimento di livelli di governo ulteriori rispetto a
quello statale ha aumentato il novero di soggetti appartenenti all'amministrazione pubblica che non
fanno parte dell'apparato statale. Come appena detto, lo Stato ha un forte ruolo nell'economia del paese,
in quanto eroga servizi e beni tesi a soddisfare esigenze collettive, rispettando però difficilmente le
regole imprenditoriali. Per questo motivo, sono previste deroghe alle regole sulla concorrenza quando
l'attività economica è esercitata da un soggetto pubblico. Per il diritto europeo, sono soggetti pubblici
lo Stato, ogni ente pubblico territoriale (regioni, provincie, comuni) ed ogni organismo di diritto
pubblico, ovvero quel soggetto giuridico istituito per soddisfare bisogni di interesse generale aventi
carattere non industriale e commerciale, dotato di personalità giuridica e la cui attività sia finanziata in
modo maggioritario dallo Stato, dagli enti locali o da altri organismi di diritto pubblico. Di
conseguenza, i parametri di individuazione di un organismo di diritto pubblico sono non solo
strutturali-formali ma soprattutto sostanziali-funzionali. Dunque, possono essere considerate
appartenenti alla pubblica amministrazione anche quelle società di capitale che, pur essendo soggetti
privati, per le finalità perseguite o per il controllo pubblico a cui sono sottoposte non possono essere
considerate alla stregua di una comune società commerciale. Un'altra importante definizione è quella di
attività amministrativa, la quale è l'insieme di atti e comportamenti posti in essere da una pubblica
amministrazione nell'esercizio delle sue funzioni per raggiungere gli interessi generali della collettività
di riferimento, interessi che vengono individuati dagli organi di indirizzo politico attraverso la
legislazione e dalla stessa Costituzione. L'atto amministrativo è imperativo, ovverosia dotato di una
particolare forza giuridica che lo rende efficace ed eseguibile nei confronti del destinatario, in forza
dell'autoritarietà del soggetto amministrativo che lo pone in essere.
Al momento dell'unificazione italiana, il sistema amministrativo vigente nel Regno di Sardegna venne
esteso a tutta la penisola; esso, nello specifico, poneva a capo di ogni settore amministrativo il ministro
competente per materia. Il modello dell'amministrazione per ministeri rappresenta quindi il primo
modello burocratico dello Stato italiano, nel quale l'amministrazione statale ministeriale coincide con
l'amministrazione pubblica. Ben presto, però, l'aumento dei compiti statali,