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La gestione dei fascicoli nel processo penale

Nel fascicolo del P.M. (art.433 C.P.P.) vanno inseriti tutti gli atti del fascicolo delle indagini che non confluiscono nel fascicolo del giudice del dibattimento, ossia tutti gli atti non previsti dall'art. 431 C.P.P., almeno che non siano recuperati in due modi:

  1. CON LE CONTESTAZIONI
  2. CON LE LETTURE

Questi due strumenti sono gli unici modi attraverso cui atti d'indagine che nascono come ripetibili e che per questo vanno nel fascicolo del P.M., possono essere acquisiti nel fascicolo del giudice del ex postdibattimento.

A questi meccanismi, con la legge 479/99 si è aggiunto l'accordo delle parti col quale si può fare quasi tutto, infatti, con esso, si può acquisire nel fascicolo del dibattimento un atto d'indagine che altrimenti sarebbe dovuto restare nel fascicolo del P.M.

All'origine la possibilità di contestare al dichiarante nel dibattimento le dichiarazioni rese durante le indagini o durante l'udienza preliminare, aveva una

funzione limitata cioè serviva solo per giudicare indibattimento l'attendibilità del dichiarante. (es. testimone che durante le indagini accusa l'indagato e che indibattimento ritratta o non ricorda; in questo caso, il giudice non può dire che quanto dichiarato in precedenza non è vero, né che quanto dichiarato in dibattimento è vero, così nel dubbio, se non ci sono altre prove, occorre prosciogliere; se ci sono più testimoni, uno dei quali accusa l'imputato anche indibattimento, un altro che dopo averlo accusato nelle indagini lo proscioglie nel dibattimento, il secondo testimone sarebbe considerato inattendibile a differenza del primo, il quale essendo attendibile porterebbe il giudice ex le sue dichiarazioni a condannare l'imputato. Le precedenti dichiarazioni non valgono come prova, hanno solo la funzione di valutare la credibilità del dichiarante)

Restavano dei casi marginali, nei quali le precedenti

Le dichiarazioni potevano essere utilizzate come fonte di prova e quindi acquisite in dibattimento, se assunte in contesti particolari:

  • DICHIARAZIONI RESE NEL LUOGO DELLE PERQUISIZIONI
  • DICHIARAZIONI RESE SUL LUOGO DEL FATTO

Tali dichiarazioni erano ritenute più credibili di quelle rese in altri contesti e dunque, dopo le contestazioni, potevano essere assunte in dibattimento come prove.

Sul piano delle contestazioni è intervenuta la Corte Costituzionale con la sentenza n. 254/92 che ha rivoluzionato il sistema di formazione della prova nel processo penale.

La Corte dichiarò illegittimo l'art. 500 C.P.P. nella parte in cui non consentiva che i verbali delle dichiarazioni utilizzati per le contestazioni fossero acquisiti al fascicolo del dibattimento e quindi diventassero prova a favore o a carico dell'imputato.

Dopo questa sentenza, tutti i verbali resi durante le indagini diventavano prova di quanto affermato in precedenza e quindi si poteva condannare in base a

quelle dichiarazioni, se usate per le contestazioni.(Siamo negli anni delle stragi dei capaci, di via d’Amelio e quindi questa è più che altro una scelta politica).Dopo pochi mesi, intervenne il decreto legge 306/92, convertito nella legge 356/92 che ridimensionò laportata della pronuncia della corte costituzionale. Mentre dopo la sentenza della corte, tutti i verbali delleprecedenti dichiarazioni, una volta contestati diventavano prova piena della responsabilità dell’imputato,nella logica del legislatore si limitò quest’effetto e si disse che tali verbali, potevano essere acquisiti nelfascicolo del giudice del dibattimento, ma non fanno prova piena della responsabilità dell’imputato, poichépotrebbero essere valutati unitamente ad altri elementi di prova.C’è un passaggio garantistico del legislatore, perché il verbale delle dichiarazioni rese in precedenza, nonpuò diventare prova,

occorre un riscontro probatorio, ossia un'altra prova semipiena, giacché, in generale, due prove semipiene fanno una prova piena della responsabilità dell'imputato. Per alcune specifiche dichiarazioni, il recupero era con valore probatorio pieno, ossia le dichiarazioni rese dal teste durante le indagini facevano prova piena, se questi avesse ritrattato in dibattimento perché sottoposto a violenza, minaccia, richiesta o offerta di denaro; in tal caso, non occorrevano ulteriori riscontri probatori. Le altre dichiarazioni che diventavano prova piena erano quelle rese in udienza preliminare, in quanto tale udienza garantisce un minimo di contraddittorio, poiché il testimone parla alla presenza del difensore dell'imputato e anche quest'ultimo può essere presente; ad ascoltare, inoltre, non è più il P.M. o la P.G., ma il giudice, il P.M. e il difensore; non è un contraddittorio pieno perché le domande non sono

La L. 63 /2001 modifica alcuni articoli del C.P.P. che riguardano la formazione e la valutazione della prova. E’proprio con questa legge che si è configurato l’attuale art.500 C.P.P., il quale recepisce il principio base,ossia che la prova testimoniale si forma nel contraddittorio e che le dichiarazioni pregresse non valgonocome prova perché hanno solo la funzione di accertare la credibilità del teste; tuttavia, visto che l’art. 111.5c. cost prevede tre deroghe alla formazione della prova in contraddittorio, l’art.500 le recepisce sul pianodella legge ordinaria.

Tali deroghe sono le seguenti:

  • Consenso dell’imputato ( la prova si può formare fuori dal contraddittorio se

c'è tale consenso)- Condotta illecita (si ha certezza che tale condotta abbia alterato la formazione della prova)- Per circostanze oggettive ,ex la prova diventa irripetibile ( non tocca il tema dellepost,contestazioni, ma quello delle letture)L'art. 500 chiarisce che se c'è contrasto tra le dichiarazioni rese durante le indagini o l'U.P. e quelle rese indibattimento, le parti che ne hanno interesse, devono fare emergere la diversità in dibattimento,utilizzando le precedenti dichiarazioni solo per verificare l'attendibilità del dichiarante e non come prova.La prima deroga ci dice che, se c'è consenso dell'imputato, le precedenti dichiarazioni possono essereacquisite in dibattimento e diventano prova piena di quanto affermato in precedenza.La seconda deroga, riguarda il caso che il testimone sia stato sottoposto a violenza, minaccia, richiesta oofferta di denaro per modificare in dibattimento, la versione resa

nella fase investigativa. Anche qui, si rispetta la portata dell'art. 111,5 Cost., ossia che la provata condotta illecita, dia valore probatorio pieno alle dichiarazioni rese in precedenza.

La terza eccezione non risponde a una deroga, ma alla regola; questa, riguarda le dichiarazioni assunte nell'U.P. alla presenza degli imputati o dei loro difensori che saranno coinvolti dalle dichiarazioni del teste.

Prima del 2001 non c'era la specificazione "alla presenza degli imputati o dei loro difensori": essa non è superflua. E' vero che nell'U.P. la presenza dell'imputato o del difensore è necessaria affinché sia garantito il contraddittorio, ma ciò non garantisce che il contraddittorio sia avvenuto proprio con quell'imputato. (es. Processo a carico di tizio: in questo processo nell'U.P. è sentito un testimone, il quale dice che l'omicidio è stato commesso da Tizio e da Caio; Caio non è

Presente in quell'udienza né personalmente, né mediante il difensore, ma è imputato in un altro processo per lo stesso reato. In dibattimento i due processi si riuniscono e il giudice contesta al teste il verbale reso nella fase precedente. Quel verbale potrà essere contestato solo nei confronti di Tizio e non anche rispetto a Caio, perché a quell'U.P. questi non era presente).

Le letture sono l'altro meccanismo di acquisizione, nel dibattimento, dei verbali delle dichiarazioni assunte in precedenza. (art. 512 e 513 C.P.P.)

L'art. 512 riguarda qualsiasi atto nato come ripetibile che in seguito, diviene irripetibile (es. testimone sentito durante le indagini, che non può essere ascoltato in dibattimento perché è morto). L'art. 111,5 Cost. ci dice che si può derogare al principio di formazione della prova in contraddittorio, se per circostanze oggettive la prova in origine ripetibile diventa irripetibile.

L'art. 512, in virtù di questo principio, ex post afferma che quel verbale investigativo può essere letto e assunto nel fascicolo del dibattimento con pieno valore probatorio, purché la sopravvenienza delle circostanze che rende la prova irripetibile sia imprevedibile (es. morte del testimone non prevedibile perché malato). L'art. 513 disciplina la lettura delle dichiarazioni rese in precedenza dall'imputato o dall'imputato di reato connesso collegato, nei cui confronti si sta procedendo, se questo in dibattimento sia assente, contumace o rifiuta di sottoporsi a esame. Il 2° comma dell'art. 513 si occupava delle dichiarazioni rese nelle indagini o nell'U.P. dall'imputato di un diverso processo connesso collegato. Cosa accade, se in dibattimento tale imputato non si presenta o si rifiuta di rispondere alle dichiarazioni rese durante le indagini? All'origine il 1° comma prevedeva che le dichiarazioni rese

dall'imputato di un processo (proprio) nella fase investigativa potessero essere lette in dibattimento se questi era assente, contumace o compariva, ma si rifiutava di sottoporsi ad esame, purché tali dichiarazioni fossero rese al GIP, al P.M. o al GUP e non alla P.G.

Nel 2° comma si prevedeva che se l'imputato di reato connesso collegato non fosse presente nel procedimento a carico di altro imputato, il giudice prima tentava di disporre l'accompagnamento coattivo, poi, se non ci riusciva, tentava l'esame a domicilio e se l'imputato era all'estero, si tentava la rogatoria internazionale; se il giudice non fosse riuscito a rintracciare questo soggetto si dava lettura in dibattimento delle precedenti dichiarazioni che diventavano prova (altro che contraddittorio!).

Qualche anno dopo, intervenne la corte costituzionale con la sentenza 254/92, che dichiarò illegittimo l'art.513,2 C.P.P. nella parte in cui non consente anche la lettura

delle dichiarazioni rese dall'imputato direttamente connesso collegato, che compare e si avvale della facoltà di non rispondere. Questa situazione era stata dimenticata dal legislatore dell'88. Dopo
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Publisher
A.A. 2007-2008
6 pagine
SSD Scienze giuridiche IUS/16 Diritto processuale penale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher flaviael di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Diritto processuale penale e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Milano o del prof Vigoni Daniela.