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Negozi formali

Erano come gli atti giudiziari (legis perché le formalità actiones), erano fondamentalmente orali, richiedendo l’uso di parole stabilite (certa verba).

La mancipatio: vendita, alienazione; era un negozio dello ius quindi solo utilizzabile dai cittadini romani. Era uno dei Quiritium per aes et libram”: “gesta erano atti che si compivano con il rame o con il bronzo (aes) e con la bilancia (libra). Erano presenti al negozio, come testimoni, 5 cittadini romani puberi (adolescente) e di un pesatore ufficiale, che teneva la bilancia per la formalità libripens della vendita) che reggeva la bilancia e pesava i metalli.

Le parti erano:

  • Il mancipante, perdita del potere su cose o persone
  • Il mancipio dans: persone acquisto del potere su cose o persone
  • Il mancipio accipiens

La mancipatio era impiegata per:

  • Il trasferimento della proprietà sulle res mancipi (beni acquistati)
  • Acquisto di una donna (mano)
  • Manusecc…

Esempio di mancipatio: mancipazione di

uno schiavo

Le parti:

  • il mancipante
  • lo schiavo
  • 5 cittadini
  • il pesatore ufficiale
  • il mancipio accipiens

Procedimento:

Il mancipante teneva lo schiavo e diceva "dico che quest'uomo è mio e sia a me acquistato in ex iure Quiritium forza di questo metallo e di questa bilancia". Contestualmente, il pesatore ufficiale poneva sulla bilancia il mancipio accipiens. Il mancipio accipiens provvedeva a pesare il metallo. Il pesatore ufficiale consegnava il metallo al mancipio accipiens. Con il metallo, il mancipio accipiens acquista sul servo la mancipatio. Il mancipio accipiens ha lo stesso potere di proprietà che aveva prima il mancipante.

La in iure cessio:

La cessione era un negozio fruibile solo ius civile, dai cittadini romani. Procedimento: si compiva davanti ad un magistrato o pretore; le parti erano il cedente (chi cede un diritto) e il cessionario (il destinatario di una cessione).

Esempio della cessione di uno schiavo:

Il cedente intendeva trasferire al cessionario la proprietà

delloschiavoIl cessionario tenendo lo schiavo pronunciava la formula “questo uomo è mio“ ex iure Quiritium. Il pretore interrogava il cedente, e in caso di consenso, pronunciava del servo in favore del cessionario. L’addictio scomparve in età post-classica. In iure cessio la stipulatio: stipulazione, contratto; negozio formale bilaterale con effetti obbligatori. Le parti erano: a. lo stipulante (stipulator): chi fa con un altro un atto contrattuale; b. il promittente (promissor): chi si obbliga verso terzi con una promessa unilaterale. Procedimento: lo stipulante chiedeva al promittente se manteneva l’impegno di un determinato comportamento. Nasceva così a carico del promittente, divenuto debitore, e in favore del stipulante, divenuto creditore, un’obbligazione che era sanzionata ed avente ad oggetto la prestazione promessa. In iure civili altre forme negoziali non formali. I negozi sono: 7. la traditio: consegna, resa; negozio bilaterale riconosciuto a.

Roma per il trasferimento del possesso e della proprietà. Contratti consensuali: a Roma, furono la compravendita, locazione, società, mandato e i patti.

Divergenza tra manifestazione e volontà: poteva accadere che una persona manifestasse una volontà che non aveva, e perciò determinava una divergenza tra volontà e manifestazione.

Bisogna distinguere tra negozi solenni dello ius civile ed altri negozi:

  • Negozi solenni: il compimento delle formalità richieste era considerato necessario per la validità dell'atto.
  • Contratti consensuali e negozi non formali: la mancanza di volontà comportava la nullità dei contratti, il negozio sarebbe stato non produttivo di effetti giuridici.

Eccezioni:

  • Dichiarazioni fatte per scherzo o in ambito teatrale non venivano considerate.
  • Riserva mentale: era il caso in cui qualcuno dichiarava ciò che non voleva.
  • Simulazione: era il caso in cui c'era la consapevolezza.
di entrambe le parti di non volere il negozio. La simulazione portava alla nullità del negozio perché non vi era una manifestazione della volontà. Casi di divergenze: ERRORE: quando la divergenza tra dichiarato e voluto non è consapevole. L'errore può essere una svista, un fraintendimento, a volte anche di lingua. Si distingue in: - Errore ostativo: era un errore che escludeva la volontà. - Errore-vizio: non escludeva la volontà. - Errore di diritto: è l'errore che dipende da ignoranza o fraintendimento di norme e d'istituti giuridici. In questo caso il negozio è valido. - Errore su elementi di fatto: nullità del negozio anche se doveva essere al contempo scusabile (errore non grossolano) ed essenziale (errore che investe il negozio nei suoi aspetti fondamentali). DOLO: la parola dolo assume significati diversi nel linguaggio giuridico: 1. esprime l'idea della volontarietà di un

1. Il dolo è un comportamento intenzionale che ha come conseguenza pregiudizievoli per altri. 2. Il dolo si contrappone alla colpa. 3. Il dolo è un comportamento iniquo. 4. Nel contesto del dolo negoziale, si tratta di una macchinazione volta a ingannare un'altra persona affinché compia un'operazione svantaggiosa che altrimenti non avrebbe voluto o compiuto, oppure l'avrebbe compiuta in condizioni diverse. Nel dolo si guarda a chi induce in errore e non a chi cade in errore. Nell'antica tradizione giuridica, il dolo poteva non essere rilevante, ma a partire dall'età preclassica lo è diventato. Quando si parla di dolo negoziale si fa riferimento al concetto di "dolus e non malus" o "dolus bonus": - Dolus bonus: si riferisce alle astuzie tollerate dalla società che vengono utilizzate per gestire i propri affari. Non sono considerate dal diritto. - Dolus malus: si tratta di una vera e propria macchinazione per ingannare gli altri. In origine, nel diritto civile, un negozio viziato da dolo era valido ed efficace. Successivamente sono state introdotte deroghe.

In particolare nel campo dei negozi che davano luogo a giudizi di buona fede: dolo e buona fede si escludono a vicenda.

Nel I secolo a.C. il pretore introdusse nell'editto la clausola che l'exceptio doli (mali): prometteva era uno strumento per invalidare i negozi dai quali nascevano azioni che non erano in buona fede.

L'exceptio doli aveva una doppia valenza: se il raggiro era avvenuto prima dell'exceptio doli praeteriti: giudizio se il raggiro si commetteva all'exceptio doli praesentis: momento dell'azione e non era un inganno ma un semplice comportamento iniquo.

Nel caso in cui la vittima del dolo avesse dato esecuzione all'actio de dolo: negozio, soccorreva fu introdotta per iniziativa del giurista Aquilio Gallo (tra il 70 e 60 a.C.) era utilizzato dalla vittima verso l'autore del dolo: l'importo della pena corrisponde al danno subito dall'attore.

L'azione del dolo poteva essere esercitata contro l'autore del dolo, non contro i suoi.

eredi e l'azione non poteva essere fatta oltre l'anno dalla commissione del dolo. Il negozio già eseguito non veniva invalidato, ma l'ingannato D) poteva con l'actio de dolo ottenere la condanna dell'autore del dolo a una pena corrispondente alla stima del danno subito.

METUS:

C) è un altro vizio della volontà è il timore generato da altrui violenza (vis = forza, violenza)

è la minaccia di provocare un male se il minacciato non compie un certo negozio: è una violenza morale, la c.d. ovis compulsava vis animo illata. La minaccia di un male genera timore (metus = timore, paura)

il metus è una minaccia grave, in quanto la vittima, dovendo scegliere tra la minaccia e il compimento del negozio, sceglie quest'ultimo. La minaccia comunque doveva essere seria ed ingiusta

in principio, il negozio estorto (ottenuto con violenza) compiuto per metus era iure civili valido ed efficace. Ma nel I secolo a.C.

Il pretore contemplò nel suo editto l'exceptio quod exceptio modus, o in virtù della quale la persona convenuta per metus causa, l'adempimento di un negozio estorto con la violenza avrebbe ottenuto l'assoluzione.

CAUSA:

i. È la ragione d'essere oggettiva del negozio.

ii. Ogni negozio è compiuto dal suo autore per una causa: la causa è la funzione che si intende realizzare attraverso gli effetti che il negozio andrà a produrre. Esempi:

1. la causa negoziale sarà lo scambio di cosa contro prezzo nella compravendita

2. la realizzazione di un prestito nel mutuo

iii. la causa determina la struttura del mutuo: rappresenta l'elemento causale costitutivo: in questi casi si parla di "negozi causali".

Negozi astratti:

iv. la causa non è espressa; tali negozi potranno essere compiuti per cause esterne diverse.

v. In principio per i negozi astratti, erano e restavano validi pure se la causa mancasse o fosse illecita, poi,

con l'età preclassica, si ammise il ricorso: 1. alla "condictio": rimedio civilistico per la restituzione di quanto già prestato oppure 2. all'"exceptio": rimedio pretorio per l'annullamento degli effetti che derivavano dal negozio astratto. VII. CONDICTIO: 1. fu la versione formulare della legis actio per condictionem 2. con essa si perseguivano crediti per cui l'attore pretendeva sussistere a carico dell'altra parte un obbligo di dare, con il verbo oportere. 3. si trattava di un'azione civile, in personam 4. la presupponeva che l'attore avesse in precedenza condictio trasferito al convenuto la proprietà di una res. 5. il convenuto soccombente aveva l'obbligo di trasferire all'attore la proprietà: - della stessa cosa ricevuta: se si trattava di una cosa individuata nella specie - equivalente: se si trattava di denaro o di altre tantundem, cose fungibili. 6. La condictio era impiegata anche comerimediare al difetto di causa nei negozi astratti di trasferimento. Esempio: se una persona avesse trasferito la proprietà di qualcosa nell'erronea convinzione di esservi obbligato, il falso creditore sarebbe stato perseguibile con l'indebiti e avrebbe dovuto restituire o rimediare al danno causato.
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A.A. 2009-2010
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SSD Scienze giuridiche IUS/18 Diritto romano e diritti dell'antichità

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher flaviael di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Diritto privato romano e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli studi di Torino o del prof Lantella Elio.