Anteprima
Vedrai una selezione di 10 pagine su 479
Diritto processuale penale Pag. 1 Diritto processuale penale Pag. 2
Anteprima di 10 pagg. su 479.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Diritto processuale penale Pag. 6
Anteprima di 10 pagg. su 479.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Diritto processuale penale Pag. 11
Anteprima di 10 pagg. su 479.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Diritto processuale penale Pag. 16
Anteprima di 10 pagg. su 479.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Diritto processuale penale Pag. 21
Anteprima di 10 pagg. su 479.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Diritto processuale penale Pag. 26
Anteprima di 10 pagg. su 479.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Diritto processuale penale Pag. 31
Anteprima di 10 pagg. su 479.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Diritto processuale penale Pag. 36
Anteprima di 10 pagg. su 479.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Diritto processuale penale Pag. 41
1 su 479
D/illustrazione/soddisfatti o rimborsati
Disdici quando
vuoi
Acquista con carta
o PayPal
Scarica i documenti
tutte le volte che vuoi
Estratto del documento

LO SVOLGIMENTO DELL’ESAME DIBATTIMENTALE: I CASI DI ACCUSA E DIFESA E LA

CROSS EXAMINATION Termina la fase di ammissione delle prove occorre procedere

alla loro acquisizione, antecedente a sua volta, al momento della valutazione della

prova, ultimo segmento del procedimento probatorio. Per quanto riguarda

l’acquisizione delle prove il codice detta l’ordine secondo il quale le stesse devono

essere assunte che ricalca quello previsto dall’art. 493 c.p.p. per la richiesta di prove.

Prima sono acquisite le prove del pubblico ministero, a seguire quelle della parte civile,

del responsabile civile, del civilmente obbligato per la pena pecuniaria e per ultime,

quelle dell’imputato. Un ordine che tuttavia può essere derogato su concorde richiesta

dei contraddittori. Tra le novità più rilevanti dell’attuale codice di rito si può certamente

collocare lo strumento previsto per acquisire le prove dichiarative (ossia quelle che

consistono in dichiarazioni). Nel vecchio sistema regolato dal codice Rocco le

domande venivano formulate dal giudice, su sollecitazione delle parti. In quello attuale

l’escussione avviene ad opera delle parti mediante il c.d. esame incrociato (traduzione

letterale dall’inglese cross examination). Ai sensi dell’art. 498 c.p.p., pertanto, le

domande sono rivolte direttamente dal pubblico ministero o dal difensore che ha

chiesto l’esame del testimone: questa è la c.d. fase dell’“esame diretto”.

Successivamente, concluso l’esame, le parti che non hanno chiesto l’audizione del

soggetto possono, secondo l’ordine già sopra esposto, rivolgere altre domande al

soggetto escusso: questa è la cosiddetta fase del “controesame”. Infine, chi ha chiesto

l’esame può proporre nuove domande: questa è la cosiddetta fase del “riesame”. La

distinzione è legata ad una caratteristica particolare delle tre fasi: solo nella fase del

controesame, in seno alla quale le domande sono rivolte dalla “parte avversa”, sono

ammesse domande suggestive, potendosi altrimenti nuocere alla genuinità della

deposizione. Regole specifiche sono dettate per l’esame testimoniale del minorenne:

l’esame, infatti, è condotto, more antiquo, dal giudice su domande e contestazioni

proposte dalle parti, avvalendosi anche dell’ausilio di un familiare del minore o di un

esperto in psicologia infantile. Sentite le parti, però, se ritiene che l’esame diretto del

minore non possa nuocere alla serenità del teste, il giudice dispone con ordinanza che

la deposizione prosegua nelle forme ordinarie; l’ordinanza in questione può essere

revocata nel corso dell’esame. Se, poi, una parte lo richiede, ovvero se il presidente lo

ritiene necessario, sono stabilite delle modalità particolari per l’esecuzione

dell’esame, sulla base di quanto previsto in ambito di incidente probatorio, dall’art.

398, comma 5-bis, c.p.p. L’audizione ad opera del giudice è prevista, dopo la sentenza

30 luglio 1997, n. 283, della Corte costituzionale, anche nel caso di testimone

maggiorenne infermo di mente. Inoltre, quando si procede per i reati di cui agli articoli

600 (riduzione o mantenimento in schiavitù o in servitù), 600-bis (prostituzione

minorile), 600-ter (pornografia minorile), 600-quater (detenzione di materiale

pedopornografico), 600-quinquies (iniziative turistiche volte allo sfruttamento della

prostituzione minorile), 601 (tratta di persone), 602 (acquisto e alienazione di schiavi),

609-bis (violenza sessuale), 609-ter (circostanze aggravanti), 609-quater (atti sessuali

con minorenne), 609-octies (violenza sessuale di gruppo) e 612-bis (atti persecutori -

cd. stalking) c.p., l’esame del minore vittima del reato ovvero del maggiorenne infermo

di mente vittima del reato viene effettuato, su richiesta sua o del suo difensore,

mediante l’uso di un vetro specchio unitamente ad un impianto citofonico. Se, però, la

persona offesa di tali reati è maggiorenne, il giudice assicura comunque che l’esame

venga condotto anche tenendo conto della particolare vulnerabilità della stessa

persona offesa, desunta anche dal tipo di reato per cui si procede, e ove ritenuto

opportuno, dispone, a richiesta della persona offesa o del suo difensore, l’adozione di

modalità protette. Quanto allo svolgimento vero e proprio dell’audizione, il codice

precisa che l’esame testimoniale si svolge mediante domande su fatti specifici. Nel

corso dell’esame sono sempre vietate le domande che possono nuocere alla sincerità

delle risposte e nella sua esecuzione non deve mai ledersi il rispetto della persona;

durante l’esame il presidente, anche di ufficio, interviene per assicurare la pertinenza

delle domande, la genuinità delle risposte, la lealtà dell’esame e la correttezza delle

contestazioni, ordinando, se occorre, l’esibizione del verbale nella parte in cui le

dichiarazioni sono state utilizzate per le contestazioni. Il testimone, comunque, può

essere autorizzato dal presidente a consultare, in aiuto alla memoria, documenti da lui

redatti. Come già precisato, poi, nell’esame condotto dalla parte che ha chiesto la

citazione del testimone e da quella che ha un interesse comune sono vietate le

domande che tendono a suggerire le risposte, ovverosia le domande suggestive. In

giurisprudenza è incerto se il divieto di domande suggestive si estenda anche al

giudice. Secondo la giurisprudenza il divieto non opererebbe, in ragione del fatto che

«nell’esame condotto dal giudice non v’è il rischio di un precedente accordo tra

testimone ed interrogante» (Cass., sez. III, 30 gennaio 2008, n. 4721); afferma la

Suprema Corte, infatti, che «il divieto non vale, dunque, per il giudice, tenuto alla

ricerca della verità sostanziale, e neppure per l’ausiliario» (Cass., sez. III, o marzo 2010,

n. 9157). Gli stessi giudici di legittimità, però, contrastando il predetto orientamento,

hanno anche affermato che «nonostante il divieto di formulare al testimone domande

suggestive sia dalla legge espressamente previsto con riferimento alla sola parte che

ha chiesto la citazione del teste, lo stesso deve tuttavia applicarsi a tutti i soggetti che

intervengono nell’esame testimoniale, operando ai sensi del comma 2 dell’art. 499

c.p.p. per tutti costoro il divieto di porre domande che possono nuocere alla sincerità

delle risposta e dovendo anche dal giudice essere assicurata in ogni caso la genuinità

delle risposte ai sensi del comma 6 del medesimo articolo» (Cass., sez. III, 18 gennaio

2012, n. 7373). Si è fatto sopra riferimento all’obbligo, per il giudice, di intervenire

nell’esame per verificare la correttezza delle contestazioni, ordinando, se occorre,

l’esibizione del verbale nella parte in cui le dichiarazioni sono state utilizzate per le

contestazioni. Il riferimento è fatto alla possibilità per le parti, fermi i divieti di lettura e

di allegazione, di contestare in tutto o in parte il contenuto della deposizione,

servendosi delle dichiarazioni precedentemente rese dal testimone e contenute nel

fascicolo del pubblico ministero (contestazione probatoria). In buona sostanza, dopo

che il testimone ha deposto su fatti o su circostanze determinate in modo differente da

come aveva deposto in precedenza (nel corso delle indagini ad es.), allo stesso si può

contestare tale difformità, invitandolo a precisare le ragioni del mutamento della

deposizione. La cosa più importante è che le dichiarazioni lette per la contestazione

possono essere valutate ai soli fini della credibilità del teste (art. 500 comma due

c.p.p.).

Attraverso la contestazione, dunque, è possibile, sminuire l’attendibilità di un

testimone, ma anche di un perito, un consulente tecnico, un imputato in procedimento

connesso o collegato o un testimone assistito o, comunque, di altra parte che si

sottoponga all’esame; il soggetto è invitato, infatti, a spiegare le difformità tra le due

versioni rese, risultando utilizzabile solo quella dibattimentale.

Da rilevare che la Corte costituzionale ha ritenuto ammissibile anche la contestazione

cosiddetta “non probatoria”, ritenendo possibile contestare il contenuto della querela

o di altre risultanze al solo fine di valutare la credibilità del dichiarante (Corte cost. 28

novembre 1994, n. 407). È previsto, inoltre, che, se il teste rifiuta di sottoporsi all’esame

o al controesame di una delle parti, nei confronti di questa non possono essere

utilizzate, senza il suo consenso, le dichiarazioni rese ad altra parte, salve restando le

sanzioni penali eventualmente applicabili al dichiarante. Quando, però, anche per le

circostanze emerse nel dibattimento, vi sono elementi concreti per ritenere che il

testimone sia stato sottoposto a violenza, minaccia, offerta o promessa di denaro o di

altra utilità, affinché non deponga ovvero deponga il falso, le dichiarazioni contenute

nel fascicolo del pubblico ministero precedentemente rese dal testimone vengono

acquisite al fascicolo del dibattimento e quelle rese dal soggetto che, comunque, si è

rifiutato di sottoporsi all’esame o al controesame di una delle parti possono essere,

comunque, utilizzate. Si tratta, con tutta evidenza, di una deroga al principio del

contraddittorio rispondente a quanto previsto dall’art. 111, comma 5, Cost., che

ammette la possibilità del recupero di elementi probatori acquisiti unilateralmente, nei

casi «di provata condotta illecita». Sull’acquisizione di precedenti dichiarazioni in

ragione di una provata condotta illecita il giudice decide senza ritardo, svolgendo gli

accertamenti che ritiene necessari, su richiesta della parte, che può fornire gli elementi

concreti per ritenere che il testimone sia stato sottoposto a violenza, minaccia, offerta

o promessa di denaro o di altra utilità; viene ad attivarsi, pertanto, un sub-

procedimento volto all’accertamento dell’avvenuta violenza, minaccia, offerta o

promessa di denaro o di altra utilità. Come precisato dal Supremo Collegio, peraltro, le

dichiarazioni predibattimentali del testimone, che abbia ritrattato in ragione della

“sudditanza psicologica” nei confronti dell’imputato, non sono acquisibili al fascicolo

del dibattimento, perché la previsione dei casi in cui l’acquisizione è ammessa - per

violenza, minaccia, offerta o promessa di denaro o altra utilità come strumenti di

inquinamento probatorio della testimonianza - è tassativa (Cass., sez. II, 10 ottobre

2011, n. 36478).

LO SVOLGIMENTO DELL’ESAME DIBATTIMENTALE: I CASI DI ACCUSA E DIFESA E LA

CROSS EXAMINATION Su richiesta di parte, ino

Dettagli
Publisher
A.A. 2024-2025
479 pagine
SSD Scienze giuridiche IUS/16 Diritto processuale penale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Rossana0000 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Diritto Processuale Penale e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università telematica "e-Campus" di Novedrate (CO) o del prof Alonzi Fabio.