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LO SVOLGIMENTO DELL’ESAME DIBATTIMENTALE: I CASI DI ACCUSA E DIFESA E LA
CROSS EXAMINATION Termina la fase di ammissione delle prove occorre procedere
alla loro acquisizione, antecedente a sua volta, al momento della valutazione della
prova, ultimo segmento del procedimento probatorio. Per quanto riguarda
l’acquisizione delle prove il codice detta l’ordine secondo il quale le stesse devono
essere assunte che ricalca quello previsto dall’art. 493 c.p.p. per la richiesta di prove.
Prima sono acquisite le prove del pubblico ministero, a seguire quelle della parte civile,
del responsabile civile, del civilmente obbligato per la pena pecuniaria e per ultime,
quelle dell’imputato. Un ordine che tuttavia può essere derogato su concorde richiesta
dei contraddittori. Tra le novità più rilevanti dell’attuale codice di rito si può certamente
collocare lo strumento previsto per acquisire le prove dichiarative (ossia quelle che
consistono in dichiarazioni). Nel vecchio sistema regolato dal codice Rocco le
domande venivano formulate dal giudice, su sollecitazione delle parti. In quello attuale
l’escussione avviene ad opera delle parti mediante il c.d. esame incrociato (traduzione
letterale dall’inglese cross examination). Ai sensi dell’art. 498 c.p.p., pertanto, le
domande sono rivolte direttamente dal pubblico ministero o dal difensore che ha
chiesto l’esame del testimone: questa è la c.d. fase dell’“esame diretto”.
Successivamente, concluso l’esame, le parti che non hanno chiesto l’audizione del
soggetto possono, secondo l’ordine già sopra esposto, rivolgere altre domande al
soggetto escusso: questa è la cosiddetta fase del “controesame”. Infine, chi ha chiesto
l’esame può proporre nuove domande: questa è la cosiddetta fase del “riesame”. La
distinzione è legata ad una caratteristica particolare delle tre fasi: solo nella fase del
controesame, in seno alla quale le domande sono rivolte dalla “parte avversa”, sono
ammesse domande suggestive, potendosi altrimenti nuocere alla genuinità della
deposizione. Regole specifiche sono dettate per l’esame testimoniale del minorenne:
l’esame, infatti, è condotto, more antiquo, dal giudice su domande e contestazioni
proposte dalle parti, avvalendosi anche dell’ausilio di un familiare del minore o di un
esperto in psicologia infantile. Sentite le parti, però, se ritiene che l’esame diretto del
minore non possa nuocere alla serenità del teste, il giudice dispone con ordinanza che
la deposizione prosegua nelle forme ordinarie; l’ordinanza in questione può essere
revocata nel corso dell’esame. Se, poi, una parte lo richiede, ovvero se il presidente lo
ritiene necessario, sono stabilite delle modalità particolari per l’esecuzione
dell’esame, sulla base di quanto previsto in ambito di incidente probatorio, dall’art.
398, comma 5-bis, c.p.p. L’audizione ad opera del giudice è prevista, dopo la sentenza
30 luglio 1997, n. 283, della Corte costituzionale, anche nel caso di testimone
maggiorenne infermo di mente. Inoltre, quando si procede per i reati di cui agli articoli
600 (riduzione o mantenimento in schiavitù o in servitù), 600-bis (prostituzione
minorile), 600-ter (pornografia minorile), 600-quater (detenzione di materiale
pedopornografico), 600-quinquies (iniziative turistiche volte allo sfruttamento della
prostituzione minorile), 601 (tratta di persone), 602 (acquisto e alienazione di schiavi),
609-bis (violenza sessuale), 609-ter (circostanze aggravanti), 609-quater (atti sessuali
con minorenne), 609-octies (violenza sessuale di gruppo) e 612-bis (atti persecutori -
cd. stalking) c.p., l’esame del minore vittima del reato ovvero del maggiorenne infermo
di mente vittima del reato viene effettuato, su richiesta sua o del suo difensore,
mediante l’uso di un vetro specchio unitamente ad un impianto citofonico. Se, però, la
persona offesa di tali reati è maggiorenne, il giudice assicura comunque che l’esame
venga condotto anche tenendo conto della particolare vulnerabilità della stessa
persona offesa, desunta anche dal tipo di reato per cui si procede, e ove ritenuto
opportuno, dispone, a richiesta della persona offesa o del suo difensore, l’adozione di
modalità protette. Quanto allo svolgimento vero e proprio dell’audizione, il codice
precisa che l’esame testimoniale si svolge mediante domande su fatti specifici. Nel
corso dell’esame sono sempre vietate le domande che possono nuocere alla sincerità
delle risposte e nella sua esecuzione non deve mai ledersi il rispetto della persona;
durante l’esame il presidente, anche di ufficio, interviene per assicurare la pertinenza
delle domande, la genuinità delle risposte, la lealtà dell’esame e la correttezza delle
contestazioni, ordinando, se occorre, l’esibizione del verbale nella parte in cui le
dichiarazioni sono state utilizzate per le contestazioni. Il testimone, comunque, può
essere autorizzato dal presidente a consultare, in aiuto alla memoria, documenti da lui
redatti. Come già precisato, poi, nell’esame condotto dalla parte che ha chiesto la
citazione del testimone e da quella che ha un interesse comune sono vietate le
domande che tendono a suggerire le risposte, ovverosia le domande suggestive. In
giurisprudenza è incerto se il divieto di domande suggestive si estenda anche al
giudice. Secondo la giurisprudenza il divieto non opererebbe, in ragione del fatto che
«nell’esame condotto dal giudice non v’è il rischio di un precedente accordo tra
testimone ed interrogante» (Cass., sez. III, 30 gennaio 2008, n. 4721); afferma la
Suprema Corte, infatti, che «il divieto non vale, dunque, per il giudice, tenuto alla
ricerca della verità sostanziale, e neppure per l’ausiliario» (Cass., sez. III, o marzo 2010,
n. 9157). Gli stessi giudici di legittimità, però, contrastando il predetto orientamento,
hanno anche affermato che «nonostante il divieto di formulare al testimone domande
suggestive sia dalla legge espressamente previsto con riferimento alla sola parte che
ha chiesto la citazione del teste, lo stesso deve tuttavia applicarsi a tutti i soggetti che
intervengono nell’esame testimoniale, operando ai sensi del comma 2 dell’art. 499
c.p.p. per tutti costoro il divieto di porre domande che possono nuocere alla sincerità
delle risposta e dovendo anche dal giudice essere assicurata in ogni caso la genuinità
delle risposte ai sensi del comma 6 del medesimo articolo» (Cass., sez. III, 18 gennaio
2012, n. 7373). Si è fatto sopra riferimento all’obbligo, per il giudice, di intervenire
nell’esame per verificare la correttezza delle contestazioni, ordinando, se occorre,
l’esibizione del verbale nella parte in cui le dichiarazioni sono state utilizzate per le
contestazioni. Il riferimento è fatto alla possibilità per le parti, fermi i divieti di lettura e
di allegazione, di contestare in tutto o in parte il contenuto della deposizione,
servendosi delle dichiarazioni precedentemente rese dal testimone e contenute nel
fascicolo del pubblico ministero (contestazione probatoria). In buona sostanza, dopo
che il testimone ha deposto su fatti o su circostanze determinate in modo differente da
come aveva deposto in precedenza (nel corso delle indagini ad es.), allo stesso si può
contestare tale difformità, invitandolo a precisare le ragioni del mutamento della
deposizione. La cosa più importante è che le dichiarazioni lette per la contestazione
possono essere valutate ai soli fini della credibilità del teste (art. 500 comma due
c.p.p.).
Attraverso la contestazione, dunque, è possibile, sminuire l’attendibilità di un
testimone, ma anche di un perito, un consulente tecnico, un imputato in procedimento
connesso o collegato o un testimone assistito o, comunque, di altra parte che si
sottoponga all’esame; il soggetto è invitato, infatti, a spiegare le difformità tra le due
versioni rese, risultando utilizzabile solo quella dibattimentale.
Da rilevare che la Corte costituzionale ha ritenuto ammissibile anche la contestazione
cosiddetta “non probatoria”, ritenendo possibile contestare il contenuto della querela
o di altre risultanze al solo fine di valutare la credibilità del dichiarante (Corte cost. 28
novembre 1994, n. 407). È previsto, inoltre, che, se il teste rifiuta di sottoporsi all’esame
o al controesame di una delle parti, nei confronti di questa non possono essere
utilizzate, senza il suo consenso, le dichiarazioni rese ad altra parte, salve restando le
sanzioni penali eventualmente applicabili al dichiarante. Quando, però, anche per le
circostanze emerse nel dibattimento, vi sono elementi concreti per ritenere che il
testimone sia stato sottoposto a violenza, minaccia, offerta o promessa di denaro o di
altra utilità, affinché non deponga ovvero deponga il falso, le dichiarazioni contenute
nel fascicolo del pubblico ministero precedentemente rese dal testimone vengono
acquisite al fascicolo del dibattimento e quelle rese dal soggetto che, comunque, si è
rifiutato di sottoporsi all’esame o al controesame di una delle parti possono essere,
comunque, utilizzate. Si tratta, con tutta evidenza, di una deroga al principio del
contraddittorio rispondente a quanto previsto dall’art. 111, comma 5, Cost., che
ammette la possibilità del recupero di elementi probatori acquisiti unilateralmente, nei
casi «di provata condotta illecita». Sull’acquisizione di precedenti dichiarazioni in
ragione di una provata condotta illecita il giudice decide senza ritardo, svolgendo gli
accertamenti che ritiene necessari, su richiesta della parte, che può fornire gli elementi
concreti per ritenere che il testimone sia stato sottoposto a violenza, minaccia, offerta
o promessa di denaro o di altra utilità; viene ad attivarsi, pertanto, un sub-
procedimento volto all’accertamento dell’avvenuta violenza, minaccia, offerta o
promessa di denaro o di altra utilità. Come precisato dal Supremo Collegio, peraltro, le
dichiarazioni predibattimentali del testimone, che abbia ritrattato in ragione della
“sudditanza psicologica” nei confronti dell’imputato, non sono acquisibili al fascicolo
del dibattimento, perché la previsione dei casi in cui l’acquisizione è ammessa - per
violenza, minaccia, offerta o promessa di denaro o altra utilità come strumenti di
inquinamento probatorio della testimonianza - è tassativa (Cass., sez. II, 10 ottobre
2011, n. 36478).
LO SVOLGIMENTO DELL’ESAME DIBATTIMENTALE: I CASI DI ACCUSA E DIFESA E LA
CROSS EXAMINATION Su richiesta di parte, ino