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Il termine matrimonio comprende due diversi aspetti: l’atto con cui si costituisce il vincolo coniugale, e il
rapporto che lega tra loro i coniugi. Al primo aspetto (matrimonio-atto) attiene la disciplina delle condizioni
necessarie per contrarre matrimonio, della celebrazione, delle cause di invalidità e delle impugnazioni. Al
secondo aspetto (matrimonio-rapporto) attiene invece la disciplina dei diritti e doveri dei coniugi, della
separazione personale, dello scioglimento del vincolo, dei rapporti patrimoniali tra coniugi. Fino al 1929 il
matrimonio civile era l’unico canale attraverso cui si potesse costituire un rapporto di coniugio dal punto di
vista della legge dello Stato. Con il concordato, al matrimonio civile si affianca il matrimonio religioso con
effetti civili (matrimonio concordatario). Effetto del matrimonio canonico trascritto è la costituzione di un
rapporto di un coniugio civile. Il prete (ministro del culto cattolico) legge agli sposi alcuni articoli del codice
civile. Ben diverso il trattamento del matrimonio per i culti acattolici: qui, la legge, ammette che la
celebrazione possa avvenire ad opera del ministro del culto, il quale potrà arricchire gli atti formali
necessari per il matrimonio civile con quelli propri del rito religioso.
Il matrimonio nel codice civile. La disciplina dell’atto.
L’istituto del matrimonio è governato da regole inderogabili. Si tratta di una materia nella quale il
legislatore segue un criterio di rigida tipicità: non esiste possibilità di inventare un matrimonio diverso da
quello regolato dalla legge, così come avviene nell’ambito dell’autonomia contrattuale. Il matrimonio è un
atto puro: non sopporta cioè condizione o termine. Il matrimonio è atto libero per eccellenza: la libertà
matrimoniale è protetta da norme imperative, dirette a evitare che la decisione di assumere il vincolo
coniugale, o di non assumerlo, sia non soltanto obbligata, ma comunque condizionata. È quindi priva di
effetti obbligatori la promessa di matrimonio. Il matrimonio è atto personalissimo, che non ammette
sostituzione o rappresentanza né volontaria né legale (matrimonio per procura solo quando uno degli sposi
sia militare o al seguito delle forze armate in tempo di guerra, o risieda all’estero e per gravi motivi non
possa essere presente). Si tratta di un atto solenne, per il quale la legge prescrive requisiti inderogabili di
forma, tra cui la partecipazione all’atto dell’Ufficiale di Stato civile la cui dichiarazione integra quella di
consenso prestata dagli sposi. Il matrimonio si presenta perciò come un atto pubblico, con i particolari
caratteri di un atto complesso. La celebrazione del matrimonio può essere provata di regola solo attraverso
l’esibizione dell’atto di matrimonio, così come l’atto di matrimonio è titolo dello stato perché la mancanza
dell’atto-documento equivale in pratica al difetto di un presupposto sostanziale dello stato di coniuge. La
capacità di sposarsi si acquista con la maggiore età (art 84). Tuttavia un minore, che abbia compiuto i 16
anni, può chiedere al Tribunale di essere ammesso a contrarre matrimonio, per gravi motivi. Non può
concludere matrimonio l’interdetto (art 85); sono capaci invece l’inabilitato e il soggetto sottoposto ad
amministrazione di sostegno. Sia per gli atti di nullità che di annullabilità del matrimonio si usa il termine di
“impugnazione”, ed egualmente per tutti si parla di matrimonio “dichiarato nullo” (art 128). Vi sono
114 Marco Iorio, Università Bocconi
fattispecie in cui il matrimonio nullo può essere impugnato da “tutti coloro che abbiano… un interesse
legittimo e attuale” (art 117): può agire anche il pubblico ministero, a tutela dell’interesse pubblico a far
cadere il matrimonio (nullità assoluta). In altre fattispecie, come il difetto di età, la nullità non è assoluta,
ma la legittimazione è estesa: possono agire gli sposi, i loro genitori e il pubblico ministero. Vi sono infine
casi di nullità relativa, in cui l’azione spetta solo a uno dei coniugi: per esempio, se si tratta di far valere
l’incapacità naturale, la violenza o l’errore essenziale. In altri possono agire solo i coniugi. In alcuni casi,
l’invalidità è insanabile. In altri casi invece l’invalidità è sanabile attraverso la coabitazione dei coniugi, che
perduri per un anno dopo la cessazione del vizio.
L’impugnazione per incapacità naturale è prevista dall’art 120 che richiede soltanto la prova dell’incapacità
di intendere o volere al momento della celebrazione. Dei vizi del volere, sono causa di annullamento del
matrimonio la violenza morale, il timore e l’errore. Non è previsto il dolo. Un vizio previsto soltanto per il
matrimonio è quello del timore di eccezionale gravità. Quanto all’errore, esso deve vertere sull’identità
della persona dell’altro coniuge, o avere natura di errore essenziale sulle qualità personali dell’altro
coniuge. Una particolare ipotesi di impugnazione, infine, è quella della simulazione, che spesso si verifica
allo scopo di far acquistare la cittadinanza italiana a cittadini stranieri, o di godere di pensioni, o trattamenti
assistenziali ecc. Importante è il requisito dell’accordo simulatorio. L’effetto retroattivo nel matrimonio è
escluso dal legislatore:
a) Nei rapporti tra coniugi, solo in caso di matrimonio putativo cioè celebrato in buona fede in quanto
i coniugi, o almeno uno di essi, avessero consentito al matrimonio ignorandone le cause di
invalidità, oppure per effetto di violenza o timore di eccezionale gravità derivante da cause sterne
agli sposi.
b) Riguardo ai figli nati o concepiti durante il matrimonio, i quali conservano lo stato di figli nati nel
matrimonio anche in caso di malafede di entrambi i coniugi, purché non si tratti di figli nati da
incesto.
c) Anche riguardo ai figli nati prima del matrimonio ma riconosciuti dai coniugi, purché almeno uno
dei coniugi fosse in buona fede.
Una conseguenza particolare della dichiarazione di nullità del matrimonio è la responsabilità del coniuge, in
mala fede: al quale sia imputabile la nullità egli è tenuto a pagare un’indennità, che corrisponda almeno al
mantenimento per tre anni, anche se non è data prova di un danno realmente sofferto (art 129 bis).
Gli effetti del matrimonio.
Diritti e doveri nascenti dal matrimonio hanno carattere di eguaglianza e reciprocità. Eguali e reciproci sono
anzitutto i doveri personali e cioè: a) il dovere di fedeltà, b) il dovere di assistenza morale e materiale, c) il
dovere di collaborazione e d) il dovere di coabitazione. Dal punto di vista economico entrambi i coniugi
hanno un dovere di contribuire ai bisogni della famiglia in proporzione alle loro capacità di lavoro
professionale e casalingo. La moglie aggiunge al proprio il cognome del marito (art 143 bis) e lo conserva
fino a divorzio o annullamento del matrimonio; in caso di separazione il giudice può disporre che la moglie
possa, o debba, non usare il cognome del marito. L’art 147 impone ai coniugi “l’obbligo di mantenere,
istruire, educare e assistere moralmente i figli, nel rispetto delle loro capacità, inclinazioni naturali e
aspirazioni”. L’art 144 stabilisce il principio per cui l’indirizzo della vita familiare e in particolare la fissazione
della residenza sono lasciati all’accordo dei coniugi. Stesso vale per le decisioni che riguardano i figli, prese
in comune accordo, a tutale del principio che stabilisce l’autonomia della famiglia.
Il regime patrimoniale della famiglia.
Il nostro legislatore, nel 1975, ha introdotto la comunione dei beni come regime patrimoniale legale della
famiglia: legale non nel senso di una sistemazione inderogabile dei rapporti patrimoniali tra i coniugi, ma
solo nel senso che tale disciplina si applica quando le parti stesse non provvedano altrimenti. Vi sono poi
115 Marco Iorio, Università Bocconi
convenzioni matrimoniali che permettono agli sposi di creare un regime patrimoniale convenzionale.
Oggetto della comunione dei beni sono solo quelli comprati durante il matrimonio. L’art 179 elenca poi i
beni personali dei coniugi, cioè i beni che non cadono nella comunione legale ma che rimangono di
proprietà personale di ciascuno. Quanto ai redditi occorre fare attenzione: l’art 177 dice che essi sono
oggetto di comunione se risultano non consumati al tempo in cui la comunione si scioglie (comunione di
residuo). L’amministrazione ordinaria dei beni comuni spetta a ciascun coniuge disgiuntamente: per
l’amministrazione straordinaria, invece, è necessaria la partecipazione di entrambi. Tutto ciò è volto a
creare una certa autonomia patrimoniale nei confronti dei patrimoni personali dei coniugi. Infatti per ogni
debito assunto dai coniugi insieme, o da uno di loro separatamente ma nell’interesse della famiglia,
rispondono i beni della comunione. La comunione si scioglie in caso di separazione personale, scioglimento
del matrimonio per morte o divorzio, annullamento: ancora, per accordo dei coniugi che vogliano cambiare
regime patrimoniale, o per provvedimento del giudice su domanda di uno dei coniugi, in casi previsti dalla
legge; infine, il fallimento di uno dei coniugi determina lo scioglimento della comunione. Il regime
patrimoniale legale può essere sostituito o modificato attraverso accordi tra i coniugi, che la legge chiama
convenzioni matrimoniali: si tratta dell’accordo di separazione dei beni e della comunione convenzionale.
Esse devono essere stipulate nella forma dell’atto pubblico. La pubblicità così attuata riguarda il regime
patrimoniale in sé; poi, per gli immobili, i singoli trasferimenti dovrebbero essere fatti oggetto di pubblicità
nei registri immobiliari. Per tutte le convenzioni matrimoniali vale un limite: esse non possono derogare ai
diritti e obblighi patrimoniali dei coniugi stabiliti nell’art 143, ai quali ci si riferisce sinteticamente con
l’espressione “regime patrimoniale primario” della famiglia. La più pratica delle convenzione matrimoniali è
la separazione dei beni.
Ultimo strumento è il fondo patrimoniale che si costituisce attraverso la destinazione di determinati beni
immobili o mobili registrati o titoli di credito ai bisogni della famiglia.
La crisi della famiglia. La separazione personale.
Nel 1974 veniva introdotta in Italia una prudente disciplina del divorzio. Nel disegno del legislatore, la
rottura del vincolo è un risultato estremo cui si arriva passando attraverso una fase intermedia, quella della
separazione personale. Vi &egr