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ORDINE E SICUREZZA

Il trattamento è improntato al criterio di individualizzazione in rapporto alle specifiche condizioni degli

interessati (art. 1 c. 2), specificate nella valutazione scientifica della personalità. Tale assunto concretizza, tra

gli altri, la conformità ad umanità della restrizione della libertà personale e la finalità rieducativa della pena,

disegnati dalla Costituzione.

Per questo motivo, l’organizzazione degli istituti penitenziari non è un fattore di natura meramente tecnico-

amministrativa ed è in grado di incidere in modo assai significativo sul mantenimento degli standard e

sull’ottenimento dei risultati, costituzionali, attesi in relazione alla detenzione e in particolare all’esecuzione

penale.

Chiaramente questo principio si scontra con il problema della scarsità delle risorse, per cui, nella realtà, non

sempre si riesce a rispettare l’individualizzazione del trattamento penitenziario.

Le assegnazioni

L’art.14 assicura il diritto di essere assegnati ad un istituto quanto più possibile vicino alla dimora stabile o al

centro di riferimento sociale (salvo specifici motivi contrari).

Si persegue tale criterio anche nel caso di trasferimenti e, quindi, eventuali deroghe al principio devono essere

motivate dall’amministrazione penitenziaria).

Vengono fatte delle valutazioni, sulla base del criterio della prossimità, con criteri contingenti.

Per i detenuti (condannati e internati) per i quali è necessario procedere all’offerta di un trattamento

rieducativo, occorre prevedere assegnazioni che favoriscano percorsi comuni e che evitino influenze nocive

reciproche.

Inoltre, è prevista una rete di istituti differenziati (o sezioni distinte) per garantire la separazione tra imputati

e condannati, nonché tra questi ultimi e gli internati, tra giovani adulti (al di sotto dei venticinque anni) e

adulti, tra donne e uomini.

Tali regole hanno lo scopo di raggiungere gli obiettivi costituzionali, alla luce del divieto di discriminazione

(art. 1 c. 1 che deriva dall’art. 3 Cost.), secondo cui il trattamento è improntato ad assoluta imparzialità (v.,

tuttavia, si riscontrano discriminazioni di fatto, come quelle nei confronti delle donne detenute per l’assenza

di sezioni femminili).

Proprio per evitare questi pericoli, i commi 5 e 6 dell’art.14 prevedono la possibilità che le attività organizzate

per una determinata sezione possano essere condivise con i detenuti che non vi appartengono e che le sezioni

femminili non abbiano mai dimensioni così ridotte da compromettere le attività trattamentali.

Le separazioni non dovrebbero influire sull’offerta trattamentale, né influire sui diritti dei detenuti, essendo

invece ricollegate alla necessità di mantenere l’ordine e la disciplina all’interno degli istituti.

I circuiti sono delle sezioni/ambienti locali che vengono legati alla tipologia di detenuto (pericolosità sociale,

tipologia di reato…) e all’interno dei quali il trattamento è differenziato. Sembra affermarsi una sorta di

contrasto: da una parte, esiste il diritto ad un trattamento penitenziario comune (cioè non differenziato, non

inutilmente discriminatoria e, dall’altra, la possibilità di sottoporre il detenuto ad un regime differenziato

(anche sulla base di circolari ministeriali, collegate ad esempio alla tipologia di reati commessi), con necessità

di rivedere periodicamente le valutazioni effettuate. 36

L’eventuale assegnazione in peius ad una sezione differenziata è sottoponibile al vaglio del magistrato di

sorveglianza mediante lo strumento del reclamo giurisdizionale (art. 35-bis).

Negli ultimi anni, si è fatto sempre più ampio ricorso a sezione a regime aperto, in cui la giornata non è vissuta

per la maggior parte del tempo all’interno delle sezioni detentive e, in ossequio alla previsione delle Regole

penitenziarie europee (art.51), si fa uso della c.d. sorveglianza dinamica, e cioè di una modalità di

osservazione che privilegia modelli di autonomia, responsabilità, socializzazione ed integrazione,

sperimentando i ristretti in una quotidianità penitenziaria fatta di attività diurne il più possibile simili a quelle

della vita libera.

La separazione per ragioni di protezione

Possono essere disposte separazioni, per ragioni di protezione, al fine di evitare influenze negative reciproche

per consentire un trattamento rieducativo efficace. Si prevede, infatti, il trasferimento del detenuto, in caso di

necessità legale all’ordine e alla sicurezza (art.42). L’art.32 reg. esec. elenca le ragioni che possono

determinare l’esigenza di separazione di un detenuto (protezione dei compagni di detenzione, protezione da

comportamenti di prevaricazione che potrebbe subire).

Emerge la necessità di verificare periodicamente e frequentemente l’assegnazione, al fine di riportare la

persona nelle sezioni ordinarie non appena se ne ravvisi la possibilità.

Non essendoci un elenco esaustivo delle casistiche di trattamento differenziato, viene lasciata un’ampia

discrezionalità all’amministrazione.

La protezione DEI compagni di detenzione

I detenuti e gli internati, che abbiano un comportamento che richiede particolari cautele, anche per la tutela

dei compagni da possibili aggressioni o sopraffazioni, sono assegnati ad appositi istituti o sezioni dove sia più

agevole adottare le suddette cautele.

L’art.32 co.1 reg.esec. consente dunque l’assegnazione ad appositi istituti o sezioni (art. 32 c. 1 reg. esec.),

prevedendo che la permanenza venga rivaluta semestralmente (art. 32 c. 2 reg. esec.).

L’amministrazione può quindi valutare discrezionalmente la necessità di allocare separatamente tali detenuti

che corrano il rischio di pregiudicare l’ordine e la sicurezza e tuttavia il già descritto diritto ad un trattamento

indifferenziato e ad un’assegnazione conforme al principio di territorialità della pena, che potrebbe risultare

compromesso, comportando la possibilità per l’interessato di adire il magistrato di sorveglianza, in sede di

reclamo giurisdizionale ex art. 35-bis, per valutare la sussistenza e la persistenza delle esigenze di separazione.

È, ovviamente, possibile esperire il reclamo giurisdizionale, specie se dall’inserimento nella sezione separata

derivano rapporti più difficoltosi con i familiari, oppure se in tali sezioni è previsto un regime detentivo più

severo.

Circuiti penitenziari di Alta Sicurezza

Si tratta di una suddivisione logistica che descrive una sezione separata dal resto della popolazione ristretta,

sulla base di una fitta rete di circolari ministeriali, al cui interno vengono inseriti detenuti che per la tipologia

di reati commessi o per i quali sono sottoposti a un procedimento penale vengano ritenuti in grado di

influenzare negativamente gli altri detenuti, di prevaricarli e, per come effettivamente l’esperienza degli anni

precedenti aveva insegnato, persino di creare all’interno del carcere cellule criminali organizzate in forza del

proprio carisma criminale. 37

È rivolta alla popolazione ristretta per i delitti di cui

agli artt.416-bis c.p. o commessi avvalendosi delle

condizioni mafiose o al fine di agevolare l’attività

delle associazioni di criminalità organizzata ivi

Alta sicurezza 3 descritte, nonché per i delitti di sequestro di persona

a scopo di estorsione o per la partecipazione con

ruolo di primaria importanza nelle associazioni di

cui all’art.74 co.1 d.p.r. 309/1991 (associazione

finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti

o psicotrope).

Ospita i detenuti per i delitti commessi con finalità

Alta sicurezza 2 di terrorismo, anche internazionale, o di eversione

dell’ordine democratico, mediante il compimento di

atti di violenza.

È destinata a chi abbia subito, per un certo tempo, la

sottoposizione al regime differenziato in peius di cui

all’art.41-bis, in relazione ad esigenze di separazione

a causa del carisma criminale manifestato che, però,

sembrano in parte contraddette proprio

dall’avvenuta cessazione del regime differenziato.

L’amministrazione penitenziaria può inserire in

Alta sicurezza 1 questo circuito anche soggetti detenuti per reati

diversi da quelli di criminalità organizzata, qualora

al D.A.P. provengano informazioni da parte di una

Procura della Repubblica o di forze dell’ordine che

evidenzino l’opportunità di separazione.

Sostanziale coincidenza con l’ambito operativo del

regime descritto dall’art. 4-bis c. 1 (assegnazione

automatica in presenza di un titolo di reato

compreso) a fronte di obiettivi diversi.

L’inserimento nel circuito dell’Alta Sicurezza mira ad evitare le influenze nocive di tali detenuti sul resto della

popolazione ristretta.

Un detenuto che si trova ad espiare una pena per taluno dei reati previsti dall’art. 4-bis può essere allocato in

una sezione comune (in questo caso gli saranno comunque applicate le limitazioni trattamentali connesse al

titolo – sezioni di media sicurezza).

Può capitare anche il contrario: il detenuto può rimanere in Alta Sicurezza anche se il titolo detentivo riguarda

un reato comune, se permangono esigenze di separazione.

Il ruolo del magistrato di sorveglianza

È ammesso il passaggio dal circuito penitenziario di Alta Sicurezza alla sezione dedicata ai detenuti comuni

su iniziativa dell’amministrazione penitenziaria o su istanza di parte: si parla di “declassificazione”

dell’interessato.

La direzione dell’istituto penitenziario inoltra alla direzione generali detenuti e trattamento del D.A.P. la

proposta di fuoriuscita, corredata del parere elaborato dal gruppo di trattamento e di tutta la documentazione

giudiziaria. Tali informazioni riguardano, in particolare, la persistente attività sul territorio del gruppo

criminale di appartenenza, la sussistenza di dati aggiornati sul ruolo assunto dal detenuto in seno al gruppo,

gli esiti di eventuali indagini patrimoniali sul tenore di vita dei familiari e sulle fonti di reddito lecite che

possono giustificarlo, oppure sulla presenza di latitanti del gruppo.

38

- In caso di provvedimento sfavorevole? Inizialmente ritenuto non sindacabile dinanzi alla magistratura di

sorveglianza perché non incidente sui diritti in termine di regime applicato; in seguito, al riconoscimento

dell’idea del diritto ad un trattamento non differenziato, la giurisprudenza ha ritenuto che sia un compito della

magistratura di sorveglianza quello di valutare la legittimità del provvedimento di assegnazione o il diniego

di declassificazione, con il mezzo del reclamo giurisdizionale.

L’assegnazione pu

Dettagli
A.A. 2023-2024
83 pagine
SSD Scienze giuridiche IUS/16 Diritto processuale penale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher francesca.magnanini di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Diritto penitenziario e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Milano o del prof Gadia Davide.