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Contraddittorietà della motivazione

Partiamo da un altro concetto che è quello di incompletezza della motivazione. La motivazione può essere presente ma incompleta. La dottrina ha individuato due forme diverse di incompletezza della motivazione: 1. Rispetto alle questioni decise. 2. Rispetto ai dati processuali. Rispetto alle questioni decise: Ogni sentenza contiene molte decisioni: se l'imputato è colpevole o innocente, se quella circostanza è sussistente oppure no, se c'è o non c'è la continuazione criminosa tra i reati, se l'imputato è meritevole della sospensione condizionale... tante decisioni a cui corrispondono tanti punti di sentenza. Ovviamente ciascuna di queste decisioni deve essere motivata. Quindi l'incompletezza della motivazione può essere valutata in rapporto alle questioni decise. Spesso la Cassazione si è trovata a dire che rispetto a certe decisioni la motivazione...

può anche ritenersi implicita —> ci sono situazioni particolari in cui una decisione ne contiene un’altra e quindi anche se manca una specifica motivazione su un punto di sentenza non sussisterebbe il vizio di incompletezza.

rispetto ai dati processuali

Ma quello che ci interessa di più e che ha provocato anche la riforma di questo art.606 con la legge del 2006 è il problema dell’incompletezza rispetto ai dati processuali.

Il problema è se la motivazione debba o meno tenere conto di tutte le risultanze probatorie, cioè il giudice nel momento in cui motiva la sentenza è tenuto a prendere in considerazione e argomentare in ordine a tutte le risultanze probatorie oppure può fare una selezione?

Qui come sempre c’è una contrapposizione tra dottrina e giurisprudenza. La dottrina è più rigorosa e, basandosi in particolare sul dettato per le ordinanze cautelari dell’art.292 e per le sentenze dell’art.

546, pretende una motivazione analitica con riferimento alle risultanze probatorie. Mentre la giurisprudenza di legittimità è un pochino più permissiva e ammette al giudizio che la sentenza non debba essere annullata quando la motivazione relativa agli elementi probatori ritenuti decisivi costituisca un'inequivoca confutazione degli elementi non menzionati, cioè non è che il giudice debba prendere in considerazione ciascun singolo elemento probatorio, almeno laddove la valutazione operata degli elementi probatori ritenuti decisivi sia tale da costituire un'evidente confutazione anche di quelle non espressamente considerate. Ma il vero problema era che fino al 2006 non c'era nessuna possibilità di dedurre in Cassazione il vizio consistente nella mancata valutazione, neppure di un elemento di prova invece decisivo. Perché il legislatore dell'88, per evitare che la Corte di Cassazione si trasformasse in un giudice di merito,aveva pensato di limitare il sindacato della Corte sul vizio di motivazione impedendo alla Corte di prendere visione degli atti del processo e quindi il vizio di motivazione era deducibile e rilevabile solo se risultante dal testo del provvedimento impugnato (clausola che figurava e ancora oggi figura nel 606). Cosa vuol dire che il vizio risulti dal testo del provvedimento impugnato? La Corte deve rendersi conto dell'illogicità della motivazione solo leggendo la sentenza, e non confrontandola con gli atti del processo. In questo modo succedeva questa cosa paradossale: è chiaro che se il giudice avesse scritto in motivazione "siccome ci sono 3 testimoni a carico dell'imputato io assolvo" questa sarebbe la manifesta illogicità risultante dal testo del provvedimento impugnato; ma se il giudice scriveva "ci sono 3 testimoni attendibili io ti condanno" omettendo di prendere in considerazione le prove a discarico, allora quella motivazione era

perfetta e non illogica. Peccato che confrontata con gli atti del processo si dimostra tale. Questo vizio è definito travisamento degli atti per omissione. Questo limite della testualità poneva problemi anche in altri 2 casi:

Il giudice condanna dicendo "ci sono 3 testimoni a carico di Tizio", peccato che se uno va a leggere gli atti scopre che quei 3 testimoni non ci sono. Questo è un travisamento degli atti per invenzione, cioè il giudice fonda la sua decisione su una prova che non esiste. Anche in questo caso il limite della testualità impediva di rilevare questo grave vizio di motivazione perché letta quella motivazione era logica ma non esistevano quei testimoni leggendo gli atti.

Poi c'è una terza categoria di vizio motivazionale che la dottrina definiva travisamento delle risultanze probatorie -> il giudice, non è che se l'è proprio inventata quella prova, ma l'ha completamente fraintesa.

Anche qui per capire se quella prova è stata fraintesa o no, dovrei leggere l'atto, ma la Cassazione non lo poteva fare. Allora questa scelta del legislatore del 1988 era stato oggetto di fortissime critiche dalla dottrina, pressoché unanime. L'unica alternativa (e la Corte di Cassazione aveva cercato di percorrerla) era di attenuare quel limite della testualità e cercare di aprire una serie di varchi in quella preclusione, che però era in realtà invalicabile. L'unico caso nel quale si poteva superare il limite della testualità era il travisamento degli atti per invenzione -> cioè quando il giudice avesse basato la sentenza su una prova in realtà mai acquisita, perché qui c'era il canale per arrivare fino in Cassazione, "Nonovvero dalla lettera c) dell'art.606 -> perché esiste l'art. 526 che dice che possono essere utilizzate per la decisione prove diverse da quelle.legittimamente acquisite a dibattimento". Allora qui si poteva ravvisare un vizio di inutilizzabilità della prova: la prova inesistente non può essere utilizzata e quindi quella sentenza poteva essere contestata in Cassazione sotto il profilo della violazione di una norma processuale. Preso atto di queste conseguenze paradossali, derivanti da quel limite della testualità, il legislatore nel 2006 ha modificato la lettera e) dell'art. 606, con due innesti. Contraddittorietà della motivazione —> il vizio non è più soltanto mancanza o manifesta illogicità, ma è anche contraddittorietà della motivazione. Attenti perché contraddittorietà vuol dire non contraddittorietà intrinseca tra le premesse e le conclusioni del discorso giustificativo (quello è un vizio di logicità), qui vuol dire contraddittorietà della motivazione rispetto agli atti processuali. Oggi si puòricorrere in Cassazione denunciando questa difformità della motivazione rispetto al contenuto degli atti processuali, ma con un onere imposto alle parti, che è quello di indicare specificamente nei motivi di gravame, quali sono queste contraddizioni (qui ancora una volta la formulazione non è felicissima perché si parla di motivi di gravame, è l'unica norma del codice che contiene la parola gravame, e la contiene a sproposito perché certamente il ricorso per Cassazione non è un gravame). Ma quello che è importante è che dal 2006 in poi questo vizio deve risultare o dal testo del provvedimento impugnato (cioè basta leggere la sentenza per capire che è illogica) oppure deve risultare da altri atti del processo specificamente indicati. Quindi per il travisamento degli atti per omissione, il problema è stato risolto perché la parte può ricorrere indicando specificamente qual èquell'atto di cui non si è tenuto conto. Più complesso il discorso del travisamento per invenzione o del travisamento delle risultanze probatorie. Qui la Cassazione dice che questi due vizi sono ricondotti all'interno di una categoria che per la Cassazione è il travisamento del fatto (su questo tema c'è un problema di etichette: la dottrina parla di travisamento per omissione, travisamento per invenzione e travisamento delle risultanze probatorie; mentre la Cassazione preferisce distinguere tra travisamento del fatto e travisamento della prova). Comunque la Cassazione riconduce questi vizi (travisamento per invenzione e delle risultanze probatorie) in un'unica grande categoria, di quella che la Cassazione definisce fraintendimento del segno della prova anziché del significato -> cioè in Cassazione si può dedurre la contraddittorietà solo quando il giudice abbia totalmente inventato una prova che nonc'era oppure abbia interpretato la risultanza probatoria dimostrando di avere frainteso, non il significato, ma il segno. Esempio: Tizio ha detto "ho visto una macchina rossa" e il giudice in sentenza dice "siccome Tizio ha detto che la macchina era blu...". Qui non è che la prova non ci fosse, ma aveva un segno completamente diverso. Il giudice ha proprio sbagliato a percepire il contenuto di quella prova. Per esprimere questo concetto la Corte può dedurre la contraddittorietà in questi casi, laddove sussista una palese e non controvertibile difformità tra i risultati derivanti dall'assunzione della prova e quelli che il giudice ne abbia tratto, ossia un errore evidente, rilevabile a prima vista, oppure quando il vizio consista in una distorsione evidente e valutativa di quello che può identificarsi come il nocciolo duro delmotivazione.motivazione rispetto agli atti processuali, marientrerebbero nell'altro sindacato che è quello della motivazione.
Dettagli
A.A. 2019-2020
93 pagine
SSD Scienze giuridiche IUS/16 Diritto processuale penale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher claudia.coppola.186 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Diritto processuale penale II e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli studi di Torino o del prof Caprioli Francesco.